giovedì 27 ottobre 2011

Irene Nemirovski ci spiega che cosa sta facendo Angela Merkel: dove sta il Senso della Cultura

di Sergio Di Cori Modigliani

Immaginiamo la seguente scena:

Luogo: una città imprecisata dell’Italia (sempre nel caso esista ancora).
Data: 2083.
Situazione: Maria Rossi alle prese con la sua tesi di laurea in “Storia delle idee dell’Italia repubblicana dal 2002 al 2012”.
Possiamo ben supporre che la giovane, intelligente e curiosa Maria abbia a disposizione (per noi oggi impossibile da immaginare) una serie di diavolerie tecnologiche tali da accelerare e facilitare il lavoro degli storici. Spulcia documenti, legge libri, segue i dibattiti ma alla fine la conclusione è sempre la stessa: “Tra il 2002 e il 2012 in Italia non è successo nulla”
Non c’è infatti un libro, un film, un documento italiano “scritto con il sangue” dal quale si riesca a comprendere il pulsare della nazione, ciò che accadeva, come lo vivevano, quali erano le reali contraddizioni, aspirazioni, sogni, utopie, ambizioni degli italiani di quel periodo. Disperata, Maria va dal suo relatore universitario e accetta il suo invito ad allargare lo spettro. Nuovo titolo: “Storia delle idee dal 2002 al 2012 nell’europa meridionale” che comprende quindi oltre all’Italia anche la Spagna, la Francia, il Portogallo, la Baviera, la Grecia, l'Albania, ecc.
Dopo qualche mese, disfatta dalla frustrazione, ritorna dal suo professore e spiega che dalle due paginette stiracchiate relative all’Italia è riuscita a stento ad arrivare a sette pagine, ma niente di più.
Nel frattempo, Maria è rosa dall’invidia nei confronti di Anna, una sua collega che sta facendo la tesi su “Storia delle idee in Europa tra il 1926 e il 1936” (ha già collezionato sedici pennette suddivise per nazioni, regioni, province, comuni, città, quartieri) e anche Carla con “Storia delle idee dell’Italia repubblicana tra il 1958 e il 1968” ha già riempito almeno dodici pennette da 1 milione di gigabyte ciascuna.
Frustrata e delusa, Maria si rivolge a un collega che lavora –sempre nella sua stessa università- presso il dipartimento scientifico di biologia mentale nella sezione “giochi sperimentali della mente” una nuova e divertente branchia del sapere che si occupa di fare viaggi nel passato, talmente vividi e realistici, da fornire a chi lo vive la sensazione di esserci stato per davvero. Come diversi film e tonnellate di libri di fantascienza ci hanno raccontato.
Accetta l’invito di Ugo per fare da cavia a un nuovo marchingegno high tech.
Si infila nella macchina, vola nel tempo, si fa un viaggetto per tutta europa dal 2002 al 2012 (il tempo reale per lei dura più o meno due ore) e quando si sveglia la sua mente ha registrato tutto ciò che andava registrato.
Risultato: le due paginette diventano tre.
Rifà il gioco, ma questa volta va a Parigi, Roma, New York, Vienna, Mosca, in un giorno scelto a caso, nel quale –in teoria- non è accaduto nulla di rilevante, diciamo il 19 gennaio del 1927.
Ritorna indietro e ha materiale sufficiente per riempire almeno quindici pennette.
Cambia tesi di laurea.
Firma il protocollo burocratico con grave delusione del suo relatore che, per la decima volta, deve accettare il triste verdetto: il suo dipartimento non riesce a cavar fuori un ragno dal buco. Perderà la sovvenzione e il relativo budget; sarà costretto a scrivere, nella sua relazione che in Europa dal 2002 al 2012 non è accaduto nulla.
Fine della storia che funge da premessa e introduzione.

E’ estremamente difficile per tutti noi, nessuno escluso, accettare l’idea che viviamo dentro a un nulla di fatto. Poiché ne facciamo parte, è quasi impossibile, rendersi conto che galleggiamo sospesi in un vuoto d’aria perenne, un po’ come i pesci rossi dentro una bolla di vetro che si guardano l’un l’altro e da autentici mitomani cercano di convincersi a vicenda che si trovano, se non proprio sguazzando in un fiume, quantomeno dentro un acquario.

