di Sergio Di Cori Modigliani
“Da
ottomila anni l’umanità racconta sempre unicamente soltanto tre storie: la
storia di favolosi amori e di furibondi odi tra un maschio e una femmina; la
storia di guerre e di massacri tra i maschi di una fazione e i maschi della fazione
opposta; e una interminabile serie di biografie di coloro che hanno vinto e
prevalso in quei massacri. Ogni tanto, nei secoli, qualche lacrima, qualche
risata, un sorriso onirico. Che noia! Sarebbe anche ora di riuscire a parlare
di qualche altra cosa”.
da “Tropico del cancro” di Henry Miller. Parigi 1939
Parliamo di cinema e delle suggestioni che ci evoca, da usare come
traccia.
Ho visto (rivisto) di recente due film in televisione, apparentemente
molto diversi e distanti tra di loro. In realtà raccontano la stessa identica
storia. Uno è un film italiano del 1973, l’altro un film americano del 2009. Entrambi
belli e illuminanti.
Questa coppia di film mi ha evocato altri due film italianissimi, uno
di qualche anno fa, e un altro del 2011. Appartengono alla stessa categoria dei
primi due, con una differenza sostanziale che li situa in una dimensione (tutta italiana) che è davvero un
interessante termometro per poter comprendere la realtà nella quale siamo
immersi.
Il film italiano del 1973 si chiama “Indagine su un cittadino al di
sopra di ogni sospetto”, diretto dal grande regista italiano Elio Petri,
scritto dall’ottimo sceneggiatore Ugo Pirro e interpretato da poderosi attori
come Gian Maria Volontè, Orazio Orlando e una piccolissima parte, vera e
propria perla, interpretata dall’indimenticabile Salvo Randone. L’altro, quello
del 2010, si chiama “W” diretto dal grande regista americano Oliver Stone e
interpretato da potenti attori come Josh Brolin, Elizabeth Banks e Richard Dreyfuss.
I due film parlano delle dinamiche del potere, nell’Italia dei primi
anni’70 e negli Usa della decade 2000/2010. Ci raccontano, dall’interno, le
modalità di esercizio e di esecuzione dell’elite dirigente dei singoli paesi.
Alla fine, ci si sente nello stesso identico modo, perché il messaggio degli
autori è identico: siamo nelle mani di criminali cialtroni.
Questi due film ci mostrano l’insospettabile volto dei gestori del
potere che la massa dei sudditi non conosce, ci mostrano la loro inadeguatezza
umana, la loro sostanziale indifferenza ai destini della collettività, tutti
presi –come sono- dai loro piccoli interessi di bottega, che si intrecciano a
problematiche individuali di un’antica infanzia irrisolta. Nel film italiano,
il protagonista è il responsabile dell’ufficio politico della questura di Roma
presso il Ministero degli Interni, promosso a tale incarico dopo 20 anni di
successi professionali a capo della sezione omicidi. Un esperto, quindi, in
crimini, in delitti, in omicidi. E’ l’uomo che tira le fila di chi organizza le stragi degli innocenti a colpi
di bombe nelle banche, sui treni, nelle piazze, come accadde in Italia dal 1969
fino al 1993, nella più totale inconsapevolezza del suo ruolo. Nel film americano, invece, il protagonista è
l’uomo al comando del più potente esercito del pianeta, il presidente degli Usa George W. Bush, il quale sceglie e
decide di far spendere al contribuente americano 4.000 miliardi di dollari per
una guerra inutile che ha provocato centinaia di migliaia di morti innocenti e
devastazioni in almento quattro dei cinque continenti. Ciò che accomuna questi
due personaggi è il loro totale distacco dalla realtà quotidiana delle persone
che loro amministrano, tutti presi come sono dal loro squallido problema
individuale di una mentalità piccolo-borghese miope e ottusa, deviata verso la
criminalità conclamata.
Il film italiano non è affatto fazioso e si sottrae alla facile
liturgia accomodante di quei tempi, rinunciando a fornire il consueto scontro
tra fascisti e comunisti, destra e sinistra, poteri forti elitari e poteri
della cittadinanza, ecc. Tant’è vero che l’unica battuta che ci segnala la
collocazione di schieramento del protagonista, consiste in una frase detta a un
prigioniero politico in questura quando gli confessa che lui vota socialista.
In un periodo storico in cui Bettino Craxi non esisteva ancora politicamente.
