icopyright di Silvestre Loconsolo. Milano, Via Orefici. 8 Marzo 1973.
di Sergio Di Cori Modigliani
L'8 Marzo, festa internazionale della donna, è stata per l'Italia una giornata doppiamente tragica.
La prima tragedia appartiene alla cronaca nera criminale: in meno di 24 ore tre donne sono state uccise a coltellate dai loro conviventi maschi. A questi episodi ne vanno aggiunti altri due, uno a Cesano Maderno, dove una madre e una figlia hanno ucciso a martellate il padre/marito, nel corso di una discussione familiare, e un altro a Lecco dove una madre è andata fuori di testa e ha ucciso le sue tre figliolette di 4, 10 e 13 anni. Questi i primi sospetti. Da sottolineare il fatto che al consueto femminicidio comincia ad assommarsi anche un fenomeno di ferocia individuale che va ascritto a uno stato generale di grave disagio socio-psichico della nazione.
La seconda tragedia, invece, è relativa al tema dei diritti civili: il post è su questo punto.
Si tratta della tragedia della censura mediatica.
O forse, invece, stiamo parlando di auto-censura? (il che mi sembra anche peggio).
La notizia, oggettiva, è la seguente, così come è stata diffusa dalle agenzie di stampa ufficiali europee in data 5 marzo 2014: "Il Consiglio d'Europa boccia l'Italia perchè viola il diritto delle donne riconosciuto dalla normativa comunitaria. A causa dell'elevato numero di medici obiettori di coscienza, l'Italia sta violando i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza. Il "Comitato Europeo dei Diritti Sociali" del Consiglio d'Europa, dopo un esame durato un anno e mezzo, si è espresso in merito a un formale ricorso-denuncia presentato in data 20 novembre 2012 dalla CGIL insieme ad altre associazioni femminili, tra cui l'IPPF (International Planned Parenthood Federation European Network)".
La denuncia europea è stata comunicata ufficialmente e formalmente al governo italiano, pregando i membri del governo di renderla pubblica in sede parlamentare, in modo tale da poter avviare un dibattito e confronto tra diversi soggetti, sia politici che civili, affrontando la questione, sulla quale l'Italia è costretta "legalmente" a fornire una pronta risposta.
Ne' alcun membro del governo, nè alcun esponente delle istituzioni repubblicane italiane, ha ritenuto opportuno comunicare alla cittadinanza l'episodio. L'omissione -questa è la mia serena opinione personale- si è trasformata in tragedia sociale mediatica, perchè non è stata resa pubblica da nessuna fonte di informazione nel nostro paese, a nessun livello, neppure qualche modesto blogger o giornale locale di Vattelapesca. Sono apparsi finora (in rete) soltanto due articoli, pubblicati entrambi in data 9 marzo: uno sulla versione on-line del "Fatto Quotidiano", a cura della redazione femminile nella rubrica "donne di fatto"; l'altro sulla testata "Vita di donne.org" il più importante sito dedicato a questioni del mondo femminile, gestito da una ginecologa romana, la dott.ssa Lisa Canitano, da 40 anni attiva nel campo della salvaguardia dei diritti civili delle donne e per lungo tempo in prima fila come attivista politica del PD.
Entrambi gli articoli non sono stati ripresi e la notizia non è stata messa in evidenza e quindi non è partito nessun dibattito, nessun confronto, nessuna informazione, nessuno scambio di opinioni in materia.
Eppure, sarebbe stato fondamentale per la nazione, soprattutto per chiarire un aspetto fondamentale che riguarda l'autentica fisionomia del governo, per aiutare la cittadinanza e fare chiarezza.
Mi riferisco qui alla opinione in merito della ministra Marianna Madia, notoriamente antiabortista. Nel 2008 venne presentata da Walter Veltroni alle elezioni, come nominata di lusso: capolista nella Regione Lazio, inviata a fare campagna elettorale in Toscana. Era la strategia infantile e miope di Veltroni, presumibilmente basata sul seguente principio: "riempiamo le nostre liste di conservatori democristiani, così l'elettorato conservatore democristiano voterà per noi". Gli abili consulenti della comunicazione di Berlusconi colsero subito la falla e giustamente ne approfittarono, lanciando il loro slogan vincente che smascherava questo giochetto ipocrita "se avete la possibilità di votare per l'originale, perchè accontentarvi di una copia sbiadita e raffazzonata?". E gli elettori si comportarono di conseguenza.
Nel corso di quella campagna elettorale (i più attenti lo ricorderanno) il tema dell'aborto fu centrale. Giuliano Ferrara lanciò una propria lista civica indipendente (ottenne lo 0,3%). L'intelligente giornalista individuò subito nella Madia un elemento centrale per la sua lotta e pubblicò con enorme risalto una sua intervista su "Il Foglio" nella quale la Madia così si esprimeva "L'aborto è il fallimento della politica, un fallimento etico, economico, sociale, culturale. Se si offrisse loro il giusto sostegno, le donne sceglierebbero tutte per la vita". Ferrara fece carte false per convincere la Madia a firmare la "moratoria universale" per far abolire la legge sull'aborto, e dopo accesi dibattiti interni al PD lei scelse di non farlo dichiarando però "di non farlo non perchè non condivida le analisi di Giuliano Ferrara, anzi: mi pare che quello che dice su questo tema vada proprio verso quella riumanizzazione della vita disumanizzata che ritengo necessaria oggi, perchè io sono cattolica praticante, e credo che la vita la dà e la toglie Dio, noi non abbiamo il diritto di farlo. Certo è che anche per esperienza personale mi sono resa conto di quanto sia sottile la linea di demarcazione tra le cure a un malato terminale e l'accanimento terapeutico nei suoi confronti. Quindi dico no all'eutanasia ma penso che l'oltrepassamento di quella linea sottile vada giudicato -in certi casi- da un'equipe di medici, comunque non dal diretto interessato o dai suoi parenti".
Forse è per questo che è diventata ministra, possibilmente sostenuta dal Vaticano e dall'Opus Dei che stanno combattendo una furibonda battaglia in tutta Europa (vedi Spagna) per spingere gli stati ad abolire la legge sull'aborto, cancellando quindi la definizione della interruzione di gravidanza come elemento di garanzia sociale fornito dallo Stato che tutela la libertà di scelta della donna, affermando, invece, un principio normativo di carattere religioso.
