lunedì 20 gennaio 2014

Dalla Regione Puglia un bell'esempio e un forte segnale. Un magistrato e un imprenditore all'attacco della grande finanza.


di Sergio Di Cori Modigliani

Ieri, 19 Gennaio, era il giorno in cui avrebbero celebrato il proprio compleanno Paolo Borsellino e Rocco Chinnici, onesti magistrati, entrambi assassinati dalla mafia, negli anni'80 e '90. Tosti e tenaci (da bravi Capricorno) vivono ancora nella memoria collettiva della cittadinanza italiana, e con il passare dei decenni sono diventati sempre di più l'emblema simbolico di quella parte dell'Italia che da sempre ha detto no alla criminalità organizzata, alla delinquenza, all'illegalità, alla collusione complice del potere politico.

Rocco Chinnici era anche un teorico sofisticato, e ci teneva a sottolineare come il lavoro del magistrato non fosse (e non dovesse essere) mai un luogo in cui nasceva la gestione della legalità, bensì l'estrema risorsa alla quale lo Stato si rivolgeva quando si rendeva conto di non essere più in grado di poter affrontare le gravi patologie emerse nella società civile. Diceva Chinnici "L'esercizio della legalità e la funzione del magistrato si manifestano in seconda istanza, e vengono dopo la inderogabile necessità di affermare prima i saldi principii della giustizia sociale alla quale spetta il compito di rendere equa la vita di ogni cittadino. Una società evoluta e sana è in grado di operare in forma preventiva, garantendo alla collettività -grazie all'esercizio della legalità- uno sbarramento che impedisca la genesi e la formazione di forme patologiche nefaste. Noi magistrati siamo come il chirurgo, costretto ad intervenire quando comprende che non è più possibile affidarsi ai farmaci e alle cure per sanare un corpo. Quando il magistrato interviene è perchè la patologia si è ormai diffusa e affermata senza che sia stata praticata, a monte, la cura adeguata per impedire il dilagare della malattia".

Per Rocco Chinnici, le forti diseguaglianze sociali, uno Stato iniquo, la diffusione della protervia, arroganza e corruttela, anche spicciola, dovevano essere identificati e interpretati come sintomi sui quali intervenire subito, capendo che si trattava di segnali degenerativi di una grave malattia della collettività che inevitabilmente produceva un quadro di patologia degenerativa. Nella società malata nella quale viviamo noi in Italia, siamo abituati invece a ricordare i magistrati vittime dei criminali assassini solo e soltanto attraverso le consuete testimonianze retoriche e demagogiche, fine a se stesse. Ci dimentichiamo di sottolineare l'elemento comune a tutti i combattenti per la legalità che sono caduti nell'esercizio delle loro funzioni, siano essi magistrati, giornalisti scomodi, politici per bene, imprenditori, cittadini che si sono ribellati: la solitudine.
E qui bisogna prendere atto della nostra responsabilità, sia collettiva che individuale.

Pur essendo tutte persone molto diverse tra loro, sia per collocazione professionale che per caratterialità e censo, le vittime della criminalità organizzata hanno sempre in comune la terribile condizione di chi è stato abbandonato dai propri superiori, colleghi, conoscenti, amici, ai quali bisogna aggiungere il mefitico silenzio omertoso dei media che contribuiscono a diffondere una cappa nebulosa di apparente superficialità, di omissione, di notizie taciute, soprattutto di auto-censure nate nell'intimità privata di una scelta opportunista.

Ciò che noi tutti possiamo fare per fornire un nostro modesto contributo personale di cittadini onesti -approfittando del nuovo strumento del web e dei social networks- ruota intorno alla diffusione capillare di notizie ed eventi che amplifichino i fatti, facendo da cassa di risonanza, per lanciare un messaggio collettivo forte a chi opera sulla linea del fronte: "non siete soli".
Tutto il resto è inutile demagogia.

Una buona occasione per manifestare questo atteggiamento preventivo di pressione sociale della cittadinanza attiva ce la forniscono due persone che operano nella Regione Puglia: un magistrato e un imprenditore.
E mi riferisco qui a dei fatti concreti che appartengono a quella che dovrebbe essere attenta cronaca quotidiana, ma che invece sta passando sotto silenzio, meglio parlare della legge elettorale o di altre quisquilie irrilevanti per stornare l'attenzione dal fronte bellico.