Gli anni’30, cioè 80 anni fa, in tutto il pianeta, rappresentarono “il decennio” per eccellenza. Fortissime personalità politiche che si scontravano tra di loro, Roosevelt, Hitler, Mussolini, Stalin, Hiro Hito, Trotszkij (tanto per citare soltanto i più famosi) nel pieno di una depressione economica che aveva provocato un colossale disastro planetario, enormi sconvolgimenti sociali, discussioni, lotte, conflitti. Pittori,scrittori, storici, accademici, registi cinematografici, romanzieri soprattutto (fare l’elenco è davvero impossibile, riempirebbe centinaia e centinaia di pagine) da Los Angeles a Mosca, da Stoccolma a Marsala –e parlo qui soltanto del’occidente- hanno lasciato (magari inconsapevolmente) una radiografia accurata, una ineccepibile documentazione esistenziale, una gigantesca fotografia degli umori, sapori, odori, vizi e virtù delle generazioni che in quella spaventosa crisi avrebbe poi partorito la genesi del totalitarismo e una guerra mondiale che ha sterminato, complessivamente, almeno 100 milioni di persone innocenti, di cui soltanto 40 nell’europa occidentale.
Nei libri dei romanzieri di allora (e in tutta la produzione visiva) si palpava il colore del sangue che scorreva nelle vene dei testimoni di quel tempo; leggendo quei libri, osservando quei quadri, guardando quei film, vedendo quelle fotografie, oggi, 27 ottobre 2011, comodamente seduti nel salotto di casa propria, è possibile comprendere pienamente che cosa stesse allora accadendo, chi fossero i protagonisti, i portavoce, i dominanti, i sottomessi, ma soprattutto che cosa pensavano le donne e gli uomini di quell’epoca, sia i ricchi privilegiati che i poveri espoliati, dai padroni di sempre ai dannati della terra.
Erano voci. Erano facce. Erano le loro idee.
E non si tratta soltanto del privilegio storico di chi, venendo dopo, ha l’opportunità di leggere il passato proprio perché tale. Accadeva anche –e soprattutto- a loro. Quasi in contemporanea sapevano sempre ciò che accadeva e stava accadendo ai loro simili e dissimili anche a migliaia di chilometri di distanza, nonostante si trovassero (e non lo sapevano) appena appena all’alba delle comunicazioni di massa: Il telefono e il telegrafo, e soltanto per pochi fortunati; niente di più.

Oggi, invece, leggendo, guardando, osservando, ascoltando, la produzione letteraria, visiva, acustica dell’Italia (e di gran parte dell’europa) non si sente mai il sangue, non si vedono le vene, non si scorgono le arterie. Non si può, dunque, identificare il disegno.
Tantomeno, quindi, comprendere l’epoca.
Non è dato capire.
Si può soltanto azzardare, interpretare, affidarsi alla dietrologia, al soggettivismo narcisista: il trionfo di chi opera dietro le quinte e non vuole che si sappia ciò che sta accadendo, ciò che davvero E’.

Non esiste un solo romanzo italiano negli ultimi dieci anni in cui i protagonisti, tra di loro, parlano di crisi economica, crisi sociale, crisi psicologica. Non esiste un solo personaggio, sia letterario che cinematografico, (magari anche tangenzialmente) il quale incappa in una qualsivoglia disavventura legale perché inserito in un quadro di corruttela. Se lo fanno è soltanto per riderci su; hanno il terrore della tragedia, che è l'unica, per definizione, a operare l'insostituibile funzione catartica necessaria a comprendere il reale per poter crescere.
Discorrono tutti del sesso degli angeli.
Manca il sangue.

E’ il vuoto che siamo chiamati a dover riempire.
Ma non per tirare la volata a questo o quel partito, e certamente non nel nome di un qualche principio ideologico. Proprio no.

