E' iniziata la battaglia contro l'Europa dell'euro, non vi è alcun dubbio.
Ho voluto sintetizzare così, nella maniera più sintetica possibile, e immediatamente percepibile da chiunque, l'esito dei colloqui tra Monsieur Hollande e Mister Obama a Washington, non a caso accompagnati da uno stuolo di economisti di entrambe le sponde.
A questo bisogna aggiungere un importante gruppo di economisti e finanzieri inglesi, i quali, molto preoccupati, hanno previsto un furioso attacco contro l'euro e contro le economie dei paesi dell'eurozona entro pochissimi mesi se non si interviene subito e hanno pubblicato negli ultimi due giorni diversi articoli sull'argomento.
Intendiamoci, niente di ufficiale e clamoroso, è chiaro, nè da Washignotn nè da Parigi.
Ma la diplomazia si è già messa al lavoro e le voci cominciano a diffondersi.
Non è certo un caso che il primo media occidentale ad andare all'attacco dell'euro -in maniera frontale e dirompente- sia stato un attendibile quotidiano francese, "La Tribune" che ieri pubblicava un forte articolo firmato da eminenti economisti di quel paese che chiedono "ufficialmente" l'uscita della Francia dall'euro.
E tra i galli è iniziato subito il dibattito di fuoco.
Neanche a dirlo, da noi neppure un commento, una nota, una citazione.
Con l'unica eccezione di un sito on line "Voci dall'estero" che riporta per intero l'importantissimo articolo che qui propongo ai miei lettori.
Lo trovate sul sito originale http://vocidallestero.blogspot.it/ oppure lo potete leggere qui di seguito.
L'articolo in questione è stato postato sull'attendibile sito web da Henry Tougha.
Eccolo:
Pensate a salvare l'Europa, più che l'euro!
Sull'importante giornale francese La Tribune, un gruppo di economisti di diversi paesi europei, tutti firmatari delManifesto Europeo di Solidarietà, lanciano un appello ai politici francesi e tedeschi perché mettano fine alla crisi dell'eurozona nel migliore dei modi.
Sono tutte cose che sappiamo, ma possono essere una buona sintesi per i nuovi arrivati, e poi un punto fondamentale viene messo bene in chiaro: l'euro non è in crisi, ma è la crisi stessa, e in questo momento rappresenta il peggiore nemico della coesione e della pace in Europa.
La permanenza dentro l'euro di Francia e Germania è insostenibile e potrà solo essere la fonte di nuove crisi. La soluzione è un'uscita, che è fonte di incertezze, ma gestibile. Appello ai leader francesi e tedeschi di Jean-Jacques Rosa, Jean-Pierre Vespérini, e un gruppo di economisti europei*
L'economia francese sta soffrendo gli stessi problemi dei paesi del sud d'Europa (Italia, Spagna, Portogallo e Grecia): crescita debole o nulla, aumento della disoccupazione, debito pubblico in continuo aumento. L'esperienza dei paesi del sud d'Europa dimostra che la politica di austerità in cui la Francia si è impegnata, lungi dall'essere la soluzione di questi problemi, li aggrava.
La Francia, malato d'Europa
Come sottolineato dal capo economista dell'organizzazione di studi internazionali Markit, “il profilo della Francia assomiglia sempre di più a quello del malato d'Europa”. A dicembre 2013 l'attività economica ha registrato il suo settimo mese consecutivo di declino. L'aumento delle imposte di 32 miliardi di euro, realizzato dal governo francese nel 2012 e nel 2013, ha ridotto il deficit pubblico di soli 8 miliardi di euro. Ma allo stesso tempo questo aumento ha ostacolato la ripresa, di modo che non c'è stata alcuna crescita nel 2013, e di conseguenza la disoccupazione, che già nel primo trimestre del 2012, poco prima dell'elezione di François Hollande alla presidenza della Repubblica, coinvolgeva il 9,5% della forza lavoro, nel terzo trimestre del 2013 ha raggiunto il 10,5%. Per giunta, non si è riusciti ad impedire che il debito pubblico aumentasse dall'89% del PIL del primo trimestre 2012 al 93,4% del terzo trimestre 2013.
Le politiche di austerità hanno portato il paese all'impasse
Il perseguimento di queste politiche ha penalizzato la Francia, ma penalizza allo stesso modo gli altri paesi europei, riducendone i margini di manovra. Per questo motivo, nel proprio interesse, ma anche nell'interesse degli altri paesi europei, la Francia dovrebbe abbandonare tali politiche.
I mali che affliggono la Francia e i paesi del sud dell'Europa sono gli stessi perché la loro causa è la stessa: derivano dal fatto che, dopo poco meno di quindici anni di esistenza, l'euro ha portato ad un sistema di tassi di cambio totalmente inadeguato alla situazione economica dei paesi europei.