La notizia, in teoria, dovrebbe essere da caratteri cubitali in prima pagina, con tutti i talk show in prima fila a occuparsi della ghiotta questione: è la madre di tutte le indagini in corso, e non contiene nè sbavature nè apre il fianco a ingerenze del gossip pecoreccio.
Per questo non ne parlano.

Veniamo ai fatti.

Luogo: Barletta, piccola città della provincia meridionale italiana.
Personaggi e interpreti:
un integerrimo magistrato specializzato in inchieste che riguardano il comportamento di banche, finanzieri, colossi della finanza che operano sul territorio nazionale;
la seconda banca italiana sia come importanza che come capitali investiti;
un imprenditore che ha avuto il coraggio di denunciare la banca per truffa e strozzinaggio;
il più importante banchiere italiano, già reo confesso di evasione fiscale (non come individuo ma come amministratore delegato della banca che aveva stornato i fondi) di cui si parlò poco due anni fa perchè in quel momento era ministro dello sviluppo economico, l'uomo che il 14 Gennaio 2014, 30 ore prima che gli venisse comunicato da parte del magistrato la sua iscrizione nel registro degli indagati sotto accusa, ha fondato un nuovo partito che i sondaggi (quelli veri) annunciano già -guarda caso- come la rivelazione/ novità trionfale dell'imminente primavera.

L'imprenditore si chiama Ruggiero Di Vece, titolare della Euroalluminio, azienda pugliese attiva nel barlettano che opera nel campo dell'edilizia civile.
Il magistrato si chiama Michele Ruggiero, combattivo pubblico ministero della Procura di Trani.
Gli accusati sono Giovanni Bazoli e Corrado Passera.
L'accusa formalizzata dal magistrato è:  truffa pluriaggravata e continuata di concorso in abusivismo finanziario continuato.

Veniamo ai fatti della trama di questo film, che ci riguarda tutti.

L'imprenditore pugliese sostiene di aver acceso un mutuo con Banca Intesa seguendo le indicazioni dei funzionari di una piccola banca locale che apparteneva al gruppo e di essersi accorto, nel corso dei mesi, che la banca operava in maniera truffaldina -usando i soldi da lui versati nelle rate di restituzione- per investirli in speculazioni finanziarie (poi andate male) il cui debito è stato accreditato a lui, trovandosi quindi nella condizione di un gigantesco indebitamento di cui lui era totalmente all'oscuro: erano speculazioni sui bpt di Stato al ribasso. L'imprenditore ha protestato chiedendo ragguagli in merito, scontrandosi con il consueto muro di omertà. Ma non si è fatto intimidire ed è andato avanti, risalendo la fila dei funzionari che facevano a scaricabarile e arrivando alla fine nell'ufficio di Giovanni Bazoli e Corrado Passera (amministratore delegato e presidente di Banca Intesa) i quali, sulla base della documentazione fornita al magistrato dall'ispettorato di Bankitalia, risulterebbero gli ideatori e promotori di tale attività.
Ne viene fuori un quadro di allarmante gravità patologica e sarebbe davvero un gravissimo errore di miopia da parte di chiunque reagire sostenendo che "sappiamo come sono le banche".
Non soltanto le banche non elargiscono più mutui alle imprese soffocandole, ma addirittura prendono i soldi degli imprenditori, li investono in derivati ad alta speculazione e quando realizzano profitti se li tengono senza condividerli con il proprietario di quei soldi, se invece ci sono perdite le addebitano al correntista che è ignaro -lo ripeto a scanso di equivoci: ignaro- della modalità di scelta di investimento dei suoi soldi da parte della banca.
Tutto ciò sarebbe rimasto circoscritto all'ambito locale della Procura di Trani ed è probabile che noi non saremmo mai venuti a sapere nulla se non fosse per il fatto che siamo in campagna elettorale permanente, e il nuovo partito di Corrado Passera probabilmente dà fastidio allo sdoganato Silvio Berlusconi. L'intera vicenda, infatti, è stata raccontata e descritta nei particolari da due uniche testate della stampa italiana, una locale, La Gazzetta del Mezzogiorno, l'altra nazionale, il quotidiano Libero diretto da Maurizio Belpietro.
Nessuno ha ripreso la notizia, nessuno ne parla, perchè viene considerata nell'ambiente politico italiano come una questione privata, una zuffa tra diverse fazioni del centro-destra di cui la sinistra sceglie che sia meglio non parlare, presumibilmente perchè in cambio, quelli della destra non parleranno di Monte dei Paschi di Siena e di Banca Popolare dell'Emilia Romagna e Banca delle Marche.
Questo è il bipolarismo italiano.

