di Sergio Di Cori Modigliani
L’amore e la sessualità sono
i due principii cardini del motore delle pulsioni umane, e sono sempre stati il
veicolo principale che accende passioni, suggestioni, ambizioni, sogni,
progettualità, in ogni etnia, dovunque e comunque: rappresentano l’Essenza
Umana. Ne è ben consapevole l’industria pubblicitaria che li usa entrambi. Un
interessante studio dell’istituto di sociologia di Zurigo, realizzato lo scorso
febbraio presso le dieci più importanti agenzie europee che producono e vendono
pubblicità, ci segnala come il 92% dei messaggi audiovisivi che noi
ingurgitiamo ogni giorno facciano riferimento o al sesso a all’amore o a
entrambi, in maniera dichiarata o subliminale.
E’ un fatto notorio.
La Politica funziona nello
stesso modo: si occupa di sessualità e amore, entrambe trasferite in contesti
socialmente diversi, ma psicologicamente identici. Seguono lo stesso percorso.
La carica simbolica dei rivoluzionari, dei leader, dei comandanti, è sempre
pregna di una quota strabordante di passionalità, che ogni etnia presenta in
maniera soggettiva, a seconda dei propri riferimenti culturali. Lo psichiatra
Thomas Szazs, in una sua celebre conferenza a New York nel 1972, spiegò questo
principio con elementare quanto convincente argomentazione: “fintantochè le
donne seguiteranno a farsi i ditalini
guardando la fotografia appiccicata sul muro di Che Guevara con il sigaro
penzolante dalla bocca e la scoppola in testa inclinata, l’industria del
tabacco seguiterà a vendere avvelenando la salute, i maschi insisteranno per
indossare un copricapo ossessionati dalla propria capigliatura, e la classe
intellettuale conservatrice non riuscirà più a convincere nessuno su nulla,
perché lo scenario reale dello scambio sociale è stato spostato dall’illusione
fittizia del denaro al valore principale dell’esistenza: l’orgasmo”.
Fu proprio questa celebre
conferenza a far fare un salto sulla sedia agli oligarchi statunitensi, i quali
dissero “basta così” capendo che Thomas Szasz aveva ragione. Chi ha tempo e
curiosità può andare a leggersi in rete –lo trovate dovunque in tutte le salse,
anche tradotto in italiano- il famoso “memorandum di Powell” uno scritto di una
ottantina di pagine che qualche mese dopo cominciò a circolare nei
ristrettissimi giri dei potenti che allora davvero contavano. Fu proprio in
quegli anni, il triennio 1972-1975, che l’elite degli oligarchi aristocratici
iniziò la sistematica pianificazione dell’attacco al risveglio di una nuova
consapevolezza collettiva di massa, sapendo che per riuscire a costruire il
mondo nel quale noi oggi ci troviamo (siamo quotidianamente immersi nel loro
trionfo) ovverossia il mondo che a loro piaceva, un mondo che garantisse la tenuta e salvaguardia della
rendita parassitaria dell’1% dell’umanità a danno del 99%, era necessario
andare a colpire prima (quantomeno in occidente) la struttura simbolica
dell’immaginario collettivo, impadronendosi dei codici comportamentali inconsci
dell’amore e della sessualità e poi veicolarli nel terreno più facile da
gestire e manipolare: quello della paura e della monetizzazione dell’esistenza.
Per mercatizzare il sapore della vita (cioè ridurre gli esseri umani in una
massa appoltigliata di individui convinti che il danaro sia il primo valore
dell’esistenza) era necessario applicare alla politica, ai mass media, e
soprattutto alla cultura, tutta quanta la struttura marketing pubblicitaria,
trasformando la politica in un “qualcosa da vendere come una saponetta” e non
più in un “oggetto di desiderio”. In tal modo la politica –qui intesa come
azione sociale- non diventava più un tramite, una delega, un veicolo di idee
appassionate (indifferentemente di destra di centro o di sinistra) composto da
aderenti a quella specifica idea, mossi da impulsi d’amore per quel partito,
quei leader, quelle proposte, quei progetti, con il fine dichiarato di coronare
un sogno
d’amore sociale condiviso: “la realizzazione di un orgasmo sociale”
(l’ottima definizione è del filosofo statunitense Sennett, e consiglio la
lettura del suo ultimo libro tradotto in italiano “Insieme” pubblicato nel 2011
presso l’editore Feltrinelli di Milano), bensì la vendita di un prodotto.