Perché è l’unica –e ultima- possibilità di poter riagguantare il Senso.
E quindi, automaticamente, poter aspirare a comprenderne anche il Significato.
La loro somma, infatti, produce il Sapere.
Rispondo qui ai tanti e diversi lettori che ogni tanto mi chiedono di suggerire scrittori che parlano della crisi attuale, fornendo e offrendo spunti esistenziali “di carne e di sangue”. Perché quella è l’unica strada per tastare il polso della situazione e capire.
Suggerisco a tutti, quindi, una scrittrice di grande attualità, dotata di grande verve, poderosa stazza, coraggiosa e generosa nel regalare la cifra tutta femminile di una lettura del reale che fotografa in pieno l’ossatura della grande crisi che stiamo vivendo. Da lei c’è soltanto da imparare. E’ anche una buona maestra.
La si vede spesso da Gad Lerner, da Vespa, e adesso sta sempre da Santoro sul suo web.
Non è vero, scherzavo. Magari fosse così. E’ morta 69 anni fa.
Ma nei suoi libri scorre sangue vero, il sangue di quell’epoca.
Che è di nuovo la nostra.
Non potendo affidarsi a intellettuali e scrittori che in Italia hanno scelto l’annacquamento delle loro arterie e la pratica costante dell’impoetenza, è bene affidarsi alla Storia e allo studio godurioso di chi aveva il sangue e l’ha donato ai posteri.
Basterebbero i titoli di alcuni dei suoi romanzi spettacolosi per capire di che cosa parla.
“Il vino della solitudine”.
“Il calore del sangue”
“Suite royale”.
Racconta la furibonda devastazione morale e umana prodotta da una società spensierata, opulenta, superficiale, dove gli imprenditori “hanno perso il senso e il gusto del fare per dissolversi all’alba di un’orgia compiacente nella suite royale di un albergo di lusso esclusivo”; racconta l’ossessione estetica dell’età e della vanità delle donne di quell’epoca “morire non mi spaventa affatto, perché dovrebbe? La morte è il nulla per tutti. Mi terrorizza la vecchiaia, le rughe, l’idea di non piacere più, perché questa è l’unica verità nella società di oggi. La pelle sempre liscia, i bei seni pieni, un sedere che non scende mai, questa è la nostra utopia, il nostro Senso. Per tutto ciò vale davvero la pena di morire”.
L’autora si chiama Irene Nemirovski.
Nata in Ucraina nel 1903 ma da piccola emigrata in Francia con la famiglia e naturalizzata francese, ci ha lasciato in eredità uno splendido spaccato dell’opulenza irresponsabile dell’elite degli anni’20 e ’30, quella che avrebbe prodotto la crisi economica e la guerra mondiale. Ma l’ha fatto raccontandoci l’esperienza sensoriale dei suoi protagonisti, i dettagli del loro vivere, la loro autentica verità di passioni e dolori. Narrata dall’interno, da uno dei partecipanti. Non fa mai cronaca, lei regala vita autentica.
Deportata dai nazisti francesi, è morta ad Auschwitz nel 1942. Ma i suoi libri sono rimasti.
Preziosa eredità.
Leggendoli, oggi, è possibile comprendere che cosa stia accadendo a Berlino tra la Merkel, Sarkozy, Draghi e Tremonti.
Dico sul serio.
Questo è il Senso vivo della Cultura.

Perché le loro chiacchiere e proclami hanno –come unico dichiarato fine- quello di mascherare la realtà. Spetta agli scrittori e agli intellettuali svelare e rivelare i personaggi, togliendo loro le maschere. Leggendo gli smascheratori di un tempo, aumentano le nostre possibilità e opportunità e di poterci fornire di adeguati strumenti di comprensione.
Non avendo la possibilità di rivolgerci ai contemporanei perché al mercato ci arrivano soltanto i corrotti, gli esangui, i delinfati, i collusi e quelli veri –per chi ha la fortuna e l’occasione- bisogna andare a stanarli nelle loro privatissime grotte clandestine, è bene affidarsi alle cure sagge di chi ha scelto di farsi autentico portavoce di un destino non soltanto individuale, ma storico.
Ci ha regalato la cifra di un’epoca.
Irene Nemirovksi ci racconta alla grande che cosa pensa Angela Merkel.
E’ la strada migliore per poter cominciare a capire qualcosa.
Perché una cosa, mi auguro, è ormai chiara a tutti.
Chi gestisce la baracca sta investendo tutte le proprie risorse (e sono davvero tante ma tante ma tante) per nascondere, occultare, confondere.
Nella nebbia e nella conseguente ressa di individui privi di bussola, pensano di poterla far franca.
Denunciare è inutile, non ha più senso.
Non esistendo voci autentiche e coraggiose, oggi, in Italia, è meglio andare ad ascoltare quelle che erano autentiche e coraggiose 80 anni fa.
L’Italia non è cambiata affatto.
Il Senso bisogna andare a cercarlo nell’autenticità del sangue versato da chi vive e ha vissuto una vita vera e autentica.
Buona lettura a tutti.

Dal 2004, l'editore Adelphi ha scelto e deciso di cominciare la pubblicazione in lingua italiana di tutte le opere di Irene Nemirovski.

5 commenti:

  1. Sono stato in Libia, da lavoratore, fino al 21 febbraio scorso quando, costretto dagli eventi, ho dovuto abbandonarla con l’ultimo volo di linea Alitalia.

    Ho avuto modo di conoscere gran parte del Paese, da Tripoli a Bengasi, a Ras Lanuf a Marsa El Brega a Gadames, non frequentando gli ambienti dorati, ovattati e distaccati dei grandi alberghi, ma vivendo da lavoratore tra lavoratori e a quotidiano contatto con ambienti popolari, sempre riscontrando cordialità e sentimenti di amicizia per certi versi inaspettati e sorprendenti.

