di Sergio Di Cori Modigliani
Credo che oggi, in Italia, non ci sia nessun essere pensante
che non auspichi e pretenda un cambiamento di rotta, di classe politica, di
comportamenti collettivi.
Penso davvero tutti, nessuno escluso.
Eppure non accade nulla.
Si è costretti a fingere di occuparsi
di ciò che accade –giocoforza è inevitabile- ma quando si ha voglia di
scambiare, con degli intimi fidati, la sintesi veritiera dell’attuale
situazione italiana, subentra uno scoramento collettivo nel prendere atto che
il paese è completamente paralizzato. Chi non lo capisce e non lo vede, o è
stupido o è in malafede.
Ma un paese (una nazione,
una etnia, un popolo) non è una astrazione, tantomeno una nozione virtuale. E’
la somma dei soggetti che lo compongono. La peste bubbonica della Mafia Mentale
si è ormai impossessata delle esistenze degli individui e non si registra in
nessuna formazione politica, presso nessuna categoria di lavoratori e tantomeno
in alcun partito politico rappresentato, un conato, un vagito, una pallida
sembianza di pudore civile che spinga qualcuno all’assunzione in proprio di una
consapevolezza individuale, ammettendo le proprie responsabilità, se non altro
nel proprio ambito. Macchè.
L’affaire Monte dei Paschi
di Siena ne è un tragico termometro.
L’ex presidente di quella banca,
dopo essere stato protagonista (oltre che autore e responsabile) del grave
dissesto finanziario ai danni della collettività, viene promosso e nominato
presidente della Associazione Bancaria Italiana con gli applausi di coloro che
avrebbero dovuto controllarlo, denunciarlo e buttarlo in galera. Ancora oggi,
nonostante siamo finiti nell’occhio del ciclone, non esiste neanche un
giornalista italiano, un esponente politico, un importante magistrato, che si
sia interrogato sulla vicenda e che abbia rivolto una domanda elementare ai
diversi responsabili del Tesoro, di Bankitalia, ai diversi ministri
dell’economia che negli ultimi dieci anni hanno gestito il management delle
banche italiane. “Come è possibile che sia accaduto un fatto del genere?”.
Tutti quanti, a destra e a
sinistra, sono sorpresi. E naturalmente non accade nulla.
Non così nel resto
dell’Europa.
Nonostante in Italia sia
stato censurato in maniera schiacciante, nel nostro continente il dibattito sul
marciume corrotto dell’intero sistema bancario europeo (con l’Italia come
leader) prosegue e si manifesta attraverso incontri, scontri, dibattiti, perché
è ormai chiaro a tutti –anche ai più riottosi- che ci troviamo alla vigilia
della fine di un percorso storico e il cambiamento immediato è ineluttabile.
Pena l’implosione dell’intero sistema finanziario occidentale, con disastrose
conseguenze epocali per l’intera collettività.
Da noi, invece, poiché gli
italiani hanno scelto la rassegnazione tingendola dei consueti colori di un
cinismo opportunista di parte, -fazioso quanto irresponsabile- si finge una sorpresa e si cerca di
guadagnarci sopra quanto si può, usando e sfruttando le notizie e le
informazioni per lucrare un punto in percentuale per il proprio partito, la
propria associazione, movimento, istituzione, sostenendo che la responsabilità
è da addebitare alla fazione opposta.
Tutti i più importanti
esponenti politici che oggi sono in prima fila nella battaglia elettorale
(compreso Mario Monti che “finge” di essere un novizio) hanno gestito negli
ultimi 25 anni tutto ciò che c’era da gestire. Eppure non c’è nessuno che
sostenga di essere stato, nella sua quota parte, responsabile di simile
obbrobrio civico.
Non solo. Si arriva
addirittura al punto di ascoltare gente come Giulio Tremonti (l’amorevole papà
buono delle banche italiane corrotte) il quale si è presentato come il leader
dell’opposizione contro le banche, denunciando il comportamento di persone che
lui stesso ha fatto assumere imponendole di rigore. E’ un po’ come se Benito
Mussolini, nel 1944, avesse deciso di diventare il leader riconosciuto delle
brigate garibaldine della resistenza anti-fascista.
Nel resto dell’occidente non
è così.
