mercoledì 23 maggio 2012

l'Ancien Regime si sta perdendo nella nebulosa della Storia. In compenso, noi abbiamo dalla nostra, la Cultura.


di Sergio Di Cori Modigliani



Parliamo oggi di mafia. Quella vera.

C’è più di una intelligenza in giro per il mondo, che ogni giorno si spacca la testa per cercare di comprendere con “esattezza” quale sia il piano strategico della oligarchia finanziaria sovra-nazionale. Assoggettare le popolazioni? Cinesizzare il mercato del lavoro? Nazificare la politica? Stalinizzare i liberi pensanti? E la mafia dove si situa?
Si leggono diverse argomentazioni, molto spesso legittime nonché autorevoli.
Io stesso, da lungo tempo ormai, mi ero fatto una mia certa idea in proposito.

Qualche giorno fa, per caso, ho rivisto su un canale televisivo, un vecchio film fatto nel 1972 da Roberto Rossellini, per Rai uno: la vita di Luigi XVI di Borbone, re di Francia, il monarca che Robespierre fece arrestare, processare, condannare e il 21 gennaio del 1793, a Parigi, fece ghigliottinare sulla pubblica piazza della Bastiglia, dando vita a un cambiamento epocale nella storia d’Europa e del mondo. Simbolico e reale. Un film che faceva seguito al precedente "la presa del potere di Luigi XIV", il re sole.
Neanche a dirlo, il film è sublime, perché si sente e si percepisce in ogni singolo fotogramma il polso di un artista squisito.
Sono andato a spulciare (la rete web non ha memoria d’archivio storico per tutto ciò che è precedente al 1995) le reazioni dell’epoca che immaginavo collettivamente concordi nell’applauso meritato. Macchè. Tutti addosso al povero Rossellini, accusato di ogni nefandezza intellettuale. Allora, la pressione ideologica era molto forte,e  nel suo film praticamente non si parlava né di politica né della rivoluzione né dei cambiamenti in atto. Affatto.
Appunto.
Lì sta la grandezza di Roberto Rossellini.
Ci ha spiegato con l’occhio clinico che soltanto gli artisti possono e sanno avere, come i protagonisti dell’ancien regime, sull’orlo del baratro e dello sfacelo, non avessero nessun piano filosofico diabolico per assoggettare le classi deboli. Semplicemente non sapevano neppure che esistessero, quindi non erano interessati. Non odiavano i contadini. Non veniva loro neppure in mente che il ciuffo di lattuga sulla loro tavola era stato seminato, innaffiato e coltivato da una qualche persona in un qualche posto in un qualche modo.
Vivevano in un mondo chiuso e impermeabile.
C’è la descrizione di un incontro tra il re assoluto e il suo ministro delle finanze, l’abile banchiere ginevrino Necker, il quale, tutto sudato gli spiega “Sire, abbiamo esattamente 44 milioni di franchi di debito pubblico, attualmente insostenibile. Aumentare l’aliquota della tassazione sullo scambio delle merci per aumentare l’appannaggio dei cortigiani, mi permetto di suggerire alla vostra illuminata attenzione, potrebbe rivelarsi una idea infausta. Peggiorerebbe i nostri conti”.
Il banchiere srotola delle carte e gli mostra delle cifre.
Il re neanche le guarda.
E’ tutto preso dalle sue faccende. Sta lì a spalmare, con vistoso amore, un unguento sulla pancia del suo cane preferito, che è malato. Dopo un po’ da’ una frettolosa occhiata alle carte e risponde: “Jacques, non mi innervosire, mi farai venire il mal di testa. Domattina mi devo svegliare alle 4 per andare a caccia di cinghiale. E domani sera ci sarà una bella festa per i cacciatori, qui a corte. Non penserai mica che voglia trascorrere il fine settimana circondato da musi lunghi e donne tristi perché arrabbiati con me. Non te la prendere. Vorrà dire che non sei invitato a cena”.
E se ne va, lasciando Jacques Necker lì impalato, con tutti i rotoli di carte, grafici, previsioni, sotto al braccio.
Per quale ragione (ci vuol spiegare Rossellini) un  gruppo di persone abituate a una meravigliosa vita di privilegi garantiti da centinaia di anni, avrebbe dovuto o potuto non dico comprendere ma perfino immaginare la possibilità che tutto ciò finisse?

