venerdì 10 agosto 2012

Superate le colonne d'Ercole, non c'è il baratro, ma un nuovo continente. Aveva ragione Cristoforo Colombo. Mario Monti ha torto.



di Sergio Di Cori Modigliani


Circa quarantacinque anni fa, il nostro premio Nobel Dario Fo (allora considerato un “comico” che lavorava alla Rai e niente di più) trovò uno slogan che divenne il logo di base dei suoi primi spettacoli teatrali, un brand come si direbbe oggi. “il padrone è padrone perché sa mille parole più di te”. Divenne, nei primissimi anni’70, il materiale di base di un nuovo processo di formazione culturale delle masse di cui la classe intellettuale se ne assunse la responsabilità. Il “brand” di Dario Fo divenne il mantra che codificava (e identificava) nella diffusione e nella divulgazione del Sapere l’elemento basico unificante che avrebbe consentito l’ accesso alla comprensione della realtà. Per poterla combattere e cambiarla, oppure per poterla salvaguardare e conservare; la scelta era ideologica, ma veniva dopo. Era comunque sempre il Sapere, la Cultura, la Conoscenza a venire prima, perché venivano interpretate e vissute nella loro essenza autentica: strumenti operativi.

Come dire, il braccio armato del pensiero. Per usare poi, quelle armi, a proprio piacimento e scelta, il principio basico della libertà d’arbitrio individuale.

C’erano, allora (e tanti tantissimi) anche i bèceri, gli imbecilli e gli opportunisti. Come sempre, dovunque e comunque; è una caratteristica della specie umana, presente in ogni epoca e in ogni etnia. Ma non erano funzionali. A differenza di oggi, venivano identificati in ogni àmbito, finivano per godere magari di prebende, privilegi e beni materiali, ma erano costretti ad accettare in cambio di pagare il prezzo di un disprezzo sociale dichiarato. Sia a destra che a sinistra. La Cultura aveva assunto anche il ruolo di ammortizzatore sociale, assolvendo al proprio còmpito che consisteva nell’impedire che i cretini, gli analfabeti, gli incompetenti, i truffatori di professione, occupassero anche i territori che andavano al di là del loro piccolo orticello clientelare di corruttela.

I grandiosi successi ottenuti in quegli anni da chi, nel Sapere, aveva saputo trovare delle fantastiche armi (per disinnescare i meccanismi del Falso inventato dai conservatori che volevano mantenere lo status quo) avevano innescato un processo evolutivo della società. L’Italia era penetrata, di forza (e direi di Cultura) nel dibattito occidentale relativo alla democrazia, ai diritti civili, ai problemi sociali, alle tematiche inerenti il progresso e il bene collettivo. Il Potere costituito si accorse dell’enorme pericolo (per loro) che si stava diffondendo; diventava sempre più difficile, sempre più rischioso, sempre più complicato, riuscire a ingannare la gente costruendo dei Falsi. Per loro fortuna (e nostra disgrazia) c’era la Grande Guerra Fredda, un potente strumento utile, nonché necessario, per cominciare a manipolare la realtà, sia a ovest che a est, dando inizio (verso la fine degli anni’70) alle prime forme primitive e timide di sottrazione del Senso, e quindi nell’abbattimento del Significato dell’esistenza. Creare una “società insensata” era l’uovo di Colombo.

