di Sergio Di Cori Modigliani
Un bel morir tutta una vita onora
Francesco Petrarca
C’è chi lotta per vivere, come ciascuno di noi.
Ma c’è anche chi lotta e combatte per morire, nonostante ami la vita.
C’è chi lotta per andare incontro alla morte affrontando l’estremo passo con dignità, sentendosi dunque attivi, padroni e proprietari del proprio destino. Per dare un Senso nobile alla propria esistenza. E magari, con il proprio atto, lasciare una traccia.
Nei tanti stati degli Usa dove esiste ancora la pena di morte, sono molti, davvero moltissimi, i condannati a morte che fanno specifica domanda per accelerare la procedura e anticipare l’esecuzione quanto prima possibile. E così facendo, sottraggono se stessi all’ansia terribile di dover attendere o la grazia insperata o il giorno in cui arriva il boia. Ma di queste persone se ne parla poco e la società è disattenta perché si tratta, per lo più, di efferati assassini. E noi tendiamo sempre a giudicare-
Ma c’è una categoria di persone che non hanno mai commesso alcun reato e non sono stati condannati dalla Legge, bensì dalla Genetica, alle quali rivolgiamo la nostra attenzione soltanto nel caso rimaniamo coinvolti personalmente perché abbiamo una relazione affettiva personale con il malato. E’ comprensibile, e forse è anche giusto che sia così.
C’è un aspetto però, che ci tocca tutti, ed è tuttora materia di ampio dibattito: il diritto di chi soffre –in maniera profonda e insostenibile, per noi sani impossibile da comprendere- di poter essere padrone della propria esistenza e decidere, assumendosi ogni responsabilità, di chiedere ai sanitari di “staccare la spina”.
Non è facile né ovvio quanto si possa credere, giudicare simile scelta.
Vivere (con il cervello e la mente pienamente funzionanti) condannati a letto, sapendo che la propria relazionalità con il mondo esterno e con le persone viene filtrata soltanto attraverso una macchina ad alta tecnologia, e il nostro collegamento con la realtà della vita passa esclusivamente per tubi, boccagli e monitor, è una esperienza estrema di solitudine totale, difficile da comunicare.
Ma c’è qualcuno che l’ha fatto.
Come nel caso di Piergiorgio Welby, malato cronico colpito da atrofia muscolare multipla, che ha combattuto in vita una lunga battaglia, prima contro il male, poi –costretto ad arrendersi dinanzi all’implacabile sentenza biologica- contro la Legge che lo obbligava a rimanere in vita.
Il suo nome è noto a tutti perché quando nel 2006 chiese e ottenne di essere accompagnato alla morte, la sua esperienza scatenò polemiche, dibattiti a non finire.
Ma Welby era anche un artista, un intellettuale, uno scrittore. E come tale, ha avidamente registrato il proprio stato comunicandolo nella parola scritta per lasciare una scia e per stimolarci a un interrogativo che è sociale e collettivo e che travalica la sua esperienza.
La casa editrice Castelvecchi ha di recente pubblicato il suo libro “Ocean Terminal”, la splendida documentazione di un malato terminale dove la voglia di vivere lascia il passo alla voglia di morire nel momento in cui si accetta e si riconosce l’impossibilità di poter vivere come tutti noi, “una vita vera che valga la pena di essere vissuta”.
La sua esperienza, filtrata nella letteratura, è diventata quindi anche una metafora che ci serve da stimolo per riflettere sulla qualità della vita ed elaborarne il Senso ultimo.
Un geniale artista italiano, Emanuele Vezzoli, di professione attore e regista teatrale riconosciuto, ha voluto raccogliere la sfida di Piergiorgio Welby, e ha ideato, prodotto e allestito una piece teatrale su Welby, liberamente tratta dal suo romanzo.
E’ andato in scena il mercoledì 2 maggio al teatro Domus talenti a Roma.
Sono tra i privilegiati che hanno scelto di andare a vederlo.
Uno spettacolo di squisita fattura, davvero encomiabile e realizzato senza alcuna sbavatura, presentato dall’associazione culturale “teatri&culture”.
