di Sergio Di Cori Modigliani
Questa è una storia classica della vita nell'era del post-Maya.
E' una storia vera, autentica.
Ed è tuttora in corso, più viva che mai.
I protagonisti sono persone anonime, è una caratteristica della vita nel post-Maya: non si va a caccia di pubblicità, non si cerca la visibilità, poichè la qualità della vita è stata sostituita -come fattore formativo e strutturale- all'aspetto quantitativo dell'esistenza. Da cui ne discende la mancanza di protagonismo, di gossip, di esibizionismo insulso.
Chi ci guadagna è la comunità e la diffusione capillare della consapevolezza collettiva,.
E' avvenuto in parte in Europa, in quel di Germania, la nazione più ricca e stabile del continente.
Con un valore aggiunto asiatico, proveniente dal Giappone, prima nazione di quel continente e seconda potenza economica del pianeta, subito dopo gli Usa.
A renderla pubblica è stata una portentosa professionista teutonica, Renuka Rayasam, di origine pakistana, che lavora come free lance in Germania. Ha collaborato per il Wall Street Journal, per il Washington Post e per le più importanti testate europee. E già questo la dice tutta sulla distanza europea tra la Germania e l'Italia. Non soltanto in Italia i free lance non valgono nulla. Non soltanto in Italia i free lance di genere femminile valgono ancora meno. Se poi, oltre a essere libere e indipendenti, hanno l'aggravante di essere anche donne, e infine il colore della loro pelle è scuro e la famiglia di origine è extra-comunitaria, in Italia non possono che essere destinate alla disoccupazione perenne.
Il suo reportage apparso su Der Spiegel (il più autorevole settimanale tedesco) ha fatto il giro del mondo.
Ma non è stato pubblicato ieri.
E' datato 9 marzo 2012.
Ne ho avuta notizia qualche settimana fa, via Giappone, Sudamerica e California.
Da noi, la storia di cui lei aveva informato gli europei, 18 mesi fa, non è mai arrivata.
Ma forse è meglio raccontarla fin dall'inizio.
I protagonisti sono due: Eri Otsu e Michael Knape.
Eri Otsu sembra un personaggio di un romanzo di Murakami in carne e ossa.
Professionista trentenne, laureato in lingue e letteratura comparata, vince una borsa di studio per andare all'Istituto di Cultura giapponese in quel di Amburgo, dove prende un master come interprete specializzato in traduzioni simultanee tedesco-giapponese. La concorrenza è minima, il lavoro è tanto. Va a lavorare a Bruxelles, dove molti lobbisti giapponesi se la vedono con industriali tedeschi.
Dopo qualche anno si stufa e si licenzia.
Ritorna in Giappone, rattristato all'idea della prematura scomparsa di sua madre, che lo aveva allevato insieme a sua sorella. E così, il nostro Eri Otsu va a stare per un po' con la vecchia zia affettuosa che vive in una bella casetta in quel di Fukushima. L'8 marzo del 2011 incontra sul web una bella ragazza di Tokyo e va per qualche giorno nella capitale, con l'idea di trascorrere del tempo con lei. Ma l'11 arriva lo tsunami che devasta la zona, portandosi via la zia, la casa, ogni suo avere, materiale e spirituale. Eri Otsu rimane molto colpito dall'evento, diciamo traumatizzato, e comincia a nascere in lui la consapevolezza della follia del nucleare. Dopo qualche mese accetta un lavoro di tre mesi per la Toyota e va a fare l'interprete a Berlino. Lì, una sera, una collega tedesca lo porta a cena in una piccola trattoria di campagna nel Brandeburgo, sessanta chilometri a sud di Berlino. Decidono di rimanere per il week end in un bed & breakfast. E lì, incontra Michael Knape, i loro destini si incrociano.
Il tedesco è un attivista politico, già membro del Free Democrat Party, un movimento iper-liberista, che in quel momento lavora come sindaco della cittadina di Feldheim, un piccolo borgo di appena 176 anime. Gli racconta che cosa ha fatto e come lo sta vivendo. Per Eri Otsu è un'illuminazione. Si licenzia dal suo lavoro, ritorna in Giappone e si getta nell'attivismo anti-nucleare a favore delle energie rinnovabili pulite. Mette su una modesta e artigianale agenzia di viaggio e comincia a portare turisti giapponesi in quel di Feldheim, un paesetto che non ha nessuna attrattiva.