Essere socialisti o democristiani, fascisti o comunisti, in realtà è la stessa
cosa, quando la differenza tra l’elite e il popolo non consiste nell’ideologia
di chi esercita il potere, bensì nella sua piatta cialtroneria. Nel film
italiano, la devianza criminale assume contorni a forte tinta individualistica,
ben delineati con accorta professionalità nella descrizione del poliziotto
psicotico. In quello americano, idem, con la variante che il massacro degli
innocenti ordinato dal presidente nasce, si afferma e si sviluppa in un delirio
collettivo in cui alcuni criminali consapevoli spingono il fragilissimo
protagonista verso la sua inevitabile deriva psicotica senza neppure che se ne
renda conto.
L’aspetto affascinante di entrambi i film consiste nel giudizio emotivo,
di identica fattura, che provocano nello spettatore: siamo nelle mani di
cialtroni.
Il film italiano ebbe un meritatissimo successo, allora, e le polemiche
furono magre perché l’Italia, nel suo insieme, era ben rappresentata,
delineata, raccontata nella sua autentica narrativa esistenziale quotidiana,
senza fronzoli inutili o comizi di parte.
L’industria cinematografica italiana, in quell’anno, aveva raggiunto il
secondo posto al mondo e rappresentava il terzo introito nazionale come produzione di pil, di ricchezza e di
benessere collettivo, dopo l’industria metalmeccanica e quella tessile. In quello stesso anno, il 75% della
produzione cinematografica italiana venne venduta all’estero in ben 82 paesi,
producendo un aumento del pil del 2%, pari a quella che oggi sarebbe una cifra
intorno ai 30 miliardi di euro.
Sono trascorsi 40 anni da allora. Oggi, la situazione è diversa,
infatti siamo scesi al 49esimo posto al mondo e l’industria cinematografica
nazionale non rappresenta nulla e non vale nulla perché non esiste una
narrativa autentica nel racconto filmico. Gli italiani non sono più in grado di
raccontare se stessi in maniera creativa e critica, se non in forma caricaturale e/o faziosa, quindi inutile.
A differenza del cinema americano, che seguita a essere leader nel
mondo, non solo per i soliti motivi banali e piatti (ovvero perché impongono i
loro prodotti con la loro forza militare e finanziaria) ma, soprattutto, perché
non hanno perso la capacità di raccontare se stessi per ciò che essi sono,
fornendo una lettura narrativa convincente, fortemente auto-critica, senza
risparmiarsi. E, per loro, rigenerante.
La crisi economica non c’entra niente.
Anzi, c’entra, ma in senso opposto.
Diciamo che l’economia Usa si è ripresa e sta per ripartire alla grande,
proprio perché sono stati in grado di produrre un film come “W” ideato, scritto
e girato da un intellettuale repubblicano come Oliver Stone e non da un
liberal che ha studiato linguaggio cinematografico con Noam Chomsky. L’Italia
non ha più una industria cinematografica, non perché non ci sono soldi e
l’economia è azzerata, bensì perché non esiste mercato per gli artisti in ogni
campo (dal produttore al distributore passando per registi, sceneggiatori,
attori, fotografi, ecc.) e la scarsità sia di buon cinema che di buona
letteratura ha impoverito in maniera gigantesca il tessuto connettivo del paese,
producendo una crisi spaventosa che è, prima di ogni altra cosa, una crisi di
valori culturali.
I sei (modestissimi) film su George W. Bush, prodotti e girati da
democratici con la bava alla bocca, non hanno retto nelle sale neppure due
giorni e sono scomparsi nel silenzio. Non perché sia scattata la censura ma
perché erano prodotti flosci malati di faziosità. Il messaggio di Oliver Stone
è stato molto chiaro: noi americani siamo finiti in crisi perché siamo stati
governati da un simpatico cialtrone, con l’aggravante di essere un criminale a
sua insaputa, un burattino nelle mani di un gruppo di marpioni al fulmicotone
(splendida l’interpretazione di Richard Dreyfuss nel ruolo del vice Dick Cheney).
Da noi non esiste neanche una possibilità su 60 milioni che un grande creativo (magari
qualcuno che politicamente è un liberale
di destra che nel 2001 aveva votato per Berlusconi ed è stato deluso) riesca a
fare un film sul leader del PDL raccontando delle verità narrative senza
mostrare squallidi gossip da bar o ancora peggio una visione fumettistica, sia
elogiativa che dispregiativa.
Gli altri due film di cui parlavo sono due film “politici” italiani,
uno di qualche anno fa (“Il caimano” di Nanni Moretti) e l’altro del 2011 (“Il
divo” di Paolo Sorrentino). Due prodotti perdenti perché entrambi sottilmente e diabolicamente
orwelliani.
