giovedì 23 maggio 2019

Cambia il mondo. Il mondo ci cambia. Ma in Italia niente di nuovo sotto il sole. E in Europa?


Il 30 Maggio del 2015, accorgendomi con inquietante dolore che l'Italia e l'Europa non avevano subito neppure lo spostamento di un millimetro nei precedenti due anni, riproposi ai lettori di questo blog un post del 2013, proprio per sottolineare il fatto che la situazione era pressochè identica. 
Oggi è il 23 Maggio del 2019 e siamo alla vigilia delle elezioni europee, convinti di star vivendo una congiuntura attuale totalmente diversa da quella del 2016, 2015 o 2013.
Penso che si tratti di una pia illusione: altro non è se non il trionfo dei politici imbonitori che vogliono farci credere che la congiuntura dell'attualità sia completamente diversa da prima. Non stiamo meglio di quanto non stessimo quattro anni fa o sei anni fa. 
Ma neppure peggio. 
Siamo semplicemente immobili, sequestrati da uno status quo funebre, tanatogeno, che certifica, definisce e sigla la morte del Desiderio. 
E, di conseguenza, elude (e quindi condanna) i nostri intimi e autentici desideri.

Ripropongo, pertanto, oggi, il post del Maggio del 2013 (quando si annunciò l'inizio di un cambiamento epocale per l'Italia) con l'aggiunta del cappello scritto due anni dopo nel 2015.
Buona lettura.

Sosteneva Il sottoscritto due anni fa:
"Il 29 Maggio del 2013 l’Europa, sia a est che o ovest, sia a nord che a sud era molto molto diversa. Così come era molto diverso il quadro geo-politico internazionale. L’Isis ancora non esisteva. Non c’erano le sanzioni contro la Russia. Esisteva ancora l’embargo all’Iran, oggi divenuto alleato prezioso degli Usa. La Grecia annaspava guidata da un fedele e servile Samaras, piatto esecutore degli ordini della Troika. In tutta Europa, oggi, il dibattito è animato e ferve di contenuti stimolanti, due anni fa considerati impensabili.
Oggi al pomeriggio, mentre ripulivo il mio vecchio blog, mi sono imbattuto in un un post che avevo scritto a Giugno del 2013, quando il contesto politico mondiale era molto diverso da quello attuale. Già alle prime righe mi ha colpito accorgermi quanto ancora quel post fosse drammaticamente attuale, perché in Italia siamo rimasti al palo. Rispetto al Giugno del 2013, siamo nella stessa identica situazione esistenziale.
Sottoscrivo ciò che sostenevo allora e quindi mi auto-cito e lo riposto, 24 mesi dopo, con la stessa foto di copertina.

Sosteneva Di Cori Modigliani nel giugno del 2013:
Oscenità o seduzione? Questo è l'unico referendum che conta, altro che euro.
“Che noia, la vita in Italia.
Altro che euro! 
Bisognerebbe fare un referendum per scegliere tra “oscenità e seduzione”. 
Questo sì è un argomento serio che va a toccare la spina dorsale dell’esistenza di tutti.
Per mia fortuna, non sono single. Per come sono fatto di carattere, a me piace essere plural. Se non fossi accompagnato, mi cercherei una donna e quindi mi metterei a caccia di una femmina giusta per me. Il che non sarebbe facile. Data l’età, e una notevole serie di discriminanti, sia che fossi in Italia, a Parigi, New York o Buenos Aires, le difficoltà di azzeccare una compatibilità sessuale, affettiva, emotiva, sociale, culturale, politica, sarebbero le stesse. Magari, all’estero, aggravate dal fatto che le donne locali parlano un’altra lingua e hanno usi, norme e consuetudini molto diverse da quella mia di origine, smaccatamente italiana.
Così, in teoria.
In verità, in Italia, leggendo i più recenti dati statistici, si evince che sarebbe molto ma molto più arduo, perché in Italia è stata annullata la seduzione, e quindi l’erotismo. E’ stata sostituita dall’oscenità che è la morte dell’erotismo e dello scambio ludico esistenziale tra le persone.