Tassi di cambio interni verso la Germania: virtuali, sì, ma sopravvalutati
In effetti i tassi di cambio della Francia e dei paesi del sud verso la Germania, che sebbene siano virtuali, tuttavia esistono eccome, sono assolutamente sopravvalutati nella misura in cui in questi paesi i salari sono aumentati più rapidamente, e la produttività del lavoro meno rapidamente, che in Germania, mentre invece, nel contesto dell'euro, i tassi di cambio tra questi paesi e la Germania sono rimasti per definizione immutabili fin dalla creazione della moneta unica. Da qui hanno origine i deficit di questi paesi nei confronti della Germania.
Verso l'estero: un tasso di cambio dell'euro troppo debole per la Germania, troppo forte per la Francia
D'altra parte, i tassi di cambio della Francia e dei paesi del sud sono sopravvalutati anche verso le valute estere extra-EZ (dollaro, yen) e viceversa quelli della Germania sono sottovalutati. La spiegazione di questi squilibri è che il tasso di cambio dell'euro è fissato in funzione del saldo estero complessivo di tutta la zona euro. Ma questo saldo estero comprende l'importante eccedenza della Germania e i deficit o i piccoli surplus degli altri paesi dell'eurozona rispetto ai paesi extra-EZ.
È questo il motivo per cui il tasso di cambio dell'euro è troppo debole per la Germania e troppo forte per la Francia e per i paesi del sud. Le economie della Francia e dei paesi del sud sono bloccate nel seguente dilemma: o andare avanti col loro ritmo di crescita potenziale e di conseguenza andare incontro a squilibri esterni a causa della sopravvalutazione del loro tasso di cambio, oppure essere costretti a sopportare le politiche di austerità per ridurre artificialmente le loro importazioni allo scopo di eliminare i loro squilibri esterni.
La stessa prosperità della Germania è minacciata
A confronto con la Francia e con i paesi del sud, la situazione economica tedesca appare alquanto soddisfacente. Eppure la prosperità della Germania è essa stessa minacciata, per diverse ragioni, nel sistema dell'euro.
In primo luogo, la Germania non ha alcun interesse a vedere il resto dell'eurozona sprofondare nella depressione economica. Nel 2007 le esportazioni tedesche verso gli altri paesi dell'eurozona ammontavano a 432 miliardi di euro, mentre cinque anni più tardi erano calate del 9% e ammontavano a non più di 393 miliardi di euro.
In Francia si aggrava il rischio-deflazione
In secondo luogo, l'adozione dell'euro è stata la causa di una divergenza crescente nel ciclo economico della Germania da un lato, e della Francia e dei paesi del sud dall'altro. Questa divergenza dovrebbe giustificare delle politiche monetarie opposte da una parte e dall'altra, mentre la partecipazione alla moneta unica obbliga tutti i paesi a perseguire la stessa politica, aggravando così la divergenza tra le congiunture dei diversi paesi. In altre parole, la politica monetaria comune aggrava la tendenza alla deflazione in Francia e nei paesi del sud, mentre accresce le tensioni inflazionistiche in Germania. Tutto ciò non può che accentuare la discordia tra la Germania e gli altri paesi.
Le richieste alla Germania vanno contro le preferenze della sua popolazione
In terzo luogo, il contrasto tra la crescita tedesca e la stagnazione francese e meridionale spinge la Francia e gli altri paesi a richiedere un cambiamento delle politiche tedesche per ridurre le disparità di performance. Ma le misure richieste alla Germania (aumenti dei salari, sostegno ai consumi e riduzione del risparmio) vanno contro le preferenze e le priorità della popolazione tedesca.
Nuove crisi sono inevitabili
In quarto luogo, l'euro non può fare altro che condurre a nuove crisi future a causa della rigidità del cambio che instaura all'interno dell'eurozona. Le crisi non possono essere risolte che in due modi: o mediante politiche di trasferimenti fiscali, per le quali la Germania dovrebbe rinunciare ai suoi principi sulla gestione di bilancio e concedere, in ultima istanza, un default parziale sui debiti degli altri paesi; o in alternativa mediante un intervento massiccio della BCE, che dovrebbe lanciarsi in una politica di "quantitative easing" e mettere in circolazione un eccesso di liquidità nella zona euro, il che sarebbe nuovamente in contraddizione con le preferenze della Germania.
La moneta unica: un ostacolo alla coesione dell'Europa
In breve, l'euro è stato per troppo tempo una moneta troppo forte per la Francia e i paesi del sud, e troppo debole per la Germania. I tassi d'interesse della BCE rimangono troppo forti per la Francia e i paesi del sud e troppo deboli per la Germania. Ciò significa che la moneta unica è stata un errore, e che costituisce un ostacolo che si oppone all'unione e alla coesione dell'Europa. Crea discordia anziché integrazione all'interno del continente, e indebolisce l'economia complessiva dell'Europa, anziché rinforzarla. Le politiche che erano mirate a sostenere l'eurozona hanno portato a creare livelli d'indebitamento insostenibili, così come alla pericolosa prospettiva di una futura eccessiva creazione di liquidità.
