giovedì 11 luglio 2013

Bye bye cara cupola mediatica. Crolla in Italia il mercato dell'editoria, dell'informazione cartacea e dell'ascolto televisivo. Questa è la ragione della virulenza del cavaliere Silvio Berlusconi.

di Sergio Di Cori Modigliani





La giustizia non c'entra affatto.

Il disgustoso cancan allestito dalle truppe berluskiane, con la complicità piddina, poco ha che vedere con problemi di merito o di sostanza legati a questioni dello Stato di Diritto, tutela, rapporti con la magistratura, ecc.

E' semplicemente un banale problema di introito pubblicitario.
Tutto qui.
Nè più nè meno.

In un paese lievemente più serio del nostro sarebbe stato affrontato nelle sedi competenti, il che vuol dire convegni organizzati dall'associazione che raduna le agenzie di pubblicità, seminari con esperti di strategia di comunicazione e pianificazione marketing, e infine, attraverso alcuni interventi strategici di alcuni lobbysti.

E invece, hanno montato questa patetica messinscena.
E' questo ciò che penso.

I dati che questa mattina l'agenzia Nielsen ha diffuso (è la più importante società di rilevazione dei dati reali sul fatturato pubblicitario, sugli indici di ascolto televisivo,  quelli di lettura, e sulla diffusione dei prodotti media) parlano con grande chiarezza e semplicità.

E' crollato da ventisei mesi il fatturato pubblicitario dell'intero sistema editoriale italiano, cartaceo, radiofonico, televisivo. Aumenta in progressione geometrica quello sul web.
Tutti i quotidiani -nessuno escluso- i settimanali, i mensili, le prime 15 emittenti televisive, perdono complessivamente diversi miliardi di euro l'anno. 
Ma questo è un trend ormai planetario.

Il problema, in Italia, consiste nel fatto che non essendo un paese capitalista, cioè non avendo una economia basata sul regime di libera concorrenza dove le aziende operano e si muovono sulla base dello scambio basato sul rapporto tra domanda e offerta, ciò che conta non è il lavoro, la creatività, la produttività, il dinamismo, l'innovazione, bensì chi controlla i monopoli oligarchici. 
Silvio Berlusconi è il padre e il figlio di Publitalia, la mamma medioevale del Sistema Italia. 
Attraverso questa società ha gestito il mercato nazionale, ricattando, acquistando, vendendo, spostando, promuovendo, bocciando, facendo il buono e il cattivo tempo, con il PD in tasca visto che riempiva le aziende editoriali e cartacee e televisive -sotto controllo piddino- di pubblicità, consentendo loro di vivere, lucrare, affermarsi nel territorio. Nel Gran Regno d'Ipocritania, il Piddì si è manifestato ingozzando i propri inutili prodotti informativi (parliamo qui di circa 20.000 pubblicazioni complessive) di pubblicità a tonnellate, tutta proveniente dalle strutture gestite da Berlusconi. Poi, ne parlavano male. Il cavaliere se ne fregava, sapeva benissimo come tirar le briglia quando esageravano. E' ciò che ha sempre fatto.

Poi sono arrivati due eventi con l'aggravante di essere connessi: il web e il M5s.

