sabato 27 ottobre 2018

Elogio dell’intolleranza









A casa mia, i disonesti e i furbi non ci possono entrare.
Nel caso capiti qualcuno per sbaglio, portato da un comune conoscente, che si riveli appartenente a una delle categorie sopra citate, mi riservo il diritto di prenderlo dalla collottola e buttarlo fuori dal mio territorio.
Perchè sono diventato intollerante.
E me ne vanto.
La mia compagna mi aveva avvertito: “guarda che stai diventando intollerante”.
Aveva ragione.

Il testo base che lancia la sfida del grande pensiero progressista europeo libertario, il saggio “De Tolerantia” firmato dal grandioso pensatore britannico John Locke e pubblicato a Londra nel 1689, prima in latino e subito dopo in inglese, oggi -nel caso John Locke risorgesse- si chiamerebbe “Epistola sulla necessità dell’intolleranza per i giusti” con il sottotitolo, “consigli ai progressisti su come affrontare gli ipocriti, i doppiogiochisti, i trasformisti, senza farsi prendere da una crisi di nervi e uscirne rinvigoriti”. 
Forse qualche editore sarebbe interessato, per la sezione dedicata a libri di divulgazione filosofica “per una nuova ecologia della mente etica”.

E’ giusto e sacrosanto che il Papa sia tollerante e accogliente, io no.
Sono un umano peccatore, nonchè progressista e soggetto politico combattente.
Quindi, sono intollerante dinanzi all’idiozia di massa; 
sono intollerante di fronte alla corruttela permanente; 
sono intollerante quando avverto la malafede, spicciola o ben congegnata; 
sono intollerante dinanzi all’opportunismo e alla miseria umana, quella spirituale, quella interiore, alimentata da pulsioni, ambizioni e sogni piccolo-.borghesi.
Sono soprattutto intollerante all’ipocrisia in ogni sua coniugazione.

Rivendico il mio diritto a sottrarmi alla litania di massa che oggi va di moda, basata sull’essere inclusivi di chicchessia: esperienza di santificazione fatta con risultati mondani davvero tragici. 
Nella mia dimora privata, nel mio gruppo ideale, associazione, movimento, club o partito che sia, l’intolleranza sta di casa. E la selezione è durissima. 
Ai primi segnali, scatta una iniziale insofferenza che porta, inevitabilmente, alla reazione definitiva.
Gli esseri spiritualmente puliti, sinceramente libertari, intimamente democratici, socialmente e politicamente progressisti, possono (devono) praticare l’intolleranza.
Il fascino dell’intolleranza consiste nel fatto che è politicamente scorretta.
E’ sensuale perchè nasce dalla pretesa interiore di combattere la noia mortifera che dà l’appiattimento, il non poter esprimere la propria persona, le proprie idiosincrasie, le proprie idee, assumendosi la responsabilità delle proprie opinioni (manifestazione questa di assoluto vigore erotico); consente di combattere l’idea ormai già vista, già praticata, già vecchia, del all inclusive che doveva essere usa e getta, e invece sta diventando norma.
L’intolleranza garantisce la vittoria certa sulla solitudine: male che va si riesce a stare con se stessi sentendosi in ottima compagnia. 
Essere intolleranti fa bene alla salute: fa comprendere subito chi si è e che cosa si vuole. 
Fa risparmiare tempo ed energia: quando si manifesta rende palese la personalità dell’interlocutore confermando la giustezza della propria scelta.
Sono intollerante nei confronti del produttore di armi, nei confronti di chi vende le armi, di chi le acquista e di coloro che le usano.
Sono intollerante nei confronti di ogni pacifinto, di ogni finto democratico.
Sono intollerante nei confronti di ogni finzione, che adoro nel suo unico territorio consentito: la letteratura, il cinema, l’Arte.
Oggi, Voltaire sarebbe considerato un intellettuale pericoloso da tenere ai margini, per via dei suoi continui squisiti libelli in cui si esaltano le virtù dell’essere intolleranti.
L’ idea di un mondo tollerabile è il regalo della vera intolleranza militante!
Pensate come potrebbe andare meglio la vita di ciascuno di noi se da domani venisse abolito -per Legge- il diabolico concetto iper-liberista del politicamente corretto, consentendo a chiunque di manifestare la propria opinione e sottraendosi all’attuale moda del “comunitarismo”, base pulsante dell'ideologia lepeniana e salviniana, l’ultima geniale trappola ideata dai conservatori neo-aristocratici per imbrigliare le menti, raffreddare i cuori e sporcare l’anima, nuova coniugazione del nazi-fascismo e del comunismo riciclati per essere riadattati ai social networks.
Essere intolleranti consente di potersi occupare di un elemento fondamentale per la ripresa economica: l’investimento sulla qualità del prodotto che è la base strutturale del successo del made in Italy nel mondo: l’intolleranza sposta l’attenzione dalla quantità alla qualità.

Se vogliamo essere davvero liberi, riconoscere, rispettare e accogliere il diverso da noi, senza aver paura, senza sentirci minacciati, è necessario praticare la solida intolleranza nei confronti degli screanzati, dei trogloditi, dei prepotenti, dei primitivi, degli ignoranti, della vecchia e dell’ultima ora e di qualsiasi colore.
L’attuale retorica della tolleranza è un passatempo per pusillanimi, che ignorano di essere semplicemente una pedina nelle mani dei tecnocrati che vogliono quantificare le nostre esistenze riducendo la nostra partecipazione a un dato statistico, a un numero di percentuale, alla somma di contatti digitali effettuati o ricevuti da un anonimo robot.
Grandioso paradosso dei nostri tempi attuali: l’intolleranza assoluta è la solida base libertaria sulla quale poter costruire l’edificio di una nuova società più progredita, più evoluta, come dire: più tollerante.
Così è, se vi pare.

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