La Germania e la Francia dovrebbero annunciare la loro uscita contemporaneamente
Questo dilemma non può essere risolto che con una segmentazione controllata dell'eurozona. Ma ciò deve essere fatto con uno spirito positivo volto a rilanciare l'ideale europeo, e non come un ritorno disperato ai chiusi nazionalismi del passato. L'iniziativa deve venire dai paesi che costituiscono il cuore economico e politico dell'Unione e che sono, per i loro rispettivi ruoli, maggiormente in grado di rinnovare l'ideale europeo in una prospettiva creativa. Si tratta della Germania, che ha l'economia più forte del continente, e della Francia, paese all'origine politica dell'unificazione europea. La strategia che riteniamo abbia le maggiori probabilità di preservare i risultati più positivi dell'integrazione europea consisterebbe in un accordo in base al quale i due paesi annuncerebbero contemporaneamente la loro uscita dall'euro e il ritorno alle rispettive monete nazionali.
La conseguenza immediata sarebbe indubbiamente una rivalutazione della moneta tedesca rispetto all'euro e un deprezzamento della moneta francese a confronto con la moneta tedesca. Gli altri paesi membri dell'eurozona dovranno, da parte loro, decidere se continuare inizialmente ad utilizzare come moneta comune l'euro nella sua forma ridotta, oppure seguire la Germania e la Francia nel ritorno alle loro vecchie monete nazionali. Potrebbero anche eventualmente considerare di adottare una politica di cambio fisso rispetto alla moneta francese o a quella tedesca. In ogni caso, si tratterebbe di muoversi verso un miglioramento della competitività di prezzo delle loro economie.
Un periodo, gestibile, d'incertezza monetaria
Allo stesso tempo Francia e Germania dovranno mettere in atto dei provvedimenti transitori per garantire la stabilità dei loro sistemi bancari e dovranno iniziare dei negoziati con la BCE e gli altri governi dell'eurozona per la gestione dei debiti denominati in euro, anche nel caso di uscita dall'euro da parte di tutti gli attuali Stati membri.
Un periodo d'incertezza monetaria appare inevitabile. Ma sarà gestibile e senza grossi pericoli, in confronto all'impasse economica e politica nella quale l'eurozona si trova adesso così profondamente impantanata.
*
João Ferreira do Amaral - Professore emerito di Economia e di Politica Economica all'Università di Lisbona. Ex-consigliere del Presidente della Repubblica del Portogallo.
Brigitte Granville - Prof.ssa alla Queen Mary University di Londra, dove è direttore del Centre for Globalization Research.
Hans-Olaf Henkel - Ex-Presidente della Federazione dell'Industria Tedesca (l'equivalente della nostra Confindustria, ndt). Prof. all'Università di Mannheim.
Peter Oppenheimer - "Emeritus Student" (membro ritirato) alla Christ Church, Università di Oxford, Regno Unito.
Jean Jacques Rosa - Professore emerito di Economia e Finanza al Sciences Po di Parigi. Ex-membro del Consiglio di Analisi Economica del primo ministro.
João Ferreira do Amaral - Professore emerito di Economia e di Politica Economica all'Università di Lisbona. Ex-consigliere del Presidente della Repubblica del Portogallo.
Brigitte Granville - Prof.ssa alla Queen Mary University di Londra, dove è direttore del Centre for Globalization Research.
Hans-Olaf Henkel - Ex-Presidente della Federazione dell'Industria Tedesca (l'equivalente della nostra Confindustria, ndt). Prof. all'Università di Mannheim.
Peter Oppenheimer - "Emeritus Student" (membro ritirato) alla Christ Church, Università di Oxford, Regno Unito.
Jean Jacques Rosa - Professore emerito di Economia e Finanza al Sciences Po di Parigi. Ex-membro del Consiglio di Analisi Economica del primo ministro.
Antoni Soy - Professore all'Università di Barcellona, Spagna. Ex-Ministro dell'Industria e dell'Impresa del governo della Catalogna.
Jean-Pierre Vesperini - Professore aggregato alla Facoltà di Diritto e di Scienze Economiche. Ex-membro del Consiglio di Analisi Economica del primo ministro.
Gli autori sono tutti firmatari del Manifesto Europeo di Solidarietà - http://www.european-solidarity.eu/ - una soluzione possibile e alternativa alla crisi dell'eurozona.
Qui di seguito, nella sua originale versione redatta in lingua inglese, vi ripropongo il manifesto di solidarietà europea lanciato a Bruxelles il 24 Gennaio 2013 -con pochissima e quasi nulla eco da noi, visto che eravamo tutti presi dalla campagna elettorale e dalle promesse di Berlusconi e Bersani- firmato da diversi economisti e intellettuali europei, compreso il nostro Prof. Bagnai.
