La simbolica,
e la simbologia, sono elementi fondamentali nella costruzione dell’immaginario
collettivo popolare. Lo sanno bene, da almeno 8000 anni, tutti coloro che, su
questo pianeta, hanno deciso di auto-eleggersi come elite superiore –chi per un
motivo, chi per un altro- schiacciando, opprimendo e sfruttando i propri simili
nel nome di una presupposta superiorità.
Bandiere,
vessilli, gonfaloni, feticci, statue, immagini, divise militari, sono
diventati, nei millenni, simboli rappresentativi di una specifica etnia, popolo
o gruppo sociale, il cui compito consiste nel fondare una coesione rassicurante
per gestire l’ansia provocata dalla paura. Sono gli stessi detentori del potere
a produrre la paura, per avere poi, in seconda battuta, la splendida
opportunità di poter offrire la cura per lenirla, presentando quindi se stessi
come gli amorevoli curatori della nostra
psiche: bandiere che unificano, eserciti che marciano indossando quella
specifica uniforme, inni musicali che commuovono e terrorizzano il nemico,
spostando quindi la paura verso l’esterno. Dovunque è sempre stato così.
I simboli
sono potentissimi e rappresentano il pericolo più forte per il potere
costituito.
Non è certo
un caso che, ogni dittatura, come primo atto formale quando assume il controllo
del potere, lancia una furiosa caccia alle streghe per eliminare ogni simbolo
che possa riferirsi a qualche idea, persona, ente, volontà, contraria e
antagonista ai simboli del nuovo regime. La folla scende in piazza e brucia i
simboli del nemico: che siano dei libri o delle bandiere poco importa. E’ una
lotta tra simboli; perché ogni simbolo si porta appresso eserciti di idee, di
utopie, di persone piene di speranza che si ritrovano, per l’appunto, simbolicamente affratellate, quindi
unite, alleate. Parenti.
La società
mercatista nella quale noi viviamo ha inventato un meccanismo quasi perfetto
per fare in modo di potersi permettere il lusso di non dover costituire delle
dittature “ufficiali” per abbattere e cancellare i “simboli pericolosi” facendolo
in maniera legale, amichevole, pacifica: non appena un simbolo diventa
pericoloso lo acquistano, pagandolo qualunque prezzo; fanno lo stesso con le
persone quando diventano “icone” ovverossia “immagini in carne e ossa a
fortissimo impatto simbolico”. Le acquistano pagandole qualunque prezzo e ne
fanno dei divi. Le eliminano soltanto quando comprendono che non è possibile
gestirle attraverso il denaro. Ma per un mercatista l’idea che l’espressione
“ogni uomo ha il suo prezzo” non sia valida, è inconcepibile, impensabile. Non
è certo un caso che in Usa, nell’autunno del 1980, non appena l'oligarchia transnazionale dei colossi finanziari assunse il potere con l’elezione
di Ronald Reagan, compì un atto di devastante manifestazione di potere forte che pose la parola fine
alla rivoluzione socio-psicologica degli anni’60: l’assassinio di John Lennon,
una delle persone più blande, armoniche e pacifiche del mondo, un cantante in
pensione che viveva ritirato dall’attività pubblica. Ma i risultati delle
analisi psico-metriche della Cia parlavano chiaro: “rappresenta un pericolo
reale per la carica simbolica della sua persona: è imbattibile perché
inattaccabile ma soprattutto insostituibile”. Bastava quindi eliminarlo a
pistolettate per dare un segnale forte e chiaro all’intera civiltà occidentale
su quale fosse il nuovo trend (c'è molto dibattito sulla questione ma è plausibile che sia andata così).
La forza e la
potenza del “simbolo” consiste nel fatto che, tecnicamente, esso esprime un
contenuto di significato ideale (nel caso di John Lennon la pace, il potere
alla cittadinanza, una società basata sull’amore) e ne diventa però anche il
significante. In tutto l’occidente, fino al 1980, entrare nella stanza di
qualcuno e vedere sul muro una immagine di John Lennon voleva dire incorporare
subito l’idea, la nozione, l’informazione, che si aveva a che fare con una
persona pacifica, che aveva l’amore come valore assoluto dell’esistenza. E non
il danaro.