In Francia, Olanda, Belgio, Spagna, Danimarca, dovunque in Europa in questo periodo, tutti i giorni, sui giornali e alla televisione, le rispettive cittadinanze dibattono quest'argomento perchè da tutti è stata identificata come una fondamentale battaglia per l'affermazione dei diritti civili. Non così in Italia, con l'aggravante che l'abile Renzi ha già annunciato di voler dare il suo efficientissimo contributo del ghe pensi mi passando al ministero della semplificazione e della pubblica amministrazione (per l'appunto, ministra Marianna Madia) il compito di razionalizzare la modalità di gestione da parte delle strutture sanitarie pubbliche dell'interruzione di gravidanza.
E' una fondamentale questione politica e sociale che riguarda tutti noi.
Non soltanto le donne.
Nessuno ne parla.
Questo fatto mi ha spinto a identificare, come mia opinione personale, la questione odierna delle cosiddette "quote rosa" come un diversivo e una sofisticata ipocrita arma di distrazione di massa. In un paese arcaico, regredito e conservatore come l'Italia, in cui la corruzione la fa da padrone come norma, l'idea di avere il 50% di donne in parlamento non garantisce un bel nulla. A meno che non ci fosse la matematica certezza che a essere elette fossero donne come Tina Anselmi, Rita Levi Montalcini o Pina Bausch. Si tratta di una mascheratura ipocrita di facciata che nasconde la radicata e profonda struttura maschilista e sessista di questo paese. Basterebbe il buon senso e il rispetto per la persona, giudicandola sulla base del suo valore (oggettivo e soggettivo) a far sì che all'interno di ogni movimento politico "naturalmente" emergano le donne migliori. Migliori non perchè siano femmine, bensì perchè sono più capaci di altri in quanto persone dotate di suo.
In Italia non esiste nessuna donna che ricopre la carica di amministratore delegato di una delle prime cento banche.
Non esiste nessuna donna che ricopre la carica di presidente di una delle prime 100 fondazioni.
Non esiste nessuna donna che ricopre la carica di amministratore delegato in una delle prime 100 società finanziarie.
Esistono soltanto due donne nella Corte Costituzionale (Marta Cartabia e Fernanda Contri); fino a settembre del 2011 non ce n'era neppure una. Corrisponde al 13% della totalità. I giudici sono 15, nominati per 1/3 dal Presidente; 1/3 dal Parlamento in seduta congiunta e 1/3 dalle "supreme magistrature amministrative correnti" composte tutte da maschi: tutti questi signori parlano di "quote rosa", ma poi nominano solo maschi nei posti che contano.
Esiste soltanto una donna nella Corte dei Conti.
Non è stata chiamata alcuna donna a comporre il comitato di saggi.
Non esiste nessuna donna che dirige un importante emittente televisiva, neppure un telegiornale.
Con l'unica eccezione di Bianca Berlinguer su raitre, la quale è vero che è un'umana di genere femminile, ma è anche vero che probabilmente sarebbe lo stesso direttrice della rete anche se fosse un cactus o una lampada art deco anni'30: è contato il cognome non lei, al di là del merito. E' una caratteristica delle società dittatoriali e aristocratiche, quelle in cui esiste la parità di genere a condizione che la donna sia un membro della esigua componente di membri privilegiati, dato che re o regine, duchi o duchesse, per il sistema aristocratico è la stessa cosa.
Questa è l'unica vera parità di genere che in questo paese è consentita, accettata, condivisa, il che riduce il ruolo della donna professionista all'umiliante condizione di essere accettata socialmente, per far carriera, solo e soltanto se può essere identificata come ruolo familiare e non come soggetto autonomo e indipendente: prima di essere Persona deve essere sempre o moglie, o figlia o sorella. Qualche volta va bene anche se è la cugina o la cognata.
Sono convinto che se diverse donne -perchè meritevoli e non per origini di provenienza familiare o matrimoniale- fossero state alla guida di media importanti, di banche, di fondazioni, di società finanziarie, anche nella Repubblica Italiana, questo 8 marzo, la cittadinanza sarebbe stata coinvolta nel dibattito relativo alla legge sull'aborto e la pesante denuncia da parte dell'Europa sarebbe stata la notizia del giorno, così come avrebbe dovuto essere.
Perchè così è stato nel resto d'Europa.
Qui di seguito pubblico i due articoli summenzionati, così vi risparmiate la fatica di navigare in rete.
Tanto finora non ho trovato nient'altro.
Purtroppo.
http://www.vitadidonna.org/salute/10996-altro-che-8-marzo-consiglio-d-europa-sull-aborto-l-italia-viola-i-diritti-delle-donne.html
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/08/aborto-il-consiglio-deuropa-boccia-litalia-viola-i-diritti-delle-donne/906932/
di Sergio Di Cori Modigliani
L'8 Marzo, festa internazionale della donna, è stata per l'Italia una giornata doppiamente tragica.
La prima tragedia appartiene alla cronaca nera criminale: in meno di 24 ore tre donne sono state uccise a coltellate dai loro conviventi maschi. A questi episodi ne vanno aggiunti altri due, uno a Cesano Maderno, dove una madre e una figlia hanno ucciso a martellate il padre/marito, nel corso di una discussione familiare, e un altro a Lecco dove una madre è andata fuori di testa e ha ucciso le sue tre figliolette di 4, 10 e 13 anni. Questi i primi sospetti. Da sottolineare il fatto che al consueto femminicidio comincia ad assommarsi anche un fenomeno di ferocia individuale che va ascritto a uno stato generale di grave disagio socio-psichico della nazione.
La seconda tragedia, invece, è relativa al tema dei diritti civili: il post è su questo punto.
Si tratta della tragedia della censura mediatica.
O forse, invece, stiamo parlando di auto-censura? (il che mi sembra anche peggio).
La notizia, oggettiva, è la seguente, così come è stata diffusa dalle agenzie di stampa ufficiali europee in data 5 marzo 2014: "Il Consiglio d'Europa boccia l'Italia perchè viola il diritto delle donne riconosciuto dalla normativa comunitaria. A causa dell'elevato numero di medici obiettori di coscienza, l'Italia sta violando i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza. Il "Comitato Europeo dei Diritti Sociali" del Consiglio d'Europa, dopo un esame durato un anno e mezzo, si è espresso in merito a un formale ricorso-denuncia presentato in data 20 novembre 2012 dalla CGIL insieme ad altre associazioni femminili, tra cui l'IPPF (International Planned Parenthood Federation European Network)".
La denuncia europea è stata comunicata ufficialmente e formalmente al governo italiano, pregando i membri del governo di renderla pubblica in sede parlamentare, in modo tale da poter avviare un dibattito e confronto tra diversi soggetti, sia politici che civili, affrontando la questione, sulla quale l'Italia è costretta "legalmente" a fornire una pronta risposta.
