di Sergio Di Cori Modigliani
Lettera aperta all’imprenditore Diego Della Valle, all’imprenditore Luca Cordero di Montezemolo e alla signora Emma Marcegaglia, Presidente di Confindustria
“Che cosa fare, oggi, in Italia?”
E’ inutile girarci in tondo, questa è l’assillante domanda che ogni interlocutore serio si pone nel nostro paese.
Sono un Mac fan, lo sono sempre stato.
Ritengo che Steve Jobs sia stato un grande innovatore, un eccezionale imprenditore, un indiscutibile talento.
Mi è davvero dispiaciuto che sia scomparso in età prematura e su questo blog ho partecipato, insieme a tanti altri, al lutto planetario, con un mio modesto elogio funebre.
Ma non era Leonardo da Vinci.
Era caso mai Cristoforo Colombo, perché come il nostro celebre antenato genovese, Mr. Jobs ha avuto la visione d’insieme, il coraggio, la capacità innovativa, l’opportunità, i finanziamenti, per comprendere i cambiamenti del suo tempo e “vedere” la porta d’ingresso verso un gigantesco nuovo mercato tale da diventare epopea storica.
Ma non era Leonardo da Vinci.
Forse, più Leonardo da Vinci di Steve Jobs è stato –e lo è tuttora dato che è giovanissimo, con il sincero augurio che campi fino a 120 anni- un modesto professore di matematica applicata dell’università di Padova, il cui nome è sconosciuto alle masse e alla truppa mediatica asservita, ma che era davvero molto ma molto molto molto noto a Steve Jobs. Se è vero –com’è vero- che nel 2002, ebbe a dire, pubblicamente a Stanford “se non ci fosse stato lui, staremmo ancora girando intorno al problema per vedere come affrontarlo”.
Il nostro genio italiano si chiama Massimo Marchiori, classe 1970.
Vedete la sua immagine riprodotta qui in bacheca.
Prima di parlare e spiegare e presentare la figura e l’opera di Massimo Marchiori è necessaria una breve puntualizzazione.
Negli ultimi tre giorni abbiamo partecipato alla miriade di interventi televisivi, radiofonici e cartacei, in Italia, in cui la serie di aggettivi per esaltare la grandezza di Steve Jobs si è sprecata allargando la retorica celebrativa, fino al culmine del ridicolo.
Una notazione è utile e giusto ricavarla oggi e discuterne con serenità.
Steve Jobs in Italia non potrebbe esistere.
Se esistesse –e forse da qualche parte magari esiste- non gli consentirebbero di lavorare.
Se gli consentissero di lavorare, non troverebbe mai un imprenditore che lo finanzia.
Nel caso gli consentissero di lavorare e trovasse un imprenditore che lo finanzia, non troverebbe un’azienda disposta e disponibile a gettarsi sul mercato come public company sottraendosi alla vile e italianissima tentazione di farsi sovvenzionare dallo Stato per succhiare soldi alla Banca d’Italia dimenticandosi del mercato.
Nel caso gli consentissero di lavorare, trovasse un imprenditore finanziatore, ci fosse un’azienda coraggiosa che si lancia sul mercato e che va in borsa a chiedere i soldi, arriverebbe lo sbarramento ultimo, quello definitivo e impossibile da superare: le mani di ferro di un qualche controllore politico (è irrilevante che sia di destra o di sinistra) il quale comprende di trovarsi dinanzi a un’azienda “strategica” e quindi va messa sotto controllo dall’alto. Né più né meno di quanto non avvenisse nell’Urss del 1983, sotto Breznev.
Tale è il ritardo, infatti, che abbiamo oggi in Italia, più o meno 25 anni.
Siamo rimasti al palo.
E’ inutile farsi illusioni che sanno di falso ideologico.
Ma veniamo al dunque, perché questa era una premessa.
Chi mi segue sa quanto sia costantemente e furiosamente critico dell’etnia italiana ( la mia) nei confronti della quale nutro una simpatia, un apprezzamento, e un rispetto sempre minore. Come penso, tristemente, la maggior parte dei lettori di questo blog.
Eppure, è indiscutibile il fatto che la nostra etnia è stata –e rimane- gloriosa, in senso creativo, scientifico, artistico.
Ad esclusione del tubo catodico (fu un russo) necessario per dar vita al televisore, tutte le invenzioni scientifiche negli ultimi 400 anni sono attribuibili al genio italiano.
