di Sergio Di Cori Modigliani
pubblicato il 10 novembre del 2011
Oggi, facebook mi ricorda questo post datato 73 mesi fa.
Purtroppo, è di agghiacciante attualità.
Come se, da allora, non fosse accaduto nulla.
Lo ripropongo senza cambiare una virgola.
Senza
tema di smentita, ritengo che possa essere considerato uno dei tanti
Padri della cultura nazionale, che la nostra Italia, attualmente orfana,
nonché dimèntica delle proprie radici e tradizioni, ha avuto e tuttora
possiede nel proprio carniere intellettuale: la nostra grande ricchezza
non dichiarata e nient’affatto pubblicizzata.
Così
come il cosiddetto “grande pubblico” conosce a menadito Vittorio Sgarbi
o Giuliano Ferrara, gli studiosi, gli intellettuali italiani, e tutti
coloro che seguono le attività di chi ha da sempre prodotto “cultura”
conoscono invece a menadito sia l’opera che l’attività del Prof. Nicola
Tranfaglia. Il suo nome, la sua attività, e la sua produzione
intellettuale è ampiamente riconosciuta in tutta Europa -e in Italia-
dove, pur godendo di un fattore di stima e rispetto riconosciuti, paga
il prezzo del suo "esseer andato contro".
L’elenco delle sue opere importanti è davvero molto vasto.
Nicola Tranfaglia nasce a Napoli il 2 ottobre del 1938.
E’ uno storico politico, uno scrittore, un editorialista e un docente universitario accreditato.
- Ricordiamo, qui, solo alcuni dei suoi scritti: dal suo primo libro, uscito per i tipi dell’editore Laterza, di Bari, che risale al 1968 “Carlo Rosselli dall'interventismo a Giustizia e Libertà, passando a “Stampa e sistema politico nella storia dell'Italia unita”nel 1986 per l’editore Le Monnier e poi “Le veline del Minculpop per orientare l'informazione” per Bompiani
- “Come nasce la Repubblica. La mafia, il Vaticano e il neofascismo nei documenti americani e italiani 1943-1947” sempre per Bompiani
- “La resistibile ascesa di Silvio B. Dieci anni alle prese con la corte dei miracoli” Baldini Castoldi Dalai
- per arrivare all’ultimo dei suoi libri “Perché la mafia ha vinto” pubblicato nel 2008.
É
attualmente membro del Comitato di Presidenza della Conferenza dei
Presidi di Lettere e Filosofia, membro del Consiglio Nazionale dei Beni
Culturali e del Comitato Nazionale di settore per gli Archivi, membro
della commissione dei Quaranta Saggi sulla Scuola e del gruppo di lavoro Martinotti riforma universitaria.
Nella sua qualità di storico accademico è condirettore della rivista
Studi Storici e membro del comitato scientifico della Fondazione
Nazionale Antonio Gramsci.
Con
tale curriculum vitae, in un momento di bisogno e di fame culturale
competente com’è il nostro attuale, il viso del prof. Nicola Tranfaglia
dovrebbe essere noto a tutti in quanto ospite fisso dei numi tutelari
della cassa mediatica televisiva gestita dalla sinistra italiana (Gad
Lerner, Michele Santoro, Giovanni Floris, e compagnia bella) e invece
no. Lui non piace. E’ considerato scomodo, ostico, troppo schivo, poco
incline a compromessi di maniera, giochetti sottobanco, autore di verità
scomode perché contundenti, in quanto frutto di analisi ponderate,
documentazione inattaccabile, un lungo e laborioso lavoro di ricerca e
indagine storica professionale. Come lui stesso dice, parlando di sé
“ciò che io scrivo, oggi non è gradito ai media” e così lo silenziano.
Come se lui non esistesse.
In
verità la sua campana a morto è suonata il 2 febbraio 2004, quando,
deluso nelle sue aspettative democratiche, abbandonò i DS con una
lettera critica scritta a Piero Fassino, che l’inconscio culturale
collettivo della sinistra ha scelto e stabilito di far finta che non sia
mai esistita.
Attualmente, il prof. Nicola Tranfaglia insegna all’università di Torino “Storia delle mafie”.
Mi ha rilasciato in esclusiva questa breve intervista per il mio blog.