Questa "questione privata" è in realtà una questione dell'intera cittadinanza.
Perchè questo giochetto dei bussolotti che si è verificato a Barletta (e a farne le spese è stato un imprenditore medio locale) riguarda probabilmente anche migliaia e migliaia di piccoli e medi imprenditori e può essere davvero la madre di tutte le inchieste giudiziarie.
Perchè dobbiamo far sapere sia al magistrato che al coraggioso imprenditore pugliese che non sono soli, in modo tale da stimolare anche altri imprenditori a formulare identica denuncia.
Spetta a noi, membri del vastissimo Terzo Polo, quello della cittadinanza, spingere affinchè venga alla luce tutto ciò che c'è sotto, che sia la destra o la sinistra, che riguardi un partito o un altro partito è irrilevante ai fini della Giustizia.

Qui di seguito vi propongo (con annesso link di controllo) gli unici due articoli pubblicati sulla vicenda, uno a firma di Antonello Norscia su la Gazzetta del Mezzogiorno e l'altro a firma di Giacomo Amadori su Libero.
Buona lettura.

Sono i nostri soldi.
Così li usano.
Così intervengono sul territorio: depredando imprenditori ingenui che si fidano.



http://m.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia_home.php?IDNotizia=686546&IDCategoria=2715
Contratti derivati indagati a Trani Passera e Bazoli
di ANTONELLO NORSCIA

TRANI - C’è anche il nome del manager e banchiere Corrado Passera, ex ministro del Governo Monti, nell’elenco dei 15 indagati dalla Procura di Trani per i presunti meccanismi truffaldini di alcuni strumenti finanziari collocati da Banca Intesa Spa.L’inchiesta del pubblico ministero Michele Ruggiero, non nuovo ad inchieste altisonanti soprattutto in ambito finanziario, è partita dalla denuncia di un imprenditore barlettano ritenutosi danneggiato dalla filiale di Banca Intesa Mediocredito cui aveva chiesto un mutuo poi rivelatosi oltremodo gravoso perché legato a cosiddetti contratti derivati. Questi, secondo l’accusa, avrebbero avuto natura «speculativa, cioè di vere e proprie scommesse sui tassi, sempre sbilanciata - si legge negli atti dell’inchiesta - in favore della Banca». La denuncia di Ruggiero Di Vece, legale rappresentante della Euroalluminio Sas, dai responsabili della filiale barlettana ha risalito la china sino ai personaggi apicali di Banca Intesa Spa e della controllata Banca Caboto (ora Banca Imi).

Passera, infatti, è in buona compagnia nell’avviso di conclusione delle indagini appena notificato per le accuse, a vario titolo e a seconda delle presunte rispettive responsabilità, di truffa pluriaggravata e continuata di concorso in abusivismo finanziario continuato.

Reato, quest’ultimo, contestato a Giovanni Civico, Vincenzo Petrarulo e Salvatore Civita, rispettivamente direttore, gestore, e specialista in derivati della filiale barlettana del Centro Imprese Banca Intesa.
Tra i personaggi della stanza dei bottoni di Banca Intesa e di Banca Caboto, per contestazioni che vanno dal 2004 al 2008, figurano, invece, Giovanni Bazoli, presidente del Consiglio di Amministrazione e presidente del Consiglio di Sorveglianza di Banca Intesa; Giampio Bracchi, vice presidente del CdA e membro del comitato esecutivo dell’Istituto; Enrico Salza, presidente del Consiglio di Gestione Intesa; Tonielli Nardozzi, presidente del CdA di Banca Caboto; Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato e direttore generale della Caboto; l’omologo Andrea Munari; Massimo Arrighetti, responsabile Divisione Rete di Banca Intesa e consigliere del CdA di Banca Caboto; Fabio Bolognini, responsabile Direzione Marketing Imprese della Divisione Rete Banca Intesa; Carlo Boselli, responsabile della Direzione Imprese; Matteo Farina, responsabile dell’ufficio Financial Risk Management; Giulio Sartirana, responsabile unità di Corporate Sales Banca Caboto.

Sotto la lente investigativa della Guardia di Finanza sono finiti i prodotti finanziari «Interest Rate Swap» (IRS) commercializzati, secondo l’accusa, in modo truffaldino a danno dell’imprenditore che avevano chiesto un mutuo per la sua attività.