E così la Politica si trasformava in Anti-politica e le idealità della sinistra
o della destra finivano per diventare equivalenti, basate sul principio
marketing pubblicitario per cui “un prodotto vale l’altro, ciò che conta è il packaging” ovvero la modalità di
presentazione del pacchetto che l’elettore potenziale deve acquistare.
L’aderente a una certa idea non finisce più per iscriversi a un partito o
votare per una certa personalità sulla base di una sottostante idea amorosa
eccitante, bensì rimane ipnotizzato dalla confezione; acquista un prodotto
senza interrogarsi né sul contenuto né sul fatto se abbia bisogno o meno di
quello specifico oggetto: il trionfo del consumismo a perdere.
La classe dei politici,
pertanto, da “esperti in problemi di organizzazione sociale e gestione del bene
comune collettivo” sono diventati “agenti marketing operativi di un meccanismo
pubblicitario”. Si è verificata una vera e propria rivoluzione, passando dalla
“politica del mercato” (ovvero l’incontro/scontro tra parti sociali diverse e
antagoniste su come regolare lo scambio sociale tra individui) al “mercato
della politica”: il grande sogno della pubblicità.
Lo hanno inventato gli
americani, questo giochetto. Lo hanno codificato, teorizzato, ideologizzato, strutturato, imposto in tutto
l’occidente (vedi memorandum di Powell). Ne hanno tratto i frutti previsti e
prevedibili pensandolo e immaginandolo come eterno. E hanno iniziato il lento
declino della loro società (a loro insaputa) perché questo meccanismo si è
verificato un boomerang.
Esattamente come le manovre
economiche dell’austerità liberista (frutto non casuale di quella strategia
intellettuale) che si stanno rivelando un atroce boomerang che finirà per
travolgere tutte le ricche economie dell’occidente prima, del resto del mondo
poi.
La società che è stata
creata è diventata un aggregato di individualità piatte, completamente
desessualizzate ed è stata creata la più repressa e repressiva società degli
ultimi decenni: il sesso e l’amore sono diventati valori di mercato e non più
finalità orgasmiche e orgasmatiche. L’America ha finito per produrre nuove
icone di riferimento dei modelli sexy comportamentali per le masse, legando
sempre di più i soldi al sesso (vedi Lady Gaga presentata sempre come la più
ricca donna al mondo) in un processo di continua mercatizzazione mentale
dell’immaginario collettivo.
Nella colonia Italia, questo
processo è stato affidato ai due re della pubblicità, Silvio Berlusconi e i
comunisti. Berlusconi in quanto campione esperto in grado di saper vendere
l’aria fritta e il nulla; i comunisti italiani campioni esperti nel presentare l’oligarchia
del privilegio come esponente rappresentante nella società civile dei ceti
lavorativi. La celeberrima frase intercettata tra due importanti leader
comunisti italiani “finalmente abbiamo una banca” è impressionante non perché
riveli qualcosa di illegale o nascosto (questo aspetto non mi interessa) quanto
piuttosto perché rivela quello che è stato il loro obiettivo “politico”: avere
delle banche per sedersi al tavolo dell’oligarchia invece che combattere per
rovesciare quel tavolo, ovverossia l’applicazione alla lettera del memorandum
di Powell: mercatizzare la vita sociale di una nazione.