Dopo aver visto questo film, nella mia fantasia ho cercato di allucinare un incontro da qualche parte negli Usa o in un bel castello in Gran Bretagna, diciamo l’altro eri, dove al presidente di Goldman Sachs o J.P. Morgan o chi per loro, l’ambasciatore francese o il governatore della banca d’America gli spiega che le cose non si stanno mettendo bene e sarebbe il caso che se ne rendessero conto –e soprattutto ne prendano atto- per vedere di cercare di risolvere un problema collettivo.
Nel mio film mentale, i finanzieri non capiscono neanche di che cosa i loro interlocutori stiano parlando, anche perché –come nel film di Rossellini- sono loro impiegati subalterni. “Ma insomma, ragazzi” dice il super capo di non so che “il problema è vostro, risolvetelo come vi pare. Se quello che state chiedendo è avere carta bianca, ok: ce l’avete. Inventatevi quello che vi pare, basta che non seguitiate a scocciarci con le vostre stupide paturnie davvero fastidiose”. E poi si passa ai drinks, a una partita a bridge o a un’orgia, a seconda dei gusti e della circostanza. Per loro, la faccenda è risolta.

A questo punto, il lettore è giustificato a chiedere: ma la mafia che cosa c’entra?
C’entra.
Il punto  è questo.

Leggendo, informandosi e documentandosi, ci si accorge di una metamorfosi, fino a qualche tempo fa, inconcepibile, prodotta nei rapporti internazionali ad alto livello tra la cosiddetta cupola mafiosa e il potere politico centrale di ogni singolo stato. Fino a poco tempo fa, la caratteristica della cupola mafiosa (chiunque siano i partecipanti) consisteva nell’esercizio consapevole del potere. Si muovevano con criminale disinvoltura, sia nella società civile che nella società politica, sapendo di essere in grado di esercitare una influenza determinante su partiti, governi, presidenti, magistrati, ecc., che loro foraggiavano, indifferentemente di destra o di sinistra, perché il malaffare non ha ideologia.  Quando non erano soddisfatti, tagliavano i fondi e passavano a un altro interlocutore. Per loro, ciò che conta è il business e nient’altro. Ma sono finiti nei guai anche loro, perché hanno pagato il prezzo di una insperata ricchezza perdendo la loro autonomia. Anche loro, sono diventati impiegati. Hanno inondato le banche e le istituzioni finanziarie di cash really cash ottenuti da appalti, prostituzione, schiavismo, droga, gioco d’azzardo, compra-vendita di armi, e sono rimasti abbacinati dall’idea di sedersi al tavolo di quelli che contano per davvero, abboccando alla speculazione sui derivati e in gran parte hanno finito per affidare grossi e ingenti capitali a chi non chiede né l’origine né la provenienza. E i mafiosi, questo lo si intuisce a istinto, non sono persone che in presenza di debiti o ammanchi, si suicidano per la disperazione. Magari. Avremmo risolto il problema. Proprio no. Messi alle strette, vanno in giro a mettere bombe. E se la vanno a prendere personalmente con quelli che gli hanno soffiato via il patrimonio.
Roberto Calvi ne sa qualcosa. Anche Michele Sindona.
Alcuni studi specifici settoriali di impeccabile fonte (centro di rilevazione dell’ufficio internazionale di analisi della concentrazione finanziaria della criminalità organizzata europea, con sede a Vienna) ci rivelano che negli ultimi quindici mesi, almeno due grosse famiglie criminali italiane mafiose hanno perso cifre ragguardevoli, intorno ai 10 miliardi di euro. Praticamente una manovra finanziaria del governo.
Non sono molto contenti dell’andamento.
Si accorgono di essere diventati vulnerabili, cioè perdenti.
Ma non stanno diventando vulnerabili perché la Giustizia pesta e sta trionfando la Legge.
Magari fosse così. Non lo è.
Sono finiti, anche loro, vittime dell’idea liberista del mercato, che non ha ideologia.
E quando la mafia diventa vulnerabile, alza il tiro e diventa più pericolosa del solito.
E’ il momento in cui scende in campo in politica. Certo non fonda un nuovo partito né va in giro a reclamizzare se stessa: assume i suoi impiegati, selezionandoli.
Il nemico numero uno della mafia, in questo momento, sono proprio Goldman Sachs, J.P. Morgan, e compagnia bella. Fino a ieri, compagni di cordata di meravigliose avventure finanziarie, divenuti all’improvviso (ai loro occhi) degli ingegnosi truffatori che vanno puniti. Non è un caso che diversi magistrati sia italiani che statunitensi che sudamericani (esperti in problemi di mafia sia locale che internazionale) siano rimasti recentemente molto colpiti nel registrare una modificazione epocale nel linguaggio da parte di esponenti della cupola, nei rari casi (ma ci sono e si sono verificati anche di recente) in cui sono riusciti a mettergli le mani addosso, senza clamore, tantomeno senza pubblicità né curiosità mediatica. Hanno una insospettabile e profonda conoscenza di sofisticati quanto davvero molto complessi strumenti finanziari. Sanno come e dove affondare le borse se vogliono o se ne hanno bisogno, determinando gli andamenti delle oscillazioni di mercato.
Fonti piuttosto attendibili, ci spiegano come negli ultimi sei mesi, le grandi famiglie mafiose che contano nel mondo della criminalità organizzata, siano scese in campo dentro la società civile per attivarsi contro il mercatismo, contro il signoraggio, contro le banche strozzine, ecc.,ecc. Il loro fine consiste nel riuscire a guadagnare consensi politici e riguadagnare il più prezioso dei loro beni: la autonomia nella gestione del potere esecutivo della cupola. Una volta acquisita una posizione di forza contrattuale, saranno in grado di farsi restituire (questo pensano) i soldi che sono evaporati. Grosse cifre sono scomparse, infatti, non è che qualcuno più furbo li ha rubati come si vede nei film. Si sono fatti convincere a trasformare il loro cash really cash (le valigione vere piene zeppe di montagne di banconote da 500 euro) in carta straccia, come degli allocchi.

