sabato 27 agosto 2011

Il 2 settembre Cronenberg presenta al Festival di Venezia la sua ultima fatica: la storia di Sabina Spielrein

di Sergio Di Cori Modigliani

Tanto per chiarire subito il mio punto di vista che non è affatto critico, ma spudoratamente tifoso e dunque partigiano: “il mondo si divide in due categorie: gli amanti delle opere di David Cronenberg e tutti gli altri”.
Sono anche iscritto a un surreale club canadese di suoi fedeli sostenitori.
Ciascuno ha i propri miti
Tutto ciò per introdurre l’annuncio della presentazione della sua ultima fatica A Dangerous Method che il 2 settembre viene presentato al festival di cinema a Venezia e che sarà su tutti gli schermi italiani intorno alla fine del prossimo mese. Interpreti del film sono Keira Knightley, Viggo Mortensen, Michael Fassbender e Vincent Cassel.
La critica canado-statunitense –che ha già visionato il film- lo ha definito il capolavoro assoluto del geniale e visionario cineasta di Montreal e ruota tutto intorno a quello che i francesi, acutamente, hanno definito “il triangolo delle Bermude del pensiero europeo”: la complessa, intricata, perversa e profonda relazione erotica tra Siegmund Freud, Carl Gustav Jung e Sabina Spielrein. Ecco la trama del film descritta dalla produzione:
Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, Zurigo e Vienna sono lo scenario di una torbida storia di avvincenti scoperte in nuovi territori della sessualità e dell’intelletto. Ispirato a fatti realmente accaduti, A DANGEROUS METHOD getta lo sguardo sulla turbolenta relazione fra il giovane psichiatra Carl Gustav Jung, il suo mentore Sigmund Freud e Sabina Spielrein, la bella e tormentata giovane donna che viene a interporsi tra loro. Nell’intreccio è coinvolto anche Otto Gross, un paziente incline alla depravazione e determinato a spingersi ben oltre i confini della morale comune. In questa esplorazione della sensualità, l’ambizione e l’inganno preparano la scena per il momento cruciale in cui Jung, Freud e Sabina si incontrano e si separano, cambiando per sempre il corso del pensiero moderno.

