giovedì 22 marzo 2012

Il fantasma della Libertà. Viva il 22 marzo.....

di Sergio Di Cori Modigliani

Libertà libertà libertà.
Ma che bella parola. Dovunque, in ogni paese.
Peccato che sia diventata, in Italia, un termine insensato, e quindi insignificante.
Ha un sapore retorico, demagogico, piatto.
Perché negli ultimi decenni, in maniera martellante quanto manipolatoria, contundente quanto vessatoria, hanno sottratto prima il Senso e poi il Significato.
Basterebbe pensare alla geniale intuizione pubblicitaria di attribuire alla combriccola di faccendieri lombardi il termine “Partito delle Libertà” per comprendere con quale diabolica astuzia mediatica siano stati capaci di sedurre e ipnotizzare, prima, e narcotizzare addormentando, poi, le menti pensanti di questo Bel Paese che fu.
Soprattutto delle belle menti pensanti di Milano, la cosiddetta capitale morale.
Liberi, sì.
Di perseguire il malaffare e il tornaconto privato a scàpito della collettività.
E’ una libertà anche quella. E la responsabilità è di chi la ha votati, e di chi ci ha creduto.
Rricompattarsi e restituire alla “Libertà” un nuovo Senso e Significato, lo ritengo, pertanto, un momento fondamentale per costruire un’alternativa probabile, possibile, imprescindibile per la coscienza e consapevolezza nazionale. Alla quale io ci tengo. E spero anche voi.
Perché oggi, questo discorso?
Perché oggi è il 22 marzo.
E io sono italiano.
Ancora di più, figlio di una madre milanese innamorata della storia di Milano.
Una ventina di giorni fa, chiacchierando con un mio amico che lavora per un importante società di studi demoscopici nella capitale lombarda, gli ho chiesto se fosse possibile fare un certo test. Per fortuna la cosa è stata possibile realizzarla a costo zero, approfittando di tutt’altro studio, all’interno del quale hanno inserito una certa domanda.
Il risultato è agghiacciante.
A Milano, una delle più importanti vie di scorrimento della città si chiama “Corso XXII marzo”. Viene battuta da migliaia e migliaia di automobili e pedoni ogni giorno. E’ un’arteria che attraversa la città da una parte all’altra.
Hanno chiesto a un campione selezionato di milanesi doc di 1756 cittadini se sapessero perché il viale si chiamasse così e che cosa quella data ricordava.
Il 76% delle risposte è stato “non ne ho la minima idea”.
La gente ha addirittura perso la curiosità, oltre alla cultura del territorio.
Trovandoci, inoltre, ancora all’interno delle celebrazioni per il 150esimo anniversario dell’unità d’Italia pensavo che oggi sarebbe stata una giornata dedicata al ricordo di quel giorno.
E invece no.
Nulla.
Neanche una menzione.
Certo, non c’è da stupirci, visto che il management del consiglio regionale della Lombardia, con sede –per l’appunto- a Milano- risulta tutto indagato per corruzione. Tutti i partiti coinvolti, con l’unica eccezione dell’Idv di Antonio Di Pietro.
Su questa data sono concordi tutti gli storici.
E’ la data che segnala e indica nei libri di Storia l’inizio ufficiale del Risorgimento.
E’ la data che indica il risveglio della nazione.
E’ la data che ricorda la prima vittoria di popolo italiana. Per la Libertà d’Italia.
E’ la data che dà inizio alla prima guerra d’indipendenza.
Perché il 22 marzo del 1848, dopo 69 ore di battaglia per le strade, il comandante del popolo milanese in rivolta, Carlo Cattaneo, coadiuvato da Luciano Manara, Enrico Dandolo ed Emilio Morosini, dopo aver sbaragliato 20.000 soldati delle truppe del feldmaresciallo Radetszki, occupavano Palazzo Marino, issavano il tricolore bruciando la bandiera austro-ungarica e dichiaravano decaduto il Regno Lombardo-Veneto.
E’ iniziato così, il Risorgimento.
E a condurre la rivolta popolare, in prima fila con il suo bel fucile spianato, non c’era un facinoroso, neppure un militare, né un terrorista, né un agitatore avventurista con smanie truffaldine. No. C’era uno scrittore.
Si chiamava Carlo Cattaneo.
E insieme a lui, in piazza, in prima fila, c’erano musicisti, pittori, intellettuali, docenti di filosofia morale all’università, insegnanti, industriali, la classe còlta dell’epoca, che aveva approfittato dell’opportunità di frequentare i salotti che contavano per contagiare del proprio entusiasmo e furore civico la borghesia imprenditoriale lombarda, che finì per assumersi la responsabilità storica di finanziare, sponsorizzare e sostenere la rivolta popolare, meglio nota con il termine “le cinque giornate di Milano”.
Restituire un Senso e un Significato al termine “Libertà”, oggi, vuol dire recuperare il filo della nostra memoria storica nei suoi episodi salienti. E’ l’unico antìdoto praticabile contro l’Alzheimer psico-sociale che ha colpito la nazione, ormai immemore e preda dell’amnesia collettiva dei propri momenti migliori.
Certo, i tempi sono cambiati.
Eppure c’è ancora qualche italiano che si occupa della Libertà.
E nel senso alto del termine.
Non lo vedete nei talk show; lì non lo invitano perché non sanno neppure che esista.
Oggi, infatti, il potere costituito –e tutti i suoi complici- si manifesta e si esplica attraverso la “libertà di praticare il silenzio sull’attività delle menti pensanti”.
Anche questa è una libertà.
Da cui, la citazione in bacheca dello splendido film (il suo penultimo) di Luis Bunuel, del 1974 “Il fantasma della libertà”, opera surrealista squisita, vera chicca piena di episodi grotteschi e paradossali dove si vede un gruppo di francesi repubblicani con il berretto frigio che invade la Spagna franchista, un gruppo di frati che giocano spasmodicamente a poker usando come carte dei santini, e dove la Giustizia borghese funziona a rovescio. Un giovane intellettuale viene sottoposto a processo a Parigi ma viene condannato perché trovato colpevole. Massima pena: “lei è condannato quindi alla libertà per sempre; i gendarmi tolgano subito le manette all’imputato. E’ stato condannato e quindi deve essere subito accompagnato fuori dal palazzo di giustizia perché affronti la libertà del mercato e viva quindi la sua schiavitù. La legge è stata applicata con giustizia”. L’imputato si mette a piangere, l’avvocato lo consola e gli promette che farà ricorso. Poi, tra lacrime e singulti lo accompagnano all’uscita per affrontare il suo ingresso nella vita di massa che lo aspetta.