Il malumore popolare, il disagio civile, la confusione, la paura, sono tutti elementi facilmente manipolabili, sui quali poter costruire soggetti politici nuovi “apparentemente” antagonisti, di fatto gestiti inequivocabilmente da partecipanti alla finanza speculativa (variante criminalità organizzata) i quali hanno bisogno di prendere il potere politico per poter “rimettere le cose a posto” cioè cercare di ribaltare la situazione e cancellare l’idea che anche la mafia è diventata impiegata della finanza speculativa.

Ma che cosa c’entra Luigi XVI di Borbone, con la mafia?

C’entra.

Sono gangli collegati di una società complessa, di una situazione complessa, non facile da districare. Ma il nostro còmpito consiste nel cercare, quantomeno tentare, di comprenderne la tessitura per decifrarne i comportamenti, e di conseguenza sapere come ci si debba comportare per contrastare il tentativo della criminalità organizzata di conquistare il potere.

Penso che siamo nelle mani di un gruppo di irresponsabili imbecilli, come la corona francese nel 1793, che andò al patibolo senza aver capito nulla, ma davvero nulla, di ciò che stava capitando a loro e in tutto il continente europeo.
Penso che questi imbecilli, il cui unico obiettivo è guadagnare cifre sempre più massicce nel modo più veloce possibile, in preda a un delirio bulimico di natura psicotica dal quale non riescono a sottrarsi (lo ripeto: questa è la loro unica strategia) non si rendono conto di ciò che sta accadendo, né tantomeno sono interessati. Tanto più la crisi perdura, tanto meglio è per loro perché ci possono lucrare sopra. Non sono criminali perché hanno un piano criminale ben congegnato da applicare, mi dispiace per i complottisti, magari quelli che pensano che esista un piano allestito dagli ebrei, dai massoni, dagli illuminati, dagli arabi, dai cabalisti, dai cinesi, dai mussulmani, dai papisti, dai marziani, dai testimoni di Geova, da Gei Ar. Sono semplicemente degli irresponsabili malfattori, com’era il cerchio magico intorno a Hitler; aveva ragione Hanna Arendt quando genialmente definì la loro essenza “la banalità del male”.
Sono così. Impietosi ragionieri senza alcuna idea, primitivi e ossessivi, psichicamente disturbati, che ragionano come dei gorilla affamati, quindi del tutto indifferenti rispetto alla potenziale evoluzione o involuzione della società civile. Non sanno neppure che cosa sia.

