lunedì 27 maggio 2013

Finalmente un risultato elettorale che rispecchia la realtà. Soprattutto a Roma. Gli italiani cominciano a capire.


di Sergio Di Cori Modigliani


E adesso ci toccherà anche sorbirci le analisi dei sociologi, i numeri, le statistiche, i grafici, le interviste, le dichiarazioni, le spiegazioni. Roba da ridere.
Tranquilli ragazzi, non è accaduto nulla.
Questa, semmai, è l’unica vera notizia. Che cos’altro sarebbe dovuto accadere?
Il potere politico italiano, finalmente, trova la sua tanto ambita quadratura del cerchio e fonda il vero partito unico italiano, che ben rappresenta l’attuale fase di avvilimento e confusione. Spinti all’angolo e smascherati, rivelano la loro strategia e la mostrano a chi vuol guardare e capire.
Il trionfo dell’astensione è l’obiettivo minimo dell’attuale classe politica dirigente italiana. Era ciò che volevano, era ciò che auspicavano, era ciò che speravano.
Gli opinionisti massa della cupola mediatica asservita già si lanciano nel fornire falsi clamorosi, della serie “siamo diventati come gli americani in Usa dove la maggioranza non vota” (letto sul corriere della sera e la repubblica, la stessa identica frase) ennesimo tentativo di fornire dati fuorvianti ai lettori attraverso il consueto tentativo manipolatorio delle coscienze potenzialmente pensanti.
In Usa, infatti, gli ultimi 12 mesi (grazie a occupy wall street) hanno dimostrato che il dato era in controtendenza, tant’è vero che alle ultime elezioni politiche del 5 novembre 2012, in Usa, la percentuale dei votanti è stata la più alta dal 1980 e nelle successive 145 elezioni amministrative locali, svoltesi in 24 stati dell’unione, la percentuale dei votanti ha raggiunto i valori assoluti più alti; in alcuni casi (vedi California, Wisconsin e Massachussets) con punte anche del 75% e dell’82%. L’Italia, invece, segue il trend egiziano.
Al potere politico italiano, l’astensione fa gioco.
E a quella hanno puntato.
Tanto meno sarà il numero degli elettori, tanto più facile sarà controllare i blocchi sociali che votano. Nella città di Roma la proposta era quella di ben 19 candidati sindaci, supportati da ben 40 liste collegate per un numero complessivo di 1667 aspiranti consiglieri comunali. Per un totale di 48 posti. Da notare che tra i 19 candidati sindaci non c’era neppure una donna. C’è addirittura una lista dei “grilli parlanti”, ottima modalità furba di quart’ordine per confondere l’elettorato meno avvezzo e informato.
La Politica, in Italia, seguita ad essere il corridoio privilegiato per svoltare individualmente, usando e sfruttando parole d’ordine diffuse a megafono, grazie alla amplificazione della rete e dei social networks. Dalle liste “fermiamo le banche” a quelle “notav”, da quelle “aboliamo equitalia” a quelle “salviamo gli animali dalla vivisezione” la proliferazione di precari, disoccupati, babbei, banditi, furbi, furbetti e furboni, hanno prodotto il risultato che speravano di ottenere: la vittoria del partito dell’astensione.
Nessuna sorpresa, quindi.
E’ l’attuale trend della politica italiana, foraggiata dai giornalisti che hanno fornito un solido contributo quotidiano per mettere in fuga i cittadini, convincendoli a non recarsi alle urne.
E’ stata –quantomeno a Roma- la più avvilente e squallida campagna elettorale mai vista.
Personalmente parlando, la sorpresa consiste nel fatto che ci sia stato un crollo così modesto.
Nelle ultime tre settimane non si è mai parlato delle esigenze locali della cittadinanza, perché il dibattito è stato spinto verso altre derive: dalla puntuale e burocratica richiesta di certificazione millimetrica delle diarie e dei guadagni di esponenti del M5s al tentativo (ben riuscito) di spingere l’elettorato a raggelarsi in faziose diatribe “contro” qualcuno o qualcosa. Quasi nessuno si è espresso “per” o “pro” qualcuno o qualcosa.
Da questo pomeriggio, nei consueti talk show, ascolteremo i leader politici lamentarsi preoccupati per questa tendenza. Un atteggiamento ipocrita che non fa altro che aggiungere beffa al danno.
Per potersi garantire lo stallo, e quindi il mantenimento dello stato di tenuta dei privilegi dinastici della oligarchia che ci controlla, era necessario annebbiare il panorama, costruire teatri artificiosi, e impedire l’accesso alla cittadinanza di una necessaria informazione sui problemi pratici, necessari da affrontare subito per poter avviare un cambiamento.