Dieci mesi dopo, i giapponesi che fanno su e giù, raggiungono la cifra di circa 5.000. In un anno e mezzo sono 10.000. Si sviluppa una piccola economia locale, di industria turistico-rurale, e si diffondono alberghetti, ristoranti, centri convegni, creando lavoro e occupazione.
Perchè Eri Otsu ha capito che l'esperienza di Michael Knape e dei 176 residenti a Feldheim non è un semplice esperimento banale, bensì una alternativa reale, efficiente, efficace, che lancia un nuovo modello di intendere la vita.
Il borgo di Feldheim, infatti, è il primo paesetto d'Europa che vanta un record invidiabile: è totalmente auto-sufficiente e autonomo nel campo energetico, alimentare, sociale, e si sono "ufficialmente" staccati dalla rete nazionale dell'energia del governo centrale tedesco. Gli abitanti del borgo, infatti, hanno stilato un progetto, l'hanno presentato a Bruxelles, hanno ottenuto il finanziamento di 500.000 euro a fronte di un costo di 1 milione, si sono tassati per la cifra di 3.000 euro ciascuno e hanno realizzato la prima comunità europea a "esistenza zero". Il costo pro-capite per il consumo di energia è diminuito del 75%, così come il costo dell'alimentazione. Hanno impiantato delle piccole centraline eoliche, fotovoltaiche, a idrogeno. Consumano ciò che producono e ciò che avanza lo mettono a disposizione per la rete nazionale (se la vuole) sia in campo energetico che alimentare, realizzando un notevole profitto. Una volta lanciato il piano, il sindaco del paesetto viene immediatamente attaccato dai colossi dell'energia tedesca, sia quelli a gestione elettrica, che quelli a gestione nucleare. Ma lui tiene duro. Si scontra all'interno del suo partito, da cui viene espulso. Diventa indipendente e viene rieletto con il 93% dei voti. Applicando una visione del mondo basata sui principii della "esistenza zero sostenibile umanamente" sono riusciti a ricavare energia elettrica per tutte le famiglie di questo innovativo paese che la gestiscono e la bilanciano: in caso di sovra-sfruttamento vengono applicate sanzioni. Ma Feldheim è green non solo per l’energia elettrica: esistono cabine sparse qua e là per ricaricare le auto elettriche ed il riscaldamento di ogni edificio avviene grazie ad un impianto di biogas che brucia gli scarti agricoli. Cominciano a diffondersi anche le automobili a idrogeno. Migliaia e migliaia di giapponesi, in seguito al disastro nucleare di Fukushima, visitano il paesino per studiare questo metodo di indipendenza energetica e sembra che in Giappone siano già circa dieci i piccoli paesetti dove stanno effettuando la stessa scelta.."Mi aspettavo che dopo Fukushima sia il governo tedesco che la comunità europea sarebbe diventata sensibile ai temi dell'energia e dell'ambiente" racconta il sindaco "invece non è stato così, sono vittime degli interessi spropositati di chi vuol far credere che sia necessario consumare gas, petrolio, carbone, per riscaldarsi, illuminare le case, far muovere le automobili, far funzionare una intera comunità dove abitano circa 400 persone. Non è vero. E' possibile essere completamente autonomi e indipendenti: l'alternativa esiste".
Adesso Michael Knepe è imbarazzato e non lo nasconde. In quel piccolo borgo c'è la ressa di turisti (soprattutto giapponesi, coreani e canadesi) con migliaia di persone che arrivano a getto continuo. Ma la realtà che sono riusciti a inventarsi sta facendo proseliti e in due mini-cittadine limitrofe (una di 230 abitanti e l'altra di 420) stanno attuando gli stessi identici procedimenti rivoluzionari.
E' possibile, quindi.
E' fattibile.
E' realistico.
E' vero.
Così funziona la vita nel post-Maya.
Se lo hanno fatto Michael Knape e la sua comunità, significa che lo possiamo fare anche noi, in Italia, magari iniziando -come loro- da un piccolo borgo a Vattelapesca. Se lo stanno facendo in Giappone, vuol dire che lo possiamo fare anche noi.