Ne' alcun membro del governo, nè alcun esponente delle istituzioni repubblicane italiane, ha ritenuto opportuno comunicare alla cittadinanza l'episodio. L'omissione -questa è la mia serena opinione personale- si è trasformata in tragedia sociale mediatica, perchè non è stata resa pubblica da nessuna fonte di informazione nel nostro paese, a nessun livello, neppure qualche modesto blogger o giornale locale di Vattelapesca. Sono apparsi finora (in rete) soltanto due articoli, pubblicati entrambi in data 9 marzo: uno sulla versione on-line del "Fatto Quotidiano", a cura della redazione femminile nella rubrica "donne di fatto"; l'altro sulla testata "Vita di donne.org" il più importante sito dedicato a questioni del mondo femminile, gestito da una ginecologa romana, la dott.ssa Lisa Canitano, da 40 anni attiva nel campo della salvaguardia dei diritti civili delle donne e per lungo tempo in prima fila come attivista politica del PD.
Entrambi gli articoli non sono stati ripresi e la notizia non è stata messa in evidenza e quindi non è partito nessun dibattito, nessun confronto, nessuna informazione, nessuno scambio di opinioni in materia.
Eppure, sarebbe stato fondamentale per la nazione, soprattutto per chiarire un aspetto fondamentale che riguarda l'autentica fisionomia del governo, per aiutare la cittadinanza e fare chiarezza.
Mi riferisco qui alla opinione in merito della ministra Marianna Madia, notoriamente antiabortista. Nel 2008 venne presentata da Walter Veltroni alle elezioni, come nominata di lusso: capolista nella Regione Lazio, inviata a fare campagna elettorale in Toscana. Era la strategia infantile e miope di Veltroni, presumibilmente basata sul seguente principio: "riempiamo le nostre liste di conservatori democristiani, così l'elettorato conservatore democristiano voterà per noi". Gli abili consulenti della comunicazione di Berlusconi colsero subito la falla e giustamente ne approfittarono, lanciando il loro slogan vincente che smascherava questo giochetto ipocrita "se avete la possibilità di votare per l'originale, perchè accontentarvi di una copia sbiadita e raffazzonata?". E gli elettori si comportarono di conseguenza.
Nel corso di quella campagna elettorale (i più attenti lo ricorderanno) il tema dell'aborto fu centrale. Giuliano Ferrara lanciò una propria lista civica indipendente (ottenne lo 0,3%). L'intelligente giornalista individuò subito nella Madia un elemento centrale per la sua lotta e pubblicò con enorme risalto una sua intervista su "Il Foglio" nella quale la Madia così si esprimeva "L'aborto è il fallimento della politica, un fallimento etico, economico, sociale, culturale. Se si offrisse loro il giusto sostegno, le donne sceglierebbero tutte per la vita". Ferrara fece carte false per convincere la Madia a firmare la "moratoria universale" per far abolire la legge sull'aborto, e dopo accesi dibattiti interni al PD lei scelse di non farlo dichiarando però "di non farlo non perchè non condivida le analisi di Giuliano Ferrara, anzi: mi pare che quello che dice su questo tema vada proprio verso quella riumanizzazione della vita disumanizzata che ritengo necessaria oggi, perchè io sono cattolica praticante, e credo che la vita la dà e la toglie Dio, noi non abbiamo il diritto di farlo. Certo è che anche per esperienza personale mi sono resa conto di quanto sia sottile la linea di demarcazione tra le cure a un malato terminale e l'accanimento terapeutico nei suoi confronti. Quindi dico no all'eutanasia ma penso che l'oltrepassamento di quella linea sottile vada giudicato -in certi casi- da un'equipe di medici, comunque non dal diretto interessato o dai suoi parenti".
Forse è per questo che è diventata ministra, possibilmente sostenuta dal Vaticano e dall'Opus Dei che stanno combattendo una furibonda battaglia in tutta Europa (vedi Spagna) per spingere gli stati ad abolire la legge sull'aborto, cancellando quindi la definizione della interruzione di gravidanza come elemento di garanzia sociale fornito dallo Stato che tutela la libertà di scelta della donna, affermando, invece, un principio normativo di carattere religioso.
In Francia, Olanda, Belgio, Spagna, Danimarca, dovunque in Europa in questo periodo, tutti i giorni, sui giornali e alla televisione, le rispettive cittadinanze dibattono quest'argomento perchè da tutti è stata identificata come una fondamentale battaglia per l'affermazione dei diritti civili. Non così in Italia, con l'aggravante che l'abile Renzi ha già annunciato di voler dare il suo efficientissimo contributo del ghe pensi mi passando al ministero della semplificazione e della pubblica amministrazione (per l'appunto, ministra Marianna Madia) il compito di razionalizzare la modalità di gestione da parte delle strutture sanitarie pubbliche dell'interruzione di gravidanza.
E' una fondamentale questione politica e sociale che riguarda tutti noi.
Non soltanto le donne.
Nessuno ne parla.
Questo fatto mi ha spinto a identificare, come mia opinione personale, la questione odierna delle cosiddette "quote rosa" come un diversivo e una sofisticata ipocrita arma di distrazione di massa. In un paese arcaico, regredito e conservatore come l'Italia, in cui la corruzione la fa da padrone come norma, l'idea di avere il 50% di donne in parlamento non garantisce un bel nulla. A meno che non ci fosse la matematica certezza che a essere elette fossero donne come Tina Anselmi, Rita Levi Montalcini o Pina Bausch. Si tratta di una mascheratura ipocrita di facciata che nasconde la radicata e profonda struttura maschilista e sessista di questo paese. Basterebbe il buon senso e il rispetto per la persona, giudicandola sulla base del suo valore (oggettivo e soggettivo) a far sì che all'interno di ogni movimento politico "naturalmente" emergano le donne migliori. Migliori non perchè siano femmine, bensì perchè sono più capaci di altri in quanto persone dotate di suo.
In Italia non esiste nessuna donna che ricopre la carica di amministratore delegato di una delle prime cento banche.
Non esiste nessuna donna che ricopre la carica di presidente di una delle prime 100 fondazioni.
Non esiste nessuna donna che ricopre la carica di amministratore delegato in una delle prime 100 società finanziarie.
Esistono soltanto due donne nella Corte Costituzionale (Marta Cartabia e Fernanda Contri); fino a settembre del 2011 non ce n'era neppure una. Corrisponde al 13% della totalità. I giudici sono 15, nominati per 1/3 dal Presidente; 1/3 dal Parlamento in seduta congiunta e 1/3 dalle "supreme magistrature amministrative correnti" composte tutte da maschi: tutti questi signori parlano di "quote rosa", ma poi nominano solo maschi nei posti che contano.
