venerdì 16 gennaio 2015

Che cosa mangiate questa sera e, soprattutto,con chi?

di Sergio Di Cori Modigliani

Parliamo anche di cifre (le detesto ma all'occorrenza servono per argomentare).

Due anni fa, nel celebrare il suo settantesimo compleanno, nel jazz club dove il martedì sera va a suonare il sax, nel cuore di Manhattan, il regista Woody Allen radunò amici e giornalisti attivi in città. In quell'occasione, rilasciò una intervista al New York Times, dedicata soprattutto a tematiche sociali e politiche. Dichiarò, per la prima volta, la sua posizione politica nel quadro del posizionamento americano "sono un esistenzialista anarchico", disse, e poi aggiunse "ma non vado certo in giro a mettere bombe". La giornalista gli chiese se lo facesse perchè era pacifista. Lui rispose: in verità si tratta di cautela e di conoscenza del proprio Sé, sono un maldestro pasticcione, non sarei proprio capace, combinerei un guaio colossale. Alla fine dell'intervista gli chiesero quale avrebbe potuto essere il partito giusto per lui, e l'artista newyorchese disse: un partito che risponde alle tre domande essenziali dell'esistenza: da dove veniamo, dove andiamo, e che cosa mangerò questa sera ma soprattutto con chi.
Sottoscrivo questa idea del mondo, davvero complicata da applicare in Italia.
Essendo una nazione gravemente ammalata da lungo tempo di Alzheimer sociale, eliminiamo la prima parte (da dove veniamo) che automaticamente elimina la possibilità di affrontare anche la seconda (dove andiamo) e atteniamoci all'unica per noi abbordabile, e anche la più interessante: "che cosa mangiamo questa sera e con chi".

Questa affermazione, per me, rappresenta il sale dell'esistenza.
Coinvolge ogni ceto sociale e ogni individuo.
Per i più poveri, l'ansia quotidiana fa pencolare la bilancia verso la prima parte: c'è chi lotta, nel nostro paese per sopravvivere e non può permettersi una cena succulenta tutte le sere.
Per chi se la può permettere, almeno i più sensibili tra questi, vale invece la seconda parte: il valore dell'affettività e della condivisione.
Non può esistere una società giusta ed equilibrata, dentro la quale valga la pena di vivere, se non vengono ottemperate ambedue le condizioni.
La povertà e la solitudine sono le due peggiori piaghe concepibili.
Chi è solo e senza affetti, si sente povero anche se non lo è, e quindi lo diventa.
Chi è povero è sempre da solo.
Il geniale sociologo polacco Zygmunt Bauman nel suo pamphlet "Danni collaterali" (edizione italiana, Laterza, 2013) identifica l'emergenza esistenziale più forte e più importante in Europa la "genesi e proliferazione dello stato di povertà.....perchè il povero è sempre solo, e questo connubio non può che diventare una bomba innescata che produce depressione sociale, trasformando l'essere umano da persona a un semplice danno collaterale".

Da ieri, in Italia, ufficialmente, di questo problema non se ne può parlare, per la perentoria affermazione del nostro caro leader a Bruxelles, le famiglie degli italiani si stanno arricchendo, che ha spazzato via il dibattito sulla spina dorsale del problema attuale dell'Italia. Contestare questo concetto governativo "ufficiale" vuol dire pretendere il dimissionamento dell'attuale esecutivo, con l'accusa di aver perso il senso della realtà. Nessuno in parlamento sembra disposto a farlo, quindi non se ne parla.

Ma le cifre sono impietose.

Questa mattina sono stati diffusi ufficialmente due dati che considero rotaie dello stesso binario.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ci comunica che l'Italia batte gli Usa e diventa il primo paese d'occidente per diagnosi (effettuate nei prontosoccorsi della sanità pubblica) di "attacchi di panico conclamato" ai quali va aggiunto l'inevitabile record dell'uso (e abuso) di psico-farmaci per lenire il dolore psichico, l'ansia, l'angoscia, l'insonnia, qualificando il nostro paese -parliamo qui di dati nudi e crudi, quindi di fredde cifre- come una nazione in preda ad un gravissimo stato di depressione collettiva.
A questo va aggiunto il record (22,5) dello "stato di totale indigenza o povertà assoluta" raggiunto dal nostro paese, come proposto dal Misery Index, e come diffuso ufficialmente questa mattina dalla Confcommercio.
Il sole24 ore, attraverso la sua agenzia radiocor, ha lanciato una notizia di tre righe per specificare che "si tratta del record assoluto dal 2007 a oggi".
La notizia è vera e falsa allo stesso tempo.
E' vera perchè è così: basta confrontare le cifre.
E' falsa perché non viene spiegato che "il Misery index" (lanciato dal presidente Harry Truman nel 1948) in Italia è stato costituito come osservatorio sociale statistico ufficiale dalla Confcommercio, soltanto nel 2007.

Se gli stessi parametri di studio vengono applicati alla Storia d'Italia negli ultimi 100 anni, si viene a scoprire che l'indice di povertà, nella Repubblica Italiana, ha toccato a dicembre 2014 lo stesso livello del 1954.
Lo stesso anno in cui usciva il film la cui locandina ho riprodotto qui in bacheca.
Era un anno, allora, in cui gli italiani erano in grado di avere il coraggio, il gusto, la sensibilità, ma soprattutto l'abilità di parlare anche in termini popolareschi della propria realtà esistenziale.
Sono le due facce dell'Italia odierna: immobili e incastrati tra la miseria e la nobiltà.