La mente pensante che vi propongo in questo 22 marzo, per ricordare i moti di Milano del 1848, è un filosofo italiano. Eccelso cervello. Si chiama Giacomo Marramao. Autore di molti libri, professore incaricato di Filosofia Teoretica alla Sapienza di Roma, acclamato e riconosciuto e stimato in tutta Europa. Si occupa di “simbolica e significati del Potere”. A novembre del 2011, per le edizioni Bompiani di Milano, è uscito un suo breve studio, che si intitola “Contro il potere”. Quel libro è una delizia. Un piccolo lingotto d’oro intellettuale.
Nessuno ne ha parlato. Nessuno lo ha intervistato. Nessuno lo ha recensito.
E’ una libertà anche questa, intendiamoci.
La libertà è così, altrimenti che libertà sarebbe?
Ciascuno pubblica ciò che vuole. E i media parlano di ciò che vogliono. Cioè di idiozie.
Appunto.
E’ la versione liberista della Libertà.
E’ così che ci hanno infinocchiati.
Non è la versione democratica.
Il libro non è facile, ma neppure complicato. E’ complesso. Ci mancherebbe che non lo fosse: si occupa di complessità, quindi usa il ragionamento. Analizza soprattutto il testo di un grande genio pubblicato negli anni’40, il libro “Massa e Potere” di Elias Canetti e il prof. Marramao ci spiega che il potere non lo si può eliminare, non lo si può “sopprimere” perché è parte integrante del nostro essere “ogni tentativo di 'superarlo' - sopprimendo questa o quella forma del suo esercizio - non ha finora fatto che potenziarlo. Il potere deve essere, invece, sradicato, sovvertito nella sua logica costitutiva: la logica dell'identità, innervata nell'illimitatezza del desiderio e nella doppia scena paranoica della paura e della morte dell'altro. Tracciare una linea di frattura e di opposizione al potere significa, nel cuore del nostro presente globale, spostare il focus sui soggetti e sulla loro potenza di metamorfosi/rigenerazione. Ma ciò è possibile solo staccandosi dal rumore dell'attualità e riprendendo il filo interrotto di opere solitarie ed estreme”.
E’ un libello che consiglio a tutti. E’ un libro formativo.
Il silenzio su questo libro va in parallelo alla caduta di memoria del 22 marzo del 1848.
Allora, infatti, nonostante l’analfabetismo fosse ben più diffuso di oggi, gli scritti di Carlo Cattaneo li leggevano, eccome. E si infiammavano anche dopo la lettura.
Oggi, invece, siccome c’è la libertà, ci pensa la truppa mediatica a fare in modo che non se ne parli, che non si diffonda, che non venga letto.
Senza brutalità, senza censura, senza clamore.
Basta silenziarlo.
Basta isolare le menti pensanti ed evitare che abbiano un seguito. Se sono scrittori, basta non pubblicarli. E se per caso pubblicano, basta non parlarne. Anche perché, dai padreterni della cosiddetta opposizione (sezione Fabio Fazio, Michele Santoro, Serena Dandini & co.) ci vanno la Santanchè, Fabio Volo, & co. certamente non il prof. Marramao.