Invece di stilare ogni giorno la consueta sfilza di denunce sullo schifo dell'Europa, è bene ricordare anche il bello che viene dall'Europa, quando c'è.
Ricordare che esistono persone che combattono per cambiare la vita di tutti.
Cambiandola.
E che esistono giornalisti curiosi e attenti, vogliosi di diffondere e divulgare le notizie che possono fare la differenza e modificare l'esistenza di tutti in meglio.
Così va la vita nell'età del post-Maya.
Ecco il link, per chi è interessato, con l'edizione internazionale in lingua inglese di Spiegel dove potete leggere l'intera storia raccontata dalla bravissima Renuka Rayasam.
Il merito della diffusione è tutto suo: lei è stata la prima.
http://www.spiegel.de/international/germany/a-power-grid-of-their-own-german-village-becomes-model-for-renewable-energy-a-820369
E' una storia vera, autentica.
Ed è tuttora in corso, più viva che mai.
I protagonisti sono persone anonime, è una caratteristica della vita nel post-Maya: non si va a caccia di pubblicità, non si cerca la visibilità, poichè la qualità della vita è stata sostituita -come fattore formativo e strutturale- all'aspetto quantitativo dell'esistenza. Da cui ne discende la mancanza di protagonismo, di gossip, di esibizionismo insulso.
Chi ci guadagna è la comunità e la diffusione capillare della consapevolezza collettiva,.
E' avvenuto in parte in Europa, in quel di Germania, la nazione più ricca e stabile del continente.
Con un valore aggiunto asiatico, proveniente dal Giappone, prima nazione di quel continente e seconda potenza economica del pianeta, subito dopo gli Usa.
A renderla pubblica è stata una portentosa professionista teutonica, Renuka Rayasam, di origine pakistana, che lavora come free lance in Germania. Ha collaborato per il Wall Street Journal, per il Washington Post e per le più importanti testate europee. E già questo la dice tutta sulla distanza europea tra la Germania e l'Italia. Non soltanto in Italia i free lance non valgono nulla. Non soltanto in Italia i free lance di genere femminile valgono ancora meno. Se poi, oltre a essere libere e indipendenti, hanno l'aggravante di essere anche donne, e infine il colore della loro pelle è scuro e la famiglia di origine è extra-comunitaria, in Italia non possono che essere destinate alla disoccupazione perenne.
Il suo reportage apparso su Der Spiegel (il più autorevole settimanale tedesco) ha fatto il giro del mondo.
Ma non è stato pubblicato ieri.
E' datato 9 marzo 2012.
Ne ho avuta notizia qualche settimana fa, via Giappone, Sudamerica e California.
Da noi, la storia di cui lei aveva informato gli europei, 18 mesi fa, non è mai arrivata.
Ma forse è meglio raccontarla fin dall'inizio.
I protagonisti sono due: Eri Otsu e Michael Knape.
Eri Otsu sembra un personaggio di un romanzo di Murakami in carne e ossa.
Professionista trentenne, laureato in lingue e letteratura comparata, vince una borsa di studio per andare all'Istituto di Cultura giapponese in quel di Amburgo, dove prende un master come interprete specializzato in traduzioni simultanee tedesco-giapponese. La concorrenza è minima, il lavoro è tanto. Va a lavorare a Bruxelles, dove molti lobbisti giapponesi se la vedono con industriali tedeschi.
Dopo qualche anno si stufa e si licenzia.
Ritorna in Giappone, rattristato all'idea della prematura scomparsa di sua madre, che lo aveva allevato insieme a sua sorella. E così, il nostro Eri Otsu va a stare per un po' con la vecchia zia affettuosa che vive in una bella casetta in quel di Fukushima. L'8 marzo del 2011 incontra sul web una bella ragazza di Tokyo e va per qualche giorno nella capitale, con l'idea di trascorrere del tempo con lei. Ma l'11 arriva lo tsunami che devasta la zona, portandosi via la zia, la casa, ogni suo avere, materiale e spirituale. Eri Otsu rimane molto colpito dall'evento, diciamo traumatizzato, e comincia a nascere in lui la consapevolezza della follia del nucleare. Dopo qualche mese accetta un lavoro di tre mesi per la Toyota e va a fare l'interprete a Berlino. Lì, una sera, una collega tedesca lo porta a cena in una piccola trattoria di campagna nel Brandeburgo, sessanta chilometri a sud di Berlino. Decidono di rimanere per il week end in un bed & breakfast. E lì, incontra Michael Knape, i loro destini si incrociano.