La parola simbolo viene dal greco antico (Σύμβολον) e per quella civiltà significava
“tessera di riconoscimento”; era usanza degli antichi ellenici, quando ci si
accordava su qualcosa (un matrimonio, una società di affari, una
compra-vendita, un prestito) spezzare un vaso di terracotta o un anello:
ciascuno dei due contraenti conservava uno dei due pezzetti come “prova del
patto sancito”. Se le due parti combaciavano alla perfezione, allora
quell’accordo aveva valore legale.
Ancora oggi, il termine “simbolo” contiene lo stesso
significato: è un patto stabilito e la “icona simbolica” ne diventa il veicolo:
può essere in carne e ossa oppure no.
Edward Snowden è in carne e ossa.
E’ in assoluto la cosa peggiore che possa accadere al potere
costituito; è l’unico aspetto dell’esistenza che mette davvero nei guai Mario
Draghi e non lo fa dormire. E lui che è un massone appartenente a una specifica
loggia per lo più composta da dotti esperti in simbologia, lo sa molto bene. In
meno di una settimana, Edward Snowden, da semplice icona (a scelta: eroe dei
diritti civili oppure geniale spione) si è trasformato in simbolo. Diventa
perfino complicato, per non dire ormai impossibile, ucciderlo: potrebbe –da
morto- diventare addirittura più pericoloso. Perché sta facendo proseliti, e
come ogni simbolo che si rispetti: senza dire né fare nulla. Ha fatto scattare
un’onda che dilaga, anomala, forse imprevista dal sistema finanziario (a meno
che non lo abbiano inventato loro, ma io lo escludo) che può portare molto più
lontano di quanto non si possa immaginare.
Tanto è vero che, oggi, si sono verificati degli eventi che
lui non ha prodotto, ma sono il risultato della irruzione del primo simbolo post-Maya
nell’immaginario collettivo del pianeta.
Ci sono voluti sei mesi per produrlo.
E’ stato anche veloce.
L’effetto è stato decuplicato dal fatto che, sullo scenario
geo-politico internazionale, si è appaiato non soltanto un altro simbolo
potente, ma addirittura il padre fondatore dell’era post-Maya, colui che l’ha
lanciata “ufficialmente”, nel corso di una grande festa, il 21 dicembre 2012:
il presidente della Bolivia Evo Morales, un occidentale di etnia india
autoctona.
E va a toccare (certamente non a caso) proprio il cuore del
problema: la BCE.
Mentre sto scrivendo questo post (ore 13,45) “l’effetto
Snowden” post-Maya sta producendo una perdita sui mercati europei di circa 180
miliardi di euro su titoli (soprattutto bancari) in conseguenza del crollo
della borsa portoghese e sta provocando un terremoto finanziario che
preannuncia severi dolori per l’Italia.
Poveri lusitani! La loro economia è talmente piccola, la borsa valori di Lisbona è talmente modesta (vale dieci volte meno di quella di Milano, il che è tutto dire) da non aver mai influito sul resto d’Europa. Se Lisbona crolla o vola alle stelle, nella city di Londra non avviene nessuna reazione, quindi non è mai notizia economica ciò che accade nell’estrema periferia occidentale del continente europeo. I greci sono ricchi in confronto.
Poveri lusitani! La loro economia è talmente piccola, la borsa valori di Lisbona è talmente modesta (vale dieci volte meno di quella di Milano, il che è tutto dire) da non aver mai influito sul resto d’Europa. Se Lisbona crolla o vola alle stelle, nella city di Londra non avviene nessuna reazione, quindi non è mai notizia economica ciò che accade nell’estrema periferia occidentale del continente europeo. I greci sono ricchi in confronto.
Ma oggi è diverso.
Raccontiamo la storia delle ultime 30 ore fin dall’inizio.
In Usa, l’effetto Snowden sta montando con vigore, seguendo
una prospettiva, una inclinazione e una penetrazione nella collettività e nel
mondo mediatico completamente diversa e insospettabile da quella prevista da
chi gestisce il potere. Invece di dar vita a manifestazioni sui diritti civili,
proteste della serie basta con gli 007, abbasso le spie, non vogliamo essere
controllati, ecc., con l’inevitabile proliferare delle due solite fazioni, i
liberals di sinistra e i conservatori di destra, è montato un inedito schieramento
trasversale post-ideologico che invece di parlare di diritti parla di “economia
e banche”. La gente vuole sapere come, quando, quanto, i grandi colossi bancari
d’occidente siano coinvolti nella crisi economica, vogliono essere messi al
corrente subito; a Wall Street è esplosa una grana inconcepibile fino a cinque
giorni fa e si capisce molto bene che non sanno che pesci prendere. La grana di
Wall Street è relativa alle storie raccontate da ex agenti della Cia al prof.
