lunedì 30 maggio 2011

Donne d'amore o donne in amore? Cinquant'anni dopo la cosiddetta rivoluzione sessuale, le donne hanno oggi nel 2011 un rapporto più armonico e felice con il maschio oppure no?


di Sergio Di Cori Modigliani

Mai come in questi ultimi dieci anni -in teoria offerti in pasto alla massa mediatica come esempio di assoluta libertà di costumi e di scelta sessuale- si è parlato così poco, così male, e in maniera così avvilente, dell'unico aspetto di cui valga la pena parlare quando si affronta il tema dell'erotismo e dell'amore e che rende interessante un qualsivoglia dibattito sull'argomento dello scambio sessuale tra il maschio e la femmina nella società post-moderna.
Se prendessimo dieci donne del 1971, dieci donne del 1921, appartenenti a età e fasce sociali diverse, un distinto censo, cultura, provenienza geografica, e le mettessimo oggi a chiacchierare (tanto per scambiarsi tra di loro un sereno confronto) con dieci donne italiane del 2011, verrebbe fuori, in percentuale, che le donne del 2011 sono più felici, sessualmente più appagate, libere ed espresse?.

In teoria la risposta sembrerebbe ovvia: naturalmente sì.
Non vi è alcun dubbio, infatti, che oggi la donna sia più libera di esprimere sè stessa come Persona di quanto non lo fosse nel 1971, nel 1921, nel 1871.
Eppure, leggendo romanzi, saggi, documenti storici di decadi precedenti alla nostra, riguardando film che un tempo fecero epoca (come "Donne in amore" di Ken Russell, film culto dei primissimi anni'70 tratto da un romanzo di David Herbert Lawrence che era un libro culto del 1921) ci si accorge che c'è qualcosa invece che non funziona.

Non è così facile come sembra.
Nè tantomeno come appare.

Tant'è vero che l'ultimo congresso internazionale di sessuologia (di solito riunioni di una noia mortale perchè sono sempre tutti d'accordo su tutto e le discussioni vertono su specifici capelli da spaccare, con risultati irrilevanti che non fanno notizia) ha prodotto un inusuale performance davvero inaspettata.
Neppure a dirlo, dato il campo d'analisi, a fare scandalo sono stati gli italiani e le italiane.
E parliamo qui di psicologi, psichiatri, sociologi, sessuologi, persone professionalmente competenti -quantomeno ufficialmente- nel campo della sessualità d'amore.

L'Italia sembra essere andata da un'altra parte, nel nome della ricerca di un proprio presupposto equilibrio psico/sociale, che la situa in una zona molto distante dal resto delle democrazie occidentali.
Il tema centrale e punto di discordia ruota tutto intorno al fatto che  l'Italiano (sia come nazione, come cultura, come popolo, che come individui) appare essere  l'unico soggetto etnico in occidente in cui la "Verità" non viene  contemplata o riconosciuta come valore. Nè assoluto nè aggiunto.
Non solo.
I sessuologi italiani sostengono che il cosiddetto -loro lo definiscono con questo orrendo termine- "tradimento fuggevole occasionale" alimenta la relazionalità del rapporto sessuale tra marito e moglie e finisce per diventare un "saggio riequilibratore di dinamiche inceppate e addirittura un humus sul quale innescare nuovi stimoli di eccitazione reciproca".
La fedeltà, la fiducia, l'attribuzione di un valore assoluto al concetto di Verità sono stati sminuiti dai congressisti italiani che li hanno ghettizzati nella dimensione di "una interpretazione religiosa cattolica dell'esistenza che non riguarda e non ha nulla a che vedere con un approccio laico".

Secondo me, questi sessuologi sono pazzi o sono stupidi.

Oppure, sono semplicemente realistici, il che aggiungre sconcerto e tristezza al necessario pragmatismo da applicare per sopravvivere in Italia accettando la situazione per quella che essa è.

Ma sopravvivere non vuol dire vivere..

