venerdì 13 luglio 2018

2° racconto sul mondo in cui viviamo: la comunicazione ai tempi del Pentaleghismo.






di Sergio Di Cori Modigliani

2° racconto sul mondo in cui viviamo.
Come funziona la comunicazione mediatica ai tempi del populismo

Ieri il governo ha tagliato i vitalizi. 
C'è chi esulta ed è contento, c'è chi è contro e c'è chi rimane indifferente.
Non rientro in nessuna di queste tre categorie perchè il tema non mi appassiona.
La mia ottica concentra l'attenzione soltanto sulla comunicazione dell'evento e non sull'evento in questione.
Come è ormai chiaro a tutti, nel mondo in cui viviamo, la "percezione di un evento" ha sostituito "l'evento di per sè". 
E questo è già un punto dell'attuale comunicazione populista che è necessario avere molto chiaro in testa quando si affrontano tematiche legate all'attualità quotidiana del discorso mediatico della Politica.
Quindi, sulla base di questo assunto, a me interessa condividere con i lettori di questo post la percezione che si cela dietro il fatto e non il fatto in sè.
Perchè i fatti e l'oggettività non contano più. Conta soltanto la percezione che si genera da  una notizia realtiva a quel fatto specifico.

Nel comunicare a el pueblo la propria soddisfazione per l'abolizione dei vitalizi, ieri l'on. Di Maio ha dichiarato nella piazza gremita da cittadini che agitavano un palloncino giallo: 
 "Finalmente ci siamo riusciti. Erano 60 anni che il popolo italiano aspettava questo momento".

Personalmente la trovo una frase inquietante e molto ma molto pericolosa, altrimenti non mi sarebbe venuto in mente di scriverci sopra un post.

Questa affermazione, infatti, contiene la base strutturale del negazionismo che appartiene lessicalmente e storicamente alla genesi linguistica di ogni sistema totalitario.
Ciò che arriva a el pueblo unido, infatti, è l'idea del raggiungimento di una meta agognata che ha attraversato ben tre generazioni. 
Questo è ciò che vogliono comunicarci.

Se invece consideriamo il "fatto oggettivo" questa affermazione va politicamente rigettata e rispedita al mittente in attesa di chiarimenti. 
Nel caso venisse passata sotto silenzio (ma qualche giornale l'ha rilevato) o rubricata in maniera superficiale attribuendola a "gaffe" o "scivolata dovuta all'emotività del momento" verrebbe dato un segnale di passività e di arrendevolezza che chiude in anticipo ogni possibilità di critica e di dibattito.
Temo e potrei addirittura arrivare al punto di sostenere -in linea teorica- che l'autentico fine di una comunicaione di questo tipo sia "vedere l'effetto che fa".
La frase, infatti, introduce formalmente e ufficialmente (data la posizione politica di chi l'ha declamata) una falsificazione della Storia di questo Paese e della sua memoria, alterando il presente: se si cambia e si modifica il passato, come è noto, si cambia anche il presente; l'intuizione rivoluzionaria di Freud nasce da questo assunto.

Da cui, la mia inquietudine che ha prodotto questo post.
Vediamo in che cosa consiste la falsificazione.