Davies, che hanno spinto ben 123 società di intermediazione bancaria, con sede
a Wall Street, all’azione immediata; si tratta di aziende dove circa un
migliaio di promotori finanziari free lance hanno protestato formalmente
spingendo le suddette agenzie a presentare legittima richiesta di interpellanza
parlamentare al Congresso Usa, presso la commissione economia & finanza,
per avere ragguagli rispetto alla fornitura di “materiale informativo prezioso
e strategico fornito da militari americani in carica, a un ristretto pool di
personalità europee nel mondo bancario, finanziario, mediatico e istituzionale,
i quali hanno potuto godere di informazioni di mercato privilegiate violando le
regole della democrazia di mercato garantite dalla costituzione”. A questo va
aggiunta la lettera aperta firmata Prof. Simon Davies, nella quale dichiara
“Ecco perché non metterò mai più piede per il resto della mia vita sul suolo
americano” (la lettera reca la data del 27 giugno 2013 e la trovate sul suo
blog personale, ha scelto di renderla pubblica) rinunciando al suo eminente
ruolo di docente nella più prestigiosa università diplomatica Usa, la
Georgetown University di Washington. “Se mi vogliono, posso fare lezione in
streaming da Londra” ha dichiarato Davies.
E già questo provoca fibrillazioni non da poco.
Mentre tutto ciò stava accadendo, il presidente della
Bolivia, Evo Morales, si trovava a Mosca per partecipare a un importante
convegno internazionale che raduna i più importanti produttori di gas al mondo
(Italia quindi esclusa); ci partecipava per la prima volta dato che la Bolivia,
fino a sei anni fa “ufficialmente” non produceva nulla essendo tutte le aziende
locali nelle mani di multinazionali straniere. Ora è diverso. Il gas boliviano
è gas boliviano. Finito il convegno, il presidente è salito sull’aereo della
aereonautica militare boliviana per ritornare a casa, con tappa prevista su
suolo europeo per motivi tecnici. . A
Roma gli è stato negato l’atterraggio. A Parigi gli è stato negato
l’atterraggio. A Lisbona gli è stato negato l’atterraggio. Lì è finita
l’Europa: è riuscito ad atterrare a Vienna. Buon per gli austriaci.
Contemporaneamente, in quel di Lusitania, il ministro degli
esteri portoghese si dimetteva.
Con furore.
Si chiama Paulo Portas, ed è una delle figure politiche più
importanti del Portogallo.
La sua dimissione fa seguito a quella del Ministro delle
Finanze Victor Gaspar (uomo di ferro cultore dell’austerità) quattro giorni fa.
La nuova nomina era stata attribuita a Maria Albuquerque, in soldoni una
vecchia amicona della Merkel. Il ministro degli esteri Portas ha protestato
dicendo “lei mai, la Germania sta esagerando” e in Portogallo si è scatenato il
putiferio. Lui ha perso e l’hanno buttato fuori. Ma il signor Paulo Portas non
è il solito politicante, è la figura più famosa del paese ed è attivo da 35
anni. E’ figlio di Nuno Portas, grande attivista per i diritti civili e
dell’economista Helena Cabral. La sua famiglia appartiene a una lunga
tradizione di cattolici sociali, suddivisi in due tronconi: il vecchio padre Nuno
è il più progressista (amico intimo di Rafael Correa e di Cristina Kirchner,
cultore della necessità di un’opera francescana e nemico giurato dello Ior e
dell’Opus dei) la mamma Helena è la più tradizionalista, e il fratello Miguel è
il più estremista, leader del movimento nazionale per la sovranità nazionale e
l’immediata uscita dall’euro. Paulo Portas è stato anche ministro della difesa,
e nel corso del suo mandato era stato (2008 e 2010) al centro di una oscura
vicenda che aveva visto coinvolti Lisbona e Berlino, passato alla storia
mediatica portoghese con il nome di “o caso de o submarinos”, esploso in tutta
la sua virulenza tre anni fa in quel di Portogallo, da cui era venuto fuori che
alcuni accordi economici e finanziari a Bruxelles avevano imposto al Portogallo
l’acquisto di sottomarini tedeschi pena “l’immediata interruzione del flusso
creditizio da parte della troika” con relative tangenti. La vicenda era esplosa
e aveva contaminato il ministro della difesa greco, il quale aveva confessato a
sua volta che identica procedura in Grecia era stata applicata nel 2010. Alla
fine, avevano risolto il tutto, diciamo così, all’italiana: il ministro greco è
finito in galera, identificato come persona corrotta, calunniatore, mitomane.