Non esiste nessun paese, da
Varsavia a Lima, da Montreal a Stoccolma, in cui la classe dirigente sia la
stessa di 25 anni fa. Noi siamo l’unico. Siamo unici.
I giovani anglo-americani
non sanno neppure chi siano Margaret Thatcher o Henry Kissinger e in Francia e
Germania gente come Jacques Chirac o Helmut Kohl vengono considerati alla
stregua di vecchi nonni ritirati dal servizio pubblico, i quali ogni tanto si
fanno vedere a qualche festival locale che conta poco o niente.
In Italia c’è ancora gente
che attribuisce un qualunque valore a persone come Berlusconi, Bossi, Bersani,
Monti, Casini. Nel Lazio, Francesco Storace si è candidato presentandosi come
la novità politica del momento e i sondaggi lo accreditano di una vigorosa
percentuale. Idem per ciò che riguarda la Lombardia dove è candidato Roberto
Maroni, l’uomo che nella sua qualità di ministro degli interni non è riuscito ad
impedire la totale presa del territorio lombardo da parte della ‘ndrangheta,
fornendo un enorme contributo alla distruzione del tessuto industriale di quella
regione.
Se tutto ciò è accaduto, se
tutto ciò sta accadendo, se tutto ciò seguiterà ad accadere, non è colpa dei
comunisti (se si è di destra) o dei fascisti (se si è di sinistra) ecc., è
colpa dei singoli individui italiani che compongono la collettività. Cioè di
tutti.
L’Italia è diventata una
nazione di malati mentali, votati a un masochistico suicidio consapevole. Fa
testo il nuovo preoccupante record nazionale di cui poco si parla: siamo
diventati il primo paese d’occidente nel consumo di psico-farmaci, anti-depressivi
e ansiolitici, nonché record mondiale come quantità di persone che nel 2012 si
sono presentate al pronto soccorso ospedaliero in preda ad un attacco di
panico. Anche a me, se fossi un lombardo, l’idea di vedere Berlusconi,
Formigoni o Maroni candidati alle elezioni farebbe venire un attacco di panico.
Idem per tutti gli altri in tutte le altre ragioni. Basterebbe non votarli più.
Tutto qui.
Si tratta di una tossicomania.
Questa è la verità.
Forse un giorno si scoprirà
che avevano immesso negli acquedotti nazionali delle sostanze incolori,
inodori, insapori, che provocavano dipendenza dai ladri banditi. E’ difficile
trovare, per il momento, altre spiegazioni.
La Cultura è sempre stata il
miglior toccasana contro le intossicazioni dello spirito, contro la deriva
morale dell’anima. Non a caso l’attuale classe politica dirigente ha investito
nei decenni scorsi ingenti risorse per eliminarla (o accorpandola al proprio
servizio per osmosi da corruttela) impedendo alla collettività di poter
produrre il necessario sistema immunitario per combattere il morbo e sottrarsi
alla tossicomania.
Fino ai primissimi anni’80
esisteva ancora una rigorosa classe intellettuale che esercitava una propria
funzione di sostegno degli onesti, di stimolo e pungolo, di furiosa e furibonda
protesta contro la corruzione, accompagnata da forti e coraggiose prese di
posizione. Nei decenni è stata decimata, consapevolmente. Volontariamente.
Oggi, privi di bussole e
punti di riferimento, gli onesti vivono se stessi come clandestini della
società, veri partigiani esistenziali in una lotta di resistenza all’idiozia,
alla falsità e alla menzogna continua, ufficiale e non, alla disperata ricerca
di quel Senso che ci hanno sottratto.
Quello va recuperato.