Ho
pensato che potesse essere stimolante, per i lettori, ascoltare
l’opinione di un grande intellettuale italiano, un libero pensatore
meridionale, una personalità esclusa dalle consuete palestre mediatiche
perché considerata eccessivamente critica, non avendo mai abdicato al
suo ruolo di pungolo costante per stimolare l’uso della libertà di
pensiero e dell’apertura della mente.
Risposte a Sergio Di Cori Modigliani da parte del prof. Nicola Tranfaglia.
1). “Qual è la vera posta in gioco, oggi, in Italia?”
E’ una posta importante: la fine o il proseguimento di
un periodo che si avvicina ai vent’anni (dal 1994) in cui un leader
populista come l’imprenditore milanese Silvio Berlusconi è arrivato al
potere e, con l’ intervallo di sei anni tra il 1995 e il 2001, ha
governato il paese. Con molti effetti negativi collaterali di cui vale
la pena segnalare almeno la diffusione dei metodi populisti anche in
forze del centro-sinistra e, prima di tutto, nel partito di Antonio Di
Pietro, l’Italia dei Valori
2). “La posta in gioco politica è la stessa in campo economico?”
Sul
piano economico la situazione è più complessa perché c’è, da una parte,
chi come l’amministratore delegato della Fiat Marchionne sembra
perseguire un analogo disegno sul piano dei rapporti con i lavoratori ma
non tutti gli imprenditori la pensano così. E bisognerà vedere che cosa
succede nei prossimi anni in Europa e nel mondo e quando sarà
archiviata la crisi economica che, per ora, attanaglia tutto il mondo
sviluppato.
3). “Dovendo
spiegare agli italiani, lei che non è un economista ma un famoso e
meritevole storico e uomo di cultura, e quindi dal punto di vista di chi
può ben rappresentare la Voce Alta della cultura italiana: "E' un bene
oppure no rimanere nell'euro per il paese?"
Non
ho dubbi sulla opportunità di restare nell’euro per il nostro paese. Il
ventunesimo secolo è caratterizzato da una forte competizione e
concorrenza tra entità sopranazionali che lottano tra loro. Gli stati
nazionali sono in evidente difficoltà. E all’Italia come alla Grecia e
all’Irlanda, per parlare di stati in particolare difficoltà, conviene
restare agganciati alla moneta europea piuttosto che ritornare alle
monete nazionali che sarebbero in difficoltà ancora maggiori nei nuovi
tempi.
4). “Perchè
l'opposizione italiana di sinistra in parlamento è sempre stata così
flebile contro Berlusconi? Sono incompetenti? Collusi? Complici? Poco
intelligenti? Irresponsabili?”
Le
forze d ‘opposizione al berlusconismo hanno capito con ritardo
l’irruzione del populismo nella politica italiana e continuano ad essere
divise anche se adesso, dopo diciassette anni di sconfitte continue,
incominciano a rendersi conto dell’esigenza molto forte di unità.
Quali
sono stati i loro errori ? In parte scarsa competenza culturale, in
parte tendenza antica a un certo consociativismo di cui la storia
italiana registra episodi antichi e recenti.
5). “Lei è d'accordo con Bersani che sostiene "nel PD non esiste una questione morale e non è mai esistita" ?
E’
difficile esser d’accordo con Bersani perché ci sono stati anche di
recente alcuni casi, come quello del consigliere regionale Penati a
Milano, che non possono esser liquidati come casi in tutto e per tutto
personali.
6). “Quando
e perchè -secondo lei- la sinistra, in Italia, ha cessato di essere,
per l'immaginario collettivo nazionale, un modello di identificazione in
senso etico, morale e culturale, abdicando alla propria funzione di
essere rappresentativa come punto di riferimento costante per la società
e per i movimenti?”
Il
disincanto è incominciato negli anni settanta con il tentativo di
“compromesso storico” e quindi si è rivelato con maggior chiarezza di
fronte al naufragio precoce del secondo governo Prodi nel 2008. E’ da
quel momento che gli italiani hanno cessato di guardare alla sinistra
come punto di riferimento costante per la società e per i movimenti e
così hanno per la terza volta dato fiducia al populista Berlusconi che
era stato già due volte presidente del Consiglio. Con i risultati
negativi che oggi possiamo verificare.