In Portogallo, hanno imposto a Paulo Portas di dimettersi. La BCE e il Fondo
Monetario Internazionale hanno inviato un pool di ispettori a Lisbona, ma
quando sono arrivati è stato detto loro “tutta la documentazione si è bruciata
accidentalmente e non esiste più”. E così hanno chiuso il caso, licenziando
Portas. Ma lui si è portato via 65.000 file
segreti che fanno riferimento a tutte le attività “ufficiali” tra le
istituzioni finanziarie portoghesi, le industrie tedesche e la BCE (la vicenda
è stata resa pubblica nel 2012). Grazie a quei file è successivamente rientrato nel governo come ministro degli
esteri. Ma quattro giorni fa, a Lisbona si è scatenato il putiferio. Perché
Portas ha protestato il ministro delle finanze costringendolo alle dimissioni.
Ha successivamente dichiarato che non sono affatto contenti delle decisioni
prese prima in Irlanda al G8 e poi a Bruxelles e non seguiranno le indicazioni
della troika, infine è stato costretto a dimettersi su richiesta della BCE.
Portas ha fatto sapere che l’ultima riunione a Bruxelles ha rappresentato una
“accelerazione in progressione geometrica delle politiche di austerità che
distruggeranno il Portogallo e altre nazioni in poche settimane”. Stessa cosa
sta accadendo in Grecia dove la troika ha dato al governo 48 ore di tempo per
approvare il piano di licenziamenti imposto nei confronti di 45.000 dipendenti
pubblici, pena la cancellazione di un prestito di 8 miliardi di euro. A Lisbona sostengono che a Bruxelles hanno
usato il pugno duro nei riguardi di tutti. I greci lo confermano a livello
ufficiale. Soltanto Enrico Letta è contento.
Ma lui, è cosa nota, è pre-Maya.
Portas ha dichiarato questa mattina “Che il Signore possa
illuminare la via di Snowden, e che il Santo Padre, da Roma, ci benedisca
tutti; ci sembra che la linea sia quella”.
Alle ore 13 di oggi, l’ambasciatore boliviano a Roma Antoliano
Ayavari ha tenuto una conferenza stampa nel corso della quale ha protestato
ufficialmente contro il governo italiano, consegnando nelle mani di Emma Bonino
l’atto formale, definendo l’atto del governo “lesivo della dignità di un popolo
amico e un atto che viola il rispetto delle norme internazionali di sicurezza
posizionandosi al di fuori della Legge”. La Bolivia ha annunciato che denuncerà
il governo italiano all’Onu. Denunceranno anche il governo francese e quello portoghese e chiederà “un dibattito in aula a New York su
questa vicenda”.
Penso che in Italia i media cercheranno di parlare poco o
nulla della vicenda.
In Sudamerica, Australia, Nuova Zelanda e Usa, invece, la
percezione collettiva è completamente diversa. Si ha la netta sensazione che,
poco a poco, goccia dopo goccia, alcuni “file sensibili” di Snowden stiano già
circolando e i governanti europei si trovano dinanzi alla possibilità di
scegliere da che parte stare e come usare quel materiale.
La dichiarazione di Emma Bonino non merita commenti.
Nel fornire spiegazioni ufficiali sul perché non ha dato
asilo politico a Snowden ha detto: “La domanda è stata presentata via fax e non
di persona quindi non vale”.
