venerdì 30 agosto 2019

La solitudine dell'animo femminile






di Sergio Di Cori Modigliani


In pratica, a proposito del festival di Venezia, in questi giorni, si parla di tutto tranne che di cinema.
Nel senso, quello vero, strutturale.
Leggendo decine di resoconti stampati non è stato possibile scovare (nè ascoltare da sedicenti critici alla tivvù) un rigo, una parola, un cenno, un vago accenno di sfuggita, alle immagini, a una specifica immagine, alla fotografia del film X realizzata dal regista Y della nazione vattelapesca.
Nulla.
L'Italia è stata per circa 40 anni maestra sublime nell'arte della fotografia nel cinema. 

I francesi morivano dall'invidia.
La più grande (e più lacerante) perdita culturale del nostro paese è stato l'affossamento della fotografia.
La fotografia è sempre stata e rimane la base strutturale del linguaggio cinematografico.
Senza fotografia non c'è film, non può esistere.
Oggi abbiamo paparazzi che hanno sostituito i fotografi.
Buona fortuna a tutti.

(l'immagine in bacheca è datata 20 settembre 1960. Nella didascalia è anche scritta la data esatta: ore 7.50 del mattino. La donna fotografata è l'attrice Jeanne Moreau.
Il fotografo è Michelangelo Antonioni.
Il titolo della fotografia è: "La solitudine dell'anima femminile".
sottotitolo: appunti di preparazione per il film La notte.
Venti giorni prima di iniziare le riprese, Antonioni telefonò a Jeanne Moreau e le disse. "Signora, se non le dispiace dovrei farle un centinaio di fotografie di prima mattina per comprendere fino in fondo con che tipo di donna mi devo confrontare. Saremo noi due da soli, io e lei.".

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