Siccome oggi mi è presa di essere più realista del re, cito da tutt’altra fonte, ma sorprendentemente sorprendente, un passo dall’ultimo libro di Giulio Tremonti, sì, proprio lui, l’ex Ministro dell’Economia, grandissimo nemico personale di Mario Draghi e di Angela Merkel. Eh già.
Ve lo eravate dimenticati?
Forse non ve lo avevano detto?
Forse, magari, neppure lo sapevate?
Mi auguro che non pensiate ancora che il mondo si divida in bianco e nero. Troppo facile.
E’ più complesso di così.
C’è addirittura chi sostiene in Germania (tipo herr Junk, commissario tedesco alla BCE che si è dimesso lo scorso agosto contro il proprio governo quando ha saputo che cosa intendeva combinare Draghi in Europa) che tutta la delirante ascesa dello spread e l’attacco contro Berlusconi sia nato come estremo tentativo di far fuori Giulio Tremonti che intendeva opporsi alla Merkel, alla BCE, a Mario Draghi e che intendeva spingere per il varo degli eurobonds, per non immettere il pareggio di bilancio nella costituzione, e c’era il rischio che sobillasse anche i francesi. E siccome al sultano di Arcore l’unica cosa che gli  interessa veramente da sempre sono le sue aziende, dinanzi al ricatto: o andate via tutti o a picco Mediaset & co, ha ceduto. Dopo aver chiuso un accordo per lui perfetto.
Ufficialmente fuori, si  seduto a manovrare dietro le quinte.
Si è liberato di Tremonti, ha chiuso l’accordo con il PD, garantendo baci e abbracci e salamelecchi al ragioniere Mario Monti, purchè eliminassero il reato di concussione così non lo potranno più perseguire e avanti tutta.
Capisco il malumore di chi lo ricorda come il ministro di Berlusconi.
Ma non bisogna farsi obnubilare da un inefficace quanto sciocco odio fazioso.
Se un uomo ci mette la propria firma e rende pubblico il proprio pensiero e ciò che scrive fa fare un salto sulla sedia, ben venga. Soprattutto perché a scriverlo non è un facinoroso dell’ultimora in qualche anonimo blog, bensì uno che per dieci anni ha tastato il polso all’economia europea e sa davvero come funziona il meccanismo, ma soprattutto ha partecipato a tutte le riunioni importanti e sa che cosa bolle in pentola.
Diciamo che Giulio Tremonti è il nostro ufficiale Gola Profonda.
Il suo libro “uscita di sicurezza” edito da Rizzoli e uscito poche settimane fa ha avuto cinque giorni di attenzione. Erano previste 24 interviste e interventi televisivi, dato che l’uomo contava e aveva ancora qualche conoscenza. Le interviste si sono ridotte a 5. Le altre sono state tutte cancellate. Perché ha spiegato come stavano le cose.
Anche lui bandito.
Un nuovo reietto.
E’ libertà anche questa.
Un ex ministro dell’economia scrive un libro nel quale spiega come (lui che la sa lunga) l’attuale governo finirà per strozzare definitivamente l’Italia e nessuno gli dà retta.
Ancora peggio.
Non gli danno né credito né ascolto.
La cosiddetta sinistra d’opposizione preferisce dar retta a Enrico Letta, un eterno aspirante a.
Dice Tremonti nel suo libro “E’ così che oggi in Europa la democrazia non è solo debilitata dall’eccesso di sperequazioni interne, con i ricchi che sono sempre più ricchi e i poveri che sono sempre più poveri, ma anche oggetto di nuove forme di pressione esterna. Con la conseguente aggiuntiva perdita di quote della vecchia sovranità nazionale. Ciò che finora si è visto in Europa e in alcuni Stati è solo l’avvio di quello che, se non si prende coscienza, se non si fa resistenza, si vedrà prendere forma in una crescente traslazione di potere fuori dal campo della democrazia repubblicana, in una non scritta – non serve nemmeno più scriverla- Ermächtigungsgesetz . La legge per i pieni poteri d’emergenza ispirata da Carl Schmitt, e con questa l’emergenza – si ripete – di una nuova forma di fascismo, il fascismo finanziario, il fascismo bianco