L’esasperante e continua
presentazione (dovunque e comunque in tutti i media, da quelli mainstream ai
social network, nel privato e nel pubblico) di una società composta da
delinquenti, truffatori, manutengoli di bassa lega, come ci viene presentata
l’Italia di oggi, seguita a essere il veicolo principale dell’attuale modello
coloniale italiano voluto e gestito dagli oligarchi, la gestione strategica e
scientifica di un processo forzato di “costruzione collettiva del
disinnamoramento degli individui; l’allargamento dello scoramento, la
diffusione della delusione, l’organizzazione capillare della depressione
collettiva, l’azzeramento del desiderio” che va di pari passo con la nuova moda
trionfante voluta dagli oligarchi “parlate pure di tutto ciò che volete, a
condizione che parliate sempre soltanto di soldi, di economia, di tecnicismi,
di monete, di aliquote, di percentuali, di teorie economiche, di grandi sistemi
economici, e mai delle narrative esistenziali degli individui, delle
problematiche della relazionalità, del comportamento, dell’emotività, della
sessualità, del desiderio”. La teoria del bunga bunga, la bulimia di Lusi, le
spese pazze di Fiorito, le vacanze di lusso di Formigoni e gli altri esempi noti
appresso, sono tutte tessere di un mosaico ben congegnato che serve a far
veicolare il concetto (nei maschi) che senza soldi non c’è sesso e non c’è
amore mentre (nelle femmine) si impone l’idea o di sistemarsi con qualcuno con
i soldi o di frequentare qualcuno con i
soldi e incorporare l’idea di usare il corpo e la sessualità come mezzo e
tramite, mai come fine.
In entrambi i casi vince
sempre la BCE.
Perché si impone il modello
di una sessualità identificata con un concetto di mercatismo e di consumo, dove
il desiderio passa solo e soltanto attraverso la simbolica del danaro. Oggi,
riuscire a coagulare interessi, passioni e aggruppamenti in un qualunque
consorzio umano che non preveda l’uso di termini economici e che non viva di
quotidiana religiosità mercatista, in Italia, diventa un’impresa da leoni,
pressoché impossibile. Il sistema politico/marketing italiano è sorretto dalla
cupola mediatica asservita che ha imposto linguaggi pubblicitari, di cui la
punta dell’iceberg è il termine “offerta politica” come se un progetto e
un’idealità fosse un prodotto che va acquistato. Inconcepibile quindi, in
Italia, per gli oligarchi, la sola esistenza di un movimento come quello di
Grillo che non ha neppure un prodotto da vendere e che rifiuta la pubblicità in
quanto non offre nulla: il suo dichiarato scopo consiste nell’aperta
confessione che ai suoi aderenti viene chiesta la sottrazione al meccanismo
imperante. Non hanno un programma (come chiede la “vecchia politica”), un progetto suddiviso in punti precisi, un totem
di riferimento. Il punto è che non c’è bisogno di nessun programma, di
nessun progetto, di nessuna teoria,
perché qualunque sia la proposta, il sistema attuale desessualizzato è in grado
di incorporarlo nel proprio frullatore omologato del pensiero nullo. E’
necessario, invece, modificare la propria comportamentalità, il proprio
approccio esistenziale, attraverso la costituzione di un pensiero laterale
inconcepibile per l’oligarchia (non sono in grado neppure di capirlo, questo è
il bello) la quale teme per davvero un’unica minaccia: la risposta “non mi
interessa la sua offerta perché a me non interessa nessun tipo di offerta dato
che io mi situo in un tipo diverso di mercato esistenziale”. Loro –cioè gli
oligarchi- seguitano a pensare in termini pubblicitari: cambiamo il pacchetto,
così proponiamo una nuova offerta perché lanciamo un nuovo modello (Alfano e
Berlusconi e la Santanchè un giorno sì e uno no) e non si rendono conto che sta
cambiando la “logica del consumo” proprio perché
in questi decenni loro avevano vinto.
Hanno depauperato la spina
dorsale dell’esistenzialità dei cittadini svuotando le vite di contenuti, di
desiderio, di sogni da poter realizzare, mercatizzando l’immaginario e quindi
non hanno più presa sul pubblico degli acquirenti, perché “l’acquirente” non esiste più: ci è passata la voglia di
acquistare. Se il potenziale consumatore, cioè noi cittadini, risponde infatti
con un’assenza di acquisto, qualunque sia la offerta, “il mercato della
politica” crolla da solo per sovraproduzione.