Da quando, nel ‘600, Galileo Galilei, spinse il mondo pensante verso il nuovo evoluto, gli italiani hanno inventato tutto ciò che è servito poi all’avanzamento tecnologico planetario.
Fu Flavio Gioia a inventare la bussola, strumento fondamentale.
Fu Alessandro Volta a inventare e costruire la prima pila, antesignano della moderna batteria.
Fu Guglielmo Marconi a inventare e costruire la prima comunicazione teleradiografica.
Fu Antonio Meucci a inventare e costruire il primo apparecchio telefonico.
Fu Enrico Fermi a trovare la prima applicazione che avviò e consentì la fissione nucleare.
Fu Adriano Olivetti a ideare la prima macchina da scrivere portatile.
E tralasciamo qui le altre decine e decine di invenzioni e applicazioni, non ultima quella dell’ing. Jacuzzi, friulano, che inventò la vasca ad idromassaggio.
E’ stato un italiano, il prof. Massimo Marchiori, ad aver inventato Google.
Proprio un italiano, per l’ennesima volta.
Un matematico, un informatico, un divulgatore scientifico.
41 anni appena compiuti, Massimo Marchiori –in Italia sconosciuto ai più- è un mito indiscutibile presso i centri scientifici, sia quelli accademici che quelli marketing più avanzati del pianeta. Personalità eclettica e affascinante “non c’è bisogno di un manuale per bere un eccellente cabernet, da cui ne deriva che se l’equazione del presente (visto che ho un passato da matematico anch’io, nessuno è perfetto) è Internet + Cabernet, allora l’equazione del futuro sarà Internet=Cabernet” (splendido video su you tube datato aprile 2010) insegna attualmente all’università diPadova, come ricercatore del cnr.
Se oggi esiste il www, ovverossia il world wide web (rete mondiale allargata e condivisa) è anche e soprattutto grazie a lui. E in questo momento più che mai, è un dovere fondamentale divulgare a livello di massa la sua figura, il suo lavoro, la sua storia. Perché è molto simile –per non dire quasi identica- a quella di Antonio Meucci.
Massimo Marchiori è attualmente Professore di Reti e Tecnologie Web all’Università di Padova, ma è anche visiting professor al Massachussets Institute of Technology (il prestigioso MIT). Ha ideato “il concetto di iperinformazione” e ha inventato l’algoritmo di Google; ha inventato il motore HyperSearch. E’ l’unico italiano ad essere stato insignito del premio TR100 (2010) riservato ai 100 giovani ricercatori più innovatori al mondo, in una selezione che comprendeva 2 milioni di aspiranti al premio.
Nel 2002 (aveva 31 anni) lavorava come precario al cnr di Padova e guadagnava –netti- 22 mila euro all’anno. Il consiglio di amministrazione del dipartimento “ricerche teoriche e sviluppo applicativo” del MIT decise (12 voti contro tre) di assumerlo in pianta stabile, all’americana. “Proponetegli venti volte di più di quanto non guadagni adesso”. Si presentarono da lui con un contratto da 500 mila euro l’anno netti. Lui rifiutò.
“Preferisco far ricerca in Italia e insegnare agli studenti per tirar su una scuola di pensiero” rispose agli esterrefatti americani “se vanno tutti via dall’Italia, qui, non succede più nulla. Del resto ci possiamo parlare tutti i giorni in video-conferenza. Ma io rimango in Italia”.
Nel 2010 ha concluso il prototipo per l’avvio di un studio applicativo sui computer di terza generazione (cervelli elettronici pensanti in grado di elaborare creativamente i dati), il futuro dell’umanità, ma soprattutto il “futuro del marketing planetario”, i cosiddetti “motori camaleontici”.
Ha presentato ufficialmente, dieci mesi fa, domanda per avere un finanziamento di 20.000 euro (ripeto: ventimila euro). La sua domanda è stata respinta.