Il danaro, nell’immaginario collettivo della nazione italiana, è diventato il primo valore assoluto, il secondo è il lavoro, il terzo è il cibo, il quarto è il turismo, il quinto è la salute, il sesto è il sesso, e la seduzione si aggira intorno al dodicesimo posto. Direi piuttosto in linea con il 69esimo posto della libertà di stampa.
La seduzione, da noi, è stata abolita, il che ci spiega la vera ragione per cui è molto difficile vedere uno splendido film italiano, leggere un’ammaliante romanzo italiano, rimanere avvinghiati dalle parole suadenti di un qualsivoglia ospite di talk show televisivo -indifferentemente maschio o femmina, di destra o di sinistra, meridionale o settentrionale, giovane o anziano- dato che l’erotismo dell’esistenza è stato sostituito dall’obbligo sociale di aderire al nuovo concetto di massa dell’oscenità. Basti pensare che hanno convinto l’intera popolazione italiana del fatto che gli economisti sono i veri depositari della chiave per risolvere il costante declino del Paese, il che è davvero ridicolo (oltre a essere davvero osceno, dal punto di vista intellettuale, in maniera inquietante). L’economia, infatti, non è una scienza, lo sanno tutti. La particolarità di tale disciplina, infatti, consiste nel fatto che la validità e la veridicità di una teoria viene confermata soltanto dopo la sua esecuzione pratica, e mai prima.  Con inevitabili potenziali sconquassi, come quello attuale. La signora Christine Lagarde, la segretaria che presiede il Fondo Monetario Internazionale, ieri mattina ha candidamente ammesso che “ci siamo sbagliati nelle nostre previsioni”. Ve lo vedete Galileo mostrare dei dubbi di fronte all’idea che forse il pianeta Terra non gira intorno al sole? La scienza vera, cioè la matematica, la fisica, l’astronomia, l’ottica, l’astrofisica, la biologica, la chimica, ecc, non applicano dei modelli teorici, perché sono esatte. L’economia, invece, è basata su modelli teorici, per lo più matematici, che non presuppongono di prendere in considerazione l’esistenza di quella che i sociologi definiscono “variabile impazzita”, altrimenti detto: il fattore umano. Non è roba da poco. Loro parlano di cicli, di grafici, di tendenze, di azioni e reazioni rispetto all’applicazione di certi specifici piatti algoritmi, che applicati producono il risultato “l’euro è una meraviglia” oppure “l’euro è uno schifo e ci distruggerà”. La differenza tra un economista e uno scienziato consiste nell’accuratezza esatta della previsione. Se andiamo a leggere gli articoli (e i libri) scritti dagli economisti (anche famosissimi) negli ultimi cinque anni non credo che troveremo molte previsioni azzeccate. Non è certo un caso che il più famoso economista in assoluto degli ultimi 100 anni, John Maynard Keynes, abbia goduto del suo clamoroso successo -da tutti riconosciuto all’unanimità- soltanto dopo che le sue teorie, una volta applicate, si sono rivelate vincenti. Non solo. Se andate a leggere una sua splendida relazione a un convegno economico tenuto nel 1926 a Londra (è lunga circa 60 pagine) ci si rende conto che ci si trova davanti a un personaggio davvero più unico che raro: parlava sempre e costantemente soltanto della “esistenza delle persone” e come trovare il sistema per allargare e diffondere il benessere a un numero sempre più alto di individui.
Intendiamoci, non sono gli economisti ad aver scelto e deciso di assassinare la seduzione in Italia.
Tutto ciò per introdurre, per l’appunto, quest’argomentazione: l’Italia non è diventato questo noiosissimo paese, privo di elementi di seduzione attiva, che è oggi, sequestrato da una banda di inetti incompetenti, dove non accade nulla, non si muove nulla, non cambia mai nulla, e non esiste dinamica né originalità “per colpa della crisi economica”. E’ il contrario.
Gli italiani hanno rinunciato collettivamente all’esercizio della seduzione scegliendo l’oscenità e creando le migliori condizioni per determinare una crisi economica. Su questo punto i pensatori (anche di scuole diverse) sono tutti d’accordo: una grave crisi economica è “sempre esistenzialmente oscena” e provoca distruzione, sofferenza, povertà e morte del desiderio.