Per chi è troppo giovane per
ricordarlo, o per coloro che non lo hanno mai letto, propongo qui di seguito un
testo esemplare di un grande intellettuale italiano. Si tratta di uno scritto
storico perché ha segnato il confine tra un’Italia bella, sveglia, intelligente
e combattiva e questa italietta melensa di oggi. Venne pubblicato il 15 marzo
del 1980 sul quotidiano La Repubblica sotto forma di ampio editoriale,
provocando allora un furibondo dibattito. In seguito a questo articolo si
scatenò, allora, una gigantesca polemica, perché l’autore –l’italiano Italo
Calvino- che era stato anti-fascista nel 1930, diventato poi comunista ed
espulso dal partito nel 1956 per aver osato contestare con vigoria la
sanguinosa invasione sovietica dell’Ungheria, chiamava a rapporto i vertici
della sinistra italiana, denunciandone la natura conservatrice, ipocrita,
doppiogiochista, liberticida, avvertendo la cittadinanza che ci si trovava
all’alba di una svolta pericolosa,
l’inizio di “un sistema di corruzione mentale che è foriero di una spaventosa
dittatura potenziale che potrebbe avvinghiare le prossime generazioni
soffocandone lo spirito, l’entusiasmo vitale, finendo per disossarle di ogni
speranza ed entusiasmo per il loro futuro”.
Era già tardi. Venne massacrato. Di lì a tre mesi se ne andò dall’Italia
trasferendosi a vivere a Parigi. L’articolo era dedicato “agli italiani
onesti”.
Mi sembra un ottimo
toccasana per cercare di riallacciarci a un filo (e a un filone) nazionale, non
importato, che appartiene alla autentica tradizione intellettuale di un grande
spirito libertario. Tutto italiano. Doc.
Bisogna prendere atto della
realtà per ciò che essa è.
Le mummie si sono
impossessate del paese e delle menti delle persone, come nei film di
fantascienza o in quelli horror hollywoodiani.
Dobbiamo ripartire da questo
editoriale della primavera del 1980.
Viene dall’aldilà, essendo
l’autore morto qualche anno dopo.
Ma è come se fosse stato
scritto ieri. Anzi, proprio oggi.
Noi veniamo da lì. Anche.
E da lì bisogna ripartire.
Buona lettura.
Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti
di Italo Calvino
di Italo Calvino
C’era un paese che si reggeva sull’illecito. Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori in genere già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo d’una sua armonia.
Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perché per la propria morale interna ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito; anzi, benemerito: in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene comune; l’illegalità formale quindi non escludeva una superiore legalità sostanziale. Vero è che in ogni transizione illecita a favore di entità collettive è usanza che una quota parte resti in mano di singoli individui, come equa ricompensa delle indispensabili prestazioni di procacciamento e mediazione: quindi l’illecito che per la morale interna del gruppo era lecito, portava con se una frangia di illecito anche per quella morale. Ma a guardar bene il privato che si trovava a intascare la sua tangente individuale sulla tangente collettiva, era sicuro d’aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto collettivo, cioè poteva senza ipocrisia convincersi che la sua condotta era non solo lecita ma benemerita.
Il paese aveva nello stesso tempo anche un dispendioso bilancio ufficiale alimentato dalle imposte su ogni attività lecita, e finanziava lecitamente tutti coloro che lecitamente o illecitamente riuscivano a farsi finanziare. Perché in quel paese nessuno era disposto non diciamo a fare bancarotta ma neppure a rimetterci di suo (e non si vede in nome di che cosa si sarebbe potuto pretendere che qualcuno ci rimettesse) la finanza pubblica serviva a integrare lecitamente in nome del bene comune i disavanzi delle attività che sempre in nome del bene comune s’erano distinte per via illecita. La riscossione delle tasse che in altre epoche e civiltà poteva ambire di far leva sul dovere civico, qui ritornava alla sua schietta sostanza d’atto di forza (così come in certe località all’esazione da parte dello stato s’aggiungeva quella d’organizzazioni gangsteristiche o mafiose), atto di forza cui il contribuente sottostava per evitare guai maggiori pur provando anziché il sollievo della coscienza a posto la sensazione sgradevole d’una complicità passiva con la cattiva amministrazione della cosa pubblica e con il privilegio delle attività illecite, normalmente esentate da ogni imposta.
Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva d’applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino a allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziché la soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse d’un regolamento di conti d’un centro di potere contro un altro centro di potere.
Cosicché era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai soltanto come armi tattiche e strategiche nelle battaglie intestine tra interessi illeciti, oppure se i tribunali per legittimare i loro compiti istituzionali dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di potere e d’interessi illeciti come tutti gli altri.