La forza dell’oligarchia
consiste nel riuscire a spingere l’immaginario collettivo verso la sua “sezione
aurea orgasmica”, cioè i soldi, creando la facile arma “dell’invidia e del
livore sociale”; fintantoché saranno invidiati possono dormire sonni
tranquilli, sanno che i cittadini saranno disposti e disponibili a sopportare
qualsivoglia nefandezza pur di sapere che esiste una qualche minima possibilità
di essere come loro. Ma se uno si sottrae, per loro è la fine. Se uno dice
(perché lo sente e ci crede) “ma io non ci voglio andare in un albergo a cinque
stelle super extra lusso esclusivo”, per gli oligarchi suona come una campana a
morto. Per loro è fondamentale che la gente ami il concetto di esclusività.
Che, va da sé, comporta il meccanismo di esclusione. E’ il grande sogno della
piccola borghesia italiana: essere accolti tra i privilegiati per poter
finalmente vendicarsi del destino sociale e poter escludere altri, e così
facendo perpetrare il meccanismo per l’eternità. Il sogno piccolo-borghese
italiano consiste nell’andare contro i grossi padroni per poter negoziare con
loro e diventare padroncini di qualcun altro, magari diventando deputato o
qualcosa di simile. Se si esce dal desiderio e dall’ invidia per “tutto ciò che
è esclusivo” e si contesta il principio iniziando, invece, a “sessualizzare”
l’idea di “inclusione” e non quella di “esclusione”, il sistema attuale si
inceppa.
La rivoluzione necessaria è
esistenziale, spirituale e culturale, non economica.
Basta, come primo passo,
ritornare all’innamoramento per “le inclusioni”, cominciare a sentirsi attirati
dal concetto di socialità aperta, a sentirsi magnetizzati verso l’incontro e
non verso lo scontro, evitando lo snobismo becero di chi cerca di coprire la propria
miseria interiore mostrando di essere migliore degli altri, il che non è che un
meccanismo pubblicitario male applicato. Così si sottrae agli oligarchi il
diritto a essere rispettati e il dovere di essere invidiati. E si libera se
stessi.
Non sarà certo l’economia a
cambiare le esistenze (substrato filosofico e zoccolo duro della teoria
liberista) non lo è mai stato e non lo sarà mai. Caso mai, è vero il contrario:
sono i cambiamenti sociali, l’irruzione sulla scena di nuovi soggetti politici,
di nuovi ceti, di una nuova classe intellettuale, la necessità di un nuovo
contratto sociale, che finiscono per avere un’onda di risonanza gigantesca
sull’economia che si adatta alla nuova realtà prendendone atto. Non è stata la
rivoluzione industriale a produrre il pensiero di Monsieur Voltaire, ma
l’esatto opposto. In Italia, i partiti stanno “fingendo” di non essersene
accorti perché vivono nel terrore che i propri accoliti, iscritti, burocrati, e
in ultima istanza, la magistratura competente, presenti loro il conto della
Storia. Gli attuali partiti politici italiani sono rimasti vittime del loro stesso linguaggio, della
loro pratica, della loro “offerta” che non trova più acquirenti. E poiché sono
ormai abituati a quell’unica modalità di relazione, ovvero quella mercatistica-pubblicitaria,
non sanno che pesci prendere. Gli è rimasta soltanto la televisione che giorno
dopo giorno aumenterà il volume e la violenza della manipolazione, che si
ingigantirà dopo l’uscita di Beppe Grillo, molto pericolosa, perché dimostra di
non averne bisogno e quindi c’è il rischio che la gente comprenda che esiste
“anche” un’altra realtà, diversa e distinta da quella degli imbonitori
televisivi, sia di destra che di sinistra.
I mercati non determinano un bel nulla perché
la teoria filosofica liberista (che sostiene questa argomentazione) è errata.
Non è così. Sarebbe così soltanto in un mondo di robot. Ma l’umanità non è
ancora robotizzata, ha ancora voglia di far l’amore, bisogno di carezze,
desiderio di eccitarsi, ambizioni oniriche da esprimere. Il mercato si adatta
alle circostanze storiche e produce in anticipo (i più abili e veloci) ciò che
sa domani verrà chiesto dagli utenti, quindi è l’opposto di ciò che i liberisti
sostengono.