Il tedesco è un attivista politico, già membro del Free Democrat Party, un movimento iper-liberista, che in quel momento lavora come sindaco della cittadina di Feldheim, un piccolo borgo di appena 176 anime. Gli racconta che cosa ha fatto e come lo sta vivendo. Per Eri Otsu è un'illuminazione. Si licenzia dal suo lavoro, ritorna in Giappone e si getta nell'attivismo anti-nucleare a favore delle energie rinnovabili pulite. Mette su una modesta e artigianale agenzia di viaggio e comincia a portare turisti giapponesi in quel di Feldheim, un paesetto che non ha nessuna attrattiva.
Dieci mesi dopo, i giapponesi che fanno su e giù, raggiungono la cifra di circa 5.000. In un anno e mezzo sono 10.000. Si sviluppa una piccola economia locale, di industria turistico-rurale, e si diffondono alberghetti, ristoranti, centri convegni, creando lavoro e occupazione.
Perchè Eri Otsu ha capito che l'esperienza di Michael Knape e dei 176 residenti a Feldheim non è un semplice esperimento banale, bensì una alternativa reale, efficiente, efficace, che lancia un nuovo modello di intendere la vita.
Il borgo di Feldheim, infatti, è il primo paesetto d'Europa che vanta un record invidiabile: è totalmente auto-sufficiente e autonomo nel campo energetico, alimentare, sociale, e si sono "ufficialmente" staccati dalla rete nazionale dell'energia del governo centrale tedesco. Gli abitanti del borgo, infatti, hanno stilato un progetto, l'hanno presentato a Bruxelles, hanno ottenuto il finanziamento di 500.000 euro a fronte di un costo di 1 milione, si sono tassati per la cifra di 3.000 euro ciascuno e hanno realizzato la prima comunità europea a "esistenza zero". Il costo pro-capite per il consumo di energia è diminuito del 75%, così come il costo dell'alimentazione. Hanno impiantato delle piccole centraline eoliche, fotovoltaiche, a idrogeno. Consumano ciò che producono e ciò che avanza lo mettono a disposizione per la rete nazionale (se la vuole) sia in campo energetico che alimentare, realizzando un notevole profitto. Una volta lanciato il piano, il sindaco del paesetto viene immediatamente attaccato dai colossi dell'energia tedesca, sia quelli a gestione elettrica, che quelli a gestione nucleare. Ma lui tiene duro. Si scontra all'interno del suo partito, da cui viene espulso. Diventa indipendente e viene rieletto con il 93% dei voti. Applicando una visione del mondo basata sui principii della "esistenza zero sostenibile umanamente" sono riusciti a ricavare energia elettrica per tutte le famiglie di questo innovativo paese che la gestiscono e la bilanciano: in caso di sovra-sfruttamento vengono applicate sanzioni. Ma Feldheim è green non solo per l’energia elettrica: esistono cabine sparse qua e là per ricaricare le auto elettriche ed il riscaldamento di ogni edificio avviene grazie ad un impianto di biogas che brucia gli scarti agricoli. Cominciano a diffondersi anche le automobili a idrogeno. Migliaia e migliaia di giapponesi, in seguito al disastro nucleare di Fukushima, visitano il paesino per studiare questo metodo di indipendenza energetica e sembra che in Giappone siano già circa dieci i piccoli paesetti dove stanno effettuando la stessa scelta.."Mi aspettavo che dopo Fukushima sia il governo tedesco che la comunità europea sarebbe diventata sensibile ai temi dell'energia e dell'ambiente" racconta il sindaco "invece non è stato così, sono vittime degli interessi spropositati di chi vuol far credere che sia necessario consumare gas, petrolio, carbone, per riscaldarsi, illuminare le case, far muovere le automobili, far funzionare una intera comunità dove abitano circa 400 persone. Non è vero. E' possibile essere completamente autonomi e indipendenti: l'alternativa esiste".