Vince, in realtà, il narcisismo, la visibilità, l’apparenza, confermando il dato saliente che è l’autentica verità della spina dorsale antropologica italiana: l’assorbimento e l’incorporazione –conscia o inconscia che sia- del berlusconismo. Non poteva essere altrimenti, avendo Berlusconi formato un governo nonostante avesse perso le elezioni.
Il messaggio che è arrivato al popolo, da parte della destra e da parte della sinistra, è stato forte e chiaro: “le elezioni sono inutili, perché chiunque sia il vincitore saremo sempre noi a stabilire chi governa e chi non governa”.
Per poter invertire questa tendenza è necessario lavorare a lungo e a fondo.
E va fatto collettivamente.
E’ necessario avviare un programma vasto di formazione culturale delle coscienze che diventi la base portante della politica intesa come partecipazione e rappresentanza di esigenze e bisogni autentici della collettività. Ma per farlo bisogna prima essere in grado di modificare la antropologia individuale del nostro essere italiani. Essere contro non basta più, è inutile.
Bisogna essere a favore e propositivi, capendo e incorporando il concetto che wikipedia non basta.
Non è sufficiente scrivere una striscetta su facebook, citando la frase di un grande romanziere (facendo credere di essere uno scrittore o un lettore) per esserlo. Così come non serve a nulla declinare il quotidiano elenco di nefandezze provocate dai propri avversari, puntando a coagulare il consenso come forma di protesta e di rabbia.
Se si vuole cambiare la società, la si vuole migliorare e la si vuole fare evolvere, è necessario accettare il principio che i progetti vincenti sono la conseguenza di buone idee operative. E le buone idee le producono soltanto coloro che hanno studiato e confezionato dei programmi come risultato di una creatività che è la sintesi del merito personale e della forte acquisizione di una competenza tecnica.
La gente non va più a votare perché ha capito che cosa vuol dire “il re è nudo” ovvero: avere colto il Senso dell’intercambiabilità dei candidati.
Non è certo un caso che Corrado Passera, a suo tempo (marzo 2012) è passato alla storia dell’ignavia indecorosa quando con tono scocciato disse: “non aspettatevi certo una ideona, perché qui non si tratta di idee”. Che cos’altro dovrebbe fornire, come rappresentante di un servizio pubblico, un individuo che è ministro dello sviluppo, se non idee operative vincenti? E’ la stessa identica frase regalata dall’attuale ministro in carica (Zandonato del PD) nel corso di un convegno di imprenditori “le idee non servono”.
Il messaggio è arrivato.
La gente l’ha capito.
Se il potere non produce idee, se le idee non servono, allora è inutile votare.
Se vogliamo restituire dignità alla democrazia, se vogliamo che un’elezione abbia Senso e quindi veda la passionale partecipazione di tanti che si incontrano e si scontrano, dibattono e si confrontano, sui programmi, sulle potenziali soluzioni, sulle proprie diversità, allora è assolutamente necessario restituire l’egemonia alle idee, a coloro che le hanno, e a coloro che sono in grado di comprenderle, farle proprie, e trasformarle in un fatto pragmatico.
L’impresentabile classe politica dirigente italiana è riuscita a mantenersi in piedi falsificando la realtà e facendo credere che la morte delle ideologie corrispondeva alla morte delle idee, per giustificare il fatto che loro non ne avevano.
La morte delle ideologie ci ha liberato dalla burocrazia e dalla faziosità di parte, liberando il meraviglioso e insostituibile patrimonio di idee degli individui. Hanno bloccato quella ricchezza.
Quella è la sezione che va liberata.
Se non si comincia a dar spazio alle idee, vinceranno sempre i burocrati.
E la gente che andrà a votare sarà sempre di meno.
L’ultima cosa che mi sento di fare, in questo momento, è di partecipare al piagnisteo generale condito di ipocrisia italiota, addebitando al popolo, con aggressiva cattiveria, la “colpa” di non essere andati a votare. Io invece li capisco. Li comprendo. Loro attendono delle idee, se nessuno le propone, giustamente non seguono nessuno.
Bastava pochissimo.
Due mesi fa circa, Franco Battiato sussurrò a Michele Santoro, nel corso di una trasmissione nel suo talk show, che “ci vuole poco per cambiare e liberarsi da questi personaggi impresentabili: basta non invitarli più”. Per Santoro, questo suggerimento è stato inaccettabile e improponibile. Da allora, Battiato non si è più visto, ma in compenso c’è sempre Daniela Santanchè.
E ci stupiamo se poi la gente non va a votare?

