lunedì 6 febbraio 2017

Le ragioni per cui crolla la borsa italiana e lo spread ritorna ai livelli del 2013: è stato per un ordine di Donald Trump.






di Sergio Di Cori Modigliani

In quanto italiano, sono sempre interessato a tutti coloro che, per un motivo o per l'altro, sono in grado di fornire un solido contributo reale al miglioramento del paese che amo. E' quindi per me totalmente incomprensibile il motivo e la ragione politica che sostiene l'attuale entusiastico appoggio nazionale a Donald Trump, avversario dichiarato della Ue, e soprattutto della Germania, della Francia e dell' Italia, i suoi tre principali nemici in occidente. Dichiarato ufficialmente.
Quali siano le ragioni che hanno spinto i tre più importanti partiti dell'opposizione, M5s/Lega Nord/Forza Italia, a esultare per la sua elezione, con l'inquietante aggiunta di applausi d'appoggio da parte di tutti i soggetti attivi sul web che si auto-definiscono antagonisti, è un mistero italiano sul quale un giorno scriveranno dei libri. Gli autori non saranno economisti, sociologi o politologi. Saranno esperti nelle neuroscienze, psicologi comportamentali, psichiatri, che rubricheranno l'evento sotto un appropriato neologismo, del tipo "il complesso del pugnalato contento di esserlo"
La settimana scorsa, il management del nuovo governo americano, composto, come è noto, per lo più da banchieri, finanzieri, operatori di borsa, presieduto dalla vecchia guardia di Goldman Sachs, è andato formalmente contro l'Europa sostenendo che Mario Draghi il 6 Febbraio 2017 avrebbe dovuto dare inizio "a una formale rivalutazione dell'euro, essendo inaccettabile l'attuale posizione della Bce". Il presidente della Banca Centrale Europea, chiamato in causa, ha replicato con l'unica frase accettabile: "mi dispiace per il signor Trump, ma le decisioni relative alla politica finanziaria ed economica europea non vengono decise e stabilite a Washington, bensì a Francoforte, Bruxelles e Strasburgo". E così, sabato scorso, alle 9 del mattino, il governo americano ha reso pubblica la decisione del neo-presidente statunitense in materia di regolamentazione finanziaria. Ha annunciato di aver dato ordini di iniziare "lo smantellamento definitivo della legge Dodd-Frank voluta dalla precedente amministrazione". Tradotto in termini semplici e comprensibili, significa che da questa mattina -da parte americana- sono stati tolti tutti i lacci, lacciuoli e controlli sui finanziamenti speculativi dei derivati che hanno origine negli Usa, liberando i movimenti globali della finanza che non potrà più essere sottoposta a nessuna forma di controllo. Era chiaro, quindi, che i primi a finire nell'occhio del mirino sarebbero state (tra le importanti economie della Ue) la Francia, la Spagna e l'Italia, con particolare accanimento nei confronti della nostra nazione, data la riconosciuta debolezza delle nostre istituzioni e della nostra economia. 
E così la borsa di Milano risulta la peggiore d'Europa, e il nostro spread raggiunge il massimo negativo negli ultimi quattro anni. Tradotto vuol dire che ci saranno meno soldi per tutti noi, nel senso di noi italiani. 
"Thank you Donald, per questa bella pensata, a nome di tutti gli italiani". 

Qui di seguito, in copia e incolla, propongo alla vostra attenzione un articolo scritto da Marco Valsania, giornalista professionista di lunga data e affermato esperto di questioni economico-finanziarie, il quale su IlSole24ore, ha pubblicato due giorni fa un articolo spiegando che cosa stava accadendo.