Il web ha aperto un gigantesco mercato che, per sua definizione strutturale, non è controllabile da Berlusconi, perchè il cavaliere non è assolutamente in grado di poter minimamente nè controllare nè competere con Google, Facebook, Twitter, Microsoft, Ad Sense, Wordpress, ecc., che ogni secondo (di ogni giorno di ogni settimana di ogni mese dell'anno) smuovono centinaia di miliardi di euro. E' fuori dal suo controllo. 
Rai, Mediaset, La7, corriere della sera, repubblica, la stampa, il sole24ore, sono aziende decotte che non sono in grado di sopravvivere. Non hanno più neppure i soldi per pagare gli stipendi ai giornalisti; sono costretti a indebitarsi in maniera pesante. Il circuito Premium di mediaset, in virtù della crisi, è fallito. Soltanto nel 2012 complessivamente, tutti quanti, hanno perso qualcosa come 6 miliardi di euro. I più importanti quotidiani cartacei italiani, solo nei primi sei mesi dell'anno, denunciano una perdita secca di quote di mercato nell'ordine di circa 400 milioni di euro. Nel mese di maggio ne hanno persi 88, di milioni. 
A fronte di un aumento sul web di circa 136% rispetto all'anno precedente.
PD e PDL, quindi, stanno alla frutta economica, perchè attraverso il monopolio assoluto del sistema pubblicitario italiano controllavano -attraverso le clientele dei professionisti- l'intero mercato spingendo poi le votazioni da una parte o dall'altra.
L'irruzione di M5s li ha stesi.
Non per questioni politiche.
Non per merito dei deputati eletti.
Non per la protesta.
Mi dispiace qui deludere gli utopisti e gli idealisti.
Per un banale fattore di mercato.
Il M5s ha dimostrato di riuscire in qualche modo ad affermarsi e imporsi seguendo una logica di mercato -che è il trend emergente- nella quale Berlusconi (se gli va bene) sarà sì e no un modesto attore di terzo piano, abbattendo i costi all'origine, esaltando l'informazione on line, i siti, i bloggers, e convincendo automaticamente le aziende a spostare i budget pubblicitari dal cartaceo-televisivo alla rete perchè hanno mostrato e dimostrato come il web possa essere innovativo e propulsivo. 
Quindi, il trend va fermato.
Per farlo, bisogna eliminare il M5s, annacquare in qualche modo il web, fermare la Storia e far tornare indietro l'Italia, per impedire che si modernizzi, altrimenti PDL e PD (e le aziende di Berlusconi Cairo e De Benedetti che insieme controllano il 90% dell'informazione standard nel nostro paese) finiscono nei guai economici e vanno a spasso le decine di migliaia di persone che compongono la cupola mediatica a pagamento.
Tutto qui.
Il governo delle larghe intese -nel loro miope ottimismo- doveva ottenere due obiettivi: massacrare il M5s riducendolo a una pattuglia di acrobati di strada e quindi lanciare un segnale forte alle agenzie di pubblicità e alle aziende per convincerle a ritornare da loro; da lì passare a ricostituire e ricostruire il mercato pubblicitario usuale. Controllando, quindi, la nazione.
Gli è andata malissimo.
Il mercato li ha bocciati.
Berlusconi, Cicchitto, Bondi, Monti, Mauro, Passera, Bersani, D'Alema, Veltroni, sono finiti fuori mercato.
Sono come un'azienda metalmeccanica che costruisce le vetture con il vecchio modello di freno mentre la concorrenza ormai usa il freno a disco, più efficace ed efficiente.
Loro obiettivo, quindi, è: fermare il mercato. Bloccarlo. Impedire qualunque investimento nella ricerca, nell'innovazione, nella comunicazione elettronica. Non è un caso che, l'attuale governo, non appena si è insediato è andato a falcidiare IMMEDIATAMENTE il budget  del Ministero dei Beni Culturali, degli enti turistici e culturali italiani, degli istituti di cultura, soprattutto ed esclusivamente nel comparto della gestione dell'attività in rete. In tal modo hanno salvaguardato circa 2500 riviste inutili (pagate dallo Stato con i soldi delle nostre tasse) che costano svariate centinaia di milioni di euro all'anno, e allo stesso tempo frenano il turismo uccidendo la curiosità di un potenziale ricco turista dell'Arkansas, di Montreal o di Shangai, dato che il sistema di diffusione turistico-culturale italiano sul web è pressochè nullo. La Spagna è più avanti di noi di almeno dieci anni.

La società Nielsen è stata molto gentile e mi ha messo a disposizione i dati ufficiali.
In Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia, IN TUTTI I 28 PAESI DELL'UNIONE EUROPEA, Italia esclusa, quando vengono stampati i dati sulla diffusione dei media e sul fatturato delle agenzie di pubblicità, vengono immediatamente analizzati, commentati, dibattuti, sui giornali, alla tivvù, nei telegiornali.
Da noi c'è la censura di mercato.
I dati ci sono, vengono rilasciati, ma non ne parlano.
Silenzio totale.

Ecco il prospetto di Nielsen che era stato annunciato da Berlusconi venti giorni fa come "finalmente arrivano buone notizie dal mercato, stiamo sulla buona strada" perchè hanno ridotto le perdite, o meglio, la Nielsen (maestra di comunicazione) ha scelto di presentare la perdita come "buona notizia"  perchè inferiore alle previsioni pessimistiche. Un linguaggio patetico che la dice tutta sullo stato medioevale del paese. Sarebbe come se domani la Fiat dichiarasse "nel mese di aprile il mercato delle auto ha avuto una flessione di -17%, è davvero un ottimo risultato, ci aspettavamo una perdita del 22%. Fantastico: pensavamo di essere dei pezzenti, e invece siamo soltanto dei miserabili".

I'ts just business: do not panic!


Ecco il testo ufficiale:


11 luglio 2013 | 10:59

Mercato pubblicitario verso la riduzione della perdita

Il mercato degli investimenti pubblicitari in Italia a maggio conferma l’inversione di tendenza del mese precedente, chiudendo a -11,6% e portando il periodo gennaio–maggio a -17,2%, rispetto al -18,9% del trimestre e al -18,7% del quadrimestre. Lo dicono i nuovi dati Nielsen diffusi oggi.
Si conferma, quindi, il lento ma costante cammino verso il recupero, o meglio verso la riduzione della perdita, del mercato. Il valore assoluto degli investimenti persi nel solo mese di maggio è pari a 88 milioni di euro, a fronte di una perdita di 139 milioni di euro per lo stesso periodo del 2012.
I quotidiani chiudono i primi cinque mesi a -23,3% e maggio a -17,1%, lasciando sul terreno 117 milioni di euro.
I periodici continuano ad attraversare una fase difficile, registrando un dato cumulato pari a -24,4%, confermato dal -26,2% di maggio.
La tv ritorna sotto la soglia della doppia cifra (-6,7%) e chiude il periodo gennaio – maggio con un complessivo -16,2. La radio registra nei primi cinque mesi -14,6% e -5,7% a maggio.
A differenza degli anni scorsi, anche internet, che pure si sta evolvendo molto velocemente nelle sue componenti social e mobile e nelle modalità di commercializzazione, ha registrato negli ultimi mesi una frenata degli investimenti. Per quanto riguarda il perimetro monitorato da Nielsen / Fcp, il web, seppur di poco, entra in territorio negativo: -0,3% cumulato, -5,1% a maggio. Anche il direct mail (-23,5%) risente della difficoltà del mercato.
I settori nei primi cinque mesi dell’anno sono tutti ancora in negativo, a eccezione dell’informatica che, seppur abbia una quota ancora modesta di mercato pari all’1%, continua la sua crescita (+ 52%), trascinata dalla comunicazione di smartphone e tablet. Alcuni settori che hanno registrato segnali positivi per il solo mese di maggio sono indicativi del trend:
·      Toiletries: +29% (+8,4 milioni di euro in valore assoluto)
·      Telecomunicazioni: +16% (+8,5 milioni)
·      Industria / Edilizia / Attività: + 44% (+6,4 milioni)
Il settore alimentare registra ancora un notevole decremento (-28% a maggio e -22,3% di cumulato), mentre le automobili chiudono i primi cinque mesi a -27,3% e maggio -16%.
I primi 10 spender riducono gli investimenti di una quota superiore a quella del mercato, registrando un calo del -19,7% sui primi cinque mesi dell’anno. Le automobili investono sul mercato complessivamente circa 100 milioni in meno nel periodo considerato, con scelte di comunicazione delle singole case produttrici che vanno da +20% a -45%. Anche nelle scelte del mix, i grandi investitori mostrano sostanziali differenze. In un contesto dove rispetto allo scorso anno i primi dieci big spender del mercato, pur rimanendo costanti sul web, riducono l’investimento in tv del 19,7% e sulla stampa di quote importanti, ne emergono alcune che duplicano o triplicano il proprio investimento su internet.
Nonostante il Fondo Monetario Internazionale abbia ridotto le previsioni di crescita del PIL globale di 0,2 punti percentuali, portando la previsione al +3,1%, il mercato della pubblicità nel mondo continua a crescere, pur rallentando il proprio tasso rispetto al +3,2% del 2012. I dati di Nielsen Global Adview sul primo trimestre mostrano una crescita globale del +1,9%, con un pareggio in Nord America, una crescita del +5,8% in Asia / Pacifico (con la Cina al +19,4%), Europa al -4,4% (con la Germania al -3,9%, Spagna al -8,0% e UK al +2,1%), America Latina a +11,9% (con il Brasile a +9,9%) e Africa a +2,9%.
Dal punto di vista dei mezzi, la TV cresce del +3,5%, internet del +26,3%, mentre la stampa scende anche a livello globale (magazine a -2,8% e quotidiani a -4,7%). La radio è in sostanziale pareggio.
I settori che crescono di più sono industria / servizi (+8%), beni durevoli (+6,6%) e prodotti di largo consumo (+3,4%), insieme alla distribuzione (+3,1); l’automotive è in decremento (-5,1%), a testimonianza della crisi globale del comparto.

4 commenti:

  1. Sergio. Volevo sapere che ne pensi di questa mia riflessione/teoria.
    Le banche Jp, Goldman ecc sono contrarie alle costituzioni antifasciste. Peraltro non ha nessun senso che siano o non siano d'accordo, in quanto sono banche e non istituzioni. Sanno benissimo che più ci rovinano, più controllano i destini sud europei in particolare ma anche mondiali, in modo repressivo, e più suscitano odio antisemita. L'italiota quando può uscire dalla m.... spesso all'ultimo sceglie la catastrofe e di solito è fascismo o comunque restaurazione, bombe ecc. In questo modo il ciclo si ripete e questo ciclo alterna discriminazioni e soprusi a violenza e restaurazione. In ambo i casi c'è la conservazione e mai una sana socialdemocrazia liberale e illuminista. La mia teoria (si ricordi Ecclestone frustato dall'infermiera vestita da Nazi) è che i potenti del mondo siano nazisti ed usino le banche per scatenare l'antisemitismo ben conscie che esiste il falso mito in particolare nel banana paese di "banche = ebrei". Io nella mia vita ho imparato molto di economia da ebrei, come te, che non sono certo banchieri ma di solito persone amanti della libertà e che in realtà si oppongono allo strapotere finanziario.Come possiamo noi cittadini contrastare questo loro progetto quando tutti i giorni ne combinano una?E' diventato un pensiero fisso quasi ossessivo....non è che ho intuito davvero lo schema principale del loro disegno di reazione alla libertà?Penso anche che bersagliare chi ha già subito l'olocausto possa esser un modo per dire "stiamo tornando, noi possiamo fare cio' che vogliamo di interi popoli".Di solito non mi addentro in complottismi ma vuole esser solo un campanellino...magari inconsistente ma come si dice da me "meglio aver paura che toccarne".Quindi diffondo...

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