Ci voleva Cronenberg per portare sullo schermo la storia di Sabina Spielrein, senza alcun dubbio l’intellettuale più importante di sesso femminile del XXesimo secolo, figura fondamentale nella formazione del pensiero occidentale per le caratteristiche intrinseche della ricca personalità di questa donna, vera e propria icona rappresentativa dell’intero universo femminile.  Sabina Spielrein –un’ebrea russa proveniente da una famiglia dell’alta borghesia di Kiev- arriva nel 1904, intorno ai suoi vent’anni, nell’allora celeberrimo Istituto per malattie mentali di Burgholzi di Zurigo. La ragazza è stata già diagnosticata da tre psichiatri, un russo e due tedeschi, come “psicotica incurabile” Sabina, infatti, è in preda ad una grave forma depressiva, al limite dell’autismo, e non si riesce a farla relazionare con nessun essere umano. Vive rinchiusa dentro la sua stanza, trascorrendo il tempo a leggere, scrivere e disegnare. Quando esce per andare in bagno o in cucina per mangiare, chiude la porta della sua stanza con due lucchetti e una lunga catena. Il suo unico rapporto con il resto della famiglia consiste nella sua disponibilità notturna a far loro le carte, leggendo i tarocchi, un vecchio e unto mazzo di carte marsigliesi avuto in eredità da sua nonna. La famiglia, disperata all’idea di dover far internare la loro unica figlia in un manicomio, tentano un gesto estremo. Attraversano tutta l’Europa e la portano a Zurigo, la mecca occidentale nella cura dei disturbi mentali. Qui, il medico responsabile, dopo averla visitata, decide di affidare la nuova arrivata alle cure di un giovane psichiatra che in quel momento va per la maggiore: Carl Gustav Jung, che rimanhe folgorato dalla stupefacente bellezza della giovane donna "la prima volta nella mia esistenza in cui mi accorsi che esistevano le dee; quello fu il momento in cui compresi il significato ultimo delle divinità" (come confessa, quindici anni dopo a sua moglie). In dieci mesi la ragazza rifiorisce. Guarisce da ogni sintomatologia depressiva. Diventa allegra, comunicativa, socievole. Il trattamento viene quindi accreditato al giovane Jung come un enorme successo personale in ambito professionale e la dimostrazione della validità delle tesi del professore viennese Siegmund Freud di cui Jung è fedele seguace nell’applicare tecniche e teoria. La ragazza viene dimessa. Tre settimane dopo diventa l’amante di Jung. Dopo sei mesi, diventa anche sua amica, consulente e “furiosa indomabile ispiratrice”. Due anni dopo, la presenta a Freud, portandola a Vienna, e la propone come la prima donna a essere ammessa “ufficialmente” come membro della neo-nata associazione psicoanalitica internazionale. Supera tutti gli esami richiesti e voluti dallo stesso Freud e viene accolta con entusiasmo. Due mesi dopo, diventa l’amante di Siegmund Freud. Senza esserne consapevole, diventa il vero e proprio “feticcio-totem” della lotta di potere intellettuale scientifico tra Jung e Freud. Grazie all’incontro con Sabina, infatti, (c’è un libro splendido, curato dallo psicoanalista italiano junghiano Carotenuto, dal titolo “Diaro di una segreta simmetria” in cui si trovano tutte le lettere, testi e diari della Spielrein, amorosamente raccolti, schedati e archiviati) .
Jung si trova coinvolto in una relazione sessuale, emotiva e intellettuale molto profonda e coinvolgente proprio nel momento in cui –nella sua mente- si cominciavano a delineare i primi forti dissapori teorici con il sui indiscusso maestro Siegmund Freud. Infatti –come lui stesso riconobbe in seguito- “grazie a Sabina e attraverso di lei, cominciai a sentirmi spinto da una interpretazione logico-scientifica del reale, sia mentale che esistenziale che essenziale dell’individuo, verso il senso del linguaggio e della metafora dei luoghi dell’anima”.
Attraverso e grazie a Sabina, Jung scopre la mitologia, l’alchimia, la filosofia (di cui Sabina era una grande studiosa, a tredici anni trascorreva le giornate a studiare ad alta voce i dialoghi di Platone in greco antico a voce alta e a Kiev era considerata la prima donna esperta nell’arte dell’interpretazione dei simboli cabalistici). Jung si trova, quindi, a dover elaborare, dentro di sé, la genesi del tradimento nei confronti del maestro, e allo stesso tempo, il tradimento nei confronti della sua tanto amata consorte Emma, da sempre sua fedele e austera compagna e consigliera.  Ma quando Sabina incontra Freud ed entra nell’associazione psicoanalitica rimane intellettualmente sedotta dalle idee del medico viennese. Si schiera dalla parte di Freud sostenendolo nella sua polemica con Jung, accusato, allora, da entrambi, di “aver rinunciato a porre la sessualità come perno e motore delle pulsioni umane sostituendole con un’immersione nel misticismo deteriore”. Jung trasforma Sabina in una sua “nemica”, incapace di gestire il suo contro-transfert. Ritorna, mendicante umile, da sua moglie Emma, rompe con Freud e taglia definitivamente i rapporti con Sabina privandola del suo ausilio e conforto. Sabina, allora, si rivolge a Freud in cerca d’aiuto terapeutico e umano.
