"Esiste un momento, nell'esistenza di ciascuno, in cui ogni scelta diventa irreversibile".
Marguerite Yourcenar
Silvio Berlusconi e Alessandro Sallusti hanno perfettamente ragione.
Non è realistico, quindi neppure saggio e lungimirante, dar loro torto.
Hanno le stesse identiche ragioni che aveva Leonid Breznev in Urss nel 1982; Benito Mussolini in Italia nel 1935; Angela Merkel in Germania nel 2012.
Avevano il paese in pugno, perchè così stavano le cose.
Hanno il paese in pugno, perchè così stanno le cose.
Seguitare a fingere, in Italia, che qualcosa sia cambiato -intendo dire la struttura portante della nazione- quantomeno dal 1994 a oggi, cioè negli ultimi venti anni, vuol dire non essere in grado di guardare in faccia la realtà, che è l'unica possibilità per poter dare un serio e solido contributo al fine di intervenire con l'obiettivo dichiarato di modificarla, migliorarla, cambiarla, farla evolvere.
Per far crescere la nazione.
Il berlusconismo, nel senso di fenomeno culturale di gestione dell'immaginario collettivo (qui inteso come interpretazione del mondo, quindi dell'esistenza, e di conseguenza amministrazione della cosa pubblica) non soltanto non è finito, ma dal suo inevitabile tramonto è stato spinto e sospinto dalla sinistra italiana verso una sua nuova alba.
Forse sapremo tra 25 anni, leggendolo in qualche saggio storico, il vero motivo (che io ignoro) dietro la scelta della cosiddetta sinistra nell'aver scelto di non andare alle elezioni nell'ottobre del 2011 quando Berlusconi era ormai alle corde. Così come, forse, non sapremo mai il vero motivo (che io ignoro) per cui Matteo Renzi abbia rinunciato ad andare alle elezioni per ottenere il sospirato consenso del paese vincendo le elezioni con il suo partito, in modo tale da poter guidare il governo come fanno la Merkel, Rajoy e Hollande negli altri paesi, diciamo così normali; non facendolo, si sono create -per l'ennesima volta- delle inèdite condizioni che non possono che portare, come sta accadendo, a una egemonia comunicativa del berlusconismo.
La penso in maniera opposta a quella di Angelino Alfano, il quale sostiene che Berlusconi sia assistito, circondato e coadiuvato da stupidi. A mio avviso è esattamente il contrario opposto: è invece professionalmente dotato di un ottimo ufficio di comunicazione, nel quale persone molto competenti, profondi conoscitori dell'italianità e dei meccanismi (autentici) del funzionamento della macchina Italia, sanno come elaborare -in maniera veloce ed efficace- le necessarie modificazioni per adattarsi ai tempi che apparentemente (ahimè soltanto in apparenza) stanno cambiando, e quindi impongono nuovi modelli di gestione dell'immaginario collettivo che, in realtà, sono vecchi e obsoleti, ma sanno di nuovo: cambia il colore e il sapore ma la sostanza rimane quella.
Tutto ciò come un mio commento in aggiunta alla vicenda del film di Sorrentino (che è già diventato -come prodotto mediatico- un'altra cosa da un film, bello o brutto che sia) è stato trasformato, a mio parere, da Mediaset, nel suo nuovo cavallo di Troia. E fa bene Mediaset a farlo.
Hanno ragione: possono permetterselo.
Il paese glie lo ha permesso.
Non tutto, sia ben chiaro, ma la caratteristica del berlusconismo (è il suo fondamento) è basato proprio su questo principio: chi aderisce lavora e viene valorizzato, chi si oppone e dissente finisce stritolato nella macchina, quindi spinto ai margini a svolgere una funzione, nella migliore delle ipotesi, folcloristica.
Quando scrivo "il Paese glielo ha permesso" intendo dire quella parte del paese che aveva le possibilità e gli strumenti atti e adatti per operare un cambiamento che non si è quindi verificato e non si verificherà. Rimane lo sconcerto e l'avvilimento di quella parte del paese (al quale il sottoscritto appartiene) che non voleva permetterglielo, e seguita a volerlo.
Fingere, però, che l'Italia abbia subìto anche un grammo di cambiamento o si sia spostata anche di un centesimo di grado dalla posizione nella quale si trovava un anno fa, due anni fa, cinque anni fa, dieci anni fa, è un errore di miopia.
Per il momento ha vinto l'italianità e quella comanda.
E l'italianità la possono (e devono) cambiarla soltanto gli italiani, sostituendo all'italianità non una americanità, o una europeità, bensì un altro modello di italianità rinnovata.
La rivoluzione culturale consiste, per l'appunto, in questo.
E' un processo lento e faticoso, ma è l'unica strada percorribile.
A mio avviso, è vincente, altrimenti non insisterei nell'operare con questo blog su quella strada.
Ma il primo punto di una nuova italianità consiste nell'identificare (quindi accettare) la realtà per ciò che essa è e combattere in maniera realistica, finchè le circostanze non saranno cambiate e arriverà il momento in cui basterà fare clic e l'Italia farà un salto in avanti.