7). “Perchè in Italia non è decollato un modello di protesta come "occupy wall street"?
Gli italiani si sono addormentati in questi anni nel sonno del populismo trionfante e non si sono ancora svegliati.
8). “Se
lei avesse la possibilità di poter far passare subito dei provvedimenti
urgenti in parlamento, che cosa suggerirebbe per
migliorare la situazione dell'Italia e degli italiani?”
Come
lei ha detto, io non faccio di mestiere l’economista ma è abbastanza
evidente che occorrono provvedimenti che vadano nella direzione di
inserire i giovani nel mondo del lavoro, di favorire investimenti
pubblici legati allo sviluppo del turismo e allo sfruttamento del nostro
grande patrimonio artistico e culturale senza trascurare gli aiuti all’innovazione
e alla ricerca scientifica e culturale che le nostre classi dirigenti
hanno abbandonato da molti anni. Inoltre una imposta sui grandi
patrimoni (gli stessi più noti imprenditori come Della Valle e
Montezemolo la chiedono) sarebbe necessaria e si impone allo stesso
tempo una lotta più efficace contro l’evasione fiscale
9). “Lei pensa che l'uscita di Renzi abbia avuto e abbia un suo significato oppure è inutile e puramente mediatico?”
La
sortita di Renzi ha avuto un aspetto positivo, legato alla necessità
indubbia di confronto e discussione nel maggior partito della sinistra
ma sul piano dei contenuti, come ha ricordato
con precisione l’onorevole Rosy Bindi, ha sfondato alcune porte aperte e
ha citato come problemi da affrontare questioni che il Partito
democratico aveva già affrontato e, a suo modo, risolto in precedenti
occasioni. A dimostrazione di una verità che molti non riconoscono di
questi tempi: cioè che, nella nostra società, l’informazione politica è
peggiorata piuttosto che migliorare, come a prima vista parrebbe.
10). “Lei
è l'unica persona di rinomata e riconosciuta cultura che ha avuto il
coraggio di sostenere la sconfitta dello stato, come ha spiegato nel suo
libro del 2008 "perchè la mafia ha vinto". Che cosa è accaduto? Perchè è
accaduto?”
Sono
convinto, se è possibile ancor più che nel 2008: le mafie purtroppo
hanno sconfitto lo Stato nel nostro paese e controllano una parte
rilevante della politica e dell’economia a livello nazionale come, con
particolare capacità di penetrazione, in alcune regioni conquistate da
tempo come la Campania, la Calabria e la Sicilia e in parte la Puglia.
11). “Che cosa deve fare oggi un intellettuale per uscire fuori dall'inevitabile solitudine nella quale è stato e viene spinto?”
A
mio avviso, due cose: da una parte fare il proprio mestiere rispettando
i più importanti principi della costituzione e della convivenza civile;
dall’altra continuare ad osservare l’evoluzione politica nazionale e
internazionale e far conoscere, se gli viene consentito, la propria
opinione. In questo periodo è particolarmente difficile ed io sono
presente assai poco sulla stampa italiana perché i miei articoli non
piacciono a forze politiche diverse e a volte contrapposte.
12). “Le
risulta che esista, in Italia, uno sbarramento che impedisce
l'accesso al mercato editoriale di intellettuali, liberi pensatori,
artisti a meno che non siano garantiti da partiti tradizionali e/o
associazioni e/o confraternite e/o club e/o organizzazioni criminali?”
Non
esiste una ricetta unica. Io direi in generale che bisogna fare in modo
di partecipare a quel che si muove nella società e non soltanto nei
partiti politici.
13). “Se sì, che cosa devono fare gli esclusi?”
Diciamo
che è più difficile di una volta superare sbarramenti giornalistici ed
editoriali. Il degrado morale è forte e chi vive in Italia lo avverte,
sia se svolga un mestiere che ha a che fare con la cultura, sia che
faccia altro. Gli esclusi dovrebbero mettersi insieme e cercare di
superare così gli sbarramenti, non sarà un’impresa facile ma è
necessario tentare..
copyright "Libero pensiero: la casa degli italiani esuli in patria" di Sergio Di Cori Modigliani.
Nel riprodurre l'intervista è necessario citare la fonte, il link di provenienza, la data di pubblicazione.
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