Naturalmente una tale situazione era propizia anche per le associazioni a delinquere di tipo tradizionale che coi sequestri di persona e gli svaligiamenti di banche (e tante altre attività più modeste fino allo scippo in motoretta) s’inserivano come un elemento d’imprevedibilità nella giostra dei miliardi, facendone deviare il flusso verso percorsi sotterranei, da cui prima o poi certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza lecita o illecita.
In opposizione al sistema guadagnavano terreno le organizzazioni del terrore che, usando quegli stessi metodi di finanziamento della tradizione fuorilegge, e con un ben dosato stillicidio d’ammazzamenti distribuiti tra tutte le categorie di cittadini, illustri e oscuri, si proponevano come l’unica alternativa globale al sistema. Ma il loro vero effetto sul sistema era quello di rafforzarlo fino a diventarne il puntello indispensabile, confermandone la convinzione d’essere il migliore sistema possibile e di non dover cambiare in nulla.
Così tutte le forme d’illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto. Avrebbero potuto dunque dirsi unanimemente felici, gli abitanti di quel paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti.
Erano costoro onesti non per qualche speciale ragione (non potevano richiamarsi a grandi principi, né patriottici né sociali né religiosi, che non avevano più corso), erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso. Insomma non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d’altre persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto loro erano i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare. Sapevano che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtù sono cose che trovano troppo facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in malafede. Il potere non lo trovavano abbastanza interessante per sognarlo per sé (almeno quel potere che interessava agli altri); non si facevano illusioni che in altri paesi non ci fossero le stesse magagne, anche se tenute più nascoste; in una società migliore non speravano perché sapevano che il peggio è sempre più probabile.
Dovevano rassegnarsi all’estinzione? No, la loro consolazione era pensare che così come in margine a tutte le società durante millenni s’era perpetuata una controsocietà di malandrini, di tagliaborse, di ladruncoli, di gabbamondo, una controsocietà che non aveva mai avuto nessuna pretesa di diventare la società, ma solo di sopravvivere nelle pieghe della società dominante e affermare il proprio modo d’esistere a dispetto dei principi consacrati, e per questo aveva dato di sé (almeno se vista non troppo da vicino) un’immagine libera e vitale, così la controsocietà degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità, di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è.
Editoriale
pubblicato su la Repubblica, in data 15 marzo 1980; lo si trova anche nel tomo “Romanzi e racconti, volume terzo, Racconti e
apologhi sparsi”, nella collana
Meridiani edita da Mondadori.
Come giustamente afferma Albero Bagnai...
RispondiEliminaHANNO PAURA!
Dedicato a tutti i finti troll...
EU to set up euro-election 'troll patrol' to tackle Eurosceptic surge
http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/europe/eu/9845442/EU-to-set-up-euro-election-troll-patrol-to-tackle-Eurosceptic-surge.html
Guy F.
Bhè, che dire...davvero geniale. Consolatorio anche, un pò. L'idea della società onesta underground mi affascina e mi ci ritrovo. Questo è uno di quei pezzi che mi fa rimpiangere di avere alle spalle 10 anni di studi scientifici, ma poco di umanistici. Spero di avere tempo per rimediare.
RispondiEliminai soldi non sono scarpe,è normale se lasciato fare che in italia un numero così consistente di banche creasse un proprio sistema per sopravvivere,in certi paesi ci sono più banche che bar,non trattano scarpe ma soldi i quali hanno un ruolo assoluto in questo sistema.
RispondiEliminatroppi sportelli troppo potere troppe spese crea un continuo distacco tra individui
mah... secondo me sono solo ladri
Eliminanon credo che l'occasione faccia l'uomo ladro...
ma che i ladri cerchino lenoccasioni, e le sfruttino
Il problema non è solo italiano, anche se è vero che il vero problema siamo noi, gli Italiani. Il problema è globale e si risolverà solo quando cambierà l'intero sistema di riferimento. Non è imitando l'Argentina che eviteremo altri guai, se non cambiano l'Europa ed il mondo attorno a noi.
RispondiEliminaGli altri cambiano o almeno ci provano.
RispondiElimina"Il governo moderno non è che un comitato amministrativo degli affari della classe borghese."
Ma il mondo cambia. In una continua relazione di causa ed effetto.