Chi vuole controllare tutti i nomi dei firmatari, può andare sul sito: http://www.european-solidarity.eu/
Brussels, 24th January 2013
Controlled Segmentation of the Eurozone in order to
Preserve the Most Valuable Achievements of European Integration
The Eurozone crisis undermines the existence of the European Union and the Common Market
The creation of the European Union and the Common European Market rank among the greatest political and economic achievements of post-war Europe. The remarkable success of European integration was a result of a model of cooperation, which served all the member states while threatening none of them.
The Euro was believed to be another important step on the road to greater prosperity in Europe. Instead, the Eurozone, in its current form, is now a serious threat to the project of European integration.
The southern countries in the Eurozone are trapped in recession and cannot restore their competitiveness by devaluating their currencies. On the other hand, the northern countries in the Eurozone are being asked to compromise their values of prudent financial policies and act as ‘deep pockets’ expected to finance the South through endless bailouts. This situation risks the outbreak of serious social unrest in southern Europe and deeply undermines public support for European integration in northern European countries. The Euro, instead of strengthening Europe, produces divisions and tensions that undermine the very foundations of the European Union and the Common Market.
A Strategy under the auspices of European Solidarity
Our view is that the strategy that offers the best chance of saving the European Union, the most valuable achievement of European integration, is a controlled segmentation of the Eurozone via a jointly agreed exit of the most competitive countries. The euro may then remain – for some time – the common currency of less competitive countries. It would ultimately mean a return to the national currencies or to different currencies serving groups of homogeneous countries. This solution would be an expression of European solidarity. A weaker euro would improve the competitiveness of southern European countries and help them escape recession and return to economic growth. It would also reduce the risk of banking panic and the collapse of the banking systems in the countries in southern Europe, which would occur if they were forced to leave the Eurozone or decided to do so due to internal public pressure prior to an exit from the Eurozone of the most competitive countries.
European Solidarity would be additionally supported by agreeing on a new European currency coordination system aimed at preventing currency wars as well as excessive currency fluctuations between European countries.
Obviously, at least in some of the southern countries, debt reduction (haircut) would be necessary. The scale of these reductions and the costs to creditors would be smaller, though, than in a situation where these countries stayed in the current Eurozone and their economies suffered below-potential growth and high unemployment. In this way, the exit from the Eurozone does not mean that the most competitive economies will not bear the cost of diminishing the debt burden of the countries in crisis. This will happen, however, in circumstances in which such assistance would help them to return to economic growth, as opposed to the current bailouts, which lead us nowhere.
Why this strategy is so important?
Needless to say, it is in our common best interest that the European Union returns to economic growth—the best guarantee of European stability and prosperity. The strategy of a controlled segmentation of the Eurozone would facilitate this outcome in the quickest way.
The creation of the European Union and the Common European Market rank among the greatest political and economic achievements of post-war Europe. The remarkable success of European integration was a result of a model of cooperation, which served all the member states while threatening none of them.
The Euro was believed to be another important step on the road to greater prosperity in Europe. Instead, the Eurozone, in its current form, is now a serious threat to the project of European integration.
The southern countries in the Eurozone are trapped in recession and cannot restore their competitiveness by devaluating their currencies. On the other hand, the northern countries in the Eurozone are being asked to compromise their values of prudent financial policies and act as ‘deep pockets’ expected to finance the South through endless bailouts. This situation risks the outbreak of serious social unrest in southern Europe and deeply undermines public support for European integration in northern European countries. The Euro, instead of strengthening Europe, produces divisions and tensions that undermine the very foundations of the European Union and the Common Market.
A Strategy under the auspices of European Solidarity
Our view is that the strategy that offers the best chance of saving the European Union, the most valuable achievement of European integration, is a controlled segmentation of the Eurozone via a jointly agreed exit of the most competitive countries. The euro may then remain – for some time – the common currency of less competitive countries. It would ultimately mean a return to the national currencies or to different currencies serving groups of homogeneous countries. This solution would be an expression of European solidarity. A weaker euro would improve the competitiveness of southern European countries and help them escape recession and return to economic growth. It would also reduce the risk of banking panic and the collapse of the banking systems in the countries in southern Europe, which would occur if they were forced to leave the Eurozone or decided to do so due to internal public pressure prior to an exit from the Eurozone of the most competitive countries.
European Solidarity would be additionally supported by agreeing on a new European currency coordination system aimed at preventing currency wars as well as excessive currency fluctuations between European countries.
Obviously, at least in some of the southern countries, debt reduction (haircut) would be necessary. The scale of these reductions and the costs to creditors would be smaller, though, than in a situation where these countries stayed in the current Eurozone and their economies suffered below-potential growth and high unemployment. In this way, the exit from the Eurozone does not mean that the most competitive economies will not bear the cost of diminishing the debt burden of the countries in crisis. This will happen, however, in circumstances in which such assistance would help them to return to economic growth, as opposed to the current bailouts, which lead us nowhere.
Why this strategy is so important?
Needless to say, it is in our common best interest that the European Union returns to economic growth—the best guarantee of European stability and prosperity. The strategy of a controlled segmentation of the Eurozone would facilitate this outcome in the quickest way.