Adesso Michael Knepe è imbarazzato e non lo nasconde. In quel piccolo borgo c'è la ressa di turisti (soprattutto giapponesi, coreani e canadesi) con migliaia di persone che arrivano a getto continuo. Ma la realtà che sono riusciti a inventarsi sta facendo proseliti e in due mini-cittadine limitrofe (una di 230 abitanti e l'altra di 420) stanno attuando gli stessi identici procedimenti rivoluzionari.
E' possibile, quindi.
E' fattibile.
E' realistico.
E' vero.
Così funziona la vita nel post-Maya.
Se lo hanno fatto Michael Knape e la sua comunità, significa che lo possiamo fare anche noi, in Italia, magari iniziando -come loro- da un piccolo borgo a Vattelapesca. Se lo stanno facendo in Giappone, vuol dire che lo possiamo fare anche noi.
Invece di stilare ogni giorno la consueta sfilza di denunce sullo schifo dell'Europa, è bene ricordare anche il bello che viene dall'Europa, quando c'è.
Ricordare che esistono persone che combattono per cambiare la vita di tutti.
Cambiandola.
E che esistono giornalisti curiosi e attenti, vogliosi di diffondere e divulgare le notizie che possono fare la differenza e modificare l'esistenza di tutti in meglio.
Così va la vita nell'età del post-Maya.
Ecco il link, per chi è interessato, con l'edizione internazionale in lingua inglese di Spiegel dove potete leggere l'intera storia raccontata dalla bravissima Renuka Rayasam.
Il merito della diffusione è tutto suo: lei è stata la prima.
http://www.spiegel.de/international/germany/a-power-grid-of-their-own-german-village-becomes-model-for-renewable-energy-a-820369
Noi italiani siamo troppo distratti per accorgerci che il mondo sta cambiando, siamo innamorati del piccolo acquario nel quale ci hanno immersi, dopo averci trasformato in un paese di mitomani, convinti -come siamo- di nuotare allegramente in bella compagnia nei tiepidi e rassicuranti mari del Sud, mentre invece giriamo in tondo osservando sempre lo stesso panorama senza comprenderlo, pensando che sia una novità.
La distrazione superficiale è pericolosa: è l'anticamera dell'ignoranza e dell'auto-distruzione.
Ma non siamo gli unici in Europa.
Dieci giorni fa è accaduto un fatto davvero sconcertante a 400 tifosi bosniaci, nostri dirimpettai al di là del Mare Adriatico. Avevano affittato tre aerei charter per andare in Lituania, a Kaunas, muniti di bandiere, trombette e sciarpe, per sostenere la propria nazionale di calcio, la Bosnia, che si giocava la partecipazione al mondiale incontrando la Lituania. Sono scesi all'aereoporto, sono usciti fuori strombazzando, e hanno impiegato un certo tempo prima di accorgersi che erano finiti, invece, in Lettonia, cioè a Riga, distante 350 chilometri. In compenso, la Bosnia ha vinto e sarà al mondiale.
Loro -ce lo racconta The Guardian- hanno vinto un posto nel record guinness dei primati.
Anche questa notiziola è parte della vita del post-Maya.
Tiriamoci su.
C'è qualcuno, in Europa, più stupido e auto-distruttivo di noi.La distrazione superficiale è pericolosa: è l'anticamera dell'ignoranza e dell'auto-distruzione.
Ma non siamo gli unici in Europa.
Dieci giorni fa è accaduto un fatto davvero sconcertante a 400 tifosi bosniaci, nostri dirimpettai al di là del Mare Adriatico. Avevano affittato tre aerei charter per andare in Lituania, a Kaunas, muniti di bandiere, trombette e sciarpe, per sostenere la propria nazionale di calcio, la Bosnia, che si giocava la partecipazione al mondiale incontrando la Lituania. Sono scesi all'aereoporto, sono usciti fuori strombazzando, e hanno impiegato un certo tempo prima di accorgersi che erano finiti, invece, in Lettonia, cioè a Riga, distante 350 chilometri. In compenso, la Bosnia ha vinto e sarà al mondiale.
Loro -ce lo racconta The Guardian- hanno vinto un posto nel record guinness dei primati.
Anche questa notiziola è parte della vita del post-Maya.
Tiriamoci su.