E’ ciò che sta accadendo in Usa, società
giovane che guarda al futuro.
Anche se immersa nella grande crisi epocale
che sta attraversando, è disposta ad affrontare qualunque guado, qualunque
sacrificio, qualunque sfida, pur si seguitare a vivere: loro non sentono il
peso della Storia come noi europei, vecchi, decadenti, oppressi ciascuno dalle
proprie paranoie locali. Una società, quella americana, che ha subìto egli
ultimi quindici mesi una impressionante trasformazione alchemica nel tessuto sociale
che la compone. E L’immediata
reazione dei mercati, delle banche, dei colossi finanziari e delle segreterie
politiche europee alla vittoria elettorale di Barack Obama, ne sono la prova
lampante; la vecchia guardia ha dato una furibonda risposta molto negativa; il
che avrebbe potuto (o dovuto) anche stupire, dopotutto quel signore appena
eletto non è una novità. Ciò che ha sconvolto gli oligarchi è stata la presa
d’atto che “dobbiamo cominciare a pensare che i soldi non servono più, il che
non è facile da accettare”; una frase, questa, che non è stata pronunciata da
un buddista o un romantico spaesato movimentista, ma da Robert Murray,
proprietario di miniere di carbone in Usa, grande sostenitore di Romney, che ha
investito 400 milioni di euro (una bella cifra) nella campagna elettorale di
tre stati negli ultimi venti giorni, dove il suo candidato ha perso, cercando
di spiegare perché il carbone e il petrolio sono fondamentali per la nazione.
Non se l’è bevuta nessuno. E non è stato certo l’unico a rimetterci. I primi
conti spiccioli segnalano che i grossi gruppi finanziari monopolisti hanno
perso in borsa, in otto ore, circa 50 miliardi di euro andati in fumo. Ma
nessuno ha spiegato perché.
In verità, gli Usa (etnia
molto diversa dalla nostra) ha subìto nell’ultimo anno un cambiamento davvero
radicale, epocale Il movimento “occupy wall street” non è stato l’artefice di
questo cambiamento, per nulla: ne è stato l’effetto, il che è diverso. La
società americana si sta preparando ad accettare l’idea di un capovolgimento
totale della propria precedente idea del mondo, scommettendo sul fatto che il
“grande cambiamento” garantisce loro un futuro, anche da leader.
Come si sta verificando con
il continente sudamericano.
E’ giusto che siano le
società storiche più giovani a scrollarsi di dosso il capitalismo mercantile
che è stato rivoluzionario nel 1712 ma che è diventato reazionario nel 2012. E’
per questo che gli oligarchi stanno portando a fondo la battaglia per abbattere
e cancellare tutte le conquiste sociali ottenute nel mondo grazie alla
rivoluzione francese del 1789: sanno che questi 300 anni di Storia si sono
conclusi: la Storia è finita.
O si va avanti o si ritorna
all’epoca precedente al 1712, non esistono altre vie d’uscita.
Si è sviluppata in Usa una
gigantesca domanda di mercato per la produzione immediata della green economy
eco-sostenibile, nata dal lento lavoro (durato circa 40 anni) di chi ha
contribuito a diffondere e produrre una nuova consapevolezza sociale di massa.