In una società Senza Senso, tutto è permesso e tutto è concesso a chi aderisce al potere costituito. A differenza del nazi-fascismo dove si era costretti con la forza dalla paura e dalla violenza ad aderire al “loro senso”, nella nuova società non sarebbe stata più richiesta nessuna adesione nel campo del simbolico, di una aderenza ideologica, di una scelta di campo. Era gratis.  L’insensatezza è trasversale, così come la corruzione. L’unico vero ostacolo consisteva nel bloccare, fermare e poi abolire, l’esistenza di una classe intellettuale forte, abbattere la diffusione del Sapere, eliminare la divulgazione. In tal modo, le “mille parole in più” di Dario Fo ritornavano nel loro posto e luogo storico, quello precedente al capitalismo democratico avanzato: nelle accademie esclusive, in luoghi privati e selezionati, all’interno di gruppi clandestini, di società ombra, dove il Potere poteva selezionare a proprio piacimento la classe dei vassalli, valvassori, valvassini, da promuovere nella costituzione di una elite privilegiata “sopra le parti e al di fuori della Legge” tale da inglobare ogni aspetto sociale collettivo, dai servizi segreti militari ai sindacati, dai partiti alle aziende mediatiche editoriali, dai centri di ricerca scientifica alle abilità professionali strategiche, laddove la dirigenza dei partiti (in una nazione tendente alla corruttela e all’ipocrisia come l’Italia) veniva promossa al rango di filtro burocratico per impedire “scientificamente” che si verificassero episodi come quello di Leonardo Sciascia (esempio unico valido per tutti) un modestissimo e oscuro maestro elementare di un piccolo paesino di Agrigento, il quale aveva avuto accesso, in maniera assolutamente lineare e indipendente, alla diffusione del suo pensiero e competenza, ricevendo un passaporto d’ingresso nel mercato, rivelatosi negli anni a seguire, invece, pericolosissimo per gli interessi della mafia: ne spiegava l’autenticità narrativa e spiegava come riconoscerne i comportamenti. C’è stato qualche piduista pentito (pochissimi, davvero molto rari, autentiche mosche bianche) ma ci sono stati, i quali hanno raccontato con dovizia di utili particolari le loro discussioni, la loro strategia di impiego. L’aspetto più interessante in assoluto (per me) di quei racconti aneddotici, consiste nell’importanza fondamentale che venisse allora attribuita alla necessità inderogabile di avere come primo obiettivo militare la Cultura, il Sapere. Gli affari, i soldi, le aziende, i deputati comprati, ecc.,ecc, è tutta robbetta che si è manifestata come conseguenza del trionfo della fase uno, che io definisco: “l’abolizione sistematica delle mille parole di Dario Fo”. Grazie a questa nuova organizzazione, addormentare la nazione è stato un gioco da bambini ben disciplinati. L’attuale narcolessia della sinistra italiana è la figlia primogenita dell’accordo vincente tra la P2 e l’opus dei: gli ufficiali al comando della tante, tantissime navi, che navigavano nel mare della complessità del reale, se ne sono andati in elicottero su una nave fantasma invisibile, abbandonando i passeggeri ignari (cioè noi cittadini contribuenti fiscali) alla inevitabile deriva. Siamo fortunati se non becchiamo un iceberg, comunque sia non arriveremo mai in nessun porto perché non abbiamo la bussola, non abbiamo direzione. Ciò che è più grave, i passeggeri non vogliono ancora comprendere che sulla plancia di comando non c’è più nessuno: sono scappati tutti via. Ci osservano, a distanza di sicurezza, con i loro binocoli elettronici, dalla loro solida nave ben equipaggiata, del tutto indifferenti al nostro destino. Anche loro non arriveranno mai al porto. La differenza consiste nel fatto che a loro non interessa neppure, non saprebbero che cosa fare, una volta a terra. Questo è il Grande Paradosso. Loro si sono costruiti un mondo nella nave che non arriverà mai; la nostra illusione paga il prezzo del mantenimento di quei bastimenti. Siamo noi che pensiamo di star andando da qualche parte. Ma è un’illusione. L’aveva raccontato molto bene una geniale scrittora, romanziera americana di primissima levatura, Kathryn Anne Porter, la quale, negli anni’30, interpretò il disagio dell’epoca e l’imminente catastrofe con un libro geniale, da tutti riconosciuto come simbolo esemplificativo della realtà nel 1932. Il libro si chiama “La nave dei folli”.

I folli, siamo noi. Tutti.

La nave non va da nessuna parte.

Seguitare a discutere su come arrivare a B, su cosa fare quando staremo a C, soprattutto sulle alleanze per farlo, è davvero un delirio pericoloso.

E’ come chiacchierare sul menù di bordo senza badare se la sala macchine funzioni o meno, è come discutere di rotte immaginarie; è un po’ come essere finiti (a propria insaputa e proprio malgrado) sul palcoscenico della Storia, interpretando i dialoghi dei protagonisti della piece surrealista di Samuel Beckett  “En attendre Godot”.

L’unica cosa di cui abbiamo bisogno è di ufficiali di marina responsabili. Tutto qui. Possiamo anche fare a meno del satellite. Vasco de Gama e Amerigo Vespucci se la sono cavata benissimo senza. Cristoforo Colombo usava la mappa del cielo, potremmo farlo anche noi. A che cosa serve una bussola elettronica se non si sa dove andare? Ma soprattutto non si sa a fare che, una volta arrivati? E con chi? E soprattutto, perché?