Ottimo pezzo Sergio. Ricordo inoltre che l'assenza di una banca centrale provoca all'Italia un megaregalo (interessi monstre) di 70/80 mld l'anno alla finanza parassitaria. Qua c'è un mio pezzo che confronta il tipico piddino presidente di associazione sul lavoro e trader finanziario e la mia risposta: http://spread-politica-economia-massoneria.blogspot.com/2014/02/usciredaeurosigrazie.html Dentro c'è anche un importante pezzo di Maffeo (sconosciuto quanto valido professore Universitario) da leggere assolutamente. Inoltre spero qualcuno mi voti e diffonda questo pezzo sul blog di Grillo e ce metta nella testa a Cazzareggio che dire che l'euro non è un problema è l'ennesima boiata liberista.Non votiamo m5s per poi finire nel calderone liberista...sarebbe averci pilotato come una mandria di imbecilli. http://www.beppegrillo.it/listeciviche/forum/2014/02/regaliamo-70-mld-lanno-alle-banche-altro-che-banlkitalia-dati-istat-condividete.html
RispondiEliminaCon "spero mi voti" (ovviamente) intendo che "pigi sulla stellina" interna al pezzo sul blog di Grillo.
RispondiEliminaè iniziato il "voltagabbanismo".....bene meglio tardi che mai, cmq la memoria mi assiste quindi.....
RispondiEliminaDi grazia...a quale voltagabbanismo si riferisce? Il sottoscritto dice ciò che pensa e le assicuro che se c'è un momento in cui il m5s è forte e non conviene abbandonarlo è questo.Molti dalle mie parti parlavano di me come un candidato plausibile alle regionali. Come una persona preparatissima e pulita. Purtroppo ,basta ricercare, io per il m5s ci son sempre stato nei momenti in cui era in crisi, mentre nei momenti di esplosione (come questo) finivo sempre per allontanarmi (per il bene del m5s stesso) anche a costo di rimetterci del mio. Se il m5s si fida dei passionari che oggi ti amano e domani ti seppelliscono bene....il mio caso è l'esatto opposto. Critico semmai con coraggio Casaleggio. Uno che ho appreso da un video dice "l'euro non ha colpe è colpa degli sprechi". Siccome è una boiata (vedasi i miei link) mi spiace ma o Grillo torna a dirigerci senza farsi mettere i piedi in testa da quel John Lennon de noantri e consultando la base sull'euro prende una posizione netta (finirebbe al 40%) o io pur continuando a votarlo (forse) non posso tacere. Se tutti facessero come me i leader riceverebbero messaggi dalla base forti seguendo il loro volere.Non solo il sistema ha ucciso il più grosso attuale partito d'Italia,quello del "via dall'euro" dividendolo e inquinandolo ma la bse del mm5s è al 80% per uscire.......come mai si consulta per ogni cazzata tranne che per quello?
Eliminanon era riferito a te tranquillo....
EliminaCondivido il contenuto di quanto affermato dal Sig. Marco Giannini. O i cittadini si svegliano oppure accadrà come in friuli, roma, amministrative varie, sardegna: se c'è astensionismo le cricche vincono sempre; non sappiamo quale, ma una delle due vince. Per cui tutti fuori dall'euro e parlamentari europei nuovi!!!
RispondiEliminaMi associo a Giannini e aggiungo Che Se m5s continua ad essere ambiguo sul tema Euro , verra distrutto e sparira
RispondiEliminaA Genova ho sentito Grillo dire" io personalmente sono per l'uscita dall'euro ma la cosa più corretta da fare è aprire molti dibattiti per informare il più possibile i cittadini e poi decidere con un referendum".
RispondiEliminaMi sembrano parole più che sensate o sbaglio?
lea lia
Il giorno che si fa il referendum sull'euro , la finanza Internazionale scatenerà una tale ondata di vendite sui mercati e aumenterà lo spread in maniera che la gente si convinca che sia un suicidio uscirne utilizzando anche i media nazionali e internazionali come propaganda. Referendum sull euro é una cazzata e Grillo divrebbe saperlo
Eliminail referendum sull'euro non è legalmente praticabile; al massimo si può fare un sondaggio, il che ha un suo indubbio valore. Ciò che bisognerebbe fare è operare nella realtà cercando di diffondere "cultura argomentativa" e non parole d'ordine propagandistiche elettorali per spiegare ai cittadini che cosa sta accadendo, che cosa è accaduto, ma soprattutto come la "colpa" è anche loro per aver abboccato alla trappola trasformandosi in complici irresponsabili. Basti pensare che tra il Gennaio 2001 e Gennaio 2002, in Italia, 17 milioni di persone hanno visto aumentare il valore del proprio rogito nella casa di proprietà tra il 75% e il 180%, visto che la media è stata del 124%. Fu una pacchia. La Cultura serve non a trovare le risposte bensì a sapere come impostare le domande. Bastava chiedersi (o sentire giornalisti che lo chiedevano) "come mai le banche sono così buone da regalarci questa clamorosa pacchia a tutti quanti, anche a dei poveracci?". Nel 2002 tutti amavano le banche. Peggio per loro, mi verrebbe da dire. Fu un amore sbagliato, ma fece molto comodo a tutti vedere il proprio piccolo appartamentino acquistato e conquistato a fatica raddoppiare di valore in 30 giorni sul mercato. Quel "disvalore", Lo paghiamo oggi. le banche si sono riprese quelle case con tutti gli interessi composti. Nessuno allora avvertì del pericolo.