L’America sta a un centimetro dal dichiarare estinta la società nata dal
carbone e dal petrolio e gran parte dei colossi finanziari lo sanno benissimo e
stanno cercando disperatamente di riconvertirsi. Se lo possono permettere, così
come se lo potevano permettere nel sec. XIX essendo gli Usa il più grande
produttore al mondo sia di carbone che di petrolio. Oggi, gli Usa, sono
diventati “tecnicamente” il più grande laboratorio operativo di aziende
operanti nel campo dell’energia sostenibile pulita e vi sono circa 500.000
aziende (di cui il 15% proviene dal segmento investimento petrolifero che hanno
abbandonato) pronte a investire circa 2.000 miliardi di dollari nel prossimo
biennio per lanciare un piano di massa di investimento e ristrutturazione nelle
infrastrutture del territorio. Hanno l’appoggio totale e incondizionato del
Giappone (il 42% di tali società sono in joint venture con i nipponici) e hanno
l’appoggio di vasti settori dell’imprenditoria tedesca più lungimirante e i più
visionari e lucidi tra gli sceicchi arabi: nel 2013, l’Abu Dabi e l’Oman
investiranno circa 50 miliardi di dollari per produrre nel deserto le prime
città energeticamente autosufficienti attraverso combustioni all’idrogeno ed
elettriche prodotte in loco. Il problema
della produzione elettrica per automobili ed aerei consiste, com’è noto, nelle
batterie. Ebbene, negli ultimi sei mesi, a Wall Street, le aziende che hanno
ottenuto maggiori profitti sono quelle relative alla produzione “di
microtecnologia avanzata nel campo elettromagnetico” che hanno goduto di
sussidi governativi nell’ordine di 100 miliardi di dollari nell’ultimo
triennio; sono le uniche aziende ad avere segno + sia ieri che oggi. Sono
aziende che studiano prototipi di nuove batterie piccolissime e potentissime,
in grado di poter far volare un aereo per 10.000 chilometri senza necessità di
ricarica. Gli Usa hanno investito in ricerca e innovazione e Obama è un uomo
davvero molto molto ambizioso, non è un ragioniere piccolo-borghese come il
nostro narcisista e vanesio primo ministro, un modesto impiegato di consorterie
oligarchiche obsolete. Obama vuol passare alla storia come il leader che ha
cavalcato la più grande rivoluzione economica degli ultimi 300 anni: la
riconversione energetica del territorio. Il piano di Obama consiste nello
sfruttare i grandi deserti nel territorio Usa per iniziare a costruire modelli
avanzati di produzione di energia pulita a costo bassissimo per diventare di
nuovo leader nel pianeta. Perché leader del pianeta sarà chi produrrà energia.
Allo stesso tempo intende lanciare un gigantesco piano di investimento nel
campo dell’agricoltura a chilometro zero (per gli statunitensi) con il surplus
da esportare nel resto del pianeta e diventare leader nel campo
dell’alimentazione mondiale, in tal modo risolvendo anche gravi problemi di
disoccupazione in Usa. Del debito pubblico, Barack Obama se ne frega, quello è
un problema per le società obsolete. Lo ridurrà (lo ha già spiegato) stampando
centinaia di miliardi di dollari, in tal modo finendo per far entrare dalla
finestra la patrimoniale di lusso, perché aumenterà l’inflazione e quindi
diminuirà di molto il valore delle rendite finanziarie in possesso dei ceti più
privilegiati; mentre i ceti meno solidi soffriranno per l’inflazione ma avranno
la splendida sorpresa di vedere annullare la disoccupazione rimettendo in gioco
il mercato del lavoro: Se io guadagno 100 ma l’inflazione è al 6% invece che al
2%, ma so anche che posso trovare con facilità un lavoro dove mi pagano 110,
diventa per me una prospettiva incoraggiante, e così via dicendo. In Usa c’è
molta chiarezza sul nuovo scenario che si sta aprendo. Sta nascendo un nuovo
asse potenziale per lasciare alle future generazioni un mondo vivibile e
migliore di quanto lo sia oggi. Dopo sessant’anni, e dopo vent’anni dalla fine
della guerra fredda, gli accordi di Yalta vanno in cantina e diventano Storia.
L’assetto del Nuovo Ordine Mondiale vede, oggi, uno scenario inedito: da una
parte Usa-Giappone-Sudamerica (compatti e uniti) con il quasi accordo inclusivo
della Gran Bretagna, la quale, guarda caso, proprio tre giorni fa ha annunciato
che probabilmente “cancelleremo il nostro debito pubblico” schiacciando un
pulsante sul computer. Gavyn Davies (ex capo economista di Goldman Sachs,
dimessosi e passato al fronte laburista di Ed Miliban) sul Financial Times ha
dato l’annuncio, confermato addirittura dalla Banca d’Inghilterra, la quale è
pronta a stampare 400 miliardi di sterline per pagare (a se stessa) parte del
debito pubblico. Leggere oggi i quotidiani economici britannici è davvero
divertente: fa sembrare l’Italia un paesino piccolo piccolo nelle mani di
ragionieri di secondo ordine, compresi gli economisti liberisti e le persone
piccole piccole come Bersani che sostengono ancora la necessità di combattere
contro il disavanzo.
