lunedì 19 novembre 2018

L'Italia che cambia per non cambiare mai






di Sergio Di Cori Modigliani

 






Se un cittadino francese o tedesco o britannico fosse stato catapultato con una macchina del tempo e teletrasportato dal 1978 (oppure dal 1988) al 2018, si troverebbe in grave difficoltà nel riconoscere la realtà del suo rispettivo paese e impiegherebbe un lungo tempo per capire e adattarsi.
Ma noi italiani, invece, abbiamo inventato un'astuzia scientifica della Storia, perchè per noi non è così.
Un cittadino italiano di 40 o 30 anni fa, catapultato oggi nella realtà odierna, ritroverebbe Bruno Vespa Paolo Mieli Bianca Berlinguer Enrico Mentana Vittorio Sgarbi Massimo Cacciari Lilly Gruber Maurizio Costanzo Giuliano Ferrara, Antonio Padellaro, il prode Marzullo (e tutti gli altri che i media ci segnalano come "quelli che contano") che parlano esattamente delle stesse identiche cose di cui parlavano allora, fingendo di affrontare quelli che lor signori definiscono "i grandi temi dell'attualità del nostro tempo".
Qualche ruga in più, qualche capello bianco, e qualche faccia inedita (ognitanto) ma il risultato è lo stesso.
E' sempre il mondo reale che manca all'appello.
Non è un'assenza da poco.
I risultati si vedono.

4 commenti:

  1. scusi ma lei è un giornalista e fa polemica sul suo mestiere? invidia e frustrazione verso i suoi colleghi di successo?
    come se un sofista ateniese, dopo la sua arringa, si lamentasse della decisione sbagliata presa dal popolo nell'agorà...

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    1. non tocca certo a me difendere il Sig. Modigliani, ma non credo che provi invidia per coloro che Lei definisce impropriamente "colleghi"

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    2. Il fatto che i "signori di successo" siano costretti, per salvaguardare la propria appannata immagine catacombale, ad affidarsi a difese nascoste dietro l'anonimato, spiega molto bene questa fase che l'Italia sta vivendo da diversi decenni. Basata su una lettura mercatista della vita che attribuisce valorialità apicale al "successo" non contempla l'esistenza di scelte diverse. Il trionfo italiano dei falliti di successo (e dei loro eredi, adepti, tifosi o seguaci che dir si voglia)conferma la supremazia della visibilità e della clientela sulla sostanza e sulla libertà da schieramenti partitici. Così prosegue l'affermazione del pensiero debole che deve sempre poggiare su una divisa ben riconoscibile dal gruppo di appartenenza. Quella che oggi si chiama, santificandola "odiens". E così si manifesta il pensiero debole, ovvero la tendenza a pedinare lo spettatore, il lettore, l'elettore, rinunciando alla pedagogia e all'affermazione della propria idea sostenuta dall'assunzione di responsabilità del proprio pensiero, a dispetto del consenso.

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  2. ....infatti la TV la guardano le stesse persone di 40 anni fa.

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