Dal 2007 a oggi, i dati ci spiegano che l'8% della popolazione ha visto aumentare il proprio reddito del 125%: chi nel 2006 ha guadagnato 1 milione di euro nel 2014 ne ha guadagnati 2. milioni e 250 mila. In compenso il 56% della popolazione ha visto diminuire il proprio reddito del 62%: chi nel 2007 aveva guadagnato 60.000 euro, nel 2014 ne ha portati a casa 26.000.
Quindi, quando il caro leader sostiene che i depositi nelle banche sono aumentati sostiene il vero e il falso.
E' vero, nel senso che sta diminuendo la fuga dei grossi capitali perchè per i molto ricchi l'Italia è una vera pacchia: molti evadono, godono di immunità, privilegi, cinesizzazione del mercato del lavoro. Nel 2014 è aumentata la "quantità" dei depositi in banca. Ma se si va a controllare il dato parcellizzato ne viene fuori che è aumentata la quantità di depositi di chi era già ricco, mentre, invece, è diminuita la quantità di chi aveva pochi soldi.
E' interessante andare a leggere la classifica planetaria del Misery Index.
Vengono prese in esame 100 nazioni.
Le tre più povere sono una americana, l'altra europea e infine una dell'Asia Minore.
La più povera (prima nella lista) è il Venezuela, seguita dall'Iran e poi dalla Serbia.
Delle ultime cinque (ovvero quelle in cui l'indice è il più basso in assoluto) quattro si trovano in Estremo Oriente, la quinta in Eurasia.
Quint'ultima è la Corea del Sud, poi c'è Singapore, Taiwan, l'Uzbekistan e infine all'ultimo posto il Giappone.
Quest'ultima nazione, per la prima volta nella storia della civiltà, tocca un record che merita rispetto e fa davvero onore a quella società. Qualunque cosa si siano inventati, si sono conquistati il rispetto di chiunque pratichi il senso della compassione umana e della solidarietà sociale: lì ha funzionato alla grande. 
A quanto pare, il Giappone è ufficialmente la prima nazione al mondo nella quale non esiste la povertà: il flagello è stato definitivamente cancellato. Esiste una classe politica e un controllo sociale tale per cui non risulta neppure una famiglia, nell'intero territorio nipponico, che possa essere definita "indigente", altrimenti lo Stato interviene subito automaticamente.
Non se ne parla mai.
Perchè è un paese molto lontano, voi direte.
No, non è per questo.
E' perchè in Giappone il debito pubblico ha toccato il livello del 232%.
Il che dimostra, cifre alla mano, che il debito pubblico non è un problema. 
O meglio, non è il problema.
Gli Usa hanno diminuito di quattro punti il numero dei poveri nello stesso periodo in cui hanno vertiginosamente aumentato il proprio debito pubblico, dal 2009 al 2014.
Basterebbe questo per mostrare e dimostrare la bontà virtuosa di un approccio keynesiano all'esistenza sociale delle nazioni.
Questo è l' argomento su cui è necessario dibattere.
Il debito pubblico non è il problema.
Lo è la mancata re-distribuzione delle ricchezze.

In Europa (neanche a dirlo) la nazione dove c'è meno povertà in assoluto è la Germania.
Quella dove l'indice è massimo è la Spagna, seguita dall'Italia che batte la Grecia e il Portogallo.
In Italia esiste un numero di poveri superiore del 64% a quello che c'è in Moldavia.
Siamo ancora la nazione più ricca d'Europa, seconda in occidente soltanto agli Usa.
10.000 miliardi di euro: questa è la cifra complessiva della ricchezza nazionale.
Siamo anche la nazione che sta precipitando verso la povertà endemica.
Vi sembra normale? 
E' di questo che si deve parlare.
La guerra contro la povertà e contro la depressione sociale deve essere la priorità di qualunque combattente attivo in politica.

Da cui, il mio augurio per il week end a tutti:

je suis japonais

6 commenti:

  1. NON mi risulta che degli Italiani vadano in MOLDAVIA a fare i/le badanti per fame -mentre constato da diversi anni (caso personale) che di Moldavi arrivano da noi con mezzi da definire "carri bestiame" e loro le assicuro lo fanno per FAME

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  2. Seguendo il suo ragionamento dovremmo fare la fine della Moldavia prima di lamentarci? Anche perchè la via imboccata quella è

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  3. Vorrei aggiungere una regola basilare degli studi di economia, una di quelle cose che ti spiegano all'inizio: la propensione al risparmio aumenta in due casi, quando il reddito aumenta di parecchio (in quanto con un piccolo aumento si tende a consumare beni di qualità superiore alle proprie abitudini), e nei periodi di profonda crisi.
    Essendo una regola basilare chi dice che ci stiamo arricchendo mente sapendo di mentire, ma anche questa non è una novità....

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    1. Non credo che si levi la "fame" con cibi di qualita superiore--MA credo che un piccolo aumento permetta oltre che mangiare a Mezzogiorno (se possibile) ma anche un caffe e latte a CENA

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  4. Solo per restituire il senso pieno all'articolo, aggiungo che la parola "misery" è uno dei famosi "false friends": in realtà significa infelicità.

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