Che cosa farà l’Europa?
Che cosa farà la BCE, la
Merkel, Monti e tutti gli altri, quando si accorgeranno che non si tratta più
di mettere in piedi dei giri di fattura e di qualche trucco da baraccone nei
bilanci semplicemente per alimentare le banche private, garantendo
all’oligarchia la loro reddita parassitaria?
Il 6 novembre, a urne ancora
aperte, Mario Monti ha minacciato apertamente Obama dichiarando “chiunque vinca
questa sera dovrà vedersela subito con il disavanzo pubblico”. Non appena
rieletto, Obama ha dichiarato “il problema non è il disavanzo, bensì il lavoro
e l’occupazione: questa è la priorità”.
Ma gli Usa non stanno
cambiando perché Obama dice queste cose.
E’ il contrario netto: Obama
è costretto a dire queste cose, perché nel frattempo l’America è cambiata.
L’economia è figlia della
filosofia, ed è amante della sociologia.
Non esistono manovre
economiche, tecniche o teorie che cambiano una società.
Esistono società che
cambiano perché si aprono al nuovo, alla differenza, all’innovazione, e fanno
appello alla propria cultura, e di conseguenza determinano nuovi riassetti
economici perché l’economia si adegua.
Per il momento noi italiani
non possiamo che stare a guardare. Abbiamo scelto di essere passivi, di essere
colonia, di essere dipendenti. Pur di avere qualche briciola da spendere,
fingendo con noi stessi che eravamo ricchi e indipendenti. Non lo siamo mai
stati. E’ ora che cominciamo a crescere
andando a pescare nel nostro bacino più ricco e prestigioso, quello della
Cultura e dell’Arte.
Soltanto da una nuova
comportamentalità e da un radicale cambiamento della propria prospettiva
esistenziale uscirà un nuovo modello sociale, all inclusive, come dice la pubblicità.
La discriminante sta tutta
qui: abbasso i club esclusivi, qualunque sia il loro statuto.
Proprio perché esclusivi
appartengono a un mondo fatiscente.
“Il nuovo che avanza”
appartiene a tutti e non esclude nessuno, altrimenti non è nuovo. Se non fosse
così non sarebbe un nuovo modello di energia, che prima di essere economico, è
spirituale, psicologico, sessuale, morale, esistenziale. Non si cambia
prospettiva di vita votando per un partito diverso. La si cambia ritrovando
l’amore per la progettualità, accompagnato dalla passione civile, chiamandosi
fuori dalla “offerta” dei soliti partiti che rappresentano una società che non
esiste più, che non ha futuro e che in Italia, con la consueta spettacolarità
che ci contraddistingue, si manifesta con i suoi coloriti aneddoti felliniani,
dalle barche di lusso ai culetti della miss di turno, dai privilegi da basso
impero alle clientele raffazzonate, che da sempre ci hanno abituato a pensarle
come eternamente “ineludibili”. Non è vero. E’ roba da circo, è roba che si
trova nei manifesti marketing delle agenzie di pubblicità.
E’ roba da medioevo. Tutto
qui.
E io, in quanto innamorato
dell’Italia, alla mia amante ci tengo e credo nel suo futuro.
Voglio che entri finalmente
in quella modernità dalla quale si è sempre sottratta, per paura del nuovo, per
viltà, per mancanza di curiosità, per mancanza di cultura. Questa è una società
di vecchi oligarchi ammuffiti, e l’anagrafe non conta. O li si butta giù o
ritorneremo a vivere come i nostri antenati nel 1712. Loro lo sanno benissimo.
Ciò che importa è che ce
rendiamo conto tutti noi.
Basterebbe sottolineare il
fatto che oggi in parlamento è stato bocciato il decreto sull’omofobia. Siamo
davvero quarto mondo, non c’è che dire.