Esiste soltanto una donna nella Corte dei Conti.
Non è stata chiamata alcuna donna a comporre il comitato di saggi.
Non esiste nessuna donna che dirige un importante emittente televisiva, neppure un telegiornale.
Con l'unica eccezione di Bianca Berlinguer su raitre, la quale è vero che è un'umana di genere femminile, ma è anche vero che probabilmente sarebbe lo stesso direttrice della rete anche se fosse un cactus o una lampada art deco anni'30: è contato il cognome non lei, al di là del merito. E' una caratteristica delle società dittatoriali e aristocratiche, quelle in cui esiste la parità di genere a condizione che la donna sia un membro della esigua componente di membri privilegiati, dato che re o regine, duchi o duchesse, per il sistema aristocratico è la stessa cosa.
Questa è l'unica vera parità di genere che in questo paese è consentita, accettata, condivisa, il che riduce il ruolo della donna professionista all'umiliante condizione di essere accettata socialmente, per far carriera, solo e soltanto se può essere identificata come ruolo familiare e non come soggetto autonomo e indipendente: prima di essere Persona deve essere sempre o moglie, o figlia o sorella. Qualche volta va bene anche se è la cugina o la cognata.
Sono convinto che se diverse donne -perchè meritevoli e non per origini di provenienza familiare o matrimoniale- fossero state alla guida di media importanti, di banche, di fondazioni, di società finanziarie, anche nella Repubblica Italiana, questo 8 marzo, la cittadinanza sarebbe stata coinvolta nel dibattito relativo alla legge sull'aborto e la pesante denuncia da parte dell'Europa sarebbe stata la notizia del giorno, così come avrebbe dovuto essere.
Perchè così è stato nel resto d'Europa.
Qui di seguito pubblico i due articoli summenzionati, così vi risparmiate la fatica di navigare in rete.
Tanto finora non ho trovato nient'altro.
Purtroppo.
http://www.vitadidonna.org/salute/10996-altro-che-8-marzo-consiglio-d-europa-sull-aborto-l-italia-viola-i-diritti-delle-donne.html
Ue: sull’aborto l’Italia calpesta i diritti delle donne
Otto marzo un corno, altro che festa e rametti di mimose. L’Italia in realtà calpesta la vita e i diritti delle donne. Il documento redatto dal Consiglio d’Europa che condanna il nostro Paese per la violazione della legge 194.
L’Italia maltratta le sue donne, questa è la sintesi di questo 8 marzo. Di tutto si può parlare ma non di festa in un Paese senza parità, con problemi di occupazione in cui ancora le donne firmano le dimissioni in bianco ai loro datori di lavoro per essere cacciate se rimangono incinta.
Una realtà che sfiora l’oppressione dei diritti, se sei incinta perdi il lavoro, se vuoi abortire ti scontri con il problema degli obiettori di coscienza.
Il documento del Comitato europeo dei diritti sociali non fa sconti: “A causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, L’Italia viola i diritti delle donne che alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza”.
Insomma, l’interruzione volontaria di gravidanza in Italia è solo sulla carta. In realtà è impossibile in molte Regioni. Nero su bianco messo giù dal Consiglio d’Europa, di cui il Comitato è un organismo.
Si tratta di un fatto eccezionale, forse quello che va davvero festeggiato in questo 8 marzo, perché è la prima volta che l’Italia viene condannata in modo così esplicito.
La situazione
In Italia il numero degli aborti eseguiti nel 2012 è stato di 105.968, in diminuzione rispetto all’anno precedente del 4,9%. Tra le minorenni il tasso di abortività nel 2011 è stato del 4,5 per mille.
In moltissime Regioni la percentuale di medici obiettori arriva all’85%. La maglia nera ce l’ha il Lazio con il 91,3% dove è davvero difficile eseguire un’interruzione di gravidanza.
Al Sud la situazione non è migliore, in Puglia i medici obiettori sono l’89%, seguono il Molise con l’86% e la Basilicata con l’85%.
In questa situazione aumentano gli aborti clandestini, la vera piaga che la legge 194 doveva sanare. Le italiane che abortiscono clandestinamente sono circa 20 mila, le straniere immigrate arrivano a circa 40 mila.
Donne rifiutate da moltissimi ospedali che hanno chiuso i reparti, costrette a mendicare da provincia in provincia con il rischio di andare fuori tempo massimo dei limiti previsti dalla legge.
I medici non obiettori sono sempre meno e sempre più su con l’età, il rischio è che tra pochi anni non resti più nessuno ad assicurare l’applicazione della 194.
La legge garantisce alle donne il diritto di abortire e ai medici quello di obiettare, ma è chiarissima sul fatto che la struttura pubblica deve assicurare comunque il servizio.
Tuttavia tra la latitanza della politica e quella dei vertici ospedalieri le strutture vengono gradualmente soppresse, e con esse il diritto delle donne.
Cosa può cambiare adesso
Il documento di condanna è il coronamento del grande impegno profuso dalla Ippf (International Planned Parenthood Federazion European Network) e la Laiga (l’Associazione italiana di ginecologi per la l’applicazione della legge 194), presieduta da Silvana Agatone.
Quello depositato l’8 agosto del 2012 con il numero 87 è un “reclamo collettivo” che oggi diventa un atto di accusa ed un avvertimento all’Italia.
Le donne e le associazioni avranno ora l’opportunità di avviare azioni legali contro gli ospedali che non rispettano la legge.
Potranno farlo proprio grazie al documento europeo, come è successo con la legge 40 sulla fecondazione assistita, demolita a colpi di sentenze emesse da tribunali europei ed italiani.
Silvana Agatone, presidente della Laiga, non può che essere soddisfatta. Per anni ha denunciato la situazione italiana, dal tormento delle donne lasciate sole alla chiusura dei reparti destinati alle Ivg. Ha raccolto i dati necessari che oggi inchiodano e condannano l’Italia.
“Dopo trent’anni dall’applicazione della 194, ancora oggi dobbiamo difenderla con le unghie e con i denti”, commenta Lisa Canitano dell’Associazione Vita di Donna.