Poco a poco hanno trasformato il lavoro da “espressione del proprio sé sociale” a “bisogno inderogabile di sussistenza”. Si è sostituito il Valore con la Visibilità, introducendo la quantità dell’apparenza come sostitutivo della qualità del merito. Si è diffuso nella società civile un nuovo modello di immaginario collettivo, quello del reciproco bisogno,  che ha finito per ridurre anche il rapporto inter-personale tra uomo-donna a una specie di vile contrattazione esistenziale.
La spudoratezza, l’humus dell’oscenità, ha sostituito l’evocazione, che è la base dell’erotismo.
E l’oscenità è dilagata anche nel campo etico, morale e sociale, inevitabilmente.
La seduzione è legata all’espressione onirica individuale.
L’oscenità, invece, è legata alla immediata necessità di soddisfare una urgenza. Che sia fisiologica (come nei film porno) economica (dacci i soldi subito cash e facciamo qualunque cosa) etica (conta il risultato pratico) sociale (lo fanno tutti, lo faccio anch’io) è uguale.
Ciò che conta è il fatto che tutto ciò presuppone la rinuncia alla trasformazione alchemica del proprio sogno interiore in realtà, quindi all’espletazione delle proprie ambizioni.
La seduzione, cioè l’erotismo della vita, è strutturata su un principio molto semplice e basilare; il seduttore vuole portare il sedotto nel proprio mondo interiore ma non violando la natura del sedotto, tutt’altro: il fine del seduttore consiste nello spingere il sedotto a trovare nel mondo del seduttore la chiave d’accesso alla propria liberazione individuale. L’idea di concepire il sedotto come una vittima inconsapevole di un seduttore/truffatore è una fantasia piccolo-borghese. Il sedotto è tale perché vede nel seduttore la possibilità realistica del proprio definitivo riscatto e trova qualcuno in grado di portarlo a essere se stesso.
L’oscenità, invece, è una modalità autoritaria che usa strumenti anche sofisticati per annullare la volontà di chi aderisce convincendolo alla soddisfazione immediata di un desiderio ma che si rivela ben presto quello del produttore di oscenità. Così funziona il meccanismo della pubblicità, che è sostanzialmente “la culla dell’oscenità”. Chi vende la bibita X non vuole che io mi disseti. Pretende che io mi disseti anche se non ho sete e soltanto bevendo la sua bibita.
Nella seduzione, contrariamente a quanto di solito si crede, il sedotto non viene convinto, sarebbe manipolazione.
Va accompagnato nel luogo X -che è esattamente quello che il sedotto voleva esplorare- e che corrisponde al mondo interiore del seduttore. Il sedotto, pertanto, accettando la propria condizione, inizia il suo percorso di liberazione.
Tant’è vero che nella cultura europea il Don Giovanni finisce all’inferno, mentre Casanova, come per esempio in USA dal 2003, è diventato invece un’icona del movimento femminista più evoluto. A Don Giovanni interessa la quantità di donne che riesce a possedere: ragiona come il produttore di bibite. La sua vita è basata sul catalogo e la donna è considerata preda passiva da abbindolare. Casanova, invece, non inganna mai nessuna donna. Non soltanto pretende di essere amato, ma vuole che la donna condivida la sua idea del mondo liberandosi delle norme piccolo-borghesi. Lui non la vuole convincere, non c’è nulla di cui essere convinti; lui la vuole complice di un progetto comune di libertà collettiva. Tant’è vero che mentre le sedotte da Don Giovanni sono disperate e si uccidono, le donne sedotte da Casanova lo amano per sempre, anche dopo decenni dall’incontro.
La pratica dell’oscenità è legata all’annullamento dell’anima.
La seduzione erotica, in contrasto, è basata sul via libera all’espressione individuale dell’anima.
L’oscenità è barbara.
La seduzione erotica è la civiltà.
Non è certo casuale che tutto il 700 francese sia stato condizionato da una proliferazione, presso le classi colte, di romanzi, racconti, novelle, saggi, studi, che ruotavano intorno alla necessità di affermare la seduzione come momento rivoluzionario di abbattimento di un noioso status quo opprimente.
Il trionfo del berlusconismo in Italia è l’irruzione dell’osceno -come condizione sociale dell’esistenza- nell’immaginario collettivo di cittadini inconsapevoli.
