di Sergio Di Cori Modigliani
La sindrome di Bolechow è la malattia perniciosa dell'Europa.
Ed è da quella che dobbiamo difenderci e salvaguardarci.
E' contro questo morbo che dobbiamo unirci, per combatterlo.
Oggi, 27 Gennaio, si commemora la "giornata della memoria", a ricordo dello sterminio di sei milioni di ebrei -oltre agli zingari, agli omosessuali, ai disabili, a coloro che venivano identificati come appartenenti a cosiddette razze inferiori- ad opera dei nazisti durante la seconda guerra mondiale.
Considerando il fatto che i governi italiani sono stati (e tuttora sono) maestri nel pianificare, organizzare e diffondere la consuetudine dell'Alzheimer sociale, come italiano, la giornata della memoria in Italia, la considero un ossimoro.
Fino a pochi anni fa veniva chiamato "l'olocausto degli ebrei", ma grazie alla nobile, intelligente sapienza spirituale, (nonchè eccezionale volontà) di Karol Woytila, al secolo Papa Giovanni Paolo II, è stato consentito di non usare più quel termine sostituendolo con la parola "Shoa".
Olocausto, infatti, è un termine che proviene dal greco e indica "colui che si sacrifica volontariamente, il Giusto, per consentire il trionfo del Bene Comune della collettività". Se traducete il termine "olocausto" in giapponese, ad esempio, risulta la parola "kamikaze". Nella tradizione religiosa talmudica ebraica, il termine olocausto è considerato un atto sublime perchè deriva dalla scelta interiore di chi vuole offrire, da eroe, la propria vita per salvare gli altri, fin dal 1945 era stato usato come consuetudine per indicare l'uccisione degli ebrei. Questa norma diffusa ha prodotto l'insorgere di quel filone nazista negazionista che sosteneva (e tuttora sostiene) che fosse stata per l'appunto una scelta degli ebrei da loro stessi voluta -l'olocausto"- ovvero: quella di farsi uccidere in qualche migliaio per giustificare poi la necessità di costruirsi uno Stato.
Grazie a Papa Woytila, che ha accettato la definizione data dagli stessi ebrei, e ha introdotto e imposto nel mondo cattolico occidentale il suo uso comune, è stato accettato per convenzione collettiva la parola ebraica "Shoa" che vuol dire catastrofe, eliminando per sempre l'ambiguità legata al termine olocausto.
Il genocidio degli ebrei ad opera dei nazisti è stato studiato sotto ogni punto di vista. L'aspetto più profondamente sconcertante di questa vicenda consiste nella "non comprensibilità" del comportamento dei nazisti, impossibile da prevedere, e quindi prevenire, per potersi difendere.
Come fare, oggi, (mi sono chiesto, me lo chiedo sempre) a commemorare in maniera adeguata la giornata della memoria, senza sovraccaricare di piatta retorica questa data?
E ancora: come fare a conferire alla memoria il suo valore più alto e adeguato, cioè quello di un uso efficace e pragmaticamente nobile, che ci consenta di poter usufruire di un evento storico per trarne nutrimento (e quindi suggerimento) tale da consentirci di evitare l'avvento di una nuova forma di nazismo, oggi, per evitare un ennesimo genocidio?.
Ho scelto ciò che accadde a Bolechow, da cui la sindrome del titolo.
Tutti ormai, in Europa, hanno incorporato e accettato l'idea che i nazisti fossero dei criminali sanguinari. Ma questo specifico episodio che qui vi ripropongo ci aiuta a comprendere come, in verità, si trattasse della più pericolosa forma esistente di pazzia collettiva: una pazzia lucida.
Accadde il 14 novembre del 1941.