“Grazie al documento della Commissione – aggiunge la ginecologa - avremo uno strumento in più, quello di denunciare i responsabili degli ospedali per la mancata applicazione della legge. E lo faremo, ci stiamo già attrezzando chiedendo anche alle donne di segnalarci dove e come i loro diritti non sono stati rispettati”.http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/08/aborto-il-consiglio-deuropa-boccia-litalia-viola-i-diritti-delle-donne/906932/
Aborto, il Consiglio d’Europa boccia l’Italia: “Viola i diritti delle donne”
“A causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, l’Italia viola i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza“. Dopo quasi un anno e mezzo di attesa, il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa si esprime in merito al ricorso, presentato nel novembre 2012 dalla Cgil insieme ad altre associazioni, tra cui l’International planned parenthood federation european network’ (Ippf).
Secondo il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso – che rende noto il documento europeo – “è un atto forte che sancisce un diritto fondamentale e incontrovertibile per le donne: quello della libertà di scegliere della propria vita e del proprio corpo, con un’assistenza sanitaria adeguata, come prevede la legge”. Una risposta, fa sapere la Cgil, che sancisce come “l’Italia violi i diritti stabiliti dalla legge 194, l’obiezione di coscienza non può impedire la corretta applicazione della norma”. Secondo la leader della Cgil “che proprio oggi, nella Giornata internazionale della donna, il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa abbia ufficialmente riconosciuto la violazione dei diritti delle donne che intendono interrompere la gravidanza, ha poi un grande valore, anche simbolico. A dimostrazione che i diritti non sono irreversibili e che, specialmente quando vengono messi in discussione con tanta perseveranza, richiedono altrettanta determinazione. E’ questo – conclude Camusso – il messaggio più significativo che possiamo oggi trasmettere alle giovani generazioni”.
Il ministero della Salute risponde con una nota: “In Italia il carico di lavoro per i ginecologi non obiettori negli ultimi trent’anni si è dimezzato, passando da 3.3 aborti a settimana nel 1983 agli attuali 1.7 “, si legge nel documento che ripropone un dato già contestato dalla Laiga – Appare difficile, a fronte di tali dati, sostenere che il numero elevato degli obiettori di coscienza sia un ostacolo per l’accesso all’Ivg. Il ministero comunque ha già avviato, insieme alle regioni, un monitoraggio che coinvolge ogni struttura sanitaria in cui potenzialmente potrebbe essere presente un accesso Ivg, e anche ogni singolo consultorio: le schede di raccolta dati, concordate nell’ambito di un tavolo tecnico ministero-regioni, sono già state inviate alle singole regioni, che le stanno elaborando. Il ministero valuterà se sia il caso di fornire questi dati, peraltro pubblici, al Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa, per effettuare delle controdeduzioni”.
Sull’argomento interviene anche la deputata di Ncd Eugenia Roccella, ex sottosegretario alla Salute durante il governo Berlusconi IV, nel periodo tra il 15 dicembre 2009 e 16 novembre 2011. Per l’ex radicale “il documento è un pronunciamento del tutto immotivato e pretestuoso, frutto di una non conoscenza dei dati italiani”. Il Comitato europeo dei diritti sociali è poi, secondo la deputata del nuovo Centrodestra “un oscuro organismo del Consiglio d’Europa che ha emanato un documento contro l’Italia sostenendo che il numero dei medici obiettori impedisce l’attuazione della 194 – scrive in un comunicato – Va ricordato però che proprio il Consiglio d’Europa il 7 ottobre 2010 ha approvato una risoluzione che difende con grande forza il diritto all’obiezione e lo estende non solo alle persone ma addirittura alle istituzioni“. Poi anche Eugenia Roccella utilizza il dato contestato dalla Laiga: “Va ricordato anche che secondo l’ultima relazione al parlamento sulla 194, il carico di lavoro per i ginecologi che fanno gli aborti (cioè i non obiettori) è soltanto di 1.7 interventi a settimana, considerando tra l’altro, in un anno, soltanto 44 settimane lavorative. Il pronunciamento di oggi appare dunque del tutto immotivato e pretestuoso, frutto di una non conoscenza dei dati italiani (che pure sono facilmente accessibili) e di una volontà strumentale da parte dell’Ippf di attaccare l’Italia”.
Secondo me c'e' sempre un errore grave quando si parla di 194 su internet in assenza di contraddittorio (come in un blog). La 194 NON prevede il DIRITTO delle donne ad abortire, bensi' DEPENALIZZA l'aborto. Sono due cose ben diverse. L'Italia non ha mai legiferato che per le donne l'aborto sia un diritto, perche' una parte ampia della popolazione ritiene che il feto/l'embrione siano vita umana e non possano essere soppressi, per cui si e' trovato un compromesso: depenalizziamo entro certi limiti, ma non garantiamo il diritto all'aborto.
RispondiEliminaPerche' non garantire il diritto all'aborto? Secondo me proprio perche' non si potrebbe conciliare con l'obiezione di coscienza, che e' irrinunciabile se si vuol rispettare la liberta' religiosa o etica dei medici (anche loro persone umane coinvolete nella vicenda, anche se spesso denigrate su internet come dei fannulloni o dei carrieristi qualora facciano obiezione di coscienza - qualcuno si premura di ascoltare il loro parere? Pochi).
Oltre a quest'inesattezza sul presunto diritto all'aborto (di cui si parla all'infinito su internet senza mai approfondire), vorrei fare un'altra critica. Quando si cita l'Europa od un suo organismo nel senso di "Visto? Lo dicono pure loro!" non si sta (anche solo inconsciamente) abdicando al dovere del popolo italiano di essere responsabile delle proprie scelte senza invocare poteri esterni? Non e' questa tendenza ormai avviata da anni che ha facilitato il lavoro di Monti, Letta, Saccomanni e tra poco Padoan?
Rispondo a me stesso, correggendomi (scusate la frettolosita'). Rileggendo bene la legge, ci sono alcune parti che lasciano intendere che debba essere garantita la possibilita' di abortire (art 8 in particolare); quindi la prima parte del mio intervento va decisamente modificata. La legge non prevede esplicitamente il da farsi nel caso in cui ci siano troppi obiettori di coscienza. Continuerei tuttavia ad evitare di parlare di diritto all'aborto, espressione che non esiste nella legge 194 e che non credo sia mai stato accettato ufficialmente in Italia.