Per l’ufficio inquirente capeggiato da Carlo Maria Capristo gli swap (strumenti finanziari derivati costituiti da contratti o titoli il cui prezzo è basato sul valore di mercato di altri beni) sarebbero stati fortemente pregiudizievoli per la clientela, tuttavia piazzati con modalità tutt’altro che trasparenti e dunque in violazione del Testo Unico della Finanza.


http://www.liberoquotidiano.it/news/home/1388064/-Inganni-ai-clienti---indagati-Bazoli-e-Passera.html
articolo di Giacomo Amadori

Inganni ai clienti: indagati Bazoli e Passera
Michele Ruggiero, combattivo pubblico ministero della Procura di Trani, ha colpito ancora. Dopo aver messo sotto inchiesta le principali agenzie di rating mondiali e aver indagato per abuso d’ufficio Silvio Berlusconi (poi archiviato) per le presunte pressioni sull’Agcom, questa volta ha iscritto sul registro degli indagati 15 tra banchieri e manager. Sono tutti accusati di truffa aggravata continuata e (solo alcuni funzionari minori) di concorso in abusivismo finanziario continuato. Gli inquisiti hanno ricevuto nei giorni scorsi l’avviso di chiusura indagini. I nomi eccellenti di questa nuova inchiesta sono soprattutto dirigenti ed ex dirigenti di Banca Intesa e della controllata banca Caboto. Tra questi: Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza ed ex presidente del cda, Corrado Passera, amministratore delegato sino al 2011 e poi ministro (l’altroieri ha annunciato la fondazione del suo nuovo partito),Enrico Salza, ex presidente del Consiglio di gestione, Giampio Bracchi, ex vicepresidente e Giovanni Gorno Tempini, ex amministratore delegato di Caboto, oggi ad della Cassa depositi e prestiti. L’accusa è quella di aver venduto derivati a Ruggiero Di Vece, titolare della Euroalluminio, società pugliese specializzata nella vendita di materiali per l’edilizia. Tutto ha inizio nel 2004 con la sottoscrizione da parte dell’imprenditore di un finanziamento a tasso variabile dell’importo di 700 mila euro da estinguere in quindici anni in rate trimestrali. Contemporaneamente Di Vece viene indotto (per il pm il «consenso sarebbe stato carpito con l’inganno») a firmare con Banca Intesa «contratti aventi a oggetto strumenti finanziari derivati Irs». Una truffa aggravata dal fatto di aver fatto sottoscrivere a Di Vece prodotti «via via più gravosi, chiedendo periodicamente la rinegoziazione previa risoluzione dei precedenti contratti; prospettando al cliente una minore esposizione e invece aggravando la sua posizione e aumentando contestualmente il proprio margine di guadagno».
I derivati erano stati proposti a Di Vece come «copertura dal rischio di variazione del tasso d’interesse» del suo finanziamento, ma per Ruggiero questi «erano strutturalmente inefficaci e inadeguati a tale funzione per la loro peculiare natura speculativa (cioè vere e proprie scommesse sui tassi), sempre sbilanciata in favore della banca». L’imprenditore avrebbe stipulato, «secondo lo schema adottato notoriamente dalle banche della proposta-accettazione», tre contratti destinati a «operatori qualificati» quale non era, dopo aver firmato un modulo in cui invece si dichiarava tale, pur «senza avere ricevuto alcuna informazione sul tipo di derivati, sulla nozione di “operatore qualificato” e sulle conseguenze» di quella dichiarazione. Quei contratti per Ruggiero avrebbero procurato a Intesa un «ingiusto profitto patrimoniale» di 41.410 euro, «profitto rimasto occulto al cliente». In più l’imprenditore avrebbe avuto un ulteriore danno. Infatti nel 2008 avrebbe pattuito l’estinzione anticipata del terzo contratto, «viste le ingenti perdite subite» e per farlo avrebbe versato all’istituto 78.600 euro, «somma unilateralmente determinata» da Intesa. Ma se sono comprensibili le accuse nei confronti dei funzionari che hanno direttamente interagito con Di Vece, Ruggiero che cosa  contesta esattamente a chi guidava Banca Intesa all’epoca, da Bazoli a Passera? Per il pm, amministratori e manager erano tutti «consapevoli che contratti swap di quel tipo» erano favorevoli solo alla banca e quindi «coscientemente e volontariamente (e quanto meno con dolo eventuale), predeterminavano le condizioni per la negoziazione di contratti derivati di natura truffaldina». 
A questo punto il magistrato stila l’elenco delle accuse rivolte ai vertici: aver consentito il collocamento di questi derivati presso la clientela; non averla informata sui possibili rischi (qui Ruggiero cita diversi articoli del Testo unico di intermediazione finanziaria del 1998, il Tuif); non essere corsi ai ripari di fronte ai rischi evidenziati dall’auditing interna e dall’ispezione della Banca d’Italia. Insomma i vertici «predeterminavano, inducevano consentivano e/o comunque non impedivano» che «“l’evento truffa” accadesse (così assumendosene le relative responsabilità)». 
Ma quali sono le segnalazioni che avrebbero ignorato? La direzione dell’auditing interno in un report del marzo del 2004 «in ordine al processo di vendita di prodotti derivati su tassi alla clientela delle piccole e medie imprese» avrebbe segnalato «anomalie e criticità inerenti la documentazione sottoscritta dalla clientela, inadeguatezza della qualità del processo di consulenza e vendita al cliente, mancanza di supervisione e indirizzo da parte della Divisione Rete». Anche gli ispettori di Bankitalia avrebbero avuto da ridire sulla vendita dei prodotti finanziari incriminati. Il magistrato cita i risultati di due ispezioni: quella del settembre 2005 e quella del maggio 2006. Gli esperti di via Nazionale avrebbero contestato l’«inefficacia dei controlli circa l’operato della Rete commerciale» che proponeva i derivati; la mancata corresponsione dei premi ai clienti; la ricerca di meri ritorni senza prestare attenzione ai «rischi legali e reputazionali» della banca. Contestazioni di cui, secondo l’accusa, i vertici della banca non potevano non essere stati informati. Ma non ne avrebbero tenuto conto.