C'è qualche problema con il link, ecco quello giusto:
RispondiEliminahttp://www.spiegel.de/international/germany/a-power-grid-of-their-own-german-village-becomes-model-for-renewable-energy-a-820369.html
Confesso (mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa) che non mi sono avventurata ancora a leggere il testo dell'articolo linkato nel commento di Unknown, ma alcuni dubbi mi sorgono lo stesso. Le pale delle sia pure piccole centraline eoliche che contribuiscono, tra gli alti sistemi energetici "post-maya", a rifornire di energia la cittadina in questione, sono fatte con acciaio prodotto in fonderie alimentate con energia eolica-solare o a biogas, e, sopratutto, attive a ciclo continuo alla periferia di Feldheim? Se qualche abitante di Feldheim deve sottoporsi a qualche speciale indagine medica ospedaliera, l'acciaio dei macchinari che userà insieme ad altri compatrioti provenienti da località più tradizionali quanto a approvvigionamento energetico, proviene da impianti industriali alimentati o alimentabili esclusivamente con fonti energetiche naturali-biologiche e non fossili?
RispondiEliminaVorrei solo aggiungere che concordo assolutamente sul fatto che l'energia atomica a scopi pacifici si sia rivelata almeno tanto (se non più) pericolosa quanto quella impiegata purtroppo in tecnologie militari. Questo però non toglie che, se non vogliamo tornare ad abitare in case di paglia e fango (di legno no, disboscheremmo il pianeta, in 7 miliardi) e morire tranquillamente per un'appendicite, oltre che sicuramente per un cancro o una celiachia non affrontabile con un'alimentazione basata solo su prodotti agricoli locali, qualche altra fonte energetica più densa e potente (come quella di fusione, per esempio) accanto a quelle cosiddette alternative, dovremmo proprio scovarla. Altrimenti dobbiamo solo rassegnarci a considerarci come virus infestanti il pianeta (secondo la definizione del....webmaster del film "Matrix"), a meno di non aver raggiunto i livelli di genialità di un Mozart o di un Maradona, e così esserci conquistati il diritto a scampare allo sterminio -- o disinfestazione che dir si voglia.
Saluti cordiali,
marilù l.
La genialità dei personaggi sopra citati riguarda le loro specifiche qualità: per il primo, quelle musicali; per il secondo, quelle sportive. Per il resto non mi sembra che abbiano brillato come esempio per le rispettive comunità e non. Anzi, mi sembra che si siano contraddistinti per squilibrio e tendenze autodistruttive. Ciò non toglie che nei loro rispettivi campi siano stati delle eccellenze e questo nessuno lo nega. Ma lì finisce. Vorrei invece sottolineare come la lettrice abbia "ingenuamente" puntualizzato su argomenti quali i materiali di costruzione per gli impianti eolici o i materiali usati per le macchine utili alle cure mediche e l'alimentazione necessaria a produrli, cercando di sciare l'attenzione sul fatto che gli abitanti di quel paesino teutonico si siano completamente resi autosufficienti a impatto ambientale pari a zero e con un notevole miglioramento della loro qualità sia di vita sia economica. Mi sbaglio o il commento proposto dalla lettrice potrebbe essere considerato come uno dei tanti effettuati da chi, prono al potere e a soldo dello stesso, intende confondere i meno attenti sviando l'attenzione da quelli che sono i VERI punti focali??? Al fine di evidenziare qualche punto del tuo articolo riporto alcune parti che personalmente ritengo molto salienti: 1) "Da noi, la storia di cui lei aveva informato gli europei, 18 mesi fa, non è mai arrivata." 2) primo paesetto d'Europa che vanta un record invidiabile: è totalmente auto-sufficiente e autonomo nel campo energetico, alimentare, sociale, e si sono "ufficialmente" staccati dalla rete nazionale dell'energia del governo centrale tedesco. 3) il sindaco del paesetto viene immediatamente attaccato dai colossi dell'energia tedesca, sia quelli a gestione elettrica, che quelli a gestione nucleare. Ma lui tiene duro. Si scontra all'interno del suo partito, da cui viene espulso. Diventa indipendente e viene rieletto con il 93% dei voti." 4) Ma Feldheim è green non solo per l’energia elettrica: esistono cabine sparse qua e là per ricaricare le auto elettriche ed il riscaldamento di ogni edificio avviene grazie ad un impianto di biogas che brucia gli scarti agricoli. Cominciano a diffondersi anche le automobili a idrogeno". Come sempre, complimenti, continua così carissimo Sergio
RispondiEliminap.s. se si provasse a farlo da noi, immediatamente sarebbero emanate leggi,leggine, decreti. Tassazione per la perduta produttività dei gestori nazionali, tasse sul mancato reddito dello Stato, unitamente a tutto il solito can can che il potere ti scaglia contro quando tocchi i suoi interessi o degli amici. Di certo non possono rischiare di perdere il potere lasciando libera iniziativa ai cittadini...