EliminaSi chiama, per l'appunto, "libertà di scelta". Il diritto non consiste nel fatto che esista la Legge, altrimenti vorrebbe dire che lo Stato spinge le donne ad abortire il che è falso e fuorviante. La legge 194 identifica l'interruzione di gravidanza come un evento la cui azione viene trasformata in "servizio pubblico", ovvero: lo depenalizza, perchè l'atto chirurgico viene svolto da medici dipendenti dal servizio sanitario nazionale. Si attribuisce alla donna -purchè maggiorenne- la facoltà di discernimento necessaria per scegliere che cosa fare. Ma se tale donna si presenta in ospedale e chiede (qui sta il diritto) di poter usufruire del servizio pubblico e si trova dinanzi uno sbarramento burocratico, perchè in quei giorni sono presenti soltanto ginecologi obiettori, perchè mentre aspetta è sottoposta a pressioni da parte di consulenti infermieri, suore, persone che tentano di convincerla a non farlo non "per fare risparmiare lo stato nel nome della spending review" (potrebbe avere un suo valore) bensì nel nome di un'interpretazione del mondo soggettiva che esula dal territorio del servizio e della Legge, allora, in quel momento, il servizio pubblico si trasforma in qualcosa d'altro, perchè siamo in presenza di fattori attivi che impediscono l'applicazione di una legge dello stato. E' la stessa cosa per ciò che riguarda (in tutta un'altra dimensione) il comportamento relativo al commercio e industria in cui, violando i dispositivi di legge e aggirando la sua applicazione, si consente l'ingresso della criminalità organizzata e di squali predatori (e così rispondo all'ultima domanda legata alla nostra sovranità). Purtroppo, il nostro paese è un paese infantile e diabolicamente perverso: è basato sull'ipocrisia e sulla presenza asfissiante della criminalità organizzata che detta le agende politiche. Se non abbiamo qualcuno che ci bacchetta e ci costringe a crescere (quindi diventare adulti e così giustamente pretendere l'autonomia) noi finiamo sempre in mani criminali. L'Italia ha aderito all'euro alla fine degli anni'90 senza che ci fosse stato nessun dibattito, nessun confronto, nessuna spiegazione, così come tra il 2002 e il 2010 non c'è stata nessuna spiegazione (sia maggioranza che opposizione) sullo stato generale dell'economia -stato reale- e un mattino, così, all'improvviso, è apparso Napolitano che ha detto "stiamo per fallire, adesso arriva Monti che ci salva dal baratro perchè ce lo impone l'Europa" facendo credere agli italiani che arrivava l'austerità perchè imposta da agenti esterni malvagi, e così de-responsabilizzare gli autentici attori di questa tragedia sociale: gli stessi che sono stati chiamati a risolverla.
Elimina(segue) Due parole sull'Europa: non è un entità astratta, composta da quattro mascalzoni intorno a un tavolo, bensì un entità reale composta da tante persone, tante commissioni diverse all'interno delle quali esistono persone diverse, alcune combattono per la libertà dei popoli e per l'applicazione dei diritti, altre, invece, sono asservite ai giochi dei lobbisti delle multinazionali e seguono gli ordini degli squali della finanza e delle banche. E' importante aumentare il numero di persone per bene a Bruxelles che combattano per i diritti civili. Sono stati gli squali che hanno alimentato la criminalità in Italia, sapendo che avrebbero così ottenuto facili compagni e fedeli esecutori: è questo che va combattuto. Ma mi tengo stretta l'idea di quella nobile parte che difende e salvaguarda le conquiste della civiltà e della cultura europea ottenute in 300 anni di lotte sanguinose. Se non fosse stato per l'Europa, il caso Ilva, il caso Alcoa, la terra dei fuochi, il caso Mps, non sarebbero mai venuti fuori: il sistema Italia dei partiti associati avrebbe tenuto tutto sottocoperta. La chiarezza e la trasparenza sono il primo momento di smascheramento della logica di questo tipo di potere. E' come per l'interruzione di gravidanza: o c'è la legge o non c'è. Se c'è la devi applicare e quindi sta a te -stato, governo, dirigente sanitario- fare in modo che negli ospedali pubblici esistano le condizioni oggettive affinchè il servizio possa essere applicato in maniera normale. Altrimenti, a che cosa servono le leggi?
EliminaGrazie per le risposte. Sospetto che la 194 sia stata scritta volutamente con qualche fragilita' interna, sia a favore, sia contro l'aborto. La parola "diritto" non appare mai insieme a "ivg" e non e' sufficientemente stringente nell'obbligare gli ospedali a fornire sempre il servizio. Cioe' ad una prima lettura pare di si', ma se arriva un antiabortista potrebbe anche iniziare a dire che non e' abbastanza esplicita la cosa, o semmai dire: "Ok, l'ospedale dovrebbe fare questo e quello, ma non puo' perche' mancano i medici ed i medici obiettori hanno il diritto di obiettare". Ricorda un po' la questione delle scuola private "senza oneri per lo Stato", in cui i sostenitori della scuola privata sostengono che lo stato non ha oneri se finanzia la scuola privata in misura inferiore al risparmio che ne ha a causa del calo di studenti nella scuola pubblica.
EliminaIo ritengo che questa ambiguita' sia il compromesso trovato con la 194 e ratificato con un referendum. Non vuol dire che gli italiani debbano essere d'accordo (ci saranno antiabortisti come me e persone piu' schierate per la liberta' di scelta come lei - suppongo), ma semplicemente che devono rispettare la legge, senza cercare di spostare il compromesso un po' di piu' a vantaggio della propria posizione.
Le faccio due esempi. Uno e' quello noto dell'obiezione di coscienza. Se istituzioni dello stato politicamente vicine alla chiesa favoriscono/inducono l'obiezione di coscienza, evidentemente alterano il meccanismo di coscienza e quindi piegano la 194. In direzione opposta, quando si performa l'ivg quasi in automatico in caso di sindrome di Down diagnosticata dopo il terzo mese, frettolosamente dicendo che la gravidanza indurrebbe una grave depressione nella donna (ah si'? Siamo proprio sicuri? La depressione e' una malattia, non un dispiacere, una tristezza etc...), si piega la 194 nell'altra direzione, abusando dell'aborto terapeutico per sopprimere vite malate (e' da un po' che si vedono pochi bambini down in giro...). Ricordo il ginecologo Silvio Viale, del Sant'Anna di Torino (che venne nel mio liceo anche) che si vantava di performare aborti terapeutici a qualunque donna glielo chiedesse, semplicemente usando il trucco della "depressione".
Dico questo perche' e' bello che riusciamo a distinguere le idee per cui giustamente ci battiamo dalle leggi che dobbiamo rispettare, anche quando non sono quelle che avremmo scritto noi. Nel trattare l'ivg dovremmo tutti essere molto scrupolosi nel separare le due cose. Ad esempio nel mio primo frettoloso commento io non sono stato scrupoloso affatto :(
Se un numero crescente di medici si rifiuta di praticare l'aborto è da interpretare come un segnale positivo (crescita "etica" come la definisce lei Sign. Sergio).