8 commenti:

  1. Imprenditori e magistrati così ce ne sono tanti in Italia, peccato che il sistema criminale che ci controlla sinora abbia impedito che si desse spazio a queste iniziative. In tv e sui giornali se ne parla poco e si fa spesso in modo di scoraggiare le proteste dei cittadini perché chi dovrebbe vigilare, come Banca d'Italia e Parlamento, è coinvolto. Una maggiore informazione ed un coordinamento fra i cittadini interessati sarebbe in grado di smussare le unghie alle banche ed alla speculazione finanziaria. E' su questo che bisogna lavorare.

    Non è un caso che una parlamentare dei 5 Stelle abbia preso l'iniziativa di denunciare alla magistratura Monti, Draghi ed altri boss della finanza internazionale per accendere un faro su attività criminogene che di fatto strangolano l'economia e causano la sofferenza di milioni di persone. Ovviamente, Renzi ed i suoi pari, tentano di mettere in ridicolo queste iniziative parlando di complottismo e stupide credenze. In realtà costoro sanno benissimo che se la magistratura indagasse sul sistema bancario italiano, sulla perdita di sovranità monetaria, sul signoraggio ed altri trucchi simili, questo sistema crollerebbe con un sospiro di sollievo del 90 per cento della popolazione mondiale che deve subire le decisioni di appena il 10 per cento, sempre più ricco arrogante e dispotico.

    Ecco pervché i 5 Stelle non vanno lasciati soli e devono essere sostenuti nella loro apparente follia. Sono i visionari ad essere creativi e capaci di immaginare e realizzare un mondo diverso, sicuramente più rispettoso dell'Uomo e della Natura.

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  2. Passera ministro dello sviluppo economico.......... Il festival del conflitto di interessi. Con tanti saluti a quelli che alla parola conflitto di interessi associano sempre e solo Berlusconi.....Troppo facile!

    Rasti

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  3. Hanno iventato una patologia per i bambini vivaci (ADHD) e questi malati di denaro sono persone considerate onorevoli, finchè non verra diagnosticata la LORO malattia saremo NOI a subirne i danni.

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    1. Hai proprio ragione, dovrebbero essere ricoverati d'urgenza con un TSO, e additati per strada come stupratori della civiltà.

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  4. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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    1. il computer ha eliminato per conto suo quest'ultimo commento, non so che cosa ci fosse scritto

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    2. Probabilmente era la descrizione dettagliata di un motore ad acqua, il sistema ci ha protetto dalle possibili conseguenze.

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  5. Questa volta non sono concorde su una cosa: noi siamo il PRIMO POLO!
    Gli altri, con le proprie clientele, seguono.

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