60 anni fa era il 1958.
Allora, la classe politica dirigente che contava era composta per lo più da De Gasperi, Togliatti, Nenni, Pertini, La Malfa, Zanone, La Pira, Zanone, Spadolini, Di Vittorio. Il termine vitalizio non esisteva e, comunque, a nessuno interessava l'argomento, non apparteneva all'idea di mondo degli italiani, essendo i primi due valori dell'epoca 1) la libertà, 2) il lavoro.
50 anni fa era il 1968.
De Gasperi era stato sostituito da Moro e Fanfani e Togliatti da Longo e Pajetta. Il termine vitalizio non apparteneva all'idea di mondo degli italiani, essendo allora i primi due valori degli italiani 1) la libertà, 2) l'indipendenza. 
40 anni fa era il 1978.
La politica ruotava intorno ai nomi di Cossiga, Berlinguer, e il nuovo soggetto politico era Craxi. Il tema del giorno era il terrorismo. Moro era stato assassinato. Ci si interrogava su come uscirne per sempre. Il termine vitalizio non apparteneva all'idea di mondo degli italiani, essendo i primi due valori dell'epoca 1) la difesa della Democrazia, 2) l'amore.
30 anni fa era il 1988.
I politici che contavano allora erano Andreotti, De Mita, Craxi, De Michelis, Occhetto, Napolitano. La lotta politica era serrata, l'Italia era la quinta potenza economica al mondo, la prima potenza europea, la prima industria manifatturiera del continente; aumentavano consumi e salari.  Americani, francesi, inglesi e tedeschi ci invidiavano per come vivevamo. Il termine vitalizio non apparteneva all'idea di mondo degli italiani, essendo i primi due valori dell'epoca 1) i viaggi e il divertimento, 2) il sesso.
20 anni fa era il 1998.
I politici che contavano erano Berlusconi, D'Alema, Veltroni, Fini, Napolitano, Letta, Bossi. L'immaginario collettivo degli italiani era tutto preso dall'imminente entrata nell'euro ed erano tutti presi da un nuovo innamoramento: investire in borsa e nel mercato immobiliare. La febbre nazionale era quella. Il termine vitalizio  non apparteneva all'idea di mondo degli italiani, essendo i primi due valori dell'epoca 1) l'affermazione della propria individualità, 2) i viaggi all'estero.
10 anni fa era il 2008.
Irrompe sulla scena un nuovo soggetto simbolico di fortissima presa "il vitalizio" che diventa il luogo totemico dell'odio di classe, di coloro che stanno soffrendo la grave crisi finanziaria e che alimenta la rabbia della popolazione esclusa. I dati Istat certificano che al 1° posto dei valori assoluti dell'esistenza, per la prima volta gli italiani hanno messo il danaro e al 2° posto il cibo. Beppe Grillo, con geniale abilità, promuove un vaffaday che ruota tutto intorno a questo concetto usato come clava e leva politica. La destra (cinica, opportunista, menefreghista e cialtrona) non vede nulla; la sinistra (miope, ottusa, vanagloriosa, spocchiosa) non vede nulla. Il "vitalizio dei privilegiati" entra allora, a novembre del 2008, nell'immaginario collettivo della nazione e altri, oltre al M5s, incominciano a pedinare il malessere nazionale invece di proporre alternative credibili.

Dieci anni fa, quindi. E, poichè è stato Beppe Grillo a promuovere questa battaglia, ha tutte le ragioni per rivendicarne la assoluta e unica paternità.

Ma non 60 anni fa, neppure 50, neppure 40, neppure 30, neppure 20. Bensì 10 anni fa.

Dunque, la mia inquietudine nasce da questa affermazione dell'on. Di Maio che io definisco "negazionista",  come considero "negazionista" ogni volgare e maldestro tentativo di mostrare al mondo politico e al Paese che si può cambiare il passato di una Nazione, si può alterare, si possono inquinare le fondamenta della memoria. E' un attacco alla cultura, anzi alla Cultura.
E quindi protesto e invito la popolazione a riflettere ponendosi la seguente domanda:

"perchè il M5s, dopo aver vinto una battaglia condotta da Beppe Grillo per 10 anni, invece di riconoscergli questa legittima vittoria, vuole  farci credere che gli italiani stavano combattendo questa battaglia da 60 anni, non essendo vero?".

Grazie per l'attenzione.
 




 
 
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1 commento:

  1. Nella storia umana qualsiasi politico (dai faraoni agli imp. Persiani, dalle polis ai consoli e poi agli imperatori; etc…fino ai giorni nostri) ha utilizzato la comunicazione per i suoi fini propagandistici: sia politici considerati “buoni” che quelli considerati “cattivi” (attenzione: non dagli storici ma dall’opinione pubblica!).
    Sondaggi, gradimento, “frasi fatte”, etc… sono strumenti utilizzati da tutti: Pericle ed i greci studiavano l’arte oratoria, cosi come Cicerone, Cesare &Co. Abbiamo anche molti scritti del passato che concernono banale propaganda (Ex: Res gestae divi Augusti).
    Tutto sta come nell’intepretazione, che non vuol dire per forza trovare la verità, ma la verosimiglianza: senza la facoltà di interpretazione siamo tutti sofisti (che avevano la pretesa di verità).
    Tralasciando per ora la storia, Il sig di Maio sbandiera ai quattro venti l’attuazione di un suo punto di programma: più che del come lo ha propagandato e su come possa falsificare il passato a suo vantaggio, sarebbe forse più interessante interrogarsi sull’utilità di quel punto di programma e sugli impatti che potrà avere nei prossimi decenni.
    Grazie e cordiali saluti

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