RispondiEliminaI medici che per lavoro promuovono l'allungamento della vita e la sua qualità sanno benissimo che una semplice alternativa all'aborto sono gli affidi e le adozioni..questi futuri bambini avranno una possibilità e le mamme che sceglieranno di non allevarli ( scelta libera senza nessuna critica) si sentiranno sgravate..
A parte il fatto che la realtà favolistica che lei descrive non esiste, rimane il fatto che -essendo servizio pubblico- il servizio nazionale sanitario deve provvedere affinchè esistano le condizioni di esercizio, come con il dentista. Se in un ospedale il 90% dei ginecologi sono obiettori (il che è accettabile) è compito e responsabilità del direttore sanitario andare a coprire quel potenziale buco in qualche modo e ce n'è uno basico e funzionale: non si aprono reparti ginecologici a meno che non vi sia personale sufficiente integrato. E' sufficiente così. In tal modo vengono rispettati tutti: chi vuole il servizio come utente, chi lo pratica come medico, chi invece obietta come fatto personale.
EliminaRispetto alla proposta di Sergio, aggiungo che, benche' la discussione verta sempre sull'ivg, la ginecologia si focalizza per lo piu' sull'aiutare i bambini e le mamme in gravidanza. Non sarebbe bello chiudere un reparto di ginecologia perche' fa nascere bambini, ma non e' in grado di sopprimere feti... Ne scoppierebbe (giustamente) un putiferio.
EliminaIn proposito, mi permetto di riportare il parere di un ginecologo obiettore. L'obiezione di coscienza non e' necessariamente una scelta religiosa: se una persona studia medicina tanti anni perche' vuole curare malattie ed aiutare donne a partorire, potrebbe ritenere suo diritto usare le proprie conoscenze (acquisite con gran fatica e dispendio di tempo) solo per curare ed aiutare a nascere, che in effetti e' il motivo originario per cui esistono i ginecologi. Naturalmente il tema va approfondito meglio, ma vi faccio un esempio folle. Io sono una matematico e credo che se lavorassi per lo stato e lo stato mi chiedesse di produrre un algoritmo per fare una cosa sulla quale sono eticamente in disaccordo profondo (ad esempio selezionare persone molto anziane da sopprimere perche' ormani non piu' utili alla societa') io pur lavorando per lo stato esigerei di potermi rifiutare di usare le mie conoscenze matematiche per fare una cosa del genere.
Di sicuro l'affido o l'adozione non sono strade ben delineate o godono di un protocollo univico (lontano da me pensare che sia una realtà favolistica)..ma per fortuna una volta che una donna si reca in ospedale, partorisce, e non riconosce il figlio il personale sanitario contatta gli assistenti sociali del territorio i quali provvederanno alla sistemazione del bambino. A mio avviso questo attualmente è molto meglio dell'interruzione di gravidanza..
RispondiEliminaVero, ma e' anche vero che il parto e la gravidanza sono per la donna un impegno gravosissimo ed un rischio (seppur ridotto ai giorni nostri). Quindi e' del tutto normale che una donna incinta che non vuole diventare mamma preferisca l'ivg all'adozione. Ovviamente gli antiabortisti (come me) sarebbero ben lieti di riuscire a convincere tutte le donne a portare a termine ogni gravidanza, ma non credo che avremmo mai molto successo.
EliminaCondivido in pieno l'osservazione del signor Artmann.
EliminaE' anche molto indovinata la riflessione del signor Luca sulla 'gravosità' della gravidanza per le donne che decidono di portarla fino al suo termine naturale. Mi permetto però di aggiungere che potrebbe essere oggigiorno prevalente un altro motivo pro-ivg, per le donne, ossia il rischio di perdere il lavoro, sia per le famigerate lettere di dimissioni fatte firmare in bianco al momento dell'assunzione, sia, in caso contrario, di un mobbing feroce al momento del rientro al lavoro dopo il parto e dopo i mesi di congedo previsti dalla legge, mobbing che spinge molte donne a presentare le dimissioni, per non finire -- allora sì! -- in preda a una grave depressione e imbottite di psicofarmaci.
Grazie per i suoi interventi, davvero molto interessanti.
marilù l.
kmq è sufficiente andare in biblioteca presso l'università di medicina più vicina e cercare sviluppo embroniale, troverete che già al primo giorno di fecondazione la vita è già iniziata..interrompere quello che la natura permette come lo definireste?
RispondiEliminaBisognerebbe più che altro strutturare un servizio ospedaliero che permette di informare la donna gravida dei meccanismi biologici..una corretta informazione e supporto (al di la delle convinzioni religiose) rende la persona più responsabile delle proprie azioni..
RispondiEliminaIo vorrei sapere quanti medici che dichiarano la loro incompatibilità
RispondiEliminaper motivi di coscienza fanno poi l'aborto nelle loro cliniche private.
Io vorrei sapere come mai a coloro che parlano tanto di vita
non li e' mai passato per la testa di passare una legge che aiuti una madre finanziariamente e logisticamente.
Io vorrei sapere se vita e' vita che vita può fare un pensionato con
la minima o un disoccupato senza nessuna garanzia o semplicemente un
italiano senza famiglia trovandosi in queste condizioni.
Io vorrei sapere se i due milioni e passa di aborti, allora illegali,
prima della legge sono aumentati per colpa della legge stessa. Se le condizioni igienico sanitarie in cui avvenivano devono essere ripristinate. E magari sentirmi dire come a quei tempi da una donna che era andata ad abortire in Olanda-
"... le infermiere mi dicevano come mai non lo fai nel tuo paese puttana cattolica..."
Nessuno vuole impedire la liberta' dell'altro e anche il fariseismo non e' contemplato da nessuna legge.
Sono d'accordo con le sue obiezioni, e non sono favorevole all'aborto come soluzione di un problema. Però mi piacerebbe tanto che tutti questi antiabortisti scendessero in piazza un giorno si e l'altro pure a manifestare contro le guerre che uccidono persone già nate.
EliminaE' molto sensata questa cosa e la sostengo da molto tempo. Infatti secondo me (che sono contro l'aborto perche' ritengo l'embrione vita umana) le cose citate da Gabriella e dall'anonimo sono collegate. Si puo' essere contro l'aborto ed al tempo stesso a favore dell'abbandono a se stessi dei poveri? (Vedasi ad esempio la posizioni di molti repubblicani negli Stati Uniti). O contro l'aborto ma a favore di folli guerre? Ma, attenti, la cosa va anche nell'altra direzione. Possiamo lottare per difendere i piu' deboli (poveri, malati, sfruttati) e poi supportare la soppressione dei feti (o bambini non ancora nati) che portano la sindrome di Down? Pensiamo a quanti bambini con la sindrome di Down non sono in giro per le nostre strade semplicemente perche' sono stati soppressi al quinto o sesto mese di gravidanza...