L'episodio si è verificato a Bolechow, una piccola cittadina europea che si trova in una zona molto particolare, la Galizia orientale, unica nel suo genere: al confine tra la Prussia, la Polonia, l'Ucraina. Una zona di frontiera, nella quale, nel secolo XVI, un illuminato aristocratico dell'epoca, il Duca di L'vov, compì un atto inconcepibile per quei tempi: abolì la schiavitù, praticò il rispetto della diversità, l'accoglienza multi-etnica, e impose la pratica alla pari di qualunque forma di credo religioso. Non solo. Mise la propria ricchezza al servizio della collettività che per questo fatto lo riverì, lo rispettò e lo amò, costruendo scuole pubbliche, ospedali gratuiti e accogliendo i profughi dalla penisola iberica che nel 1492 si sparpagliarono per l'Europa fuggendo dal Tribunale dell'Inquisizione. E così, a Bolechow, nei primi anni del '500, cominciarono a convivere in uno stato di pacificazione e di armonia -tutti insieme- cattolici polacchi, ebrei spagnoli, arabi mussulmani, cosacchi ucraini, pastori cristiano-ortodossi. Essendo un posto di frontiera, dopo la scomparsa della dinastia ducale, nei secoli, la cittadina passò da un padrone all'altro: diventò possedimento della Polonia, poi dell'Ucraina, poi della Russia, poi della Prussia, poi dell'Impero austro-ungarico, poi di nuovo della Polonia, poi dell'Urss, e infine invasa dalle truppe tedesche nel 1941. La popolazione locale si abituò e si adattò ai regnanti che si succedevano, senza mai modificare la propria struttura, condividendo il territorio in una ricca forma poli-etnica davvero unica in Europa.
Finchè, da Berlino, un piovoso giorno dell'autunno del 1941, non arrivò il comandante della Gestapo che impose la propria Legge. Il 30 ottobre convocò il capo della comunità ebraica al quale comunicò che dovevano pagare una fortissima tassa per evitare di essere tutti deportati. E quelli pagarono subito.
Dopo due giorni, durante la notte, la Gestapo rastrellò 2.000 ebrei, li condusse alla periferia della cittadina e li uccise tutti.
E dieci giorni dopo, il 14 novembre, si verificò "l'episodio".
Il comandante tedesco convocò il capo della comunità ebraica e gli spiegò che erano state uccise quelle persone per dare un esempio di efficienza e far capire a tutti che cosa sarebbe capitato loro se non avessero eseguito gli ordini. Consegnò una nutrita documentazione, composta da ben dodici quaderni, per complessive 150 pagine, nella quale, con una calligrafia minuta, erano scritti i costi dell'operazione: numero delle pallottole usate per uccidere i 2000 ebrei, costo della benzina usata dai camion per andare a prelevare i corpi e portarli in aperta campagna e cremarli, il costo per le pale e le zappe, il costo per unità di lavoro di ogni operaio che la Gestapo era stata costretta ad assumere per trasportare i corpi, e chiese alla comunità ebraica di pagare (così recita il documento ufficiale) "i danni materiali determinati dall'atto di esecuzione del piano di pulizia etnica per il rinnovamento della razza".
I nazisti chiesero alla comunità ebraica di Bolechow di pagare il costo dell'uccisione di ben 2000 dei loro componenti.
In cambio, quelli che erano ancora vivi sarebbero stati risparmiati.
La comunità, già terrorizzata per ciò che era accaduto, pagò la cifra richiesta. Chiese di diluire i pagamenti per raccogliere l'intera cifra e venne loro consentito di pagare a rate, in dieci mesi. Un anno dopo, venti giorni dopo aver saldato l'ultima rata, vennero tutti deportati ad Auschwitz.
Non sopravvisse nessuno.
Tutta questa trattativa si svolse con lucidità ragionieristica, come se "l'evento" fosse una cosa normale.Gli abitanti del luogo erano talmente presi dal terrore di una follia che loro trovavano "incomprensibile" che accettarono pensando di placare la patologia.
Tutto ciò è stato raccontato in uno splendido volume uscito nel 2006 e scritto in inglese (in Italia tradotto e pubblicato dalla Neri Pozza editore) che si chiama "Gli scomparsi" a firma di Daniel Mendelsohn, un intellettuale americano che lavora al New York Times come critico cinematografico.