Riassumendo per sintetizzare:
ritorniamo ai tempi della guerra delle due Cristine, ai tempi
dello scontro tra politiche iper-liberiste eurocentriche e quelle keynesiane,
con i sudamericani in prima linea nello spingere verso una lettura nuova e più
ampia del problema: è finita l’epoca dei grandi imperi (militari o finanziari è
irrilevante) e in un pianeta piccolo le nazioni hanno il diritto e il dovere
“etico” di pretendere l’autoregolamentazione, l’affermazione della propria
sovranità, affermando un principio (base portante del post-Maya) di necessità
di chiarezza e trasparenza per abbattere il cancro politico del nostro pianeta:
il potere occulto, i club delle elite, l’esercizio sotterraneo, clandestino e
nascosto, nell’amministrazione dei popoli, delle nazioni, delle vite di ogni singolo
cittadino privato.
Ciò che l’affaire Snowden ci sta insegnando, e non è un caso
che vi sia finito dentro il fondatore-ideatore di quella che io definisco l’era
post-Maya, è proprio questo: le esistenze sono nostre e abbiamo il diritto di
salvaguardarle e di decidere come gestirle; non esistono stati, popoli, etnie,
gruppi, classi, individui, superiori ad altri. Snowden ci aiuta a comprendere
la necessità inderogabile di passare da Cosa Nostra a Casa Nostra, per
abbattere la mafia mentale delle omertà che ogni nazione si porta appresso.
Nel 1961 Leonardo Sciascia scriveva: “Temo che l’Italia stia
per diventare sempre di più Sicilia”.
A me sembra, parafrasando Sciascia, “che l’Europa sta
diventando sempre più Italia”.
Edward Snowden porta la necessità di un vento di chiarezza in
Europa.
Paulo Portas, lusitano, porta la furia civile dei cattolici
sociali contro l’esclusione: Papa Francesco comincia a dare i suoi primi frutti
reali.
Evo Morales, indio sudamericano, e l’ignobile maniera in cui
è stato trattato, ci ricordano che il Diritto è un elemento imprescindibile
della Civiltà. Non solo in Europa, dovunque.
Il totale e chiassoso silenzio della classe politica
dirigente italiana sull’affaire Snowden la dice tutta sulla pochezza attuale di
noi italiani.
Siamo fuori dal dibattito internazionale.
Da noi non danno più, ormai, neppure le notizie su ciò che
accade nella cronaca, pur sapendo che la gente attraverso la rete e il
satellite se le può guardare alla tivvù o sul web.
Così va oggi l’Europa.
In conclusione un commento sull'immagine che vedete in bacheca.
E' una sintesi tra un mouse del computer e il mandala, che contiene lo ying e lo yang.
Mi sembra una buona coniugazione tra l'antica saggezza della civiltà orientale e l'innovazione tecnologica della società occidentale.
L'armonia verso la quale tendiamo passa attraverso entrambi.
Mi sembra un ottimo simbolo come didascalia dell'era post-Maya.
Che ne dite?
I capi di stato dell'America centro-meridionale dovrebbero cominciare a viaggiare per un mese dal proprio paese alla Russia. Voglio vedere l'Europa che blocca Lula & company ogni volta che sorvolano i loro cieli.
RispondiEliminaCiao Sergio
RispondiEliminaChe ne pensi di queste voci sempre più insistenti che dicono che l'Argentina sia di nuovo alla bancarotta?
Ps sei riuscito a guardare hangouts di google+ dove c'è io mio msg?
Grazie
Tiziano
Leggi qui:
Eliminahttp://goofynomics.blogspot.mx/2013/06/argentina-pasquino-e-la-presidenta.html
E il blog di Alberto Bagnai,economista ed è post Maya
ciao grazie per l'indicazione
Eliminaho fatto questa domanda a Sergio proprio perchè avevo letto l'articolo di Bagnai sul fatto proprio 3-4 gg fa
t
google, facebook, apple, monsanto.... s.pa. paramilitari.
RispondiEliminaquesta è la repubblica massonica che teme di esser scoperta.
i ventriloqui politici come obama sono inutili.
sono gli ad di questa multinazionale paramilitare che temono di finire sulla ribalta
e ci finiranno per quello che sono: un esercito di pinches tiranos ehehehheh...
dovremmo ringraziare tutte queste piccole anime. davvero. akueo.