    Non era raro per strada sentirsi chiedere di poter fare assieme una fotografia da chi si accorgeva di stare incrociando degli italiani, peraltro numerosissimi anche per le tantissime imprese che vi operavano, dalle più grandi (ENI, Finmeccanica, Impregilo ecc.) alle più piccole (infissi, sanitari, rubinetterie, arredamenti ecc.), in un ambiente favorevolissimo, direi familiare…

    Da quello che ho potuto constatare il tenore di vita libico era abbastanza soddisfacente: il pane veniva praticamente regalato, 10 uova costavano l’equivalente di 1 euro, 1 kg di pesce spada circa 5 euro, un litro di benzina circa 10 centesimi di euro; la corrente elettrica era di fatto gratuita; decine e decine di migliaia di alloggi già costruiti e ancora in costruzione per garantire una casa a tutti (150-200 m2 ad alloggio….); l’acqua potabile portata dal deserto già in quasi tutte le città con un’opera ciclopica, in via di completamento, chiamata “grande fiume”; era stata avviata la costruzione della ferrovia ad alta velocità e appaltato il primo lotto tra Bengasi e il confine egiziano della modernissima autostrada inserita nell’accordo con l’Italia; tutti erano dotati di cellulari, il costo delle chiamate era irrisorio, la televisione satellitare era presente sostanzialmente in ogni famiglia e nessun programma era soggetto a oscuramento, così come internet alla portata di tutti, con ogni sito accessibile, compreso i social network (Facebook e Twitter), Skype e la comunicazione a mezzo e-mail.

    Dalla fine dell’embargo la situazione, anche “democratica”, era migliorata tantissimo e il trend era decisamente positivo: i libici erano liberi di andare all’estero e rientrare a proprio piacimento e un reddito era sostanzialmente garantito a tutti.

    Quando sono scoppiati i primi disordini, la sensazione che tutti lì abbiamo avuto è stata quella che qualcuno stava fomentando rivalità mai sopite tra la regione di Bengasi e la Tripolitania, così come le notizie che rilanciavano le varie emittenti satellitari apparivano palesemente gonfiate quando non addirittura destituite da ogni fondamento: fosse comuni, bombardamenti di aerei sui dimostranti ecc.
    Certamente dal punto di vista democratico i margini di miglioramento non saranno stati trascurabili, del resto come in tanti altri paesi come l’Arabia Saudita, la Cina, il Pakistan, la Siria, gli Emirati Arabi, il Sudan, lo Yemen, la Nigeria ecc. ecc… e forse anche un po’ da noi! Pertanto prima o poi qualcuno dovrà spiegare perché in questi Paesi non si interviene…
    Sono triste e amareggiato al pensiero di come sarò considerato dagli amici libici che ho lasciato laggiù dopo questa scellerata decisione di stupidissimo interventismo!

    Guido Nardo
    Ingegnere Gruppo ENI

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  2. @ Guido Nardo...sono davvero contento, per non dire commosso, che il mio post sulla Nemirovski abbia prodotto un commento del genere; grazie davvero per questa interessante e autentica condivisione esistenziale...:)

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  3. @ Guido Nardo. E che cacchio, così fai passare in secondo piani uno splendido post di Sergio! A parte il tentativo di sdrammatizzare, credo sia più che lecito pensare che i servizi segreti di un non citato paese o forse piu paesi europei abbia gettato benzina sul fuoco, proprio nel momento giusto. E forse lanciando un segnale forte agli amici di Gheddafi, forse anche a noi. Mi chiedo se a questo punto, riconoscendoci come esuli in patria, e identificato numerosi nemici dela democrazia soprattutto in Europa, di chi siamo amici? Di chi possiamo ancora fidarci? Abbaimo ancora una pare da cui stare?



    P.s. Chiedo formalmente scusa a Sergio per la risposta fuori tema, ma quel che ha scritto Guido mi ha colpito profondamente, anche se ha scritto cose che già immaginavo. Sentirle però in modo così diretto da chi ha vissuto questo periodo sul posto oltre a confermare fa venir un po i brividi. In ogni caso, mi sentirei di segnalare a Maria Rossi come materiale utile il sito sergiodicorimodiglinji.blogspot.com
    Si legge un intessante spaccato del periodo preso in esame, in modo un tantino piu approfondito rispetto all' archivio storico della videoteca dei titoli di apertura del tg1 di quegli anni.

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  4. Raccogliamo oggi il risultato di un atteggiamento camaleontico che ha riposto il Senso della esistenza nel nascondere quanto rischiava di esondare dai pacchetti ben confezionati, mostrando un contenuto diverso dalle apparenti aspettative. Mascherare la realtà che - proprio perché reale- pretende continua trasformazione, rischio, passione..é un gioco perverso che nullifica Senso e Significato perché sancisce l'incapacità di mettersi a nudo trasformando il vecchio marciume in humus fertile per dare vita al nuovo. Stiamo a vedere...

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  5. @susanna garavaglia
    potresti tradurre il tuo commento in italiano? grazie.

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