Procediamo, dunque, con ottimismo verso una nuova Italia.
Ma non pensiamo che esista; ovvero: c'è, eccome se c'è, ma è ancora clandestina, emarginata, travolta e stravolta dal disagio psico-sociale della innumerevole serie di problemi esistenziali prodotti dalla "europeità" della Merkel & soci e dalla "italianità" berlusconiana.
La Nuova Italia è la maggioranza del paese, lo sappiamo tutti.
Non ha voce, non ha spazio, non ha mercato, non ha sbocchi, quindi è ancora invisibile perchè afona, impotente, frustrata, e quindi non si manifesta, non la si vede.
Ma c'è.
Il contributo che ciascuno di noi può dare consiste nel fatto di lottare, ciascuno con i mezzi che ha disposizione, per uscire fuori dalla clandestinità permanente liberandosi dalle paure che provocano indolenza e autocensura.
La somma di atti individuali piccoli finirà per costruire una enorme massa che finirà per operare il cambiamento.
Qui di seguito, vi propongo l'editoriale uscito su Il Giornale di Berlusconi che vi invito a leggere con la dovuta attenzione; lettura che ha ispirato questo post riconoscendo al cavaliere pregiudicato l'indubitabile ruolo di sommo leader dell'italianità.
Perchè così stanno le cose e i fatti gli danno ragione.
Sorrentino e Zalone. La strana coppia che salvò il cinema
All'apparenza distanti, hanno fatto tornare i conti sia artistici sia economici. Prendendo per i fondelli lo stesso mondo snob
di Pedro Armocida. 5 Marzo 2014 quotidiano "Il Giornale"
di Pedro Armocida. 5 Marzo 2014 quotidiano "Il Giornale"
http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/sorrentino-e-zalone-strana-coppia-che-salv-cinema-998716.html
Titolo: La strana coppia che ha salvato il cinema italiano. Produzione: Medusa. Interpreti: Paolo Sorrentino e Checco Zalone.
No, un film così non lo vedremo mai.
Sorrentino/Zalone hanno salvato quest'anno il cinema italiano, dandogli ossigeno e speranza, partendo da due mondi apparentemente opposti e lontani se leggiamo le loro opere con le normali categorie critiche, da una parte la qualità artistica di La grande bellezza che l'ha aiutato a vincere un Premio Oscar che non credevamo di ottenere ormai più (merito anche, e nessuno lo ha ricordato, della commissione dell'Anica che ha selezionato il film per l'Academy), dall'altra la grandezza popolare di Sole a catinelle con il più grosso e grasso incasso del cinema italiano, 52 milioni di euro che vale la pena scrivere bene come sugli assegni per rendersi conto di tutta la sua portata: «Cinquantaduemilioni». Ma è anche vero che tutte e due le opere scardinano, per la loro potenza intrinseca, qualsiasi categoria critica. Perché se un film complesso, ambizioso, sulla carta elitario, anche di lunga durata, come La grande bellezza ottiene al botteghino italiano, in attesa di conoscere non solo i dati di audience della messa in onda di ieri sera su Canale 5 ma anche dei futuri incassi del suo ritorno in sala, più di 7 milioni e 200 euro parliamo già di un fenomeno che è arrivato a larghe fette della popolazione italiana. Un successo che non sta solo nei numeri ma soprattutto sul fatto che, come capita a poche opere, La grande bellezza è una locuzione ormai entrata nell'uso comune e da lì è passata nell'immaginario collettivo che ne ha compreso taluni aspetti di rappresentazione barocca d'una certa italica miseria. Quella ben descritta dall'ormai famosa frase leitmotiv del film pronunciata dal protagonista Jep Gambardella/Toni Servillo: «È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l'emozione e la paura Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile».Anche se in realtà in parte è già stato realizzato. Perché sono stati questi due protagonisti a salvare la stagione cinematografica italiana facendo tornare, in una botta sola, tutti i conti, quelli artistici e quelli del box office. Una strana coppia, quella di Sorrentino/Zalone, che non ha niente in comune se non il dato di fatto della provenienza «terrunciella» e, soprattutto, della casa di produzione che ha contribuito alla loro affermazione, Medusa. A cui va dato atto, in un suo momento di forte ristrutturazione con minori investimenti sia nella produzione sia nella distribuzione (soprattutto sui titoli stranieri), di essere riuscita a conquistare una doppietta veramente invidiabile (e dall'altra parte Rai Cinema che produce tanti film nazionali ovviamente si morde le mani).