Penso che grosse famiglie mafiose hanno utilizzato importanti centri finanziari per arricchirsi, ma non si sono accorti che quegli stessi centri finanziari stavano utilizzando loro usandoli.
In Italia, quindi, dove la mafia è ben radicata nel tessuto civile e politico, abbiamo un problema in più rispetto ad altri paesi.
Da una parte useranno bombe, minacce, il pizzo e i soliti mezzi tradizionali.
Dall’altra si getteranno in un insolito attivismo politico –hanno molti soldi a disposizione perché la posta in gioco è per loro molto grossa- e si presenteranno nell’agone politico (sono già presentissimi) mascherati di tutto punto, al grido di abbasso il mercatismo delle banche strozzine, abbasso l’Europa, vogliamo la nostra autonomia. Dal loro punto di vista, hanno ragione: le banche strozzine gli fanno concorrenza.

Esiste soltanto un unico modo per identificarli, smascherarli e sapere, pertanto, come poterli combattere per sottrarsi al loro giogo infernale: la Cultura. Le Idee.
Lì cascano come pere cotte. Tutti loro.
Perché se è vero che per gli attuali re di Borbone noi tutti siamo delle semplici cacche (come suggerisce il furioso Paolo Barnard) è anche vero che i mafiosi sono merda secca. Ma sono riconoscibili lontano un miglio.
Useranno l’aggiotaggio per creare confusione nei mercati. Insisteranno nel sottrarre il Senso per confondere i significati (l’inchiostro che la piovra cosparge in acqua per accecare i pesci fastidiosi e poi dileguarsi). Miriadi di liste civiche antagoniste stanno nascendo come funghi con parole d’ordine di facile presa collettiva, ma che dietro nascondono un pauroso vuoto culturale: lì è un terreno fertile per i mafiosi.
La discriminante oggi, per chiarire le differenze, sta nella complessità dell’argomentazione usata e proposta per affrontare una realtà sociale che è complessa, per definizione.
Significati “apparentemente” uguali, possono avere un “Senso diverso” e quindi, di conseguenza, anche il significato che ne consegue sarà, alla fine, diverso.
Se il prof. Stefano Rodotà, che io considero persona onorevole e degna della stima collettiva nazionale, sostiene la necessità di “sottrarsi al potere finanziario di centri propulsivi dell’economia e delle banche che agiscono senza rispettare lo Stato di Diritto, perché la società civile ed evoluta, oggi, ruota intorno al principio dell’autodeterminazione dei popoli e delle nazioni”, questo non vuol dire che il suo Senso sia lo stesso dei fascisti di Forza Nuova quando sostengono “la necessità di combattere contro il mercatismo, contro lo strozzinaggio delle banche, per l’autonomia e l’indipendenza dei popoli sovrani”. Apparentemente identiche, o quantomeno simili, sono in verità diverse. Non è certo un caso che Forza Nuova ha inviato delle minacce di morte al giudice palermitano anti-mafia Antonio Ingroia, chiarendo l’idea sottostante alla loro interpretazione dell’autonomia.

Bene comune, diritto alla cittadinanza, no alla casta, no alle banche, ecc., sono slogan, parole vuote che non hanno alcun significato; chiunque le può usare, lo fa anche la mafia, altrimenti non si chiamerebbe “cosa nostra”. Per i mafiosi, l’Europa è cosa loro.
Per quelli di Forza Nuova, l’Europa è la Vandea, è il principio dei bianchi cristiani d’occidente che combattono contro il relativismo cutlurale, e contro gli emigrati di pelle nera, nel nome di una presupposta superiorità occidentale; mentre per il prof. Rodotà, l’Europa rimane “la superba sintesi del più alto grado di evoluzione civile raggiunta dall’essere umano, che ha combattuto nei secoli per liberarsi dall’indegnità della schiavitù, gettando le basi per promuovere l’attività di una nuova solidarietà di eguali e di una fratellanza autentica che rispetti le singole diversità di usi, costumi, credi di ogni singola specifica etnia, nel nome di un Diritto sancito uguale per tutti”.
Sono due idee diverse dell’Europa.
E’ la Cultura a stabilire lo spartiacque.
L’abbiamo visto con la Lega Nord il risultato pratico di un’idea superiore. E’ bastata una mezza paginetta firmata da un procuratore della repubblica, recapitata nella sede del partito, ed è sparita la Padania, l’ampolla del Po, gli elmi con le corna, e tutto l’ambaradàn.
Non esiste partito, movimento, associazione, che possa essere riconoscibile come interlocutore autentico di un’esigenza collettiva di rinnovamento democratico, se non nasce a monte con un forte programma culturale che lo sorregge.
Altrimenti è destinato a scomparire, come la Lega. O a essere manipolato.
L’asino, casca sempre lì.
Come ebbe a dire a suo tempo il giudice Paolo Borsellino “la mafia teme molto di più la scuola che i magistrati; perché i mafiosi hanno bisogno dell’ignoranza e della paura per potersi affermare”.