La società italiana è diventata la meno seducente tra tutte quelle occidentali.
Il ’68 esplose e si affermò perché denunciò l’oscenità dell’ipocrisia piccolo-borghese imponendo un nuovo modello esistenziale in cui la seduzione era predominante ed egemone.
L’immagine che vedete in bacheca è la locandina di un film francese, distribuito nell’autunno del 1958.
E’ un film considerato il prodotto culturale che ha dato il via ai cambiamenti epocali realizzati negli anni’60 in tutto il mondo. E’ tratto da uno splendido romanzo del più accurato, meraviglioso e squisito narratore e descrittore della ignominia piatta della squallida moralità piccolo-borghese europea, Georges Simenon. Il romanzo si chiama “En cas de malheur” pubblicato nel 1957. Tradotto qualche anno fa in italiano e pubblicato da Adelphi con il titolo “In caso di disgrazia”. Apparentemente è la consueta storia banale: una giovane ragazza spiantata, molto attraente, seduce un potente e ricco professionista attempato per scucirgli i soldi e sistemarsi. Invece non è così. E’ la storia di un avvocato di Parigi, principe del foro, il quale è distrutto da una “colpa interiore”: ha sposato una donna delle classi alte, grazie alla quale ha fatto una prestigiosa carriera diventando celebre, ricco e potente, ma è infelice perché sa di aver rinunciato a se stesso. Arriva nel suo studio questa giovinetta la quale dichiara subito di aver bisogno di un grosso legale perché è accusata di omicidio; siccome non ha soldi è disponibile a diventare la sua amante da subito. Gli propone un affare. Lui è indignato, da bravo moralista. Rifiuta la proposta di lei, ma accetta di difenderla gratis. E così, dovendosi preparare alla causa entra nel mondo folle, anarchico, spregiudicato, libero e selvaggio della sua assistita. E quel mondo gli piace. Riesce a farla assolvere. Poi lui diventa sedotto e sono amanti. Inizia così l’esplorazione da parte dell’uomo di un mondo a lui ignoto. Ma arriva l’ex fidanzato di lei, un giovane piccolo-borghese, che vuole convincerla a circuire il vecchio per fare il colpaccio. Lei si rifiuta: il suo fine non è il danaro, ma la libertà. E così finisce che il giovane la uccide a coltellate. Il romanzo è il diario dell’avvocato. I francesi rimasero sconvolti da questo rovesciamento dei canoni morali dell’epoca perchè la figura della giovane risaltava come una eroina, mentre la moglie dell’avvocato veniva fuori come una ipocrita ossessionata dalle cene sociali e dallo status. Dopo un anno ne fecero un film, diretto da Claude Autant Lara. Protagonisti, Brigitte Bardot e Jean Gabin. Fu un successo clamoroso che aprì un furibondo dibattito. Il film venne vietato in Usa perché considerato “osceno e contrario alla moralità pubblica”. Gli intellettuali francesi si indignarono e convinsero Brigitte Bardot e suo marito Roger Vadim ad andare a New York a perorare la causa. Ma il governo americano rifiutò il visto alla Bardot sostenendo che “si tratta di persona pericolosa per l’integrità morale della nazione americana”. In quel momento, De Gaulle -il presidente in carica- stava affrontando l’inizio delle contestazioni interne relative alla colonia Algeria e si era rifiutato di aderire alla Nato perché gli americani non gli davano il comando. Convocò l’ambasciatore americano nel suo ufficio. “Ho un messaggio personale per il presidente, come sa siamo amici e siamo stati compagni in battaglia avendo gestito insieme lo sbarco in Normandia”. L’ambasciatore era stato convocato alla presenza (rara e inconsueta) di tre giornalisti. Chiese quale fosse il messaggio. E Charles De Gaulle rispose: “Dica al generale Eisenhower da parte mia che è un vero imbecille. Tutto qui” e licenziò l’ambasciatore. Due giorni dopo invitò a cena “ufficialmente” all’Eliseo la Bardot e suo marito dichiarandosi entusiasta del film. In Italia venne distribuito con il nome “La ragazza del peccato”. Vi consiglio di vederlo. Lo trovate tutto intero su