di Sergio Di Cori Modigliani
L'intelligenza collettiva degli italiani è in aumento: il crollo degli indici di ascolto della seconda serata di Sanremo ne è un chiaro e visibile termometro.
Un bel colpo la prima serata ma, in verità, il trionfatore è stato Beppe Grillo, nella sua versione mediatica da convitato di pietra. Tutta l'Italia era incollata al televisore soltanto per un motivo: attendere il momento (preannunciato con grancassa) in cui Grillo si sarebbe alzato in piedi, con un salto sarebbe piombato sul palcoscenico urlando magari il "tutti a casa". E invece, dopo essersi seduto tra il pubblico, dopo poco, annoiato da morire e forse anche infastidito, si è alzato alla chetichella e probabilmente se n'è andato in pizzeria con i suoi amici intimi. Ma la gente non lo sapeva e seguitava ad aspettare.
La seconda serata, non essendoci questo jolly, l'indice è crollato impietosamente.
Così, per fortuna di noi tutti, ne possiamo parlare senza dover essere coinvolti in astiose polemiche, apparentemente politiche, che dissanguano la pazienza e provocano crisi di nervi.
Poiché si tratta di una kermesse popolare televisiva che ha contribuito a formare l'immaginario collettivo della nazione, penso che possa essere utile argomentarne in forma critica per comprendere il programma politico del nuovo governo.
Se andate a controllare negli archivi storici e guardate una puntata del 1959, del 1969, del 1979, si possono estrarre dei codici significativi per leggere la realtà di allora e capire che cosa stava accadendo in Italia e che tipo di establishment gestiva la baracca.
Un tempo, questa manifestazione era ciò che sosteneva di essere: un festival della canzone italiana. Diversi cantanti concorrevano e il giorno dopo la fine della kermesse, nelle officine meccaniche, a scuola, in ufficio, alla fermata dell'autobus, c'era qualcuno che fischiettava o cantarellava "quel motivetto lì", una frase musicale che apparteneva alla canzone che più di ogni altra in assoluto aveva colpito l'immaginario della nazione; e non sempre era quella che aveva vinto. Comunque fosse, era un prodotto tutto italiano, basato sullo stereotipo (vero) che noi italiani siamo un paese di cantanti e abbiamo bisogno di canzoni nelle quali identificarci. E' un dato sociologico autentico, motivo per cui Berlusconi ha lanciato il suo motivetto "meno male che Silvio c'è" costruendosi il suo personale refrain populista.
Si parlava di canzoni, di cantanti, di zuffe tra cantanti, di amori tra cantanti, di odi e litigi tra cantanti, di liti tra tifoserie diverse di fan che sostenevano l'uno al posto di un altro.
L'inossidabile regina era "la canzone italiana".
Poi, negli anni, Sanremo è diventata un'altra cosa, codificando l'affermazione del berlusconismo come idea centrale del mondo: la sostituzione dell'evento-sostanza con l'evento-apparenza fuorviante, e le canzoni (e anche i cantanti) sono state mandate in pensione. Il pubblico, ben educato ed eccitato dai media, viveva l'attesa non più relativa alle canzoni, alle melodie, alla qualità della voce, alla profondità delle strofe, bensì alla polemica, alla trasgressione, alla sorpresa che si sarebbe verificata nel corso del festival.
E così, poco a poco, i cantanti si sono trasformati in personaggi di secondo piano di cui a nessuno importa nulla, perché ciò che conta non è più il ritmo di una canzone, bensì "l'evento che si inventano". Che sia la farfallina di Belen, l'impromptu di Roberto Benigni, l'uscita satirica di Maurizio Crozza contestata dai berlusconiani, o la protesta di operai (più o meno veri) in rivolta, è uguale: ciò che conta è che i cantanti non sono più i protagonisti perché questo Paese è diventato un Paese di ipocriti che hanno scelto (consapevolmente e scientemente) di rinunciare all'autenticità di un qualunque evento -dove sostanza e apparenza coincidono in un forte magma- per sostituirlo con una idea pubblicitaria il cui fine è vendere ciò che non esiste, come le cifre del Ministero del Tesoro che sostengono l'idea che la crisi è finita e l'Italia si è ripresa.