Elimina...diffondere "cultura argomentativa"...
EliminaLei sicuramente avrà i numeri che dicono quanto seguito ha questo sito... pregevolissimo. Confronti questi numeri con quelli di una qualsiasi partita di calcio trasmessa in tv o con qualsiasi programma televisivo di intrattenimento/rincoglionimento. Io credo che 9 italiani su 10 non solo non conoscono questi argomenti ma neanche si sognerebbero mai di leggere più di 2 righe di questo post, e così per altre decine di siti di "controinformazione". Lei sicuramente frequenterà ambienti che sono molto diversi da quelli che frequento io, modestissimo operaio, e posso assicurarle che affrontare tematiche come queste servono solo ad essere considerati come un "alieno". Non che la cosa mi turbi più del fatto che la democrazia è anche in mano a persone profondamente incolte. Forse sarebbe ora di volgere lo sguardo alla scuola: è lì, più che nei media, che si annida il vero male della nostra società e per quanto si possa capire dal post che lei ha proposto, nella società di tutte le grandi nazioni occidentali.
stefano
Caro Stefano, è come dici tu. Ma c'è una buona notizia. Non siamo sfortunati: è sempre stato così. Nel '600 il grande filosofo Benedetto Spinoza, disgustato dai suoi simili e dall'ignoranza delle classi dirigenti, abbandonò ogni forma di incontro sociale e si ritirò a vivere in un modesto appartamento di Amsterdam, dove, al pian terreno aprì un negozietto di ottica. Si inventò, quindi, la sua nuova professione: molava le lenti. Parlava soltanto con gente del popolo, con i suoi clienti e due pomeriggi la settimana si metteva a disposizione e faceva seminari di filosofia aperti a chiunque ci volesse andare. Il pubblico erano, per lo più, persone modeste, analfabete. Lui gli parlava di Platone, dell'Etica. Il Re d'Olanda che lo voleva come cattedratico ed era rimasto offeso perchè lui aveva rifiutato il posto sostenendo che "non mi metto al servizio di un potere corrotto e corruttore che esegue gli ordini dei mercanti" lo definì un pazzo pericoloso per la comunità. Spinoza visse così gli ultimi anni della sua vita, da solo, chiuso in un negozietto a parlare con la gente comune. Per questo era Spinoza. Non è cambiato nulla. Basta saperlo.
EliminaScusa Sergio, ma dove sei vissuto finora? Ti accorgi adesso che è iniziata la battaglia contro l'euro? Eppure c'eri anche tu, qualche anno fa, a Frosinone con Alberto Bagnai, Moreno Pasquinelli, Stefano D'Andrea, Gioele Magaldi. Questo è il link del tuo intervento.
RispondiEliminaE questo è il servizio completo di ecodellarete.net.
per questo parlavo di "voltagabbanismo"....evidentemente ha sentito anche lui l'arrivo del "padulo" e ha iniziato a costruire il bunker :-)
EliminaCaro Fiorenzo, sono vissuto nella realtà, che non è la virtualità nè tantomeno le nostre aspirazioni. Ho comunicato che è iniziata la battaglia "ufficiale" contro l'euro perchè, a mio avviso, questa è la notizia. Prima c'erano discussioni, è diverso. In Europa non c'è mai stata nessuna battaglia a nessun livello senza che in campo vi siano anche gli intellettuali francesi e i banchieri inglesi, per tradizione consolidata importanti attori protagonisti. Gli italiani -ahinoi- hanno scelto nei secoli di partecipare all'Europa riservandosi il ruolo di "interditori di lusso", ruolo che copriamo con eccezionale abilità e disinvoltura perchè ci consente di poter manifestare la nostra cultura politica autentica: rompere le uova nel paniere a chicchessia per poter essere invitati nelle cene segrete e partecipare ad accordi riservati nei corridoi dei palazzi. Secondo molti, questa scelta dell'Italia è stata dettata da abilità legata a istinto di sopravvivenza. Secondo altri (come il sottoscritto) ha prodotto l'incorporazione di una scelta disfacista e distruttiva che ha impedito l'affermazione di valenze creative e costruttive, di cui Silvio Berlusconi rappresenta il suo emblema più riconosciuto e riconoscibile. l'Italia non è più considerata in Europa come una nazione fondamentale nella costruzione comune, è considerata soltanto una mina vagante. La battaglia contro l'euro (secondo il mio punto di vista) è iniziata il 14 febbraio 2014 dopo che Hollande si è incontrato con la Yellen e i suoi economisti si sono visti a Londra con importanti personalità inglesi. Prendete sempre fischi per fiaschi perchè siete accecati dalla faziosità. Riconfermo il mio punto di vista. Così come ho