Tutto ha avuto inizio nel 1997, a Santa Clara, nella Silicon Valley, nel nord della California, dove il ventiseienne matematico si era recato, invitato a un convegno –per una ristretta cerchia di cervelloni- in margine alla sesta conferenza internazionale del World Wide Web. Mostra la sua invenzione: un nuovo motore di ricerca che si chiama Hyper Search. Il suo discorso di allora (è un abile e seducente oratore) in California è ancora impresso nella memoria collettiva. Presentò due disegni: un fiore di rosa e un ornitorinco. Dimostrò al pubblico che se si cercava la parola “rosa” nel computer i risultati erano milioni e veniva fuori anche lo studio legale Rosa & figli a Milwaukee o i 20 mila siti collegati alla finale di football al Rose bowl, mentre con il suo motore venivano fuori soltanto fiori di rosa e basta. Idem per l’ornitorinco. Tra il pubblico c’erano giovani informatici , matematici, ingegneri web, imprenditori. “Alla fine della mia presentazione e conferenza” racconta Marchiori “si avvicina uno dei presenti, un mio coetaneo molto umile, educato, gentile. Si chiamava Larry Page. Mi poneva domande molto pertinenti. Mi colpì in lui la sua capacità di ascoltare. Siamo andati insieme a pranzo, passammo insieme il pomeriggio e il giorno dopo e anche quello dopo. Alla fine, Page mi salutò dicendomi: cercherò di sviluppare la tua idea che mi sembra buona e giusta e vincente. Magari, qui a Stanford trovo dei finanziamenti, te lo farò sapere”.
Li ha trovati.
Larry Page è oggi il Presidente e amministratore delegato di Google, uno dei più importanti e potenti uomini al mondo.
Due giorni dopo incontrò anche Tim Berners Lee e Anselm Goldstein, imprenditore locale in cerca di cervelli. Rimasero in contatto con lui e gli chiesero se potevano lavorare insieme all’Università di Padova, ma nessuno era disponibile –in Italia- a pagare neppure il conto per le telefonate transoceaniche e i viaggi di tre persone per andare alle riunioni di lavoro in California. Dopo qualche mese di insistenza gli americani proseguirono la ricerca da soli. Cinque anni fa, Steve Jobs, due anni fa Larry Page e l’anno scorso Tim Berners Lee hanno riconosciuto “pubblicamente e ufficialmente” che il merito dell’impulso avanzato che ha consentito la nascita di Gooogle e la conseguente applicazione tecnologica da cui sono nate le applicazioni più innovative di Apple sono tutte merito e credito del Prof. Massimo Marchiori e dei ricercatori giovani di Padova, una piccola cittadina nel nord dell’Italia, dove andava a studiare Galileo Galilei.
In seguito ha fondato il progetto XML Query; è co-autore di XQuery. E’ tra gli ideatori del Web Ontology Language (OWL) che è lo standard mondiale per il ragionamento del web. Dal mese di maggio 2010 il prof. Marchiori è stato nominato Chief Technology Officer di Atomium Culture. Con Larry Page è rimasto amico
“Non siamo proprio amiconi ma ci stimiamo molto. E di Tim Berners Lee, il co-fondatore e co-proprietario di Google mi piace la sua umiltà. Quando viaggia in aereo lo fa insieme ai giovani ricercatori e viaggiano tutti in classe economica, anche sui voli intercontinentali. Tra tutti mi ricordo Bob Metcalf che aveva inventato Excite, molto scarso e di gran lunga inferiore alla mia invenzione. Lo accettò senza problemi. Prese il foglio della sua presentazione, ci invitò tutti a casa sua, lo mise nel frullatore insieme a del latte e banana, frullò il tutto e poi se lo bevve. Brindo a te, mi disse, che ci hai spianato la strada. Mi commosse.”.
Non è pentito di non aver accettato la proposta americana miliardaria di andare a lavorare lì. “Mi piace l’idea che la ricerca che faccio sia usata da altri e per tutti. E’ la soddisfazione più grande. E’ impagabile. Se facessimo ricerca solo per noi stessi, il mondo sarebbe più brutto. Certo, gli americani credono nelle idee. Quando presentai il mio progetto al mio professore, me lo bocciò e mi disse di smetterla di occuparmi di fantasticherie. Loro hanno cambiato il mondo. A me piace stare a Padova e mi piace avere un rapporto con gli studenti. Se vanno tutti via, l’Italia affonda, e allora come faremo mai a riprenderci?”
Appunto, la questione è questa: “come facciamo a riprenderci?”
Non basta acquistare una pagina pubblicitaria sui quotidiani accusando la politica per avere la coscienza a posto, caro Della Valle.
Non basta sostenere di voler scendere in campo per aiutare il paese a crescere, caro Montezemolo.
Non basta pretendere che Berlusconi se ne vada per far crescere il paese.
Servono imprenditori veri e seri.
Serve il coraggio che avete perso e che usate soltanto per querelle politiche esibizioniste.