Ma pensi un po' che coincidenza: leggendo il suo commento -- rigorosamente e prudentemente anonimo -- la prima cosa che mi è risultata evidente è che "prono/a al potere e (o -- ndr) al soldo dello stesso" è proprio Lei, che è divenuto/a costituzionalmente incapace di dibattere un argomento senza INSULTARE chiunque osi sollevare dubbi su asserti identici a quelli che è abituato a considerare buoni e giusti per acritica simbiosi.
EliminaBe', però bisogna ammetterlo: almeno QUESTI titoli Lei se li è guadagnati a pieno diritto. Spero che Modigliani si accorga che in qualcosa, qualche italiano/a è ancora capace di rispettare la giustizia senza fare una piega.
Per quanto attiene al merito dell'articolo, le mie osservazioni circa i materiali da costruzione della centralina eolica miravano proprio a far riflettere -- chiunque voglia e/o possa farlo -- che la pur sotto molteplici aspetti lodevolissima cittadina di Feldheim non è AFFATTO "totalmente autonoma e autosufficiente dal punto di vista energetico", se deve dipendere da altri impianti e fabbriche non alimentati da fonti energetiche a impatto ambientale quasi zero per potersi provvedere della centralina eolica suddetta. Dopodiché ho aggiunto previsioni un po' drastiche su un pianeta meravigliosamente popolato ma che non può sostenere tutti in modo adeguato, ovvero in un modo che non riesco a rinunciare di considerare l'unico civile, equo e umano, senza escogitare fonti energetiche ancora più alternative di quelle oggi già disponibili, ma che possono garantire solo alcuni dei servizi indispensabili a una collettività che voglia dirsi civile.
Saluti, marilù l.
P.S.: il mio nome e cognome per intero, nel caso desideri organizzare un'incursione di suoi amici squadristi dalle mie parti, se lo può andare a spulciare in qualche mio commento addietro, mesi fa. Chissà che, leggendo qualche altro mio intervento, non si renda conto che con centri di potere occulti o palesi e con le relative buste paga non ho proprio niente a che fare. In fondo credo nei miracoli, sono un'ottimista.
Se qualche anima con capacità di discernimento, cosa alquanto rara in Italia ai giorni nostri, avesse letto i commenti soprariportati si sarebbe subito resa conto della tipologia dei rispettivi interventi traendone le proprie conclusioni. Ritengo quindi non necessario dover ribattere a quanto da Lei riportato poichè le differenti argomentazioni esposte si commentano da se e non hanno bisogno alcuno di ulteriori precisazioni. Egregia "ottimista che crede nei miracoli" (e proprio di quelli ne abbiamo bisogno a iosa nel nostro povero Paese ma senza speranza alcuna di ottenerli) mi ha colpito anche il Suo richiamo al Sig. Modigliani, che stimo e seguo da tempo, ricordandomi la compagna di classe desiderosa di fare bella figura con il professore invitandolo ad accorgersi di quelli che "ancora sono capaci di rispettare la giustizia senza fare una piega" (e fino a prova contraria di questa affermazione abbiamo sentito solo le chiacchiere; in merito ai fatti bisognerebbe avere dei riscontri effettivi – e questo non è indirizzato solo direttamente a Lei ma ai milioni di Italiani che seguono l’andazzo dei tempi). Le porgo quindi educatamente cordiali saluti e buon proseguimento non trascurando il fatto di potermi anche io sentire da Lei offeso in quanto pregiudizievolmente etichettato in uno schieramento politico, cosa che di per se trovo alquanto riduttiva (e questa vuole essere solo una provocazione! Lo preciso al fine di non dover poi spendere tempo per spiegami ulteriormente, credo infatti di non avere la coda di paglia, io). Le confermo di non avere, e non aver avuto mai avuto, amici squadristi di nessun area politica ne di essere mai stato iscritto ad alcun partito politico visto che alla fine “ammazza ammazza sono tutti una razza”. E questo lo penso da sempre! La