sempre detestato i dottrinari come Enrico Letta (che nel 2000 scrisse il libro "morire per l'euro") così ho sempre preso le distanze da coloro che odiano l'euro su motivazioni economicistiche in funzione anti-europea. Chi ama l'euro è uguale a chi odia l'euro. La mia posizione è diversa ed è elementare: "L'Euro non è l'Europa", è una dottrina tedesca imposta al resto del continente con la forza bruta; in questo caso invece dei carri armati ci sono stati i facili fenomeni di corruzione in Grecia, Spagna, Portogallo, Italia. I tedeschi sono i grandi padri della corruzione politico-imprenditoriale dei paesi del Mediterraneo. Senza una classe politica dirigente corrotta, l'euro non sarebbe mai nata perchè l'Unione Europea sarebbe stata impostata prima sui Diritti Civili (quindi anche lavoro) e in seguito sulle banche. Tutto qui. Il che è molto diverso. Io non ho nessuna intenzione di mescolarmi con gli anti-europeisti. Mantengo la stessa identica posizione che avevo nel 1998, figurati un po', quando la sinistra italiana e la destra italiana -soprattutto quelle estremiste- accettarono con applausi e generose donazioni la valanga di soldi che si abbattè su di loro a condizione che sostenessero il varo della moneta, voluto, sponsorizzato, alimentato, e diffuso dalla stragrande maggioranza di persone che oggi vanno in giro a cercare di raccattare pateticamente voti per formazioni, liste e partitini anti-euro; la maggior parte di queste formazioni (per non dire tutte) sono attualmente finanziate da soldi che sono stati guadagnati grazie al sostegno dato all'euro. Spero che la mia argomentazione sia chiara, chi frequenta questo blog lo sa: la mia tematica ruota intorno a due punti centrali europei: affermazione della Cultura e lotta frontale contro la corruzione, le due armi che possono affondare l'euro salvando l'Europa e rifondandola.
Elimina"Oggi va di moda, in Italia, prendersela con l'Europa e con la comunità europea nel nome di ideologie sovraniste nazionali che vengono spacciate come il vero toccasana per risolvere i problemi della società. Non è così."
RispondiElimina22 Gennaio 2014
"Oggi è comparso un post scritto da un blogger italiano, una persona anomala.
In parole piuttosto semplici e con argomentazioni facili da comprendere (e tantissimi succosi link come prova documentaria) ha spiegato la formazione del suicidio degli italiani, innamorati dell'idea di odiare l'Europa, convinti che uscire dall'euro immediatamente sia la svolta della vita: ciascuno ha i propri deliri."
12 Dicembre 2013
E nei commenti al post del 12 Dicembre si legge: "L'appartenenza all'euro comporta una serie di complessi contratti di scambio commerciale che salterebbero subito, penalizzando la nazione che esce, a noi ci farebbero a pezzi subito. Il problema non è l'euro."
Si fa sempre in tempo a liberarsi del distintivo eurista e a riciclarsi.
Riconfermo il tutto, se lei non capisce e non comprende le connessioni, mi dispiace. Infatti, "il problema non è l'euro". L'euro è una moneta con forte valenza simbolica subliminale: è il simbolo dell'affermazione del potere della finanza globale speculativa e aggressiva. "Il vero problema è la corruzione della classe politica dirigente in tutte le nazioni del Mediterraneo": può citarmi se lo ritiene opportuno. Mettete in piedi una classe politica adeguata, diligente, cònsona, e dopo dieci minuti avremo gli eurobonds e si apre il tavolo per rivedere i trattati abbattendo il muro del fiscal compact. Lo capisce anche un bambino.
EliminaSuggerisco a Otto Weininger di appuntarsi la risposta di Sergio. Della serie: "segnatele 'ste cose, alfré" (chi ha qualche anno ricorda il tormentone di Arbore-Boncompagni nella mitica trasmissione "Alto gradimento" degli anni settanta. Sergio, che è una persona per bene, farebbe bene a convincersi che ha sbagliato e ad ammetterlo, piuttosto che incaponirsi a difendere narcisisticamente io suo "IO". Non è mica una colpa? Sapeste quanti errori ho fatto io...
RispondiEliminaCaro Sergio, il problema è l'euro sul piano dei meccanismi economici di un'area valutaria, ma un problema ancora più grosso è l'Unione Europea sul piano degli equilibri politici, che sono (giova ricordarlo) sia di natura geopolitica che di classe.
Gli eurobonds, meglio dire una vera unione fiscale di trasferimento, NON SI PUO' FARE! Non solo e non tanto perché manca la volontà politica, ma soprattutto perché è PROIBITA DAI TRATTATI.