Trump blocca la riforma della finanza
Il Sole 24 Ore, sabato 4 febbraio 2017

La grande controriforma di Donald Trump arriva a Wall Street.
La legge Dodd-Frank, varata dell’amministrazione di Barack Obama per scongiurare nuovo collassi provocati dagli abusi della finanza, ha i giorni contati. Donald Trump questa volta ha firmato ordini e memorandum per dare il via alla demolizione anzichè la costruzione di un «muro», quello delle regole per le banche. «Oggi firmiamo i principi chiave per la regulation del sistema finanziario: taglieremo molto della Dodd-Frank», ha annunciato dallo Studio Ovale apponendo il proprio nome in calce ai documenti.
I “principi quadro” – ai quali seguiranno altre azioni presidenziali e del Congresso a maggioranza repubblicana, dove sta nascendo la nuova legge Choice Act – prescrivono al Dipartimento del Tesoro e alle authority una revisione della riforma del 2010 che a quanto emerso ha molteplici obiettivi. Ridimensionare il Financial Stability Oversight Council, il consiglio presieduto dalla Federal Reserve che imbriglia società bancarie e non bancarie di importanza sistemica. Eliminare misure complesse come i “living will”, i testamenti biologici degli istituti perché liquidino attività in caso di crack senza ricorrere al contribuente. E, forse, sbarazzarsi della Volcker Rule, che preclude la speculazione con capitali propri. La ragione? La finanza americana sarebbe ormai sicura e curata dagli scandali, chi teme ricadute sbaglia e il problema e’ invece competere a briglia più sciolta sui mercati globali.
Un separato memorandum chiede al Dipartimento del Lavoro, che dovrebbe essere guidato dal magnate dei fast food Andrew Puzder, di muoversi per annullare la «fiduciary rule», che non è parte della Dodd Frank ma da aprile obbligherebbe broker e consulenti nel settore da tremila miliardi del risparmio pensionistico ad agire nel rigido rispetto del «miglior interesse» del cliente. L’argomentazione? Limiterebbe troppo, con le commissioni, la scelta dei consumatori. Trump intende anche accelerare la riorganizzazione dei colossi dei mutui Fannie Mae e Freddie Mac, dopo la crisi controllate dal governo, mentre per l’Ufficio di protezione finanziaria dei consumatori, che di recente ha denunciato il caso della truffa a Wells Fargo, ci sarà un «riorientamento». Una decisione sul potere del Presidente di rimuovere il responsabile dell’organismo è però pendente in tribunale.
L’intero disegno di controriforma finanziaria ha un artefice ed è uno dei più stretti e potenti collaboratori di Trump: Gary Cohn, ex direttore generale di Goldman Sachs adesso capo-consigliere economico della Casa Bianca. Ne ha rivendicato la paternità prima della stessa firma, alla quale era presente, dalle colonne del Wall Street Journal e dagli schermi tv di Fox. I provvedimenti della Casa Bianca sono arrivati anche nel giorno del primo incontro di Trump con il suo Forum di chief executive, tra i quali spicca l’ad di JP Morgan Jamie Dimon, esplicito critico della Dodd Frank. Cohn ha precisato che le decisioni prese «non hanno nulla a che vedere» con singole banche bensì con «l’essere protagonisti globali, avere una posizione dominante se non ci danneggiamo da soli con le normative». Gli istituti americani, ha suggerito, sono fin troppo capitalizzati, rendendo controproducenti numerose regolamentazioni. Ha anche ribadito che queste impediscono adeguati prestiti all’economia reale: «Gli americani avranno migliori scelte e prodotti perché le banche non saranno appesantite da centinaia di miliardi di dollari di regole ogni anno».
Cohn ha assicurato gli scettici che siamo davanti a «un ritorno al passato», semplicemente alla constatazione che «abbiamo le banche migliori e più capitalizzate al mondo come le più appesantite da regolamentazioni». Il mercato, ha aggiunto, è cambiato e non consente più i vecchi abusi. A distanza gli ha però riposto il governatore della Fed di Chicago, Charles Evans. «Non v’è dubbio che le regole siano un peso e che sia aumentato. Ma se mi piace pensare che tutti siano cittadini esemplari, esistono anche molte attività nefaste».

Marco Valsania


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