youtube, suddiviso in diverse parti. E’ in bianco e nero. E vale davvero la pena. Delle vere perle vintage sono i dialoghi tra l’avvocato e sua moglie, quando lui le comunica il suo disprezzo soprattutto per il fatto che lei non è neppure gelosa, ciò che conta è che venga salvaguardata l’ipocrisia borghese dello status. Nouvel Observateur pubblicò un ampio reportage sulla cena della Bardot e De Gaulle e sulla grandezza culturale della Francia rispetto alla miopia ottusa degli americani. Poche settimane dopo, Norman Maler e Truman Capote protestavano pubblicamente a New York e si facevano riprendere dalle televisioni mentre, a casa, insieme ad amici ospiti (la crema intellettuale di quegli anni) guardavano il film grazie a una copia clandestina acquistata al mercato nero. Il dibattito dilagò e uno sconosciuto politico salì sul cavallo per condurre una sua battaglia personale: John Fitzegerald Kennedy. Nel Massachussets, dove era governatore, tolse la censura al film e dichiarò in un celebre comizio (si era in campagna elettorale e il suo antagonista era Richard Nixon) che “l’America ha bisogno di gettarsi nella modernità e imparare dall’Europa; abbiamo bisogno di aprirci al nuovo e possiamo farlo soltanto con un nuovo modello di seduzione aderente ai tempi che stiamo vivendo”. Due anni dopo, nel suo trionfale viaggio in Europa, Kennedy volle conoscere a Parigi la Bardot. Ma l’attrice francese si sottrasse. Gli disse (frase rimasta famosa che fece il giro di tutto il mondo) “Lei è un Don Giovanni, non è il tipo di uomo che mi piace. Sua moglie è una donna deliziosa, davvero stupenda. Ma lei merita il mio rispetto perché mi risulta che lei sia un grande statista”. Sui giornali uscì ufficialmente soltanto la  frase di complimenti, soltanto 35 anni dopo venne resa pubblica dagli americani l’intera vicenda. Brigitte Bardot divenne un’icona in tutto il continente americano, non perchè facesse vedere le chiappe, ma perchè rappresentava un modello di donna libera e indipendente che aveva un imbattibile plusvalore: smascherava il gioco dei potenti e ne denudava tutta l’infelicità, l’atrocità, la disperazione esistenziale, proponendo un modello di vita diverso.
In California la definirono “l’indiana di Parigi”.
L’Europa ha cessato di proporre modelli seducenti.
Ha cessato di cavalcare la strada della seduzione.
Ha scelto l’oscenità.
L’euro, la finanza, i discorsi economici, i numeri, le statistiche, le percentuali, lo spread, infatti, sono osceni.
Non lo dico da economista, cosa che non sono, nè ho la minima idea se conviene tenercelo o uscire.
Sono osceni nel senso e nel significato etimologico del termine, che viene dal latino "obscenum". Significa "tutto ciò che si svolge al di fuori del palcoscenico sociale, che si trova fuori dalla scena collettiva esistenziale".
La vita vera, la nostra, di noi tutti e quindi anche di voi che state leggendo questo post, oggi è diventata, per l'appunto, oscena: siamo tutti costretti a occuparci di eventi che non hanno niente a che vedere con tutto ciò che qualifica le nostre ambizioni e ci lancia verso la nostra idea individuale della felicità, basata sugli affetti, sull'amore, sul calore umano, sulla possibilità di vedere realizzati i propri sogni e desideri.
Per l'appunto: desideri, i grandi incompiuti dell'Europa.
L’euro rimane, comunque, come concetto, un esempio lampante di oscenità: non produce erotismo. Sia per chi lo sostiene e lo vuole, sia per quelli che non lo vogliono e si oppongono, non fa alcuna differenza. La sola idea di aver fatto credere alle persone che l'affermazione dell'euro oppure la sua abolizione determinerà la nostra felicità risulta esistenzialmente oscena e impensabile.
E noi dobbiamo cominciare a combattere contro l’oscenità.
E possiamo anche cominciare a divertirci, liberandoci da questa noia davvero oscena.
In tutti i sensi.
Viva l'Europa dei desideri, e della seduzione.

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