Per fallita che sia la Rivoluzione d'Ottobre non si puo' immaginare
la moderna socialdemocrazia europea e roosveltiana senza di essa. Non la si puo' nemmeno immaginare senza il grande controllo dei mercati da parte europea, americana e giapponese del dopo guerra. Non si puo'immaginare oggi che possa continuare cosi' com'e'.
Gli altri sanno di dover cambiare, sanno benissimo che l'entrata di
grandi nazioni, dall'India al Brasile, dalla Cina all'Argentina non puo' essere cacciata indietro. Il tempo dell'enorme scambio disuguale sta finendo e un nuovo modello di relazioni si sta proponendo. Le vecchie guerriglie sudamericane, le lotte di liberazione stanno ora avendo effetto. Sicuramente non come se le era immaginato chi le ha fatte. E mentre gli altri cercano una struttura dentro la quale muoversi sia culturale, sia logistica noi che'?
Continuiamo con l'ONESTA'? Onesta' che sembra l'unico motivo contro
questa classe dirigente. La quale naturalmente ride. "Voi date dei disonesti a noi? Ma alzi la mano chi non ha rubato in questo paese.
Chi non ha pagato le tasse, chi non ha corrotto o implorato per un bel posticino, un favore, una licenza?"
Quando il mondo cambiera' faremo come sempre abbiamo fatto.
Una Costituzione Albertina, una nata dalla Resistenza, la prossima
nata da chi sa che. "Cambieremo tutto perche' nulla cambi"
Un tedesco scrisse questo sotto il nazismo
"Non permetteremo che ci distruggano la stupidita'.
L'intero popolo tedesco ne reclama la proprieta'."
Credo che era una persona onesta.
inappuntabile, ma alla giusta considerazione cinica (realistica) va assolutamente affiancata la volontà passionale di cambiare le cose e mandarli tutti a casa: bisogna fortemente credere che sia possibile
EliminaM riferisco agli ultimi due paragrafi: era certamente onesto ma anche intelligente e culturalmente attrezzato.
EliminaComunque un antico proverbio confuciano chiosa così: "Gli onesti vincono sempre, SE non sono fessi"
Penso che bisognerebbe affidarsi un pò di + all'intelligenza emotiva (olistica) e un pò - a quella razionale (+ legata all'ego).
FUNZIONI DELL’EMISFERO SINISTRO
è sviluppato al sapere
riconoscere
ha in se la percezione dell’ordine
è schematico
conosce i nomi delle cose
basa le conoscenze sulla realtà
crea strategie
pratico
vuole la sicurezza
usa la logica
percepisce i dettagli
basa le decisioni sui fatti
si esprime attraverso parole e linguaggio
è attaccato a presente e passato
ha predisposizione naturale per matematica e scienza
è sviluppato alla comprensione
FUNZIONI DELL’EMISFERO DESTRO
percezione spaziale
conosce la funzione delle cose
si basa sulla fantasia
possibilità del momento
impetuoso
corre rischi
usa i sentimenti
è orientato alla percezione
prevale l’immaginazione
si esprime attraverso simboli ed immagini
è attaccato al presente e futuro
ha predisposizione per filosofia e religione
riesce ad arrivarci
crede
apprezza
"Uno", in tutti questi anni ha fatto ben piu' di qualcosa,lottando contro tutto il sistema marcio,
RispondiEliminaa mio modesto parere, ha risvegliato le menti e ridato la speranza ormai persa
BEPPE GRILLO
Com'eravamo fortunati, noi italiani, ad aprire il giornale e poter leggere editoriali di una simile bellezza.
RispondiEliminaMi dirai che adesso siamo ancora più fortunati, perché ci basta accendere il computer, non solo per rileggere sommessi capolavori come questo, ma anche i tuoi post e quelli di -- fortunatamente, ancora -- diversi altri blogger, liberi e pensanti.
E' senz'altro vero, ma a me quegli editoriali mancano tanto. E anche quello straordinario senatore a vita.
Grazie, di cuore.
Marilù.
ma possibile che in questo sito non c'è nulla di costruttivo nelle critiche? siete (compreso il Di Cori) l'espressione migliore dell'italiano medio: piegati a logiche strumentali di critiche senza costrutto.
RispondiElimina