di Sergio Di Cori Modigliani
23 Maggio 2014.
Non ci sarà molto spazio, oggi, per commemorare la data. Va comunque fatto.
Perchè
da quel giorno, 22 anni fa, è iniziato "ufficialmente" il declino del
nostro paese, la sua discesa nel sotterraneo della civiltà,
l'accettazione istituzionale del principio per cui ci si incontra, ci si
frequenta, e si decide insieme dei destini collettivi della nazione,
soltanto negli anfratti nascosti oscuri e clandestini del potere, là
dove -da sempre- boiardi, big della finanza internazionale e importanti
boss della criminalità organizzata decidono le strategie business del
malaffare, il cui fine consiste nell'impoverire i territori, ricattare i
governi, impossessarsi con la violenza e l'illegalità di intere
nazioni, strozzando le vite, distruggendo le esistenze.
22 è un numero magico. Nella smorfia indica il matto, il jolly, l'imponderabile.
Anche nella Cabala.
22
anni fa, il 23 maggio 1992, la mafia siciliana assassinava il
magistrato Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, e i tre
agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Da quel momento l'Italia è piombata nel buio della ragione civile, per
diventare ciò che è oggi, un paese in cui i magliari diventano
presidenti di importanti banche e godono di stima e rispetto collettivo.
Essendo
l'ultimo giorno utile di campagna elettorale se ne parlerà poco, il che
comporta l'aspetto positivo di risparmiarci dalla consueta ipocrisia
demagogica nel vedere i distratti complici dei criminali celebrare
l'eroismo dei "servitori dello Stato".
Ma
in questo 22esimo anniversario della strage di Capaci c'è un piccolo
evento folcloristico, spettacolare, che forse annuncia -proprio come il
numero 22 indica e suggerisce- il simbolo e l'inizio di un cambiamento
per il nostro paese: da Civitavecchia arriva a Palermo uno speciale
traghetto chiamato "la nave della legalità" sulla quale ci sono giovani
italiani di ogni estrazione e regione, molti dei quali non erano neppure
nati nel 1992, che hanno scelto e deciso di manifestare in questo modo
la loro igiene mentale comunicando a tutti di non essere ammalati di
Alzheimer sociale. Ad attenderli, a Palermo, ci sarà Francesca Falcone,
sorella del magistrato ucciso. Ha dichiarato: "I ragazzi devono
ricordare Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tutte le altre vittime
della mafia non per la loro morte ma per i loro valori e la loro vita".
Si
tratta di un piccolo evento che ci tenevo a diffondere perchè lo
considero indicativo di un cambiamento di rotta mentale collettivo, in
senso positivo.
Oggi
si conclude la campagna elettorale per le europee nella quale si è
parlato molto spesso troppo poco dell'Europa, ma si è parlato, si è
discusso, si è dibattuto, ci si è anche insultati, azzuffati,
arrabbiati. Nel 2009 nessuno neppure si era accorto che c'erano le
elezioni. Allora, un popolo passivo, narcotizzato, nel pieno di una
gigantesca crisi economica (di cui tutti i partiti negavano l'esistenza)
andò a votare dei pensionati di lusso come pecore inerti.
Se non altro, quest'anno, di sicuro non sarà così.
La
strage di Capaci annunciò, allora, nel 1992, l'inizio del genocidio
culturale di una intera generazione, quella che ha prodotto cinismo,
ignoranza e indifferenza, ben rappresentata dalle statistiche della
commissione europea che attribuiscono alla Danimarca il 93% di presenze a
Bruxelles, alla Germania il 90% e alla Francia l'87%: sono le
percentuali di partecipazione dei deputati eletti. L'Italia è ultima,
intorno all'11%. Il record spetta a Debora Serracchiani (1,2% di
presenze) e Matteo Salvini (0,1%). In compenso la Serracchiani, in
questi 5 anni, ha partecipato a 358 trasmissioni televisive come
deputata europea e Salvini a 687, record storico europeo. Entrambi poco
parlato di Europa, dato che probabilmente non avevano nulla da dire al
riguardo.
Anche questo è il frutto e il risultato dell'Italia cinica, indifferente e narcisista, nata dalla strage di Capaci.
Dal
22esimo anniversario in poi, non sarà più così, perchè l'Italia sta
cambiando e la gente si sta svegliando, cominciando a rendersi conto di
come stanno le cose.
Cinque
anni fa i banchieri che sono stati arrestati nell'ultimo mese erano
intoccabili, e diverse personalità oggi inquisite o arrestate erano
oggetto di venerazione come prodotto del culto italiano della deferenza
servile.
Il concetto di cittadinanza attiva ha fatto irruzione nella vita politica italiana e l'ha cambiata.
Questo è il Senso del "vinciamo noi" che non è uno slogan da dimenticare il 27 maggio.
Vinciamo noi
è un segnale del fatto che abbiamo già vinto la nostra sfida contro il
cinismo, il narcisismo egotista, la corruttela, l'indifferenza, la
rassegnazione.
"Vinciamo noi" è l'eredità che ci hanno lasciato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Perchè
oggi, soltanto oggi, questo paese, 22 anni dopo -da cui la magia del
numero- si sta alzando in piedi per comunicare a gran voce di aver
capito quale sia la posta in gioco.
O
vince la criminalità organizzata del malaffare, legata a doppio filo
alla politica clientelare, o vince la cittadinanza e l'intero paese.
Ciò
che lo Stato ha scelto di non voler fare (cioè "vincere") nel 1993,
scendendo a patti con la parte più criminale della società invece che
scendere a patti con la sua parte migliore, quella più espressiva, più
produttiva, più creativa, più ricca di idee, hanno deciso di farlo gli
italiani per conto proprio.
Quel
modesto traghetto pieno di giovani entusiasti che da Civitavecchia va a
Palermo e viene accolto dalla sorella di Falcone è un bellissimo
segnale spettacolare che firma il vinciamo noi.
Mentre
lo Stato implode crollando su se stesso giorno dopo giorno, i cittadini
si organizzano sapendo che spetterà a tutti noi andarlo a ricostruire.
E' la nostra responsabilità, è il nostro dovere civico, la nostra
ambizione, il nostro progetto.
Qualunque sia l'esito elettorale delle urne il 25 maggio, per quanto mi riguarda, abbiamo già vinto.
Gli italiani cominciano a capire che la scelta è tra Cosa Nostra e Casa Nostra.
E' per questo che vinceremo noi cittadini.
Quella è la nostra ricchezza.
E' la splendida eredità che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ci hanno lasciato.
Facciamola fruttare, non dilapidiamola.
E' ancora il momento, oggi più che mai, di alzarsi in piedi e dire a squarciagola:
"No. Io non ci sto. Quelle cose, io non le faccio".
E rimettere le cose a posto, passando da Cosa Nostra a Casa Nostra.
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