di Sergio Di Cori Modigliani
Premetto che non ho mai seguito la kermesse canterina di Sanremo perché non appartiene al mio gusto, mi annoia e non rientra nei miei interessi sociali e antropologici. Ci tengo ad aggiungere che conosco poco Carlo Conti come professionista televisivo e, quando mi è capitato di vederlo in televisione, mi è stato anche cordialmente antipatico. Mi sta antipatico anche il calciatore Higuain, per non parlare di Diego Armando Maradona. Pablo Picasso, poi, l'ho sempre trovato davvero odioso e odiabile. Per non parlare di Umberto Eco, il re degli antipatici, del poderoso Robert De Niro e del premio Nobel per la letteratura Bob Dylan. Classifica guidata dallo stilista Giorgio Armani e dall'architetto Renzo Piano.
Francamente, ciascuno di questi, nella trasmissione della loro qualità umana sono, a mio avviso -per motivi diversi- impresentabili.
Ma, nella loro specificità professionale, hanno tutti in comune il fatto di essere davvero imbattibili. Soprattutto (ed è ciò che conta) bravissimi. Ad alcuni di loro vengono perdonati insopportabili capricci e vizi da diva, rubricati sotto la banale dizione vita da artisti.
Sono o sono stati leader, nel loro genere unici, praticamente senza rivali.
E come tali, cioè come numero uno, meritano rispetto. Come l'immenso Usain Bolt che non appartiene a quella classifica perche è un uomo simpaticissimo e piacevole ma lo volevo comunque inserire tra i numero uno.
Martedì prossimo si apre a Sanremo il festival ed è già partita la consueta ondata del nuovo trend al ribasso nel mondo della post-verità, dimensione dell'esistenza quotidiana dove il valore, la competenza e la specificità del merito, sono stati sostituiti dalla rabbia, dal livore, dall'invidia, dall'odio: gli ingredienti che alimentano i cavalieri del post-truth world.
E' partito l'attacco contro Carlo Conti, contro la Rai, contro il Governo (mi meraviglia che non sia stato chiamato in causa anche il finanziere Soros, che qualcuno vede "dietro" a qualsiasi fenomeno e avvenimento, ma non è detto, ci arriveremo ) gonfiando un'onda di odio e disprezzo nei riguardi del professionista, sostenendo che il suo cachet è eccessivo e immorale.
Carlo Conti fa il suo lavoro e lo fa bene. Alla gente piace e fa vendere spazi pubblicitari, garantendo quindi ai suoi datori di lavoro che la sua assunzione è stata un buon investimento. Se lui viene pagato 650 ma fa incassare 823, funziona: questa è la norma nel mondo del lavoro. O, meglio, questa dovrebbe essere la norma nel mondo del lavoro.
Ci tengo quindi a manifestare pubblicamente la mia solidarietà nei confronti di un professionista che ha tutto il diritto di farsi pagare qualunque cifra lui voglia, in cambio del guadagno che garantisce.
Penso che questa sia una buona occasione per condurre una battaglia discriminante nel mondo attuale della post-verità, prendendo le distanze dall'odio strategico il cui obiettivo è sfruttare biecamente il disagio sociale autentico, alimentando odio puro a fini propagandistici elettorali, basandosi su elementi razionalmente perdenti, errati e in malafede.
Ma, ahimè, non porterebbe voti. Oggi.
Potrebbe portarli domani, però, per chi lo capisce.
Nell'Italia che verrà, quando si smetterà tutti di fomentare odio ad ogni occasione.
Se la RAI, anziché estorcere il canone obbligatoriamente facesse le medesime scelte con i soldi di ABBONATI VOLONTARI il tuo ragionamento sarebbe condivisibile.
RispondiEliminaEppure sarebbe anche facile, basterebbe fare una Pay TV: chi paga vede, chi non paga non vede. Punto.