EliminaE' un tema difficile, ma la difesa dei piu' deboli richiede di lottare per i poveri, per i malati, per gli ignoranti, gli ultimi in altro senso, etc...
La cosa fu riassunta da madre Teresa con una frase molto forte: l'aborto e' il piu' grande nemico della pace, perche' se una madre puo' uccidere il figlio che ha in grembo, chi puo' vietare a me di uccidere un altro uomo? E, come detto prima, la cosa va anche nell'altro verso.
Ormai è in vigore la sensibilità che abortire è un diritto "della donna" non nel senso in cui lo ha presentato Sergio, ( esiste una legge dello stato e ho diritto che venga rispettata) ma nel senso "di diritto inviolabile della donna", come si legge in parecchi commenti ad articoli on line, e qesto è il sintomo che il danno culturale è quasi irrimediabile..
RispondiEliminaOgni individuo anche prima di nascere non è parte del corpo della madre....se non si intervenisse crescerebbe e verrebbe alla luce come essere unico nuovo rispetto ai genitori biologici.
D'altra parte è vero che l'obiezione di coscienza presuppone un dubbio etico sulla liceità morale dell'aborto volontario-
E' vero anche che l'ipocrisia umana si manifesta odiosamente e colpevolmente nell'essere dichiaratamente obiettore e poi lucrare su aborti praticati in cliniche private.
Il dibattito che Sergio lamenta non svilupparsi, credo debba riferirsi a questo punto iniziale: la legge positiva è una codificazione del costume o deve avere qualche presupposto etico scientifico da far rispettare?
Ormai in tutta le nazioni cosiddette civili si è preferito evitare questo dilemma a favore del diritto individualistico. ma l'individuo donna o uomo, in questo modo non è invitato alla solidarietà, alla condivisione alla assunzione consapevole di responsabilità., atteggiamenti comportamentali che credo apprezzati da molti in altri ambiti, come condizione favorevole alla felicità e al bene comune.
Se evitiamo di sciogliere questo dubbio iniziale.ogni altra argomentazione pro aborto legale, pur nei casi drammatici in tutte le varie situazione diversificate ( malformazione fetale, indigenza, stupro, gravidanza non cercata) mi sembra pretestuosa.
Maria Grazia Mosconi
Concordo. E' esattamente ciò che intendevo
Elimina"La legge positiva è una codificazione del costume o deve avere qualche presupposto etico-scientifico da far rispettare?"
EliminaSì, hai pienamente ragione Maria Grazia, è proprio questo questo il nodo della questione.
Tuttavia riuscire a stabilire dove corra il confine che separa un costume invalso da codificare da un presupposto etico-scientifico universalmente riconoscibile, è meno facile di quanto possa sembrare, se si pensa che ci sono state ideologie, come per esempio il nazismo, che hanno avuto l'incredibile iattanza di elevare a principi etico-scientifici autoevidenti, l'inutilità sociale o, per meglio dire, l'innaturalità perversa e per ciò stesso esecrabile non solo delle malformazioni congenite e dei deficit cognitivi (con o senza cause organiche immediatamente individuabili) ma persino alcuni comportamenti come l'omossessualità o il vagabondaggio (leggi, per quest'ultimo caso: l'appartenere alle etnie Sinthi o Rom, per es.). Senza contare, ovviamente, il puro e semplice fatto di appartenere a un'etnia e a una religione come quella ebraica.
Ciao, con sincera stima, marilù l.
Se il numero di aborti tra il 2011 e il 2012 è calato del 4,9%, non vedo altro che motivi per rallegrarsi, anche perché non credo che nessuna donna, religiosa o atea, prenda la decisione dell'interruzione di gravidanza a cuor leggero.
RispondiEliminaNon basta poi il dato della diminuzione degli interventi a provare che l' "eccesso" di obiezioni di coscienza ne sia la causa. Magari, semplicemente, più donne hanno imparato a fare un corretto uso degli anti-concezionali, naturali e non, oppure più donne scelgono di evitare rapporti sessuali con uomini (per scelte omossessuali, religiose o al.) o, ancora, è aumentato il tasso di sterilità nella popolazione sia femminile che maschile.
E' poi possibile, come ha fatto notare il ministro Lorenzin, che l'emergenza si avverta in alcune regioni piuttosto che in altre per una diseguale distribuzione dei ginecologi non-obiettori sul territorio nazionale.
Inoltre, se sono clandestini, da dove sono stati ricavati i dati che parlano di 20.000 donne italiane e di 40.000 straniere che in un non meglio specificato lasso di tempo avrebbero abortito in strutture non pubbliche e in via non ufficiale? Per di più, le 40.000 straniere potrebbero essere ricorse a presidi medici non pubblici e forse anche meno sicuri perché clandestine e dunque prive di documenti e dei diritti da questi garantiti, e non perché "cacciate via" dagli insensibili obiettori di coscienza della ASL.
Per concludere, vorrei far notare che lo scorso settembre il ministero della salute ha avviato un "tavolo di monitoraggio", regione per regione e struttura per struttura, attraverso cui valutare l'effettiva disponibilità di ginecologi non-obiettori entro i nostri confini e, di conseguenza, prendere i provvedimenti necessari a tappare evntuali falle. Secondo quanto anche la stessa vicepresidente della commissione affari sociali alla camera, E. Roccella, non esita a riconoscere i lavori di quel comitato di controllo procedono un po' a rilento (è stata fin qui 'scrutinata' solo poco più della metà delle 20 regioni italiane), ma comunque il ministero non è rimasto del tutto indifferente ai richiami di CGL e di Laiga su questo problema.
Un'ultima cosa: venerdì 7 marzo, alle 19.00, il tg3 di Bianca Berlinguer ha trasmesso con un certo risalto la notizia di una mamma, Valentina, intervistata anche nel corso del notiziario, che ha incontrato serie difficoltà nell'attuare un aborto terapeutico deciso proprio quando si è scoperto che il bambino che aveva in grembo era portatore di una gravissima malattia congenita che non gli avrebbe concesso di sopravvivere a lungo dopo il parto. Così almeno è stata presentata la notizia.
Grazie dello spazio di intervento concessomi e saluti cordiali.
marilù l.