Che poi è in qualche modo anche il core business di Sole a catinelle, diretto da Gennaro Nunziante e prodotto insieme a Tao Due di Pietro Valsecchi, con la sua micidiale presa per i fondelli dello stesso milieu culturale e intellettuale. E lo fa in maniera anche più esplicita di Sorrentino che si diverte a stigmatizzare il vuoto dietro a certi artisti di avanguardia mentre il figlio di Zalone spiega le grandi stranezze della famiglia dei ricchi con un ragazzo dal mutismo selettivo con un «so' comunisti». Che è proprio lo spauracchio del barese Luca Pasquale Medici in arte Checco Zalone, classe 1977. Quando il suo Nicolò gli chiede: «Papà, e se il parroco ti confessasse che sono...», «Sei cosa?», «Sonooo... Omosessuale!», «Ah, che bello, pensavo comunista!».
Una sinistra ritratta in maniera terribile e definitiva anche da Paolo Sorrentino (Napoli, 1970), grazie al contributo critico di chi di quel mondo conosce bene le derive radical schiccose, ossia lo sceneggiatore Umberto Contarello iscritto al Pci fino al 1982 e oggi renziano, ultima speme. Come nella sequenza nel lussuoso attico con piscina, aggiornamento della terrazza di Scola, dove Gambardella ricorda, svelandone l'intima ipocrisia, la vera biografia della scrittrice che poco prima aveva declamato lo stanco decalogo della perfetta madre e donna di sinistra, con il suo impeccabile impegno civile, la vicinanza al partito.... Nel volto dell'attrice Galatea Ranzi, come nel mondo tutto finta spiritualità e benessere di Zoe, la madre così politicamente corretta del film di Zalone, la pietra tombale d'una certa italica sinistra. Amen.
"Arriverà il momento in cui basterà fare clic e l'Italia farà un salto avanti".
RispondiEliminaQuesto, per ora, succede solo ai missili balistici.
Se sui futuri "balzi in avanti" della nostra civiltà veglieranno gli stessi che ora premono i pulsanti dei pannelli di controllo missilistici -- o i loro vicari e proconsoli, più o meno efficacemente legittimati da appropriati staff per le PR -- io personalmente trovo motivi per essere sempre meno ottimista.
Peraltro non ho guardato né il film di Sorrentino, né quello di Zalone. Mi sono invece rivista con gusto, almeno in parte, "La donna perfetta" di Frank Oz; giusto per continuare a farmi del male, come direbbe Moretti. Ma almeno non ho fatto del bene né a Mediaset, né alla Medusa, dato che quel film lo trasmetteva, ieri sera, RaiMovie.
Saluti cordiali, marilù l.
Io penso che avesse ragione Luttazzi; tralasciamo per un attimo la questione non certo marginale dei plagi di cui è "accusato" e soffermiamoci su una sua affermazione cioè quando sostiene che B. ha bisogno di foglie di fico - una non basta perché le "vergogne" da coprire sono molte - come striscia la notizia e le iene che gli consentono di dire che non è vero che "controlla i media" e che censura i contenuti a lui scomodi perché :" i peggiori nemici li ho in casa". Questo film "d'autore" gli consente di fare lo stesso nei confronti di un'altra accusa che storicamente gli viene fatta: quella di aver lobotomizzato almeno 2 generazioni di italiani con il trash televisivo.
RispondiEliminami sembra un'ottima considerazione
EliminaPurtroppo quello che hanno distrutto culturalmente in un paio di generazioni, non basta un clic per ricostruirlo. Una rivoluzione culturale può partire dai nostri figli e impiegherà molto più tempo ad attuarsi. Per ora siamo ancora in piena picchiata economico/ambientale/culturale. A quando lo schianto? A questo punto ci vorrebbe proprio uno schianto perché la coscienza di massa si renda conto di come siamo scesi in basso.
RispondiEliminaRasti
Tranquillo Rasti, dopo il 2015 ogni giorno è buono, arriverà puntuale come in Argentina Islanda e Grecia, è sempre il solito copione, sicuramente lo schianto non sarà raffazzonato e provincialone come gli schiantati.
EliminaLa causa fondamentale dei problemi è che nel mondo moderno gli stupidi sono sicuri di sé mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.
- Bertrand Russel-
E' ormai risaputo che Russel faceva l'amico del giaguaro....e che in realtà al vertice di una piramide di comando difficilmente arrivano gli stupidi e questi non stupidi sanno perfettamente quello che vogliono e come realizzarlo.Hanno certezze quindi,che semmai simulano per non contraddire i luoghi comuni.Certezze strumento dei loro fini,nobili o ignobili e infimi...come quelli che ci attanagliano oggigiorno.Ma questa è tutta un'altra storia.
EliminaAmmirevole post di realismo - ottimista,ed è tutto dire.Mi ricorda don Juan quando spiega a Carlitos essere ""la magia""un ponte tra le contraddizioni.Anch'io propendo per un ottimismo realista,perche sono costituzionalmente tale.E poi,cosa ne ricaveremmo da uno sfascismo che farebbe solo il gioco del nemico????E...basterà invece quel"clik"....è legge quantica.Quando la pera è matura,"stoch"e cade.Non ci sono santi....
RispondiEliminasei un poeta XD
Eliminatutto sta, caro Caranzan, a seguitare ad innaffiare l'albero per far maturare le pere....buon week end
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