E' una modalità inconscia di incorporazione del "berlusconismo psicologico" (qui il Premier, non c'entra nulla, lui come Persona) che comporta come onda d'urto l'impossibilità di poter dibattere su questioni che, a mio avviso, sono invece determinanti e causa di gravi fattori di malessere, confusione e infelicità.

Ritengo infatti che le dieci donne italiane del 2011, alla fine del loro tè pomeridiano con le colleghe del 1971 e del 1921, ritornerebbero a casa sconvolte nel rendersi conto di quanto fosse più divertente ed espressa la loro vita di allora rispetto a quella di oggi.

L'Italia, ufficialmente, è diventata una nazione (la definizione è di un sessuologo americano che l'ha così definita sul New York Times) "a metà, e quindi poco compatta, a rischio di grave squilibrio psicologico".

Tradotto in termini esemplificativi vuol dire che gli italiani sostengono (dati alla mano) che essere single è splendido e stimolante ma vogliono essere accoppiati; che la fedeltà è un elemento fondamentale e  necessario, ma a a condizione che la pratichi e la sostenga il partner e non va applicata a se stessi; che la verità non fa bene alla salute di una relazione; che le fantasie non vanno represse ma neppure espresse; che bisogna dirsi tutto e condividere tutto ma è meglio usare la rete e facebook per farlo con estranei; sostengono che la solita minestra dopo un po' annoia ma allo stesso tempo che il troppo stroppia....e così via dicendo.

Ne è venuta fuori una agghiacciabnte mappa geografico/emotiva della notra nazione.
E soprattutto -a mio avviso- un allarmante sintomo di uno stato confusionale e di infelicità collettiva (soprattutto delle donne).
Basterebbe ritornare a dibattere degli aspetti fondamentali nella relazionalità, di cui si parla poco.
Sarebbe necessario rifondare tre concetti spariti nelle modalità collettive del nostro popolo: la Verità, la Responsabilità, la Fiducia.
I sessuologi italiani sostengono che queste siano banalità puritane (così le hanno definite) scontrandosi con statunitensi, tedeschi, scandinavi -soprattutto con le colleghe di questi paesi- perchè l'ambiguità aggiunge pepe, perchè la contraddizione è umana e denota maturità, e perchè la domanda -nel mondo odierno- è talmente alta e variegata per cui non si può e non ci si deve fidare del partner.

Ho capito quindi che, secondo loro, io sono un puritano banale.

Ritengo infatti che i single dovrebbero essere contenti di essere single se l'hanno scelto;  quando si è accoppiati bisognerebbe assumersi la responsabilità di una condizione basilare dell'essere due e non più uno, altrimenti tanto vale stare da soli; che la fedeltà è un Valore profondo, autentico, che va rispettato da entrambi, perchè è insito e scontato nel contratto emotivo d'amore; e che la Verità condivisa sia il pane di una relazione sana e matura.
Secondo me la Verità, proprio perchè l'Italia è quel che è, deve diventare sexy.

Così cambierà la nostra vita, e così cambieremo il paese.
Così si fa la rivoluzione sessuale, oggi. In Italia. Non inventandosi diciotto identità diverse su facebook.

Invece di avvalorare le tesi di questi sessuologi (che io considero delirantemente rappresentativi del malessere italiano e davvero poco educativi) dovremmo affrontare la fondazione di nuovi valori, partendo dall'uso del linguaggio.

Basterebbe pensare che l'espressione (in assoluto, lo sostiene il 72% delle donne italiane  intervistate) scelta come sintesi di una identificazione erotica di un uomo è stata la dizione "adorabile bugiardo".
Le tedesche, le statunitensi (che però sono molto ma molto più felici e appagate delle donne italiane) considerano l'aggettivo adorabile incompatibile con il sostantivo bugiardo: o uno o l'altro.
In Italia, invece viaggiamo a metà come al solito.
Con buona pace di sessuologi incompetenti, esperti improbabili (sia maschi che femmine) e la conseuta sfilza di opinionisti che ogni sera affollano i templi mediatici televisivi per dirci nulla che ci serva a evolvere.

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