Ho deciso di coniare il termine "sindrome di Bolechow" sulla base di questo evento storico.
Mi permette di capire l' impossibilità di poter comprendere la follia quando essa si presenta mascherata da apparente lucidità razionale.
Per come la intendo io, oggi la sindrome di Bolechow si è diffusa in tutta Europa, permeando con la propria follia di "lucidità apparentemente razionale" l'intero tessuto socio-politico.
Questa malattia parte dal presupposto del non riconoscimento dell'unicità di ogni essere umano in quanto Persona. Oltre a questo, riduce gli individui a numeri ai quali viene sottratta la originalità del loro valore esistenziale, trasformandoli in un dato statistico. La riduzione di un individuo a un numero, una cifra, comporta la disumanizzazione del suo essere, quindi la sua esistenza non viene contemplata nè come valore nè come significato. Gli operatori chiamati a occuparsi di questi "dati statistici", non registrano il fatto di avere a che fare con esseri umani, con esistenze, con vite pulsanti. Per questi impiegati, quegli esseri sono tutti uguali in quanto componenti specifiche di una serialità numerica, quindi intercambiabili, frapponibili, eliminabili, senza provare alcuno scrupolo, o rèmora, o senso di colpa.
E' una patologia del corpus sociale.
Questo è il mio modo di commemorare la Shoa, oggi: ricordare le vite vissute, i milioni di esistenze originali e diverse tra di loro eliminate per il capriccio di un ragioniere ossessivo, che non ha mai pensato di trovarsi di fronte a degli individui, considerando il tutto una pratica da dover sbrigare.
Era ciò che la filosofa Hanna Arendt intendeva dire quando definì il nazismo "La banalità del male".
Noi europei, e noi italiani, viviamo oggi in preda a una malattia sociale che si chiama la sindrome di Bolechow. Coloro che hanno già ucciso i membri della nostra comunità collettiva di cittadini inermi, coloro che ci hanno già depredato, sfruttato ed espoliato, vengono a chiedere a noi di pagare il conto della loro espoliazione.
Questo è l'insegnamento che la memoria storica mi regala.
Noi ci alziamo ogni mattina e con tutto l'entusiasmo del mondo provocato dalla vitalità della nostra voglia di vivere, per amore di noi stessi, della nostra moglie, marito, figli, genitori, amici, membri della comunità nella quale siamo inseriti, noi andiamo a lavorare per pagare con inoppugnabile regolarità coloro che ci hanno rovinato e seguitano a rovinare le nostre esistenze. Siamo diventati gli ebrei di Bolechow, e così ci illudiamo che le banche prima o poi cambieranno e cominceranno a dare credito a chi ne ha bisogno; viviamo nella paura coltivando la speranza che i ministri, il governo finalmente, si occupino anche di noi, che i partiti pensino alla responsabilità che hanno delle nostre esistenze, pensando che "loro" ci salveranno perchè, prima o poi, capiranno la nostra umanità e riconosceranno in noi la valenza del valore della originale narrativa della nostra esistenza individuale.
E' un'illusione, come quella di quei poveretti che finirono tutti dentro a un forno.
Questa è la consapevolezza che mi regala il giorno della memoria.
Se penso alla nostra classe politica dirigente non penso in termini di complotto, o pensando che siano incapaci e incompetenti, proprio no. Me li sto immaginando come quell'ufficiale della Gestapo che trascorse diverse notti insonne per redigere una minuziosa documentazione sui costi delle pallottole, descritte una per una a seconda del modello d'arma usate, per consegnare poi ai membri della comunità dei sopravvissuti l'elenco dei debiti da pagare, sentendosi contento di aver fatto un ottimo lavoro.
Se li ascolto raccontarci come hanno deciso e stanno decidendo di risolvere la crisi economica, la mancanza di lavoro, l'immobilità del mercato, ho la sensazione di essere diventato un semplice dato statistico, di avere a che fare con una follia lucida che, per un umano, non è possibile da comprendere.