Mentre il film di Oliver Stone non è affatto un film di propaganda
repubblicana agiografica né tantomeno di critica liberal o radical-chic, “Il
caimano” di Moretti è un film involontariamente berlusconiano, che ha l’intenzione di essere critico, ma non
lo è. Penso che Berlusconi abbia adorato quel film. E’ involontariamente berlusconiano perchè ruota innanzitutto
sull’applicazione pedissequa e anche infantile di un principio narcisista per
cui chi racconta la vicenda la interpreta anche, proiettando quindi la propria idea oppositiva
che diventa acritica; e poi perché
commette il peccato capitale che Elio Petri era riuscito allora ad evitare:
presenta Berlusconi come una specie di genio del male (quindi esaltandolo)
invece di fornire adeguati elementi narrativi per spiegare come si tratti
soprattutto di un abile condottiero che si è avvalso in questi 30 anni della
totale, deferente, lucida e consapevole complicità dell’intera classe
politica italiana: una elite di cialtroni criminali, come quella intorno a Bush. Identica deriva quella de “Il divo” di
Sorrentino, che presenta un Andreotti davvero meraviglioso, quasi incantevole,
nella sua versione satanica caricaturale. Neppure una scena che ci abbia
mostrato le lunghe ed elaborate cene insieme ai comunisti, la comune gestione
dell’industria cinematografica alla fine degli anni’70, con il fine strategico
di raggiungere l’obiettivo che poi è stato realizzato.
Già il titolo è falsificatorio.
Se c’è una cosa che non ha mai
corrisposto in alcun modo alla figura imperiosa di Andreotti è proprio quella
del divo. Anche questo, come l’altro, un
totale flop nel mondo perché non spiega nulla di questa Italia feroce e
consociativa, criminale sempre nel suo doppiogiochismo trasformista. Anche in questo caso come per Berlusconi:
uomini che diventano potenti per magia, per volontà della Vergine Maria e
non per l’endemica propensione
opportunista dell’italiano piccolo-borghese, che si sente sempre suddito e mai
cittadino, misero dentro e tronfio fuori, sempre incline a fare il forte con
chi è più debole e a umiliarsi in maniera servile con chi è più forte. Sempre
sudditi, comunque vadano le cose, e mai ma proprio mai, membri della
cittadinanza collettiva. Perché a essere sudditi, se si riesce a entrare in
contatto con il potere, quantomeno con i cortigiani, c’è sempre qualche
briciola da portare a casa e far contenta la famiglia.
Prendo spunto da questi film per fare una riflessione sulla realtà
italiana, che ritengo sia
pericolosamente diventata un cantiere aperto di esperimento sociale orwelliano.
Essere contro Berlusconi o a difesa di Berlusconi, in questo momento,
per i cittadini italiani, è in entrambi i casi perdente.
Ciò che conta è iniziare la lunga marcia di allontanamento dal berlusconismo,
per una rivoluzione culturale che porti ad una totale trasformazione
dell’attuale scala di valori.
C’è scritto nel Talmud, antica saggezza millenaria: “Ogni mezza
verità è una menzogna intera”.
Penso che sia il più importante mantra da utilizzare per avviarci verso
una potenziale modalità di cambiamento della nostra società. Una modificazione
che riguardi tutti, sia a destra che a sinistra, perché attutire la verità
annacquandola finisce, inevitabilmente, per trasformarla in menzogna.
E’ l’attuale modello comunicativo: sostenere sfacciatamente una bugia
faziosa, avvalendosi della complicità deferente di servi sciocchi opportunisti
e, allo stesso tempo, promuovere una nuova categoria di comunicatori mediatici
ai quali viene affidato il compito di sostenere delle mezze verità. Non è
neppure possibile accusare un mezzo mentitore di essere bugiardo, è necessario
essere davvero molto ben informati sulla verità totale per ricordare di
continuo anche la parte che viene nascosta. Non a caso, sempre la più
importante.
In questo periodo, il berlusconismo sta promuovendo in gran pompa un
suo nuovo prodotto mediatico, il giornalista Mario Sechi che a novembre del
2012 si era schierato con Mario Monti, che a gennaio del 2013 si è candidato
alle elezioni nella Lista civica Monti e
che a fine febbraio 2013 è rientrato nei
ranghi e ha oggi assunto la veste del “moderato che sostiene mezze verità”. Sta
dovunque in video. Il suo cavallo di battaglia, in questo momento, consiste nel
voler portare il “caso Berlusconi” in
Europa appellandosi a un precedente importante, quello di Richard Nixon nel
1976. Va da sé che il giornalista Sechi è consapevole del fatto che alla corte
europea gli rideranno appresso, ma serve come arma mediatica, presumo, per la
campagna elettorale che sta iniziando in questi giorni.