Una frase semplice ed essenziale.
Che rivela un Senso.

Quel Senso, è il suo lascito.
E’ l’eredità culturale autentica del popolo italiano.
Salvaguardarla, comprendere il significato sottostante e veicolarla nella società civile, serve molto più di un gigantesco corteo contro le banche.
Una nazione saggia e colta, infatti, non teme le banche. Mai.
Le assoggetta con specifiche leggi affinchè aiutino a creare ricchezza collettiva.
Semplice ed elementare.
Basterebbe questo per fondare l’Europa e per impedire che i mafiosi penetrino dentro le maglie del sistema per succhiarci la ricchezza prodotta da chi lavora.

5 commenti:

  1. Perdona l'insistenza Sergio. Mi sembra significativo il passaggio "si presenteranno nell’agone politico (sono già presentissimi) mascherati di tutto punto". Rinnovo la domanda, Leoluca Orlando ti sembra una persona limpida o un politico che indossa una maschera?

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    1. A domanda così pressante, non posso che rispondere, in onestà: non lo so. Prima di dire che Orlando è un eroe dell'antimafia oppure è amico loro, bisogna avere una relativa documentazione e inappuntabili informazioni. Non lo so.

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  2. E credo che la riserva frazionaria integrale (100%), possa aiutarci in questo.

    Grazie per il bellissimo articolo e sottoscrivo anche io:

    << la mafia ed i mafiosi sono MERDA SECCA!!! >>

    PM

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  3. bel pezzo! era da un pò che attendevo questo articolo, mi sono sempre interrogato circa la posizione della mafia rispetto alla speculazione finanziaria e sono sempre arrivato alle tue stesse deduzioni, attendevo solo che qualcuno me le confermasse. Non può che essere così, gli ingenti capitali mafiosi non possono che essere stati corrosi dalla crisi delle borse e dai derivati. Certo che sarebbe curioso se le mafie ci aiutassero a liberarci dal nemico ipermercatista, non che auspico una lotta comune assieme alle mafie contro la finanza speculativa, in quanto dopo la vittoria devi sempre pagare pegno e di accordi stato-mafia ne abbiamo abbastanza. Oltrettutto è amorale, privo del Senso e "povero" dal punto di vista culturale, come appunto ben argomentato nell'articolo. Se la Mafia assieme agli oppressi dalle classi dominanti ora ha nuovamente un nemico da combattere, non posso fare a meno di notare un parallelismo storico (più recente del Re Sole), rispetto allo sbarco degli alleati a Gela nel '43. E' pacifico e ben documentato nella storia che la mafia agevolò non poco lo sbarco a Gela, da dove partì l'offensiva anglo-americana per la liberazione dell'Italia dal "nemico", che allora era "Tedesco nazi-fascista" e oggi è "fascista-finanzcapitalistico" e anche un pò tedesco. La storia si potrebbe ripetere?

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  4. C'è chi dice che la storia quando si ripete si trasforma in farsa e, non vorremmo, in tragedia. Comunque non sarà mai la stessa perché le condizioni ambientali cambiano. Se prima la mafia siciliana partiva dai campi all'assalto delle città, con stragi di ogni tipo, oggi è più mimetizzata fra politica ed alta finanza, senza perdere i suoi connotati di base. Uccide di meno, non spara nel mucchio, ma si serve della complicità di politici, magistrati, funzionari dello Stato per mantenere il suo potere, usando le armi della disinformazione, degli inganni, della calunnia.

    Prima dell'arrivo di Forza Italia, nel 92-93, in Sicilia avevano provato a dare vita ad un movimento secessionista del Sud, prendendo ad esempio la Lega Nord, poi sono arrivati Schifani, Miccichè, Alfano, Dell'Utri e nessuno ne parlò più... Oggi siamo in una fase analoga e quindi vedremo a chi sarà affidata la Regione Sicilia, dopo le annunciate dimissioni di Lombardo (coinvolto in inchieste sulla mafia catanese). Molto si potrà capire allora, sempre che nei prossimi mesi non scoppi la bomba dei derivati. Ed allora, si salvi chi può!

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