Quindi, si officia un rito che in partenza è già falsificato (come le consultazioni di governo) perché si finge di parlare di canzoni mentre, invece, ci si occupa di altro.
L'ospite di turno non è più il contorno più o meno speziato del piatto forte (il/la cantante migliore) ma diventa il protagonista; la canzone prediletta -o il suo autore- diventano il contorno inconsapevole, quasi inutile, dello show offerto da qualcuno che magari non ha mai cantato nella sua vita e non ha la minima idea di che cosa sia comporre una canzone.
In questo senso, il Festival di Sanremo seguita a essere la rappresentazione dell'Italia per ciò che essa è in quello specifico momento.
E oggi è il teatro del falso, dell'apparenza buonista, del politicamente corretto.
Ma i tempi cambiano.
Non l'Italia della classe dirigente e del festival di Sanremo.
Questo falso perdurante si è incattivito negli ultimi venti mesi, in seguito alla crisi.
E' diventato feroce. Doppiamente feroce. Come l'Italia nella quale viviamo.
Feroce, una volta, perché c'è la cattiveria nel sostenere un falso sapendolo.
Feroce, una seconda volta, perché lo si fa come esecuzione di un ordine politico proveniente dal pensiero unico e si accetta di farsi pagare per produrre falsi popolari.
Nell'edizione di ieri sera gli organizzatori, probabilmente disperati per essersi accorti che le melensaggini consuete non fanno più presa (essendo l'Italia, da un anno a questa parte, maturata, migliorata, e molto ma molto più addolorata) hanno optato per la sezione "politicamente corretto".
Era stato anche annunciato.
La cupola mediatica, oggi, ha celebrato con enfasi quello che io considero un rito macabro che mi ha offeso come essere umano e come soggetto politico attivo italiano.
Per non parlare del fatto che nessuno ha neppure commentato una canzone che sia una, perché -per l'appunto- si sono dilungati (con applausi a gogò) sull'evento "politico".
Parliamo, quindi, di politica. Perché di questo si tratta.
La conduttrice dello spettacolo, Luciana Littizzetto pare abbia dichiarato: "Essere disabili è bello".
Nella sua mente questo assunto evidentemente appartiene al mondo dell'accoglienza.
Non sono d'accordo. Per me è falso.
E' l'assassinio del Senso, la cancellazione della Logica, sintetizzato nel concetto di "la diversità è normale".
Proprio come nel libro "1984" di George Orwell in cui il potere strilla "la guerra è pace".
Accogliere la diversità e far credere che l'accoglienza consista nel trasformarla in normalità, lo ritengo una pericolosissima falsificazione della realtà. La vera libertà consiste nel riconoscere, identificare, accettare (e sapere come gestirla) la diversità proprio in quanto diversa, altrimenti diventa una doppia violenza. Lo è una volta nei confronti dei normali che perdono il senso della misura e le loro idee si annebbiano in una pappa (questo è il pensiero unico). Lo è una seconda volta perché toglie al "diverso" il suo valore aggiunto dell'unicità autentica esistenziale, ciò che gli dà identità umana.
Il successo di Bocelli , così come quello di Ray Charles, Ottis Redding o Josè Feliciano -al di là del loro talento- deriva proprio dal fatto che sono i simboli di una meravigliosa epopea umana che segna e segnala il senso dell' affermazione della diversità in un mondo di normali.
Essere disabili è una tragedia, invece, non è per niente bello. E una cittadinanza e una nazione civile lo deve sapere e si deve occupare e preoccupare di offrire strumenti adeguati per rendere la loro vita meno faticosa, meno dispendiosa, meno sofferente. Sono tragedie dovute al destino biologico, malandrino quanto casuale e vanno trattate con la delicatezza emotiva e il rispetto che ogni diverso -qualunque sia la dimensione di appartenenza- ha il diritto di esigere dalla collettività: "accettatemi e accoglietemi nella mia diversità ma non offendetemi fingendo che io sia normale, perché io non lo sono e voi dovete tenerne conto".