Citlali Vac il y a 4 heures via mobile Ça chauffe, les alliances se font...
RispondiEliminahttp://m.pcinpact.com/news/80982-snowden-france-contraint-president-bolivien-a-atterrir-d-urgence.htm
Le mercredi 03 juillet 2013 à 11:03 Marina : aime ça.
• • • Citlali Vac Bientôt dans les livres d'Histoire ?
• il y a 4 heures via mobile • J’aime
• •
• Citlali Vac Moi je me sens bien, le cul entre trois chaises : Europe, États-Unis, Amérique Latine.
• il y a 4 heures via mobile • Je n’aime plus • 3
• •
Rosanes V Pour chacun tu es une potentielle terroriste!! Vedha retro citlalas!!!!
• il y a 2 heures • J’aime • 1
•
• Rosanes V :hohohoho tut tut!! il y a 2 heures • J’aime
• Boudjemaa Sedira Profites-en au cas où ça ne durerait pas ; mais je ne vois pas pourquoi... Les gesticulations et embarras actuels me font penser aux ailes des moulins à vent donquichiottesques, en moins fantasques et plus mesquins.
• Marina : C'est tout de même scandaleux la position qu'a prise la France !!!!!!! il y a environ une heure • J’aime • 1
• Boudjemaa Sedira Sûrement dans "notre naïve optique" qui n'inclut pas "la Raison d'Etat" : pourquoi le corps militaire diplomatique international devrait-il concéder à Snowden ce qu'il a refusé à +Rudolf Hess ?
RAPPEL : parce qu'il avait gagné à bord d'un Messerschmidt Bf 110 l'Ecosse, le 10 Mai 1941, pour tenter de "négocier une paix séparée" avec l'Allemagne, +Rudolf Hess sera condamné à la détention à perpétuité par le Tribunal de Nuremberg, et cette peine sera imprescriptible :
a) (source Wikipédia) : Les forces alliées, les États-Unis, l'URSS, la France et le Royaume-Uni, trouvaient important de garder Rudolf Hess dans la prison de Spandau, notamment en tant que dernier symbole de leur alliance, qui commençait à s'effriter36...
b) les codes militaires internes à chaque hiérarchie considèrent qu'il ne saurait y avoir de prescription pour une conduite suspecte de "haute trahison" envers sa propre hiérarchie militaire...
c) indépendamment de la différence de degrés et de contextes entre les deux cas, le Corps Militaire Diplomatique international doit dissuader ses membres, collaborateurs et informateurs de suivre, par "tous les moyens", un tel exemple...
il y a environ une heure • J’aime
Ottima analisi Sergio,come sempre.Rimango scettico sulla capacita'-reazione dei popoli addomesticati occidentali
RispondiEliminahttp://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=79964&typeb=0&La-Superpotenza-apre-la-caccia-grossa-ai-dissidenti
RispondiEliminaper quanto riguarda la capacità di reazione dei popoli e dei DIVERSI non la sottovaluterei , vi allego questo interessante articolo di Donella Meadows , sottolineando soprattutto "LA FORZA DEI CICLI DI FEEDBACK NEGATIVI RISPETTO AGLI IMPATTI CHE STANNO CERCANDO DI CORREGGERE" e il loro legame con l'informazione, la trasparenza e la verità . Ad esempio Mikhail Gorbachev salì al potere in URSS, aprì i flussi di informazione (glasnost), cambiò le regole economiche (perestroika) e guardate cosa è successo. Molto bella la conclusione ... "Più grande è il punto di leva, più il sistema resisterà a cambiarlo – questa è la ragione per cui le società tendono a far sparire le creature veramente illuminate.
RispondiEliminaI punti di leva magici non sono facilmente accessibili, anche se sappiamo dove sono e che direzione dargli. Non ci sono biglietti a basso prezzo per la conoscenza. Bisogna lavorare su ciò che significa analizzare rigorosamente un sistema o rigorosamente liberarsi dei propri paradigmi e gettarsi nell'umiltà del Non Sapere. Alla fine dei conti, sembra che il potere abbia meno a che fare con lo spingere i punti di leva che con lo strategico, profondo, pazzo lasciar andare." http://ugobardi.blogspot.it/2012/11/punti-di-leva-dove-intervenire-in-un_25.html