La sua mezza verità è la seguente: “Non si può non sottovalutare
l’espisodio del presidente americano Richard Nixon, costretto alle dimissioni
in conseguenza dello scandalo Watergate. In quell’occasione, per evitargli
l’imbarazzo di un processo, intervenne la Corte Suprema di Giustizia che gli
diede il pardon (come si chiama in Usa). E così, grazie al pardon, Nixon
è stato sottratto per ragioni di opportunità istituzionale alla sua pena. Così
l’America ha privilegiato la salvaguardia delle istituzioni. Potremmo e
dovremmo fare la stessa cosa anche in Italia. Andare al di là del fatto
personale di Berlusconi e pensare a salvare l’Istituzione, perché ciò che conta
è la democrazia e l’integrità degli apparti dello Stato”. A questo punto
avviene sempre la stessa reazione. Identica. I giornalisti che gli stanno
attorno dicono “eh sì” e la cosa finisce lì. Questa storiella sta coprendo il
100% del pubblico televisivo, perché ripetutamente mandata in onda dovunque,
comunque, di continuo.
E’ vero ciò che lui sostiene quando ricorda che, nel 1976, Nixon,
invece di andare sotto formale processo penale con il rischio di finire in
galera, ottenne il pardon. E’ una verità.
Ma a metà.
Quindi una intera bugia che altera il Senso dell’intera vicenda.
La parte che Sechi non ricorda è la seconda, cioè la seguente: è vero
che gli è stato accordato il pardon da parte della magistratura, ma in cambio
di un regolare contratto che lui ha firmato “sua sponte” e che sanciva
l’abbandono della vita politica e
pubblica attiva e il ritiro a vita privata. A tal punto rispettato al millesimo
che a un modesto convegno di dentisti in California, tenutosi tre anni più
tardi, al quale era stato invitato, il giorno prima lo hanno chiamato al
telefono pregandolo di scusarli perché avevano ricevuto una lettera ufficiale
da parte del governatore della California che aveva denunciato l’ordine dei
medici per “violazione surrettizia di clausola preventiva”.
Dal 1976 fino al giorno della sua morte, a Richard Nixon, per accordo
stabilito tra le parti, non gli venne concesso neppure la possibilità di
rilasciare una intervista o partecipare a un convegno. Sparì per sempre.
Questa è la verità per intero, di cui Sechi ricorda soltanto una mezza
parte.
Se Berlusconi accettasse una simile clausola, perché no?
Ancora una volta è stato il cinema americano a raccontarci la vicenda.
Sempre lui, Oliver Stone, l’artista più libero, aperto e disinvolto nel
campo dei moderati repubblicani tradizionali.
Nel film “Nixon” (interpretato da un eccellente Anthony Hopkins, alla
fine degli anni’90) c’è proprio la scena in cui deve firmare questo contratto.
E’ imbufalito, fuori di sé. Ce l’ha con gli americani che accusa di essere
ipocriti, perché quelli che lui pagava adesso si appellano alla Legge contro di
lui. A un certo punto si alza e va a fare un giro fuori dalla stanza ovale, nel
corridoio che porta al grande salone dove sono appesi sulla parete i ritratti
di tutti i presidenti. Lui ha chiesto di avere il ritratto, come tutti. Ma i
giudici glielo hanno negato: pardon sì, memoria no. Perché lui se ne va “per
indegnità” e quindi diventa un esempio negativo per la comunità che non deve
ricordarlo. Mai e per nessun motivo. Nixon/Hopkins imbestialito si ferma
davanti al quadro di John Fitzgerald Kennedy, il suo grande avversario nel
1960. Osserva l’immagine con odio, con disprezzo. E poi dice: “Apparteniamo
alla stessa famiglia, siamo uguali io e te, perché siamo entrambi il rovescio
della stessa medaglia dell’ipocrisia americana: a te l’America ti ama perché in
te hanno visto ciò che a loro piacerebbe essere nel loro intimo e non lo
saranno mai; a me l’America mi odia perché in me hanno visto ciò che loro sanno
di essere per davvero nel loro intimo”.