Ed è mostruoso inzuppare nella brodaglia buonista e nella retorica da politically correct, il biscottino dell'effetto retorico e demagogico per sedurre i normali che in questo modo si sentono assolti e portati alla non assunzione di responsabilità.
Penso alle affermazioni di Saccomanni che sostiene la fine della crisi, la fine della recessione, la ripresa del paese e ci induce a credere che siamo diventati di nuovo un "Paese normale" mentre invece non lo siamo e abbiamo il diritto e il dovere civico di urlare a voce spiegata la nostra voglia di essere considerati nella nostra anormalità, nella nostra diversità, nel nostro disagio di disabili europei, perché i soldi per pagarsi le medicine non ci sono più, non ci sono i soldi per mandare i bimbi all'asilo e per pagare gli studi universitari ai figli e per rispettare il mutuo e quindi abbiamo un handicap, siamo anormali, quindi, diversi. E non è bello.
Vi offro una mia fantasia immaginifica.
Pensiamo a una conferenza stampa di Matteo Renzi tra un mese, nel corso della quale ci dirà qualcosa in linea con quello che è l'evento Sanremo:
"E' con enorme entusiasmo e ottimismo che sto affrontando con la mia squadra questo difficile guado del Paese, ma sono convinto che stiamo sulla strada giusta e ce la faremo, perché è una nuova Italia che sta già emergendo e si sta affermando. E' l'Italia della bellezza e dell'eccellenza, che pesca nelle nostre più profonde e artistiche tradizioni sentimentali. E' quella Italia che mi consente oggi, con orgoglio, di poter affermare: essere disoccupati è bello! E' bello per davvero. Pensate al padre che al pomeriggio va a prendere i suoi due figli all'asilo, perché non ha niente da fare e quindi ha tempo da spendere: ha ritrovato una ricchezza. Sta ricostituendo il senso ritrovato della paternità di cui abbiamo tanto bisogno. Prende i suoi figli e li porta ai giardinetti e quando sua figlia gli dice "papi poi mi compri la Barbie che mi avevi promesso?" questo nuovo italiano è contento nel dire alla figlia "no, tesoro, noi non abbiamo una lira e quindi non te la compro"; e al figlio che gli chiede "poi però mi compri le scarpe da tennis come quelle dei miei compagni?" gli dice: "no, piccolo mio, non ho il becco di un quattrino". A tutti i disfattisti, a tutti quelli che protestano e pretendono, che disfano perché non vogliono fare, io dico loro: ritroviamoci nell'abbraccio con una normalità che ci rende finalmente tutti uguali, tutti alla pari, occupati e disoccupati, chi abita in lussuose magioni e chi vive in mezzo alla strada: siamo tutti finalmente uguali! Stiamo rifondando insieme il grande sogno della democrazia normale, abbattendo le diseguaglianze. Grazie per l'attenzione!".
Più mi confronto con gli "altri" più mi sento di vivere tra alieni.
RispondiEliminaMa i giovani dove sono? I ventenni, i venticinquenni che ne pensano? Hanno idea del posto in cui vivono e di cosa li aspetti se continuiamo così?
Le sinapsi accolgono una distonia celebrare incontrovertibile.
Sono stanco, offeso e impaurito.
Speriamo mi passi.
Ciao Sergio e grazie sempre per i tuoi splendidi pezzi. Sei il mio appuntamento quotidiano. Buona vita.
salve, pensa a quello che succede nei piccoli paesi.
EliminaGrande Sergio.. oltre che grazie per l'attenzione aggiungerei: "Buon lavoro!"
RispondiEliminaE' dagli anni '80 che non guardo più San Remo, nel mio immaginario le più belle edizioni sono state quelle che ascoltavo alla radio negli anni '50, quando contavano solo le canzoni e non l'apparenza dei cantanti. Ma erano altri tempi, da tutti i punti di vista. Oggi sono attratta di più dalla buona musica, anche leggera, ci sono ancora belle canzoni, ma sono incuriosita di più da ciò che i musicisti riescono a trarre dai loro strumenti, tra i quali includo anche la voce. A tutte le considerazioni che lei ha fatto su questa edizione del festival, considerazioni che appoggio al 100°/° io aggiungerei il giudizio, anche piccolo forse, del comportamento che tiene Fazio durante il suo programma settimanale, quel comportamento da sapientino che ha studiato bene la lezione a memoria, ma non l'ha fatta abbastanza sua da riuscire a trasmetterla agli altri. Come molti di noi, anch'egli ha avuto la sua fase ascendente ed ora non riesce a gestire bene il risultato ottenuto, anche per non aver mantenuto il distacco necessario dagli eventi politici e non aver capito il bisogno di cambiamento di buona parte degli italiani.