In sintesi: un gigantesco errore tecnico conseguenza logica di un folle tentativo di dominio che è geopolitico e di classe.
Se vuoi nascondere qualcosa a qualcuno prima fallo discutere di due falsita'. Se poi ci aggiungi le parole complotto e congiura e' fatta.
RispondiEliminaImmaginiamo che la Germania esca dall'Euro. Anche se tutti gli altri la volessero conservare, questa moneta comunque sparirebbe. E come questa moneta in fondo rappresenta la Germania, io, se fossi tedesco la difenderei con unghie e denti ed e' quello che stanno facendo.
Se noi fossimo stati delle persone dignitose non ci saremmo mai entrati. Avremmo detto, scusate, prima dobbiamo fare i compiti a casa e poi passiamo a trovarvi. E' sempre la stessa storia, a Cavour gli e' andata bene tre volte a gl'altri gli e' andata male tre volte.
Una moneta non puo' rappresentare stati diversi, popoli diversi, amministrazioni diverse.
O si va verso una Europa con una comune amministrazione (stato, chiamatelo come volete) e allora discutere di Euro non ha nessun senso, o ci si saluta. Tutto li.
Per noi la creazione di uno Stato moderno europeo, chiaramente dipendendo da come lo si fa, sarebbe un tocca sana. Il dirci addio non cambia niente, resteremo col nostro grande piccolo stato del cottolengo, la nostra magnifica amministrazione e la nostra nuova favolosa moneta.
Io la chiamerei una tragedia ma si sa ognuno ha le sue idee.
Aspettando Godot
".........Per noi la creazione di uno Stato moderno europeo, chiaramente dipendendo da come lo si fa, sarebbe un tocca sana....."
EliminaParafrasando te stesso, il toccasana per noi sarebbe una iattura per altri (come l'esempio che fai circa la storia politica di Cavour). Non possiamo sperare di crescere parassitando nazioni, forse, più civili e democratiche di noi. Dobbiamo risolverla in famiglia la nostra cialtronaggine, sappiamo benissimo come siamo considerati dalle altre popolazioni europee, perché andare a elemosinare una nostra inclusione economica e politica?
Finché possono sfruttarci dicono che l'italia è un pilastro della cultura e dell'unione europea ma non possiamo aspettarci di essere considerati dei veri interlocutori delle scelte europeiste. Infatti siamo commissariati.
stefano
Il tuo discorso e' molto bello e ineccepibile. Ma vi sara' pure una differenza tra la volonta' di costruire un moderno stato europeo insieme a gli altri e una alleanza per conquistare nuove terre, un posto al sole o semplicemente la voglia di vivere di riflesso una certa grandezza senza meriti.
EliminaLa voglia di svalutare, perche' tutto il discorso sul Euro si riduce a quello, per giusta che sia e' tardiva. Una cosa e' svalutare con una industria in difficolta' ma in pieno regime. Un'altra cosa e' farlo tardivamente e con i cappanoni vuoti. Come si volesse curare i sintomi
e non la malattia. Si parla troppo di Euro e poco di che modello di stato vogliamo.
Chiedo scusa per la mia ignoranza in materia economica, ma vorrei ugualmente cercare di capire.
RispondiEliminaIntanto, nell'articolo riportato in italiano si parla di una fase inflattiva e con stipendi inferiori rispetto ai "pigs" dell'eurozona, che starebbe attraversando la Germania. Su Wikipedia, alla voce deflazione, trovo invece scritto che la Germania è entrata dal luglio del 2009 in un periodo di diminuzione dei prezzi. Chi dice il vero? C'è qualche italiano in Germania tra i lettori di questo blog che potrebbe fornire una risposta chiarificatrice in proposito?
Poi, riguardo alla proposta del manifesto riportato in inglese nell'articolo: la svalutazione, rispetto a marco e franco redivivi, di un 'nuovo' euro confinato ai soli paesi del Sud Europa favorirebbe le esportazioni -- agricole più che industriali, a questo punto della crisi produttiva che li ha investiti e prostrati -- di questi ultimi verso i due colossi del "centro" (come nel suo romanzo... eco-criminale li ha definiti il prof. Bagnai) e verso il resto del mondo, ma dubito che gli introiti conseguenti potrebbero servire a ripianare un debito pubblico pronto a schizzare alle stelle. Quindi, di nuovo, i vantaggi sarebbero per i paesi europei più forti, e i "pigs" continuerebbero a subire la macellazione a cui da sempre erano destinati -- soprattutto da rancori mai sopiti di ex-alleati che non vedevano l'ora di presentare il conto per passati voltafaccia bellici mai digeriti.
Non voglio far la parte del menagramo, ma non riesco a vedere il potere risolutorio delle vie d'uscita dalla crisi prospettate in quel documento. A meno che non comprendano un significativo abbassamento o addirittura azzeramento del debito dei paesi gravemente indeboliti dalla recessione, cioé una svolta politica, più che di tecnica economico-finanziaria.
Grazie.
marilù l.