sua accusa di squadrismo invece, basata su semplici supposizioni è quindi pregiudizievole oltre che offensiva considerato quello che lo squadrismo ha rappresentato e rappresenta, mi ricorda le persone extracomunitarie che sorprese in qualche malefatta immediatamente si nascondono tacciando gli altri di razzismo: “Voi mi trattate così perché siete razzisti in quanto io sono una persona di colore”; ecc. ecc. Magari hanno rubato, ucciso o stuprato ma comunque si ritengono innocenti. Per caso Lei è una Rossa della prima ora, una di quelle che tirava le molotov sulle camionette della polizia (“rispettando la giustizia senza fare una piega”) strepitando alle riunioni degli universitari di estrema sinistra? Ne ho visti parecchi di quelli così che poi hanno fatto una radiosa carriera sia nelle Istituzioni pubbliche (che condannavano a quei tempi) sia divenendo imprenditori, liberi professionisti come avvocati, medici e notai ecc ecc (che solitamente speculano sulle disgrazie dei più deboli) che ai bei tempi della contestazione giovanile venivano da voi vituperati e dileggiati. Se così non è non se ne abbia a male e non prenda in considerazione questi ultimi punti.
RispondiEliminaLa cosa veramente triste e sinora non sufficientemente evidenziata da niuno è che un articolo così importante e di estrema attualità come quello proposto dal Sig. Modigliani in un momento così difficile per l’intera umanità, sia stato commentato da due soli lettori. Questo dovrebbe far riflettere molto più delle parole spese + o - inutilmente; ma come disse Emilio Gadda: “non tutti sono condannati ad essere intelligenti”.
Anominus Anonimi
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaNo, signor Anonimus, non sono una rossa né una persona di colore, né lo sono mai stata in passato. Ammetto che ho perso proprio il senso della misura nel mio post-scriptum, e me ne scuso con Lei e con i Suoi amici.
EliminaMi dispiace anche per quella Sua compagna di classe il cui amaro ricordo ho per Lei rinnovato, insieme al dolore. Dolore che, per quanto ciò possa sorprenderLa e persino disgustarLa, anch'io mi trovo -- senza la minima traccia di autocompiacimento, per giunta -- a condividere sempre più, visto che sovente constato l'inutilità o addirittura la dannosità dei miei sforzi, talvolta, come l'ultima con lei, un po' troppo offuscati dal risentimento, per precisare e motivare ancora meglio le mie ragioni. Perciò evito di insistere una volta di più, qui e adesso.
La ringrazio comunque della Sua risposta e della Sua sincerità, una qualità che ho sempre apprezzato e che, negli ultimi tempi, trovo essersi molto più rarefatta dell'intelligenza. Ma questa è solo una mia povera opinione.
Saluti cordiali, marilù l.
:)
EliminaAnche io sono un inguaribile ottimista. Infatti, non credo nei miracoli, la considero l'estrema risorsa dei pessimisti. L'ottimista confida nella sua buona stella, che non va considerata pura fortuna, ma il più delle volte consapevolezza di un proprio merito acquisito che consente, comunque vadano le cose, la garanzia di sopravvivere.
RispondiEliminaNon avrei mai pensato che un post dedicato a un mini paesino del nord Europa dove la Storia sottostante (che a me ha affascinato) consiste in questa curiosa e casuale complicità tra giapponesi e tedeschi, (entrambi responsabili dello sfacelo della trascorsa guerra) che qui, invece, si ritrovano -ambedue provenienti da etnie in grado di saper elaborare il lutto collettivo- all'improvviso come avanguardia di un processo di elaborazione della consapevolezza collettiva, potesse produrre reazioni così bislacche.
Leggendo i diversi commenti mi sembra che il post sia diventato, in Italia, materiale per dibattere sulle modalità nella scelta dei materiali di costruzione. E' un indice dei tempi in cui viviamo.
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