La domanda che io vi pongo a tutti e tre, è la seguente:
“Poiché la nuova invenzione (ancora in fieri) del Prof. Marchiori e della sua ristretta equipe può consentire all’Italia di diventare leader nel campo dell’informatica applicata al marketing emergente planetario, perché –invece di pedere tempo in chiacchiere- non scendete in campo costituendovi immediatamente come consorzio finanziatore di ricerca e fornite 50 milioni di euro (per voi tre sono davvero briciole) per costituire un pool di acciaio composto da meritevoli e competenti persone in grado di tirar su, sotto la supervisione del prof. Marchiori (visto che l’idea e i calcoli sono suoi) la più avanzata scuola di ricerca scientifica applicativa d’Italia? Perché non scendete in campo nell’unico modo utile, efficace, effettivo, efficiente e pragmatico: stare zitti e finanziare i buoni cervelli? Perché, invece di seguitare a partecipare ai talk show televisivi, spiegandoci che non funziona nulla –e facendoci credere che voi siete l’alternativa- non fate ciò che è nelle vostre possibilità e dimostrate di esserlo per davvero l’alternativa? L’Italia, caro Della Valle, ha bisogno di fatti non di proclami. Soprattutto ha bisogno di imprenditori poco narcisisti e dotati di visione ampia e larga, come Steve Jobs per l’appunto, .in grado di finanziare idee e risorse umane che possono consentire di rifondare il paese recuperando la parte migliore della nostra etnia: la tradizione scientifica, la cultura, l’erudizione. Perché non finanziate la scienza applicata al marketing?”
E’ il nostro bene più prezioso: i nostri cervelli, eredi etnico-genetici di Galileo e di Meucci e di Marconi e di Fermi, ecc.ecc.
Non è soltanto vendendo scarpette e brand trendy per la massa, o macchine da corsa per super ricchi analfabeti, che si spinge l’Italia verso il futuro. Ci vuole ben altro.
Tanto meno la si spinge verso il futuro senza pensare prima a finanziare i cervelli che contano.
Ho sentito il racconto del Prof. Massimo Marchiori (e di come è nato Google) dalla sua stessa voce, su RaiRadio3, un paio di mesi fa (più o meno).
RispondiEliminaMi aveva colpito molto, il fatto di non sapere che l'inventore di Google fosse di Padova, dove abito.
Quel giorno, ascoltandolo, mi sono poi ricordata i racconti entusiastici di una mia prof di matematica la quale, fin dai primi anni '70 ha fatto parte del primo gruppo di ricercatori di matematica applicata dell'Università di Padova.
Memoria che era fino a quell'intervista confinata in qualche luogo del mio HD mentale: scomparsa.
I Della Valle, le Marcegaglia(e i berluscones) hanno fatto così tanto per farci dimenticare le qualità e l'entusiasmo di alcune menti eccellenti di questo Paese, hanno occupato così bene tutti i nostri spazi mentali da convincerci che a non funzionare è l'Italia, cioè gli italiani.
Forse, a non funzionare come dovrebbero, magari sono loro.
@Anonimo....questa mia lettera aperta, lanciata nell'etere con scarse se non nulle probabilità di essere recapitata ai loro destinatari, aveva proprio quest'obiettivo: contribuire a riallacciare il cordone ombelicale con il nostro miglior tessuto organico, quella genetica culturale che dovrebbe essere la spina dorsale dell'unica ripresa possibile e auspicabile della nostra nazione. Sono contento che una cittadina di Padova l'abbia apprezzato. Speriamo che serva a qualcosa. Grazie.
RispondiEliminail messaggio arrivera' dove deve arrivare caro Sergio, arrivera' e si comincera' a lavorare lontano dai riflettori proprio durante lo scatafascio del paese per essere pronti nel momento del riavvio.
RispondiEliminadi solito ci pensa uno a far quadrare tutto... :-)
@ sergiodicorimodigliani
RispondiEliminaE adesso ci sono anch'io ad apprezzare il suo tentativo
GEORG
La risposta forse sta proprio nell'articolo stesso: perchè gli (im)prenditori Italiani vivono di sovvenzioni e null'altro,secondo me anche loro dimostrano di non avere poi questa grande cultura...
RispondiEliminaFred
Devo dire che sono contento di trovare il tuo blog, anche se l'ho fatto da un colpo di fortuna. Le informazioni pubblicate qui è così divertente e diverso da altri blog. In breve, un blog davvero bello che terrò in visita molto spesso.
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