Bankitalia, oggi, ha diffuso i dati ufficiali sullo stato dell'economia della nazione. Risulta -statisticamente- che il 10% della popolazione possiede il 48,5% della ricchezza collettiva. Risulta anche che il 9,8% della popolazione ha aumentato nell'ultimo biennio il proprio reddito di un + 65%, mentre il 72% delle famiglie lo ha diminuito di un - 7,5%. I poveri sono aumentati del 125% nell'ultimo quadriennio e i consumi sono crollati. Sia Enrico Letta che il Ministro del Tesoro, Saccomanni, hanno detto che "questi dati ufficiali ci confermano che non soltanto la recessione è finita, ma che l'Italia è ormai lanciata verso la ripresa", così c'è scritto nel comunicato ufficiale del governo.
I membri di quel 9,8% della popolazione sono quelli che ci governano.
E non conviene neppure mettersi lì a sperare che arrivi un esercito di liberazione. Non esiste.
Dobbiamo guarire dalla sindrome di Bolechow.
Ciascuno di noi, fino a guarire l'intera società.
chapeau!
RispondiEliminaMaria.
La follia della ragione credo si chiami anaffettività.
RispondiEliminaQuando si opera la scissione tra mente e corpo e si pone la ragione davanti a tutto si arriva anche a sostenere che gli esseri umani sono divisi in una sorta di sistema a caste: "i veri uomini" (gli arii, che sono tutt'altro dagli ariani) e gli "esseri inferiori". Pertanto eliminare un essere inferiore significa rendere un servigio alla collettività dei puri, degli uomini veri(!). Dal punto di vista logico il ragionamento non fa una piega: chi contabilizza gli assassinati è come se contasse animali andati al macello. Tutto questo è logica, razionalissima, follia, perchè non tiene conto del fattore più importante di tutti: il fattore umano. Senza umanità c'è la malattia mentale, i delirii di milioni di persone che, tutt'oggi, continuano ad assassinare ed a tentare di svuotare di significato il resto della popolazione.
Grazie per il bellissimo post
Paolo
Grazie.
RispondiEliminagrazie
RispondiEliminaLuca D.
Sergio, commento raramente i tuoi pezzi, ma ti leggo sempre, più o meno dall'inizio di questo tuo impegno (inclusa la parentesi in joint venture con altre menti...).
RispondiEliminaSono quasi sempre in sintonia con ciò che scrivi e anche quando non lo sono, non posso che ammirare e rispettare il tuo lucido contributo.
Io non sono un intellettuale, solo una mente curiosa e affamata. I tuoi interventi e le tue provocazioni sono come un cibo pregiato nel McDonalds dell'informazione italiana.
Oggi penso di aver assaggiato uno dei tuoi piatti migliori.
Respect!
Bellissimo articolo, grazie.
RispondiEliminaSaluti cordiali, marilù l.
Bellissimo articolo, che fa riflettere e al contempo star male...approvo in pieno il commento di "sonix"!
RispondiEliminaCosa possiamo fare per difenderci se non evitare di votare coloro che ci hanno portato allo sfascio? Forse fanno bene i giovani che se ne vanno a rifarsi una vita altrove... gli ebrei più lungimiranti si sono salvati andandosene in tempo da questo continente!
Sarebbe opportuno portare questa riflessione a chi non conosce questo blog.
RispondiEliminaCosa che ho già fatto in altre occasioni.
Grazie Sergio.
Maryta
Veramente la storia ufficiale ci racconta che per gli ebrei ci fu una liberazione congiunta di più eserciti. Oggi i palestinesi subiscono gli stessi trattamenti che furono riservati a loro (anche questo non sarebbe male come tema del giorno della memoria). Forse anche noi un giorno potremo fare la parte dei carnefici, speriamo solo che non ci scappino all'ultimo momento con gli elicotteri.
RispondiEliminastefano
complimenti Sergio! non ci sono parole per la tua minuziosa analisi e il raffronto con la nostra vita. Geniale! perchè non vai in tv a dire la verità??? secondo me non ti batte nessuno anche nel talk..
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