Davvero uno spettacolo raro nel quale l’attore/regista Vezzoli riesce a comunicare delle emozioni collettive oggi quasi impossibili da trovare in giro.
“la mia esigenza di attore e regista” ha spiegato Vezzoli “ è stata quella di rendermi il tramite attraverso cui trasferire la ricchezza del tesoro Piergiorgio Welby agli altri esseri umani, raccogliendo la promessa fatta a Mina Welby ed in accordo con quanto egli stesso afferma nel suo libro : non esiste un’arte privata, un artista ha l’obbligo morale di incidere nella realtà”.
Il direttore artistico del progetto, Giorgio Taffon ci ha spiegato come “Ocean Terminal costituisce in realtà una grande sfida per i teatranti: un materiale drammaturgico di grande fascino per una prova d’attore che richiede un approccio libero dai condizionamenti correnti e meramente commerciali dell’attuale teatro italiano, un ritorno al teatro politico, al teatro della polis grazie alla struttura verbale che nella sua vivezza e credibilità, efficacia e tensione narrativa, costituiscono una base di partenza decisiva. Ocean Terminal, ai fini di un’elaborazione teatrale si pone inevitabilmente sul piano della tanto invocata quanto poco praticata ricerca di un teatro davvero necessario”.
L’attore Emanuele Vezzoli è davvero portentoso perché riesce a gestire il suo monologo in scena con tempi azzeccati e perfetti, senza mai annoiare, riuscendo a coinvolgere lo spettatore dall’inizio alla fine.
E’ stata una bellissima esperienza di ritrovamento di eccellenze italiane.
Piergiorgio Welby, la cui scelta ci ricorda il còmpito, per noi vivi e sani, di voler e dover vivere la nostra esistenza senza mai abdicare alla dignità della nostra essenza e all’esercizio del libero arbitrio. A qualunque costo.
Emanuele Vezzoli è come se l’avesse riportato in vita, regalando anche la certificazione che il teatro italiano –quello vero- maciullato e macellato dai tagli finanziari, può e deve ancora essere vivo e vegeto. Vivo più che mai.
Basta avere una buona idea, un buon testo stimolante, e la voglia di farlo.
E se poi è accompagnato da un ingegnoso e inebriante talento, c’è davvero da festeggiare.
Costretto dalla realtà quotidiana a dover sempre occuparmi, come tutti gli altri miei concittadini pensanti, delle squallide mestizie quotidiane della nostra deludente nazione, ho trovato per esperienza diretta questa chicca più unica che rara.
Ho voluto condividerla con tutti voi.
Spettacoli come questo fanno davvero bene alla salute. E’ ciò di cui abbiamo bisogno.
Lo consiglio a tutti.
Non so bene come e dove andrà in giro per l’Italia in tournèe.
Chiunque voglia informarsi può andare sul sito http://oceanterminal.blogspot.it oppure per e-mail al responsabile della direzione artistica Carlo Dilonardo che trovate all’indirizzo carlodilonardo@gmail.com
Grazie per aver scritto questo post. E' davvero ben descritto e comunica l'entusiamo di tanti spettatori all'uscita dalla sala della Domus Talenti. Il teatro ha bisogno di cose vere e di attori che ci credono, rischiando o arrischiandosela un pò, come si dice a Roma. Emanuele Vezzoli è un corpo in scena, ma soprattutto un uomo. Domani l'ultima serata delle tre di presentazione.
RispondiEliminaGrazie, oggi c'è bisogno di far rientrare nel nostro vivere la consapevolezza della nostra finitezza.
RispondiEliminaMina Welby
Sono commosso e onorato. Ringrazio Sergio Di Cori Modigliani per questo bell'articolo.
RispondiEliminaIl mio incontro con Ocean Terminal è avvenuto circa due anni or sono, il tempo di un buon fidanzamento, il tempo necessario per potersi conoscere. Ora che ci siamo conosciuti meglio abbiamo celebrato il nostro matrimonio sulla scena e spero che possa durare nel tempo. A presto.
Emanuele Vezzoli
grazie a te per la davvero splendida interpretazione
EliminaPeccato che questo uomo è stato psicologicamente violento con i suoi figli e la loro madre, difficilissimo da dimostrare.
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