Perchè dovrebbe?

4 commenti:

  1. l'ultima frase, circa Battiato a Santoro l'ho detta anch'io, be'... non ci voleva tanto...Sergio, bisogna in primo luogo liberare la rai, occupata, usurpata, deturpata dagli osceni del nulla. .....Quando costoro non appariranno più non ci ricorderemo nemmeno di loro...maria grazia..mos.

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    1. Sono assolutamente d'accordo; è l'unica cosa buona che ha fatto l'attuale presidente, la signora Tarantola, che ha abolito sia "l'isola dei famosi" che le serate di "Miss Italia" definendole "lesive dell'intelligenza dei contribuenti". Per quanto riguarda Miss Italia ha dovuto affrontare un contenzioso con quelli della sinistra, forti sostenitori della manifestazione, ma si è imposta. In compenso, ha dovuto affrontare un forte contenzioso con quelli della destra che sostenevano l'isola dei famosi. Anche qui si è imposta. A dimostrazione che, quando e se esiste la volontà di operare, allora i presidenti presiedono. Lucia Annunziata, quando era presidente della Rai, non ha fatto nulla se non coltivare il suo orticello personale: questa è la mentalità da combattere e da abbattere.

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    2. si, ma piano con l'elogio della Tarantola! non dimenticare che è una ex banca d'italia...si è scusata perché rai1 ha trasmesso in diretta il matrimonio della Marini...ma non basta! adesso stanno facendo di tutto e di più. ti segnalo un articolo...te lo mando per messaggio
      ciao e grazie. m.g.m

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    3. Non lo dimentico affatto. Lungi da me l'idea di essere un tifoso della Tarantola, sulla quale a suo tempo, in un vecchio post, avevo avuto da dire e ridire. Ciò che a me interessa è abbattere l'argomentazione -che è un cavallo di battaglia della comunicazione di Berlusconi- basata sulla ridicola argomentazione che "non ti fanno decidere", "non ti fanno governare", "ti mettono sempre i bastoni tra le ruote e ti impediscono di attuare riforme" ecc, ecc. Una argomentazione capziosa usata da esponenti della sinistra per giustificare la loro corruttela, la loro compiacenza nei riguardi della clientela. Tre grandi campioni della comunicazione della sinistra italiana -tutti ex PCI- sono stati presidenti della Rai (Siciliano, Petruccioli, Annunziata)e nel corso della loro attività lavorativa, dati alla mano, la Rai ha visto aumentare in maniera esponenziale il clientelismo, le raccomandazioni, l'affondamento del merito, della intelligenza, e l'abbattimento della competenza tecnica. Uno è morto, l'altro si gode la ricca e immeritata pensione, l'altra, invece, (record assoluto di assunzioni a pioggia di amici di varia natura)è stata promossa e oggi è responsabile di diverse trasmissioni politiche della Rai senza che nessuno mai abbia avuto il coraggio e la decenza professionale di chiederle neppure una volta "come mai, lei, quando era presidente della Rai non ha fatto nulla? Anzi...". Si comincia da qui. La Tarantola è una tecnocrate iper-liberista e come tale la considero un'avversaria politica e sono un suo fiero antagonista e oppositore. Ma (proprio perchè è così) frena lo spreco e le clientele delle consorterie di quei gruppi ipocriti e doppiogiochisti che io definisco "avanguardie miliardarie" composte da individui moralmente ignobili che si pavoneggiano ergendosi a cultori della indignazione popolare anti-casta, ma soltanto dopo essersi garantiti e assicurati contratti milionari per collaborazioni, consulenze, e affini, per sè stessi, per i loro parenti, i loro amici personali di percorso: il tutto pagato con le nostre tasse.

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