200 critici cinematografici americani hanno individuato questa frase
pronunciata da Hopkins come la più “bella, vera, aderente battuta
cinematografica che sintetizza il Senso della nostra nazione nel campo della
vita politica del paese”. Andarono a chiedergli se la frase fosse vera o una invenzione creativa di Oliver Stone. Nixon
si rifiutò di riceverli. Rispose la moglie: “Non lo so se sia vera o meno; ma
posso dirvi con certezza che Richard lo pensa davvero nel suo cuore, quindi è
come se la frase fosse vera”.
Per questo hanno superato la crisi economica del 2008, gli americani.
Hanno il coraggio di lavare i loro stracci sporchi in pubblico, e lì si rigenerano.
Tutto qui.
Niente di nuovo sotto al sole: that’s Italy, baby!
Quando ripenso a certi persiani, indù, arabi che conobbi, quando ripenso al carattere che rivelano, ala grazia, alla tenerezza, all'intelligenza, alla santità, io sputo addosso ai conquistatori bianchi del mondo, ai britanni degenerati, ai tedeschi zucconi, ai francesi saccenti e vanitosi. La terra è un solo grande essere senziente, un pianeta saturo di uomini, un pianeta vivo che si esprime a balbettii; non è la casa della razza bianca, o della razza nera, o della razza gialla, o della perduta razza azzurra, ma la casa dell'uomo e tutti gli uomini sono uguali di fronte a Dio ed avranno la loro occasione, se non ora fra un milione di anni.
RispondiEliminaHenry Miller - Tropico Del Capricorno
Ehilà! Benvenuto nel "club fedeli amanti di Henry Miller". :)
EliminaSuggestivo, come sempre. Ma davvero "hanno superato la crisi economica del 2008, gli americani"? Non sembrerebbe..
RispondiEliminaI dati indicano di sì; hanno il più basso indice di disoccupazione dal 1995 (7,4%); nel 2012 il numero di nuove imprese ha superato del 24% il numero di quelle fallite; l'introito fiscale grazie alla loro Iva è aumentato del 12%; la crescita economica è superiore di +0,6% rispetto alla più ottimistiche previsioni, (circa nove volte di più di quella tedesca, tanto per capirci)con un altissimo prezzo sociale pagato dai ceti più deboli e sfruttati ed è questa la grana e il potentissimo problema che Obama si appresta ad affrontare per risolvere, metterci una pezza, o fallire clamorosamente, questo non sono in grado di prevederlo. In Usa, oggi, la ripresa (e un grandioso ottimismo collettivo) è reale. Però....(ed è questo il punto)....il salario minimo di un operaio, di un impiegato di concetto, di un accademico statale, di un ricercatore chimico, di un funzionario della pubblica amministrazione, nel maggio del 2013 era lo stesso di quello percepito nel 1961, mentre lo stipendio dei grandi managers, executive ed elite, rispetto ad allora, è aumentato del 756%. Questa inaccettabile sperequazione è la battaglia in atto in quel paese: o rimettere in piedi la classe media oppure accettare (e proporre) un mondo composto soltanto da due classi contrapposte: super ricchi privilegiati e una massa di sudditi più o meno straccioni, dediti soltanto alla sopravvivenza. Entro giugno del 2014 sapremo tutti come questo scontro violentissimo in atto tra queste due diverse interpretazioni del mondo è andato a finire.
EliminaGrazie. Seguendo "zerohedge" mi sono abituato a creder poco alle statistiche ufficiali, comunque apprezzo la visione d'insieme qui espressa.
Eliminasemplicemente fantastico.... complimenti la stimo tantissimo!!!!
RispondiEliminami sono appena iscritto al suo blog per potervi seguire da vicino, è fantastico! ora mi sento in compagnia di persone che almeno capiscono e ascoltano ciò che dico e penso senza forse essere scambiato come "complottista e/o comunque etichettato in una parte o l'altra. esempio: destra o sinistra", voglio far parte di un mondo semplice e onesto. avrete il mio sostegno per qualsiasi iniziativa che vada a combattere la gestione del potere criminale! ;)
RispondiEliminaleggerò attentamente e con piacere tutti i suoi post e li divulgherò sin dove mi è possibile farlo.
RispondiEliminaa iniziare da stasera!!! vamos juntos
Lei mi fa commuovere sempre Sig. Modigliani e cita pure il mio mito imperituro Henry Miller, ormai pendo dalle sue labbra. Grazie di esistere!
RispondiEliminaGrazie signor Vanni!!! .)
Eliminaquale canale ha trasmesso il film W.?
RispondiEliminase ben ricordo era La7
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