John Kerr ha scritto un libro “Un metodo molto pericoloso” (da cui, per l’appunto David Cronenberg ha tratto la sceneggiatura del film) in cui descrive l’intreccio di relazioni tra i tre, da cui appare fin troppo chiaro come l'anello debole della catena fosse sicuramente lei, Sabina, appena uscita da una profonda sofferenza psichica e già immersa nei meandri di una confusiva relazione analitica e sentimentale insieme con due uomini, entrambi calati in un ruolo di potere. Dinanzi alle richieste di Sabina, ex-paziente, ex-amante e poi allieva promettente, Jung mostrò tutta la propria ambivalenza, la propria incapacità di gestire il "controtransfert" dovuta alla mancanza di una completa analisi (sarà lui a ribadire, anni dopo, la necessità imprescindibile che l'analista sia a sua volta analizzato), nonché l'imbarazzo di chi, di fronte ad una responsabilità troppo grande, cerca maldestramente di liberarsi di un interlocutore scomodo per non procurarsi guai o problemi nella sua lotta personale di potere contro il nucleo dell’associazione presieduta da Freud. Il quale, da parte sua, abbandona anche lui la Spielrein, e diplomaticamente –nonché subdolamente- le scrive una lettera nella quale la informa che non la riceverà più. Sabina, quindi, si trovva palleggiata tra questi due uomini e decide di sottrarsi a entrambi. Sabina lascia quindi Vienna e Zurigo e va a Berlino dove si sposa, ha due figlie, e inizia la sua pratica professionaler di psicoanalista, dedicandosi soprattutto a un pubblico femminile, dimenticata sia da Freud che da Jung che non le rivoglono più la parola e non la vogliono neppure vedere, considerandola entrambi troppo “pericolosa”per ciascuno di loro. Agli inizi degli anni’30, in concomitanza con l’insorgenza di furioso antisemitismo scatenato in Germania dal neonato partito di Adolf Hitler, la Spielrein decide di ritornare in Russia, nella sua nativa Rostov sulle pendici del fiume Don dove viene accolta con entusiasmo e fonda la associazione di psicoanalisi sovietica a Kiev. Nel 1939 rimane vedova. Nell’agosto del 1941, le truppe tedesche entrano a Rostov devastando la città e fucilando più di diecimila persone. Sabina Spielrein viene arrestata insieme alle sue due figlie. Tutti i 46 membri della giovane associazione psicoanalitica russa vengono fucilati. Sabina viene portata con le due figlie nella antica sinagoga della città e fucilata.
Come notava il produttore del film Jeremy Thomas: "Non c'è ancora stato un grande film sulla straordinaria influenza di Freud e Jung sulla psicanalisi del ventesimo secolo e A DANGEROUS METHOD è proprio questo, incentrato com'è sulla loro relazione professionale attraverso il racconto di Sabina Spielrein, la donna che si è interposta fra loro. Le donne di quell'epoca, come Sabina e Emma Jung, sono meno note proprio perché erano donne e non uomini, e raramente erano incoraggiate ad avere una vita fuori dalla sfera domestica. Le donne non venivano considerate come “persone intellettualmente” valide. Questo fu il vero “pericolo” di Sabina. Proprio per questo l'influenza di Sabina sul mondo della psicanalisi e di conseguenza sul pensiero contemporaneo è ancora più notevole. Sono orgoglioso di aver prodotto questo film. Con 70 anni di ritardo rendiamo il merito a una grande pensatrice, rivelatasi anche una grande psicoanalista, ma soprattutto una grande donna, un grande essere umano generoso, combattente per l’affermazione della libertà di tutti, maschi e femmine, triplamente vittima: come essere umano nella sua sofferenza psichica, come donna nella zuffa ego-maniacale tra Jung e Freud e come ebrea europea. Spero che possa essere di stimolo per le giovani ragazze di oggi”.

Ce lo auguriamo anche noi.
Un film da non perdere.
Speriamo che vinca il festival.
Cronenberg se lo meriterebbe. Tifiamo tutti per lui.

1 commento:

  1. Non e` che la Sandra Petrignani si e` ispirata a questo tuo articolo Ho letto una sua nota sulla bacheca di quell'antipatico che sai...

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