Mario Monti è il perfetto nocchiero di quest’Italietta medioevale. Riempie la popolazione di paure e terrori primitivi. Spiega che superate le colonne d’Ercole, allo stretto di Gibilterra, si fa qualche centinaio di metri e poi si precipita in un baratro che conduce all’Inferno come si diceva nel 1400. Lui vive in quel mondo. Magari lo pensa pure. Gli italiani che credono alle sue parole, pure. Nel luglio del 1492, quando Colombo girava nelle bettole di Oporto per assumere marinai, la maggior parte delle persone si rifiutavano di accettare l’imbarco terrorizzate all’idea; preferivano morire di fame e stenti. Il 3 agosto partì dal porto di Palos, in Portogallo, con tre navi piene di disperati sognatori, considerati pazzi suicidi. Tra gli aspetti più curiosi, da notare la presenza di notai e rappresentanti della prima e unica banca allora esistente, il Monte dei Paschi di Siena, che stipulò le prime assicurazioni sulla vita della Storia. Tolsero gli ultimi risparmi a quelli che accettarono di firmarla. Colombo si rifiutò. A bordo, le posizioni di responsabilità le affidò soltanto a chi non aveva stipulato l’assicurazione. Aveva ragione. Una grandiosa intuizione.

Non abbiamo bisogno dell’uomo del destino, né di formule rabberciate, e meno che mai di un miracolo.

Basta fornirsi di bravi cartografi, naviganti esperti, e saper leggere il Cielo.

Bisogna soprattutto crederci. Come fece Colombo.

Non esiste il baratro dinanzi a noi. E’ un Falso del sistema.

Il baratro sta dietro.

Davanti a noi c’è la scoperta di un nuovo continente. A propria insaputa, come accadde al grande genovese. Il baratro era quello del regno di Isabella di Castiglia che Colombo si lasciava alle spalle: erano pieni di debiti, sull’orlo del collasso economico provocato dal rigore criminale del tribunale della Santa Inquisizione, appena agli inizi. Quello era il baratro dal quale lui stava fuggendo.

Per quello mi diverte Beppe Grillo. Parla come faceva Dario Fo nel 1970.

Lo dice sempre che ci invita a fare un salto nel buio.

Forse ci sta spingendo a non aver paura e oltrepassare le colonne d’Ercole.

Non a caso, è genovese anche lui.

Buon ferragosto a tutti.


7 commenti:

  1. A Barcellona, in una piazza di fronte al porto, da dove iniziano le ramblas, il mitico passeggio di Barcellona, c’è una statua in ricordo di Cristobal Colon, cittadino di Barcellona e scopritore dell’America.
    Secondo loro, il rampollo dei Colon, una delle famiglie più ricche e importanti di Barcellona, si era messo di traverso alla Corona di Pastiglia ed era stato costretto alla fuga. Tornato molti anni dopo in Patria con un progetto ambizioso, da sottoporre all’attenzione della Regina Isabella I di Pastiglia, dovette affrontare il problema dell’identità, in quanto Cristobal era un ricercato messo al bando e così nasce Cristoforo Colombo, genovese ma di cui non vi è traccia nei materiali di archivio, mentre la vita di Cristobal è ampiamente documentata. Se a questo si aggiunge che negli scritti lasciati da Colombo, tutti in spagnolo, si notano influssi evidenti di lingua catalana, allora i dubbi che la storia sia diversa da come ce la raccontano diventano più consistenti.
    Comunque Palos è, ovviamente, in Spagna, non in Portogallo.
    Il falso e la mancanza di senso non sono strumenti moderni, ma hanno un’origine antica. Pare che senza di essi non sia possibile attuare nessun piano di sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
    buon ferragosto anche a te

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  2. L'UE vuole calpestare i diritti della popolazione per competere contro dollaro e Cina. Semplicemente assurdo.
    Bellissimo il riferimento alla Nave dei folli.
    M.G.75

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  3. Lascio perdere il Bonn ton. Ne sono stanco. Lo spiego a fumetti.
    Questi mafiosi "esteri", come qualcuno li chiama, stanno facendo quello che noi avremmo dovuto fare tanti anni fa. Li hanno presi per il bavero, li stanno scuotendo come stracci, muso contro muso con il loro fetido alito finanziario stanno gridando- Dove cazzo hai messo i miei soldi? E questi non vogliono carta straccia. Non vogliono lirette svalutate. Questi vogliono immobili, oro, gioielli. Qualcuno dira' il nostro patrimonio. Sara', non e' mai stato mio. Se lo dividevano loro patriotticamente.
    Io ho due opposti sentimenti. Uno di gioia. L'altro di vergogna.
    Di gioia perche' li vedo prendere a calci in culo. Di vergogna perche' ne' io ne' il mio popolo ne siamo mai stati capaci.
    A noi si, a noi ci daranno la carta straccia e ce la meritiamo.
    Ma loro navigano tra gli scogli senza alcuna meta all'infuori della sopravvivenza, tocchera' a loro questa volta pagare. Si, proveranno a raschiare la botte, sempre che ci sia qualcosa e sapendo che prima o poi costretto alle corde questo popolo cerchera' anche lui di sopravvivere. Sono tra due scogli, e la nave non ha spazio per virare.
    Presi per il bavero proveranno ancora a usare la stessa medicina che loro stanno subendo verso i poveri acuendo il divario sociale. Sequestrati 41milioni dalla GF alle frontiere. Tutti sanno che al massimo prendono il 10% dei "colpevoli" e poi con la cifra oltre la quale si entra nella illegalita'. Una fuga di massa.