RispondiEliminaGrazie per tutti i suoi eccellenti post.
Gabriella
Ehehehheeh Sergio, purtroppo la Litizzetto pur avendo delle potenzialità è diventata un'icona della nazionalpopolarità di un popolo ai minimi storici, sono sicuro che nella sua testa pensi di essere buona e brava, in realtà è come tutti, per denaro dice e pubblicizza qualsiasi cosa.
RispondiEliminaPer giunta, l'età media di chi guarda "Canzonissima" penso sia talmente alta che giustifichi il nonsense.
Ho più di 40 anni e, pur amando la musica, non ho mai visto una edizione del festival, fin da subito non sono riuscito a digerire i vari pippi baudi che pomposamente annunciavano le ospitate a 8 zeri (con la lira) e la musica di regime, gustosa e promettente come uno yogurt in scadenza che al 95% era cucita su misura per l'evento .Spero proprio tu abbia ragione, tra una decina di giorni riparte il grande fratello, vedremo se la lobotomia sociale è cronica.
In Spagna dicono una cosa tipo: "Es mas listo que el hambre", ossia "è più sveglio che la fame". La fame pungola l'ingegno, in tanti, a milioni ormai non possono più permettersi di non pensare sul divano guardando la partita per poi il lunedì ripetere le solite frasi da tifosi con colleghi ed amici.
I cervelli imbambolati stanno facendo di tutto per non pensare, l'infelicità dilagante a mio avviso non è dovuta alla consapevolezza di ciò che accade ma alla mancanza di distrazioni vere per continuare a non pensare in pace. Pensare comporta dover prendere delle decisioni e quindi di conseguenza responsabilità.
Non siamo un paese civile, è quasi fastidioso rivendicare l'Italia come paese civile, spesso lo sento dai media, detto da politici o dalle vittime di entrambi.
In Italia le ambizioni hanno superato il talento, per il solo fatto che non è mai stato un paese civile.
In un paese civile non si potrebbe mai pensare che ciò che è dello Stato non è di nessuno e quindi si può saccheggiare, non si penserebbe neanche alla lontana di vendere il proprio voto, sotterrare rifiuti tossici, pescare a strascico, non si agirebbe con la pancia ma si userebbe la testa prendendosi delle responsabilità. Essendo un paese di vigliacchi/irresponsabili/ignoranti/arricchiti, e di vorrei ma non posso, ossia il non plus ultra dell'inciviltà, ci resta il fatto di non essere cattivi, amici di tutti e di nessuno ma in primis del proprio portafogli.
Quando Monti diceva che le crisi fanno bene, ci prendeva per i fondelli, ma se vogliamo vederci qualcosa di positivo, a parte spazzar via la classe dirigente che è da voltastomaco, rimette in moto i cervelli che da sempre vivono di slalom tra le responsabilità.
Non avevo intenzione di insultare le tante brave persone che ci sono in questo paese, ma ritenendo che i parassiti/ruffiani/infami siano la maggior parte della popolazione, mi sono permesso di etichettare la totalità come fosse un corpo unico. In realtà ci sono persone meravigliose che hanno una rappresentanza a 5 stelle.
Ormai è macroscopico, Renzi alimenta le speranze degli italiani "questa è la volta buona, speriamo di farcela, la vera sfida è uscire dal tunnel ecc.", offre delle emozioni monodose fini a se stesse per aiutarci a rmandare la presa di decisioni e responsabilità, Grillo, parla sempre e solo di realtà, di come iniziare a fare qualcosa per cominciare a cambiare la triste fastidiosa e scomoda realtà.
In questa Italia Orwelliana non manca di certo il senso dell'ironia, tocca pure sentire un Gasparri che battezza Kafkiana la situazione....