Dà da pensare. E tutto spingerebbe ad aver voglia di chiedere la sua opinione. Non vi è alcun dubbio che da Ballarò sarebbe più interessante ascoltare Tremonti che parla di “nuovo fascismo” piuttosto che vedere la Gelmini o la Bindi o la Santanchè o ascoltare Enrico Letta o un sempre più diàfano Stefano Fassina. Sembra che le sue argomentazioni non vengano considerate degne di attenzione.
Figuratevi se può passare il filosofo Giacomo Marramao.
Può essere che questa notte verrò sbugiardato.
E nel talk show di Michele Santoro, in quello di Corrado Formigli, di Bruno Vespa e su rainews24 parleranno del 22 marzo 1848, grazie a un discorsetto di Napolitano che ricorderà gli eventi di quella bella rivolta nata come rifiuto popolare di accettare delle nuove imposte volute dall’imperatore austro-ungarico per risolvere problemi finanziari a Vienna. Dopotutto siamo ancora dentro i festeggiamenti del 150esimo anniversario.
Magari chiameranno Alberto Arbasino, milanese doc adottato (è nato a Voghera che dista 50 chilometri da Milano) lucido intellettuale ancora attivo e sgambettante. Magari chiederanno le opinioni di economisti non bocconiani, le interpretazioni di storici del risorgimento che spiegheranno il perché e il come la borghesia milanese in quel 22 marzo 1848 corse il rischio storico di un’avventura che poteva essere molto pericolosa, guidando la ribellione e il malcontento per modernizzare l’Italia e liberarla soprattutto dalle proprie paure provinciali, dalla continua maledizione di dover prendere ordini dall’esterno.
Forse andrà così.
Staremo a vedere.

Ci tenevo a ricordare e commemorare questa data storica.


4 commenti:

  1. Intanto sono contento che si rivaluti la figura di Tremonti, che, nonostante i suoi trascorsi nel precedente governo, non dimentichiamo essere stato il promotore degli eurobonds assieme a junker. In tempi non sospetti, all'indomani della crisi americana del 2008, denunciava le storture dei mercati finanziari con i suoi strumenti over the counter e gli effetti negativi di una globalizzazione incontrollata senza regole. Tremonti è un postkeynesiano convinto, ma dubito che abbiano fatto pressioni sul governo precedente per cacciare Lui, tra l'altro non è esatto che voleva far saltare il pareggio di bilancio, anzi ne è un fervente sostenitore (lo ricordo anche dalle sue stesse parole in una intervista alla TV.. non ricordo il canale). E' proprio questo il limite dell'approcio di Tremonti nel suo ultimo libro.. parla di new deal rooseveltiano di un piano Marshall per l'Europa, ma ritiene imprescindibile il controllo del debito e il pareggio di bilancio... come fai ad adottare politiche espansionistiche post-keynesiane senza soldi in bilancio?
    Comunque fintantochè, anche con tanti sacrifici, avremo di che sfamarci, non ci sarà nessun 22 marzo... quando non sapremo più come procurarci il cibo e non avremo più nulla da perdere... forse..
    Grazie per il ripasso di storia e i consigli letterari

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  2. Intanto non è un caso che il Risorgimento iniziò con la cacciata degli austroungarici a Milano il 22 marzo 1848, ovvero con l'inizio della primavera. E sicuramente c'è un nesso tra il ciclo naturale e il desiderio dell'uomo di vivere la sua libertà.

    Un popolo senza memoria non è un popolo di uomini liberi, ma di schiavi!

    Tremonti non è certo uno scemo. L'uomo di suo ha un cervello fine, peccato che nei dieci anni del suo ministero abbia dato del suo per rovinare l'economia. Con la finanza creativa e con un colpevole silenzio; è ovvio che è più facile denunciare dopo quando hai poco da perdere, politicamente. Come mai non s'è accorto che il suo ministero, prima Draghi e poi Grilli, aveva scommesso i nostri soldi sui derivati? Due miliardi e mezzo di euro sono già stati pagati a Morgan Stanley, ma Bloomberg parla di 20 e più miliardi di euro italiani a rischio. Per uno che da giovane professore scriveva sul Manifesto non c'è che dire. Però non una parola sul fatto che Monti è l'antitesi della democrazia dal momento che esercita tre funzioni in uno, ovvero presidente del consiglio, ministro del tesoro e del bilancio.Senza alcun controllo interno al consiglio dei ministri, a parte quello istituzionale del parlamento (il minuscolo è voluto).

    Un consiglio: date una lettura qui, è in italiano: http://www.iconicon.it/blog/

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  3. A Servizio Pubblico Santoro preferisce dare spazio a Mastella (si, proprio lui) e a Sgarbi, oltre che al solito e patetico Di Pietro. Altro che Marramao e il ricordo del 22 Marzo...

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  4. Purtroppo per salvare l'Italia ci vorrebbero altre 5 giornate, altri partigiani, altri patrioti. Ma gli italiani se lo meritano visto come si comportano e come votano? Nell'Italia fascita c'era il 70 per cento di fascisti, il 20 per cento di ignavi e il 10 per cento di partigiani. IL giorno della liberazione c'era il 100% di partigiani e dopo le prime elezioni l'80% di democristiani.....

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