    PS- Non Pastiglia ma Castiglia o Castilla
    Fu Colombo a dichiararsi genovese. Quello che scorda la gente e' che l'Italia non esisteva. Quello che non sa e' che molte navi sia genovesi che veneziane erano comandate da stranieri. Come adesso i ricchi, i lavori rischiosi e faticosi li facevano fare ad altri.
    Il figlio era bene che se ne stesse a casa. Meglio rimanere a casa a far i conti. Si chiamava finanza gia' allora? Forse era gia' iniziata la decadenza?
    Il nazionalismo e' una malattia stupida e molto contagiosa. Non c'e'ne una piazza, ne un monumento in Spagna a ricordo di Magellano. Per loro il primo uomo a fare il giro del mondo e' stato El Cano (vero-fini il viaggio). Catalunia e isole Baleari sono piene di gente che scrive di un Colombo loro.
    Di vero e' che un tizio chiamato Colombo- Colon, sbagliando tutti i calcoli (o gia'sapendo che c'era una terra in mezzo) scopri un continente del quale non gli fregava niente. Cerco' l'India disperatamente e fu premiato da quei stessi che oggi lo vogliono concittadino col carcere e qualche sputo.
    Certe volte mi chiedo se non e' stato un sogno vivere in un paese dove ebrei e nazisti, spagnoli comunisti e profughi ungheresi, si alzavano al mattino, si salutavano e andavano a cercare quello che la vita non le aveva ancora dato.
    Torno a leggermi Aspettando Godot. Chi sa se nella vita avro' occasione di leggere Finale di partita. (Samuel Beckett)

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  4. Molta parte della Storia raccontataci nel corso dei secoli è falsificazione. Sin dai tempi più antichi. E ne abbiamo modelli illustri come la Bibbia, i Vangeli ufficiali, e i tanti libri considerati sacri da ebrei, indù, musulmani, ecc. Ogni potere ha sempre cercato di ricavarne un vantaggio, a sostegno delle proprie tesi, raccontando ciò che serviva. E molti storici erano storici di regime, che ricevevano onori e denari trattando delle gesta eroiche di Alessandro il Grande, dei Cesari, degli Imperatori, dei Papi. Virgilio, Aristotetele, Tacito, Svetonio erano a libro paga dei potenti ed erano considerati grazie alla loro posizione a corte.

    Così tutta la nostra conoscenza storica è spesso manipolata e ciò che si insegna nelle scuole e nelle Università è solo di parte. Scommetto che in Francia la posizione dei Galli sia trattata in modo ben diverso che nel De Bello Gallico di Cesare, che con le sue campagne distrusse una cultura radicata nei villaggi celtici. Come i Germani di Tacito non sono solo quei bifolchi che si opponevano allo strapotere imperiale. E se oggi l'Europa fatica a trovare posizioni unitarie e il rispetto delle sue popolazioni la causa potrebbe stare in ciò che avvenne duemila anni fa e di cui si hanno conoscenze parziali e falsificate. In Italia come altrove.

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    1. Mi trovi completamente d'accordo con le tue asserzioni!

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  5. Sono in totale accordo. Solo una piccola precisazione. "Aspettando Godot" è del commediografo irlandese Samuel Beckett, non di Jonescu... In letteratura andiamo malino eh? :-)

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    1. Hai ragione. Grazie della precisazione, l'ho appena corretto. Scrivo i post ma poi non li rileggo e quindi mi dimentico (ahimè spesso) di correggere alcuni strafalcioni dovuti alla fretta. Per uno che è stato critico teatrale del corriere della sera e che Beckett l'ha pure tradotto è davvero grave, me ne rendo conto. Sorry. Grazie, comunque, per la richiesta di precisazione.

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