Buon weekend a todos e buttate la tv
Ottimo ;-)
Eliminastefano
Sanremo quest'anno, come tutto quanto prodotto in questi ultimi mesi, sia in tv che sui giornali, sta lentamente cercando di riportare la mente dell'italiano medio a pensare che in fondo quando tutto era "diretto" dalla DC si stava meglio, nonostante austerity, anni di piombo creati a tavolino etc... senza contare che ormai anche il più rimbambito degli intelligenti medi ha compreso che lo stare meglio era dovuto soprattutto all'informazione drogata e negata, cosa che oggi con Internet verrebbe quotidianamente smascherato, se già da un po' l'intellighenzia dei poteri forti non avesse optato per la sovrainformazione e la disinformazione come rimedio. Quindi il pensiero unico, che si tratti di Sanremo o della nuova versione (decisamente patetica) di Carosello, o della scelta dei conduttori dei telegiornali, é riportare "la massa" nel recinto dove con quei metodi è stata tenuta per sessant'anni. Litizzetto, discorsi demagogici che partono da assunti completamente distorti, corollari di pensiero deviati, e tutto quanto questa ex Res Pubblica ormai Privatissima (in entrambe le accezioni) ci sta riservando, sono solo parte di questo piano di "riprogrammazione" dei cervelli, che cerca di annullare gli ultimi vent'anni, sparaflashandoli (cit. Film "Man in Black") con primitivi "neuralizzatori". Intanto l'uovo, custodito sin'ora gelosamente dal PD, dell' ormai creduta estinta DC, si è schiuso e il Sauro uscitone, dopo essersi ingollato i microscopici resti di quanto di "sinistra" era contenuto nell'uovo, riparte alla conquista del Paese.
RispondiEliminaGrazie Sergio.Il crollo dell'evento sanremo è un segnale veramente incoraggiante.E,mi incanta,mi prende,la tua straordinaria capacità di lettura degli eventi,per trarne lezioni per la Vita.E mi sprona a non lasciare incompiuto un impegno che dobbiamo,non solo a noi stessi,ma alle generazioni che prenderanno il nostro posto.
RispondiEliminaPenso proprio che abbia ragione. Tanto all'inizio, quando mette in relazione il calo d'ascolti con l'accresciuta consapevolezza degli italiani, quanto alla fine, quando arrischia una "profezia" su ciò che dirà Renzi. Sono curiosa di vedere, tra un mese, se Renzi dirà quelle cose. Secondo me, sì. Penso anche che abbia ragione l'autore del commento delle h. 15.21, che prevede una chiusura del discorsetto di Renzi con "Buon lavoro!".
RispondiEliminaQuest'anno di Sanremo mi sono persa tutto, persino qualche canzone imbucata per caso tra le onde della radio. Sarà forse perché pure le canzoni sono diventate troppo... liquide, fatue e inconsistenti al punto da non potersi nemmeno più permettere l'etere come supporto.
RispondiEliminaPerò questa mia virtù di omissione non mi dà sollievo bastante per non vergognarmi di aver ancora bisogno di ascoltare le note della deca-dance di Letta e letti -- con tutto il rispetto per l'adorabile canzone di Fossati -- seguite da quelle della ball-dance del Renzie d.o.c., vendemmia del 2018. Da san Remo a san Vito il passo è breve, a quanto pare.
marilù l.
Post condivisibilissimo..... da decenni non guardo più Sanremo,tanto meno ora con questi conduttori. Il finto buonista,che recita la sua parte (dietro lauto compenso ) non accorgendosi che il "suo" utopistico mondo varia ogni giorno e la sgraziata,goffa,volgarità della sua spalla: non si poteva sceglier di peggio. Ma,tutto sommato,non sono forse lo specchio dell'Italia attuale ? Ma questi due dove vivono ? O, forti dei loro conti in banca,pensano che gli Italiani siano così beoti da sorbirasi tutte le loro demenziali scenette e magari anche crederci ?
RispondiEliminaComplimenti per la tua lucida capacità di analizzare le cose. Grazie.
RispondiEliminaMarcello